Siria/Ryan canta per Assad ei ribelli fanno una strage. “Perchè vendicarsi sui bambini? Potevano colpire solo me e mia moglie” | L'Oriente vicino



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Siria/Ryan canta per Assad e i ribelli fanno una strage. “Perchè vendicarsi sui bambini? Potevano colpire solo me e mia moglie”25 giugno 2012

nella foto il piccolo rayan di 4 anni mentre canta le canzoni imparate a casa a favore di Assad - i suoi fratelli sono stati uccisi dai ribelli

Damasco. AMMAR SHAMIE tormenta la barbetta rada: «Ma come si può consumare una vendetta su due ragazzi? Certo, io sono un ferreo sostenitore del presidente  Assad, perché non hanno colpito solo me o mia moglie?». Ammar, 42 anni, sedicente mediatore per l’ingaggio di immigrati dall’estremo oriente, ha appena dato l’ultimo addio a Yezan, quattordici anni e mezzo, e al  figliastro Murhaf Tanbakji, 21, frutto del primo matrimonio della moglie  Joumana al-Kassim. Murhaf era un militare di leva tornato a casa in licenza da appena cinque giorni. Il gorgo di sangue della guerra civile lo ha risucchiato assieme a Yezan perché un fratellino di appena 4 anni, Rayan,  cantava a squarciagola inni patriottici e canzoncine nelle manifestazioni a favore di Bashar. Si atteggiava addirittura a  shabbiha, «i fantasmi», la  sanguinaria milizia «civile» che semina morte nelle case dopo i  bombardamenti dell’esercito. 
 
 RAYAN gridava: «Siamo affamati, mangeremo la carne dei traditori». Ripeteva
 slogan e cantilene che echeggiavano in casa. A due anni e mezzo aveva gà
 imparato a scandire «Allah, Bashar, Syria u bass», Allah, Bashar, Siria e
 basta. Ammar e Joumana, 41 anni, abitavano a Qudsaya, a dieci chilometri da  Damasco nella direzione della irrequieta Zabadani. Nella cittadina contesa da mesi il municipio è sforacchiato dai colpi dei ribelli. La casa degli Shamie è a mezzo chilometro dal malridotto fortino dei lealisti. 
 
 TROVIAMO Ammar e Joumana tra le fila di uno smilzo corteo che attraversa il
 vecchio suk per testimoniare fedeltà al presidente siriano. Qualche decina di persone urlacchia meccanicamente «ci prenderemo la vendetta». La sontuosa moschea Ommayade è a pochi metri. In un bar Ammar ricostruisce la notte degli spari e dei ragazzi fulminati nel sonno. Joumana è al suo fianco. Non  piangono. Solo la madre di Rayan di tanto in tanto contrae il viso e serra le labbra, per ricacciare le lacrime in gola. «Sabato 16 giugno a Qudsaya c’era stata una grande esplosione - racconta Ammar - . Per questa ragione il giorno dopo ho portato il piccolo Rayan da mia madre, a Damasco». Il 19 giugno i nemici di Assad sono entrati in azione. Alle 3 di notte si sono introdotti in casa Shamie passando per il balcone e urlando «Allah è  grande». Hanno sparato a Yezan ferendolo gravemente. Seguendo i genitori, si  è precipitata in ospedale tutta la prole della coppia, Yaman, 13 anni, Moumin, 10, fratelli di Rayan, e i fratellastri Mohammad, 25, e Murhaf, 21, rampolli del primo matrimonio di Joumana. Yezan non ce l’ha fatta. «I carnefici - rabbrividisce il padre - ci hanno inseguito. Murhaf è stato abbattuto con un colpo alla nuca mentre tentava di scappare dall’ospedale. È  crollato sopra a Yaman. Facendogli scudo lo ha salvato».
 
 RAYAN era diventato un simbolo e un obiettivo. Esasperato, nei mesi scorsi  il padre si è piazzato con il piccolo sulle spalle davanti alla sede di Al Jazeera per contestare le dicerie secondo le quali era pagato dal governo. «Io - obietta - sono povero. Ho solo la casa nella quale abitiamo. L’ho ereditata da mio padre. Però credo davvero in Bashar». Per questo ogni venerdì si ritrovava in piazza Sette laghi con gli altri fan di Assad. «Portavo con me Rayan, come tanti altri padri», ammette. La madre, figlia di un profugo palestinese di Jaffa e di una siriana, aveva insegnato al piccino anche i canti della sua terra. «Per non dimenticare», spiega. La tv di stato  si è lanciata a corpo morto sulla storia. La fede politica di Ammar e di  Joumana non è stata scalfita: «Per difendere Bashar siamo pronti a sacrificare anche gli altri figli nostri».
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