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 Non sono d'accordo Enrico, hai accennato tu stesso 
a Scalfaro, un uomo che non firmò il decreto del colpo di spugna di 
tangentopoli, che non sciolse il Parlamento dopo la caduta del primo governo 
Berlusconi, mettendo Dini a capo di un nuovo governo, e che non firmò altri 
importanti decreti a tempo record ch servivano solo a Berlusconi come invece 
hanno fatto Ciampi e Napolitano. 
E infatti ricordiamo la campagna giornalistica e 
televisiva della Fininvest contro Scalfaro, che è proseguita fino a oggi, tanto 
che Scalfaro è ritenuto dalle destre il peggior presidente della 
Repubblica. 
Non possiamo dire che Napolitano abbia fatto tutto 
il possibile, non possiamo dirlo nel modo più assoluto, sè fatto intimidire 
dimostrandosi un debole che soccombe alle minacce di chi vuole espropriare il 
Paese delle sue istituzioni di garanzia per farlo proprio, ed è giusto che chi 
occupa la  posizione di Napolitano sia il primo a volersi e doversi 
opporre. 
Difendere Napolitano significa proclamarsi sudditi 
di Berlusconi, legittimare il suo operato, consacrarlo come dittatore contro cui 
non è possibile fare opposizione, accettarlo punto e basta. Ma non siamo ancora 
in questa situazione. Anzi, dipende da noi decidere se opporsi a questo 
malcostume, o diventare complici: Di Pietro e il Popolo viola più degli altri 
dimostrano che ci sono spazi per opporsi e che se Napolitano avesse rifiutato la 
firma sarebbe stato non solo contestato da una parte delle piazza e attaccato 
dai giornali, ma sarebbe stato anche difeso da un'altra parte della piazza, e di 
certo da giornali come Repubblica. 
Quindi, cosa vogliamo fare, diventare sudditi o 
resistere? 
Lorenzo 
  
  
  
  
  
----- Original Message -----  
  
  
  
  Sent: Sunday, March 07, 2010 12:50 
  PM 
  Subject: Re: [pace] La logica zoppa di 
  Napolitano.Utile leggere integralmente la sua versione e il testo del 
  decreto. 
  
  
  
  
  Leggi Zagrebelsky su Repubblica di oggi p. 9, e poi guarda 
  la notiziaccia sottostante, dal Messaggero di ieri sabato 6, che è 
  credibile, perché si sa che B. maltrattò Scalfaro allo stesso modo al tempo 
  del ribaltone. E' un indegno. Ha come sola legge la sua volontà (e la sua 
  paura). Attaccare Napolitano, che ha fatto il possibile, è favorire B. 
  Sveglia Italia! 
  Ciao, Enrico 
    
  *** 
  Secondo quanto pubblicato stamane dal giornale romano Il 
  Messaggero, il presidente del Consiglio, durante l'incontro avvenuto al 
  Quirinale, avrebbe minacciato il Capo dello Stato Giorgio 
  Napolitano: "Ti scateno la piazza contro" e poi "la tua firma non è 
  indispensabile, vado avanti da solo". Lo stesso Napolitano ha parlato di un 
  "clima teso" nel primo incontro con Silvio 
  Berlusconi avvenuto giovedì. E poi sempre il Capo dello Stato : "La 
  vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha 
  messo in evidenza l'acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie 
  tensioni istituzionali." Solo il quotidiano della capitale ha rivelato questo 
  presunto retroscena relativo ai colloqui tra Berlusconi e l'inquilino del 
  Quirinale. Al momento il Messaggero non ha dato notizie di 
  alcuna smentita. 
  ***   
  
    ----- Original Message -----  
    
    
    Sent: Sunday, March 07, 2010 9:40 
    AM 
    Subject: [pace] La logica zoppa di 
    Napolitano.Utile leggere integralmente la sua versione e il testo del 
    decreto. 
      
    
    
    Credo che in questo momento sia utile 
    leggere e diffondere sia il testo integrale del decreto, che in queso 
    momento non sono riuscito a scaricare probabilmente per troppi accessi , sia 
    la spiegazione ufficiale che Napolitano da' sul sito del Quirinale. E' bene 
    che legga chi ha competenze giuridiche e chi non le ha. Io non le ho, ma un 
    po' di logica l' ho studiata,  il testo del decreto e la versione di 
    Napolitano mi sembrano  insensati e penso che questo giudizio possa 
    essere condiviso da tutti. La legge e' uguale per tutti ?Se questo e' vero 
    nessuno puo' avere piu' diritti di altri.Se in gara di appalto si presentano 
    una ditta piccola, ma con tutti i requisiti necessari, e una grande, magari 
    prestigiosa,che magari ha fatto cose eccezionali,ma quest' ultima non si 
    presenta entro i termini o non porta la documentazione necessaria, si 
    cambia, DOPO LA SCADENZA DEI TERMINI, le regole ? Il decreto viene definito 
    interpretativo ma Napolitano dichiara ufficialmente che la motivazione e' 
    fare presentare le liste del partito del presidente del consiglio. Ricordo 
    che in altre regioni altre liste sono state escluse per gli stessi motivi e 
    il decreto in alcune sue parti e' valido solo per le regioni che interessano 
    le liste del partito del presidente del consiglio.La legge e' uguale per 
    tutti. si o no? Credo proprio che non sia necessaria la conoscenza del 
    diritto costituzionale per affermare che Napolitano non doveva 
    firmare. 
    Il Presidente Napolitano risponde ai cittadini
    
