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R: Re: R: Re: [pace] E l'Iran?
- Subject: R: Re: R: Re: [pace] E l'Iran?
- From: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it>
- Date: Wed, 30 Dec 2009 19:19:47 +0100 (CET)
Carissimo maurizio
qui siamo in tanti, gente "pacifista", che - incluso il sottoscritto - in varie occasioni è stata in carcere ed ha rischiato la vita per cause che a suo tempo apparivano il non plus ultra della giustizia e della corretta impostazione
col senno di poi qualcosa l'avrebbero però cambiata...
(altri meno "pacifisti" si sono fatti decenni di galera perseguendo la lotta armata per il comunismo...
e a ben pensarci chi più in questo momento esalta il "martirio" è Bin Laden: il rischio o il sacrificio della vita non è automaticamente il metro di misura della giustezza di una causa)
qui non si sta discutendo delle buone intenzioni, dello spirito di sacrificio e del coraggio
che pure sono e restano un ingrediente importantissimo - decisivo - della lotta nonviolenta
disposta a morire - non ad uccidere per un fine umano
si sta parlando di rivedere approcci culturali e scelte strategiche di fondo
si sta riflettendo di come investire le energie "per la pace e per la giustizia" nel modo più conducente
visto che le cose, a quanto pare, non vanno poi generalmente così bene per i movimenti alternativi...
i quali sono purtroppo sempre un po' "cialtroni", come tu scrivi e come io non ho mai detto, ma rappresentano comunque, anche quando sbagliano, la speranza del cambiamento...
Personalmente confido molto nella "battaglia antinucleare" che si profila in Italia: credo che vi ritroverò lì immersione nel popolo che si mobilita massicciamente, vince concretamente e che in questo modo inceppa il sistema di guerra
questo anche se, come "pacifisti", facciamo la nostra parte e riusciamo a far capire - capendolo noi stessi - che l'energia "civile" è collegata alla costruzione delle bombe
A proposito: che gli "occidentali", anche quelli più in basso nella scala sociale, sono abituati a uno stile di vita più impattante ce lo siamo ripetuti tutti a Copenhagen e mi sembra doveroso che continuiamo a tenerlo a mente raccontandocelo fino alla noia...
Nel mondo le Gaze, purtroppo non mancano. Per Natale ci sarebbe l'imbarazzo della scelta di dove andare. Che so, mi sta riaffiorando la tragedia dei Tamil...
Credo sia comunque importante avere la consapevolezza che - nonostante tutto - io faccio parte dei fortunati che, entro certi limiti, può scegliere e che profitta di un sistema globale ingiusto...
----Messaggio originale----
Da: mcfoto at interfree.it
Data: 30-dic-2009 5.27 PM
A: "peace link"<pace at peacelink.it>
Ogg: Re: R: Re: [pace] E l'Iran?
Occidentali viziati, pacifisti cialtroni e quant’altro
Si fa presto a riempirsi la bocca con analisi in grassetto e corpo 12
Le persone anche anziane che lottano in questi giorni al Cairo, lo fanno innanzitutto con l’approvazione e il sostegno dei palestinesi di tutta la palestina lo fanno a proprie spese e lo fanno anche rischiando in prima persona con i propri corpi.
Facciamola finita per favore con il disprezzo gratuito per non dire squadrista, che fasci e sfasci ce ne sono gia abbastanza in questo paese.
maurizio
Il giorno 30/12/09 17.51, alfonsonavarra at virgilio.it, alfonsonavarra at virgilio.it ha scritto:
estratto dell'intervento in grassetto e corpo 12 - se non avete tempo e voglia saltate quanto scritto in caratteri normali e corpo più piccolo...
("Guerre & Pace", la rivista diretta da Piero Maestri, contiene nel suo ultimo numero, dedicato monograficamente alla NATO, un articolo di Farooq Sulehria con questo titolo: "Ahmadinejad e l'antimperialismo degli imbecilli".
L'articolo ironizza sulla "sinistra" che guarda all'Onda Verde come ad una "rivoluzione colorata" organizzata dalla CIA per abbattere il regime iraniano che, essendo antiamericano ed antisraeliano, sarebbe quindi antimperialista.
L'antimperialismo forse potrebbe essere oggi reinterpretato alla luce del concetto negriano di "Impero". L'antimperialismo - dico io - potrebbe essere addirittura riposto in soffitta, qualora il pensiero sociale critico andasse coerentemente "oltre Marx" sbarazzandosi di ogni residuo di economicismo, sviluppismo, progressismo mitologico. Il dilemma storico non è tra i fantasmi inesistenti (sicuramente nelle interpretazioni otto-novecentesche) dell'Imperialismo e delle sue alternative ideologiche "iste", ma tra la Megamacchina economico-militare e l'Umanità liberata nella pratica comune ed egualitaria dei diritti universali.
