D'accordo. Ma c'è una
differenza non di realtà, ma di sensibilità, che non è trascurabile, mi pare. E.
Il 04/06/2012 12:36, Giorgio Cingolani ha scritto:
che
fare oltre che manifestare il nostro orrore? criminale è il
presidente Obama ma non meno sono altri nostri legittimi
rappresentanti politici e governanti che, nell'affermare il loro
credo "liberista", non impediscono la speculazione finanziaria sui
prodotti alimentari che miete migliaia di morti ogni minuto o
frazione di esso. A me risulta difficile fare distingui anche se
la decisione su chi inserire nella "kill list" impone a chi lo fa
una riflessione precisa mentre chi uccide creando "fame" non vede
il volto delle proprie vittime.
Giorgio Cingolani
Il 04/06/2012 8.20, Enrico Peyretti ha scritto:
Potere assoluto omicida fuorilegge, del Presidente Usa.
Lo dice il N.Y. Times, se non ha pubblicato una balla.
Non credo che sia una novità.
Ma così chiaro forse non è mai stato detto. La mafia non fa
diversamente. Lo stato di diritto è morto. La legge minima del
"non uccidere" è sbeffeggiata.
Tutti come esseri umani, ma a cominciare dalle voci della
cultura e dai nostri rappresentanti nel Parlamento italiano e
nel governo, dobbiamo condannare quel potere, a qualsiasi costo
politico e economico, perché il costo umano e morale del solo
saperlo è intollerabile.
Enrico Peyretti
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-------- Messaggio originale --------
Oggetto: [pace] La «kill list» di Obama
Rispedito-Data: Mon, 4 Jun 2012 01:39:08 +0200
Rispedito-Da: pace at peacelink.it
Data: Sun, 3 Jun 2012 23:46:31 +0000
Mittente: Alessandro Marescotti
<a.marescotti at peacelink.it>
Rispondi-a: pace at peacelink.it
A: Lista pace Peacelink <pace at peacelink.it>
La Kill list è la lista degli esseri umani da uccidere che Obama
personalmente redige
ogni settimana.
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-----Original Message-----
From:glry at ngi.it
Sender:disarmo-request@peacelink.itDate: Sun, 03 Jun 2012
23:58:37
To:<disarmo at peacelink.it>
Reply-To:disarmo at peacelink.it
Subject: La «kill list» di Obama
Fonte: il manifesto
Autore: Marco D'Eramo
L´orrore più spaventoso è quando nessuno s´inorridisce più per
l´orrore. È quel avviene da
giorni nei mass media mondiali a proposito della Kill list di
Barack Obama. Dove Kill list non
è un film di Quentin Tarantino che il presidente degli Stati
uniti si godrebbe in poltrona nello
Studio ovale della Casa bianca.
No, la Kill list è la lista degli esseri umani da uccidere che
Obama personalmente redige
ogni settimana. In quello che il New York Times definisce «il
più strano dei rituali
burocratici», «ogni settimana circa, più di 100 membri del
sempre più elefantiaco apparato
di sicurezza nazionale si riuniscono in videoconferenza segreta,
per esaminare le biografie
dei sospetti terroristi e raccomandare al presidente quale dovrà
essere il prossimo a
morire».
I burocrati raccomandano, ma l´ultima parola spetta a Obama che
firma di sua mano la
condanna a morte di questi «sospetti terroristi», che essi siano
cittadini americani o
stranieri. Da notare che nessuno di loro è stato mai condannato
da nessun tribunale.
Letteralmente, il presidente degli Stati uniti si arroga
l´insindacabile diritto di vita o di morte
su qualunque essere umano di questo pianeta. Già, perché una
volta emanata, questa
«strana» sentenza è inappellabile, né criticabile (visto che è
segreta).
In fondo, la Bastiglia era stata rasa al suolo per molto meno: i
monarchi assoluti dell´Ancien
Régime si limitavano a firmare lettres de cachet, arbitrari e
insindacabili ordini di
carcerazioni, certo, ma non assassini.
In fin dei conti il calunniato George Bush jr era stato più
fedele allo spirito della costituzione
americana quando si era «limitato» a ordinare la detenzione
arbitraria di qualunque sospetto
al mondo: se proprio doveva essere ucciso, il malcapitato andava
almeno processato da
una corte marziale americana. Ora invece abbiamo il paradosso di
un presidente che è
stato eletto promettendo di chiudere la prigione di Guantanamo,
e di non permettere più che
i sospetti siano detenuti indefinitamente senza giudizio, ma che
conclude il suo primo
mandato stilando personalmente la lista degli assassini di
stato. Detenerli senza processo,
no. Ma ucciderli senza processo sì. Tenete conto che la lista
comprende non solo terroristi
accertati, ma anche «fiancheggiatori».
Per dirla tutta: mentre in base al decreto presidenziale di Bush
poteva succedere che un
commando irrompesse all´improvviso in casa mia in Italia, mi
portasse in Egitto (o nella
vituperata Siria) a farmi torturare da regimi più esperti in
questa pratica e poi mi trasferisse
in una base Usa d´oltremare, come Diego Garcia, per farmi
processare da una corte militare
Usa ed eventualmente uccidermi, facendomi così scomparire per
sempre dalla faccia della
terra all´insaputa di tutti, adesso, con i poteri che Obama si è
arrogato, mentre io sto in
Italia, qualcuno alla Casa bianca scorre la mia biografia,
decide che sono un pericoloso
fiancheggiatore, firma la mia condanna a morte; a questo punto
in una base militare del
Midwest un impiegato in maniche corte (che amo immaginare
paciosamente obeso) si siede
a un computer e con lo stick dei videogiochi dirige da 9.000 km
di distanza un drone sulla
terrazza di casa mia e mi spiana con un missile.
Perfino il sussiegoso New York Times protesta flebilmente che
questo «è troppo potere per
un presidente», ma ipocrita propone solo di «stabilire criteri
certi» per includere qualcuno
nella Kill list.
Siamo davanti al potere assoluto. Ma, come dicevo, ancora più
terrificante del fatto in sé è
la sua accoglienza da parte dell´opinione pubblica mondiale.
Siamo ormai tutti assuefatti,
non ci stupisce più nulla. Di questo nessun indignato s´indigna!
Che altro ci serve per darci
una sveglia?
Un primo assaggio della «crudeltà umanitaria», della «ferocia
buonista» in cui siamo
scivolando sempre più anestetizzati ce l´ha dato l´immagine
marcante della prima
presidenza Obama: quella della riunione di notabili e amici
invitati ad assistere in tv non alla
finale del Super Bowl ma all´uccisione in diretta di Osama bin
Laden, e a esultare non per
un gol ma per una pallottola.
Ma ancora più da brivido è la battuta riferita dal New York
Times: dopo aver firmato
l´uccisione di un cittadino americano che nello Yemen incitava
alla jihad, il premio Nobel per
la pace ha commentato: «Questo qui è stato facile».
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