    Signor Presidente della Repubblica,  le chiedo di non firmare il 
    decreto interpretativo proposto dal governo in quanto in un paese 
    democratico le regole non possono essere cambiate in corso d'opera e a 
    piacimento del governo, ma devono essere rispettate da tutte le componenti 
    politiche e sociali per la loro importanza per la democrazia e la vita 
    sociale dei cittadini italiani. Confidando nella sua serenità e capacità 
    di giudizio per il bene del Paese e nel suo alto rispetto per la nostra 
    Costituzione. Cordiali saluti Alessandro Magni 
    Signor Presidente Napolitano,  sono a chiederle di fare tutto quello 
    che lei può per lasciarci la possibilità di votare in Lombardia chi 
    riteniamo che ci possa rappresentare. Se così non fosse, sarebbe un grave 
    attentato al diritto di voto. In fede M. Cristina 
    Varenna 
    Egregio signor Magni, gentile signora Varenna, ho letto con 
    attenzione le vostre lettere e desidero, vostro tramite, rispondere con 
    sincera considerazione per tutte le opinioni dei tanti cittadini che in 
    queste ore mi hanno scritto.  Il problema da risolvere era, da qualche 
    giorno, quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali 
    con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici. Non era 
    sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana 
    il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, 
    per gli errori nella presentazione della lista contestati dall'ufficio 
    competente costituito presso la corte d'appello di Milano. Erano in gioco 
    due interessi o "beni" entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle 
    norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di 
    scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi. Non si può 
    negare che si tratti di "beni" egualmente preziosi nel nostro Stato di 
    diritto e democratico.  Si era nei giorni scorsi espressa 
    preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell'opposizione, che 
    avevano dichiarato di non voler vincere - neppure in Lombardia - "per 
    abbandono dell'avversario" o "a tavolino". E si era anche da più parti 
    parlato della necessità di una "soluzione politica": senza peraltro chiarire 
    in che senso ciò andasse inteso. Una soluzione che fosse cioè "frutto di un 
    accordo", concordata tra maggioranza e opposizioni? Ora sarebbe stato 
    certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di là delle 
    polemiche su errori e responsabilità dei presentatori delle liste non 
    ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali 
    pronunciatisi in materia. In realtà, sappiamo quanto risultino difficili 
    accordi tra governo, maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente 
    delicati come questo e ancor più in clima elettorale: difficili per tendenze 
    all'autosufficienza e scelte unilaterali da una parte, e per diffidenze di 
    fondo e indisponibilità dall'altra parte. Ma in ogni caso - questo è il 
    punto che mi preme sottolineare - la "soluzione politica", ovvero l'intesa 
    tra gli schieramenti politici, avrebbe pur sempre dovuto tradursi in 
    soluzione normativa, in un provvedimento legislativo che intervenisse 
    tempestivamente per consentire lo svolgimento delle elezioni regionali con 
    la piena partecipazione dei principali contendenti. E i tempi si erano a tal 
    punto ristretti - dopo i già intervenuti pronunciamenti delle Corti di 
    appello di Roma e Milano - che quel provvedimento non poteva che essere un 
    decreto legge. Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami 
    dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente 
    elaborato dal Ministero dell'interno e dalla Presidenza del consiglio dei 
    ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità. 
    Né si è indicata da nessuna parte politica quale altra soluzione - comunque 
    inevitabilmente legislativa - potesse essere ancora più esente da vizi e 
    dubbi di quella natura. La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi 
    contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l'acuirsi non solo di tensioni 
    politiche, ma di serie tensioni istituzionali. E' bene che tutti se ne 
    rendano conto. Io sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e 
    imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio delle prerogative, 
    che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, nei limiti 
    segnati dalla stessa Carta e in spirito di leale cooperazione istituzionale. 
    Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti 
    politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con 
    aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne 
    costantemente le funzioni e i poteri. Cordialmente 
    Giorgio 
    Napolitano    
   
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