Re: [SPF:fail] R: [pace] "Liberazione di Damasco"? Una rivoluzione per "laicizzare la Siria e il mondo arabo"? usciamo in strada!!!
- Subject: Re: [SPF:fail] R: [pace] "Liberazione di Damasco"? Una rivoluzione per "laicizzare la Siria e il mondo arabo"? usciamo in strada!!!
- From: "mary r" <humdrum2 at libero.it>
- Date: Wed, 18 Jul 2012 15:02:26 +0200
- Importance: Normal
in Libia, erano tutti musulmani sunniti, quindi, il pluralismo è facile se
tutto il popolo sia della stessa fede... il partito della Fratellanza Musulmano,
come OGNI partito era messo fuori legge, e per ultimo... i Fratelli non hanno
preso la maggioranza nelle elezioni in Libya... il tuo discorso è senza senso.
From: Laura
Sent: Wednesday, July 18, 2012 2:57 PM
Subject: [SPF:fail] R: [pace] "Liberazione di Damasco"? Una
rivoluzione per "laicizzare la Siria e il mondo arabo"? usciamo in
strada!!! Altro
che “laicizzare la Siria e il mondo arabo”…ricordatevi che in Libia vigeva il
pluralismo religioso come in Siria e adesso sussiste il fondamentalismo dei
fratelli musulmani. Il
pluralismo religioso è segno di democrazia e dovrebbe aprire le porte al
pluralismo politico. Laura Da:
pace-request at peacelink.it [mailto:pace-request at peacelink.it] Per conto di
Mari Cor Ecoradio
(!) parla di "Liberazione di Damasco": a forza di stragi e con i soldi del
Qatar? Lorenzo
Galbiati dice che sì è rivoluzione questa perché "laicizzerà la Siria e il mondo
arabo": ma stiamo scherzando? Non sto neanche a commentare, tanto la cosa
è lontana dalla realtà. E
appunto, si chiamano "attivisti" anche dei soggetti armati fino ai
denti. Ma
basta, basta fare la guerra e la pace davanti a un
computer. E'
quello che gli altri vogliono. CBloccarci nei tentativi di ragionare e far
ragionare. Ci sono riusciti già con la Libia. Marinella Da: "lorenz.news at yahoo.it" <lorenz.news at yahoo.it> Alessandro,
vorrei
far notare a te e agli altri alcune cose. Tu dici
che in Siria è sbagliato parlare di rivoluzione, e da un punto di vista tecnico,
storico, potresti avere ragione. Io ho più dubbi che certezze. Però non vorrei
confondessimo i piani del discorso. Per
esempio. Io credo che a parlare di rivoluzione siano quei siriani che sostengono
i manifestanti pacifici, quella folla di gente che si è riversata in piazza per
un anno finché non è scoppiata la guerra civile. Io credo vada dato ascolto a
loro, capire perché parlano di rivoluzione. Io ho delle ipotesi. Perché
significa ribaltare un regime dittatoriale che è una dinastia, così come in
molto mondo arabo, ribaltarlo con un movimento di popolo; perché significa
portare la democrazia, che per la Siria e il mondo arabo è una completa novità;
perché significa laicizzare la Siria (che non è veramente laica, soffre delle
divisioni sciiti-sunniti, non è indifferente che il clan al potere sia una
confessione sciita) e il mondo arabo. Dal loro punto di vista di siriani, mi
sembra possa essere così, e questo potrebbe essere paragonabile per loro alla
nostra rivoluzione francese, se si considera il modello siriano esportabile nel
resto del mondo arabo. Quindi, io resto aperto al dubbio sulla validità di
questa cosiddetta rivoluzione. Detto
questo, evitiamo la confusione. Io mi
sto riferendo alla “rivoluzione pacifica” sostenuta dal Coordinamento per il
Cambiamento democratico che ha firmato quel link insieme a Sinistra Critica,
Vauro, Agnoletto in cui si parla appunto di rivoluzione e si chiede che finisca
la repressione senza alcun intervento ONU, un appello che condivido in toto,
considerando anche che è di qualche mese fa, quando ancora i crimini degli
insorti erano pochi e non c’era la guerra civile, e comunque il Coordinamento li
ha sempre condannati. Quindi,
io non parlo di rivoluzione in Siria per l’insurrezione armata che sta andando
avanti ora senza alcun consenso e coordinamento con l’opposizione politica nelle
sue varie anime. Mi sembra peraltro che neanche i media parlino di rivoluzione
per l’insurrezione armata, anzi da qualche tempo, da quando c’è la guerra
civile, sono passati dal chiamare un po’ tutti “attivisti”, come succedeva
qualche mese fa, mettendo insieme manifestanti pacifici e insorti armati, al
chiamare gli insorti armati “ribelli”, come succedeva per la Libia. Ieri tutte
le tv che ho visto parlavano di scontri tra regime e ribelli, e di guerra
civile, non di rivoluzione. In
conclusione, non vedo da parte dei media questa ansia di chiamare rivoluzione
ogni insurrezione armata nei paesi arabi, a dire la verità. Penso parlino di
rivoluzione le persone vicine a chi sfida il regime in modo democratico e senza
armi. Possono sbagliare, nel linguaggio, ma credo per loro quel cambiamento a
cui anelano abbia significati per tutto il mondo arabo che forse noi non
cogliamo. Lorenzo Da: redazione-request at peacelink.it
[mailto:redazione-request at peacelink.it]
Per conto di Alessandro Marescotti Il
giorno 17 luglio 2012 01:24, Patrick Boylan ha scritto a Lorenzo per la
Siria:
Concordo
con Patrick. La
rivoluzione, nella storia contemporanea, è quella che Karl Marx teorizzò