Questo ordine di problemi può sembrare troppo generale ed astratto, ma non è estraneo, ad esempio, alla cecità dei "movimenti" sulla questione iraniana, al loro attorcirgliarsi in impegni secondari e male impostati, al loro incespicare ridicolmente sui detti e non detti clamorosi che lasciano presagire, per chiunque abbia occhi per vedere, un rapido esaurimento per manifesta implausibilità ed inutilità.
Prendiamo la "Gaza Freedom March", partita per denunciare l'"assedio israeliano", che si confronta con la verità semplice ed incontrovertibile che le chiavi della "prigione a cielo aperto" in cui è rinchiusa la popolazione palestinese sono tenute anche dal regime egiziano, costruttore attivo, per la sua parte, di muri della vergogna . 1.500 pacifisti che, con significativo impatto antropico ed inquinante (sono degli occidentali viziati!), portano una tantum dei medicinali nella Striscia cambiano forse qualche cosa per la popolazione di Gaza?
(Altra cosa è se lì si stabilissero, in una nutrita delegazione, come campo internazionale permanente).
1.500 pacifisti internazionali a Gerusalemme in walk around sotto la prigione di Vanunu appena riarrestato che solidarizzano con il tecnico obiettore e denunciano l'arsenale atomico di Israele costituirebbero, a mio modesto parere, una mossa molto più tempestiva, lungimirante ed incisiva, nel momento stesso in cui il governo Netanyahu sta - senza esagerazioni - annunciando un attacco militare contro il nucleare "civile" iraniano...
"Guerre & Pace", la rivista diretta da Piero Maestri, contiene nel suo ultimo numero, dedicato monograficamente alla NATO, un articolo di Farooq Sulehria con questo titolo: "Ahmadinejad e l'antimperialismo degli imbecilli".
L'articolo ironizza sulla "sinistra" che guarda all'Onda Verde come ad una "rivoluzione colorata" organizzata dalla CIA per abbattere il regime iraniano che, essendo antiamericano ed antisraeliano, sarebbe quindi antimperialista.
Al di là di fatti citati di concreta collaborazione tattica con gli USA ed Israele che dimostrerebbero l'ipocrisia del regime teocratico di Teheran, è interessante la definizione strategica che Sulehria dà dell'antimperialismo:
"Antimperialismo significa, o dovrebbe significare, liberazione. E' la liberazione di tutti gli sfruttati da ogni forma di sfruttamento; implica liberazione nazionale, emancipazione femminile, democratizzazione, sviluppo delle potenzialità politiche ed economiche, rispetto per le minoranze religiose e per le nazionalità oppresse.
(L'antimperialismo di Ahmadinehad) invece soffoca le minoranze, strangola le nazionalità più piccole e riduce le donne a corpi privi di mente..."
Sulehria prosegue:
"L'antimperialismo attualmente in scena nel mondo musulmano è solo simbolico e non di sostanza: rappresenta una nuova fase del rapporto di due amanti separati, il fondamentalismo e l'imperialismo. E' il risultato di un processo condotto dall'imperialismo in collaborazione con il fondamentalismo per eliminare dall'area (mediorientale) un vero antimperialismo"...
Suhleria cita per esemplificare i campioni storici dell'antimperialismo autentico nel mondo musulmano: Nasser, Sukarno, Mossadeq, Ali Bhutto...
L'antimperialismo simbolico degli attuali fondamentalisti è invece al servizio delle strutture dell'imperialismo reale:
"Un antimperialismo che non intende nazionalizzare il petrolio nè sostenere la riforma agraria o permettere alle classi lavoratrici di organizzare sindacati non preoccupa l'Impero... Di fatto soddisfa la necessità fondamentale dell'imperialismo: la repressione delle masse... Nel migliore dei casi: è l'antimperialismo degli imbecilli".
L'antimperialismo, che è osteggiato dal fondamentalismo, forse potrebbe essere oggi reinterpretato alla luce del concetto negriano di "Impero". Per Toni Negri il capitale mondiale si è ormai unificato in un unico spazio di valorizazzione. La realizzazione dell'unico mercato mondiale ha portato al ridimensionamento del ruolo degli Stati e della politica istituzionale. Non bisognerebbe provare nostalgia per la (relativa) scomparsa di questi poteri. L'ipotesi di Negri ed Hardt è che la nuova forma della sovranità è policentrica, polimorfica e transnazionale, ma costituisce un processo di governo unico. Bisognerebbe perciò puntare sul "contropotere" della "moltitudine" costruito "francescanamente" sulla "gioia" dell'essere alternativi...