nel 1848 con il Manifesto del Partito
Comunista. Nei
secoli precedenti il termine rivoluzione è stato usato dalla borghesia per le
proprie rivoluzioni. Ma dal
1848 in poi il termine "rivoluzione" ha quel significato (anche se altri
hanno voluto manipolarlo, come il fascismo che parlava di "rivoluzione
fascista"). Dopo la
fine del partito comunista sono successe cose incredibili, ad esempio Berlusconi
ha salutato con il pugno chiuso, perché il gesto evoca forza e
combattività. E così, mentre a sinistra molti non alzavano più il pugno, Silvio
recuperava la forza di un simbolo e lo rilanciava alla sua maniera. Nel gesto
simbolico veniva iniettato un significato nuovo. Perché si è persa la memoria
storica. E lo
stesso è accaduto per la parola "rivoluzione" che è rimasta "orfana" della sua
memoria storica: un significante a cui era svaporato il significato. Nessuno la
usava più quella parola per fare iniziative e la stessa borghesia non la usava
più per evocare spauracchi e controbattere. Era una parola andata in soffitta. E
siccome la parola ha ancora un fascino su larga parte della popolazione
"ribelle", ecco che per la Siria quella parola si è tentato di riprenderla. Ma
la si è ripresa anche prima parlando di "rivoluzione dei Gelsomini", temine
coniato dai media occidentali. Quindi
perché si usa la parola rivoluzione per la Siria? Può definire un processo di
lotta armata che non è certo contrastato dalla Cia e dalle monarchie reazionarie
del Golfo? Che direbbe Marx? Come mai nella storia contemporanea tutti i
movimenti rivoluzionari sono stati ostacolati dalla borghesia e questo - che si
definiste "rivoluzionario" - è invece accarezzato da chi ha combattuto tutti i
movimenti rivoluzionari nel mondo? E come
mai è stata scelta PROPRIO la parola
rivoluzione? La
risposta la troviamo qui: Vi sono
nostalgici delle rivoluzioni che - non riuscendo più a organizzarne di proprie -
sostengono entusiasticamente insurrezioni armate pensando che siano
"rivoluzioni" o proiettando le proprie speranze nella realtà che invece procede
in altre direzioni, così come faceva Foscolo quando si illudeva che Napoleone
fosse un rivoluzionario che veniva in Italia per liberare il
popolo. Oggi
accade lo stesso e la gestione delle parole come rivoluzione è strategica nella
manipolazione dei concetti che ci permettono di inquadrare la realtà. Questa
operazione ha avuto indubbi successi. Basti pensare appunto a molti di Sinistra
Critica (fuoriusciti da Rifondazione per andare "più a sinistra") che si sono
infervorati di fronte alla "rivoluzione" siriana.
Quella
parola è stata scelta per far penetrare meglio un'operazione mediatica in
un'area politica che gradisce la parola rivoluzione. E' un'operazione di
marketing linguistico che ha avuto una diffusione in particolare quando
gli insorti libici hanno lanciato l'offensiva. Dato che fino a quel momento era
circolata la voce che usavano le armi solo per difendersi, come potevano
giustificare un'offensiva? Ed ecco che entra in soccorso la neolingua.
E' buffo
leggere pagine web come questa Libia,
economia riparte dalle multinazionali e dai rivoluzionari Multinazionali del petrolio e rivoluzionari uniti per far
ripartire gli affari dei vincitori! Povero
Marx, che sberla. Il fatto
che - dopo il crollo del Muro di Berlino - il termine "rivoluzione" venga
riutilizzato per la Siria è una chiara operazione di modificazione linguistica
pilotata (ve ne sono altre, ad esempio "antiamericanismo" non esiste nel
vocabolario ed è stata una forzatura imposta da alcuni media, forzando il
processo di formazione delle parole). La mia
conclusione. Non è
giusto che una decina di persone (direttori di mass media mondiali ed esperti
delle psyop) decidano di inventare una parola o di modificare ad una parola il
suo significato originario. Questo è un golpe linguistico. E noi dobbiamo
mettere in guardia tutti contro i golpe linguistici perché modificando le parole
modifichiamo la percezione della realtà. Se ad
esempio modifico la parola "volontario" e (come già accade a molti miei
studenti) a volontario si associa il militare che fa il volontario, è chiaro che
stravolgo la comunicazione e associo ai militari e alla guerre tutti i valori
positivi del volontariato, il che rientra perfettamente nella comunicazione
delle "guerre umanitarie". Un tempo
c'era una difesa gelosa delle parole, specie di quelle che avevano un processo
di formazione lungo e sofferto, ora non è più così. Basti pensare che la parola
"riforma" che è nata a sinistra oggi è usata strategicamente per fare cose di
destra. Come
insegnante di italiano e storia su questo sono particolarmente attento (e
allarmato). Il processo di formazione della lingua dovrebbe avvenire dal basso e
le parole non dovrebbero subire delle mutazioni genetiche con iniezioni
mediatiche dall'alto di significati estranei. Ne
avevamo già parlato in questa pagina web grazie ad
Ermete: Buonanotte :-) Alessandro No virus found in this
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