L'antimperialismo - dico io - potrebbe essere addirittura riposto in soffitta, qualora il pensiero sociale critico andasse coerentemente "oltre Marx" sbarazzandosi di ogni residuo di economicismo, sviluppismo, progressismo mitologico.
Il pensiero sociale critico non dovrebbe ignorare, nella sua analisi, la "cultura della potenza" (vale a dire geopolitica e geostrategia), pur approdando ad un più realistico, globale, profondo concetto di "forza". La forza più efficace non sta nella capacità organizzata e tecnologizzata di distruzione ma nella cooperazione costruttiva sulle autentiche istanze umane. Nella sua proposta il pensiero critico dovrebbe quindi caratterizzarsi come "olistico" e fare perno sulla contraddizione tra esseri umani come corpi biologici facenti parte del mondo naturale e apparati sociali alienati, ormai incompatibili con gli equilibri ecosistemici.
Il dilemma storico non è tra i fantasmi inesistenti (sicuramente nelle interpretazioni otto-novecentesche) dell'Imperialismo e delle sue alternative ideologiche (declinate nei vari "ismi") ma tra la Megamacchina economico-militare e l'Umanità liberata nella pratica comune ed egualitaria dei diritti universali.
Questo ordine di problemi può sembrare troppo generale ed astratto non è estraneo, ad esempio, alla cecità dei "movimenti" sulla questione iraniana, al loro attorcirgliarsi in impegni secondari e male impostati, al loro incespicare ridicolmente sui detti e non detti clamorosi che lasciano presagire, per chiunque abbia occhi per vedere, un rapido esaurimento per manifesta implausibilità ed inutilità.
Prendiamo la "Gaza Freedom March", partita per denunciare l'"assedio israeliano", che si confronta con la verità semplice ed incontrovertibile che le chiavi della "prigione a cielo aperto" in cui è rinchiusa la popolazione palestinese sono tenute anche dal regime egiziano, costruttore, per la sua parte, di Muri della vergogna.
Se si sta ai dati di fatto, la gente di Palestina subisce, quindi, le sue privazioni e vessazioni, nell'ordine da:
- Israele, "cane da guardia dell'Occidente", con la sua élite militarista che punta sulla guerra permanente (la demografia condanna strategicanente una entità statuale fondata sul presupposto etnico-culturale-religioso dell'ebraismo);
- gli Stati arabi dittatoriali, che - fratelli a parole - l'hanno storicamente massacrata in più occasioni;
- l'ANP egemonizzata dalla corrotta Fatah (la cui burocrazia, ad es., si appropria indebitamente degli aiuti UE; stiamo parlando di miliardi di euro);
- Hamas, al soldo dell'Iran, che considera "resistenza" sparare razzi a casaccio sulla popolazione inerme.
Ma i pacifisti in spedizione natalizia non si accorgono di questa complessità di oppressori ed oppressioni. Anche se il governo del Cairo sbloccase il valico di Rafah per tutti e 1.500, e non solo per 100 di loro, resterebbe il loro errore di partenza (la denuncia solo dell'"assedio israeliano", quando le chiavi della prigione sono tenute con ogni evidenza da più mani), la sostanza umanitaria e non politica dell'azione, lo spreco di risorse anche da questo ultimo punto di vista.
1.500 pacifisti che, con notevole impatto antropico ed inquinante (da viziati occidentali!) portano una tantum dei medicinali nella Striscia cambiano qualche cosa per la popolazione di Gaza?
Ne "romperebbero l'assedio" al di là dell'azione simbolica?
(Altra cosa è se lì si stabilissero, in una nutrita delegazione, come campo internazionale permanente).
1.500 pacifisti internazionali a Gerusalemme in walk around sotto la prigione di Vanunu appena riarrestato che denunciano l'arsenale atomico di Israele costituirebbero, a mio modesto parere, una mossa molto più tempestiva, lungimirante ed incisiva, nel momento in cui il governo Netanyahu sta - senza esagerazioni - annunciando un attacco militare contro il nucleare "civile" iraniano.
Mordecahi Vanunu - per chi non lo sapesse - è il tecnico nucleare israeliano "obiettore" che, lavorando nel reattore di Dimon, nel 1986 rivelò al Sunday Times, l'esistenza di un piano segreto di armamento nucleare da parte dello stato di Israele, che all'epoca avrebbe posseduto 200 testate nucleari. Fu rapito a Roma dal Mossad e, processato in Israele, si fece ben 18 anni di galera.
Per quello che ho capito dal "Manifesto", è stato rimesso dentro perchè è accusato di aver violato il divieto di contattare cittadini stranieri...
E mi cadono le braccia solo a pensare che sono costretto a spiegare il perchè di questa valutazione e della proposta di solidarietà con Vanunu e di mobilitazione disarmista che ne deriva. Ma voglio essere "cattivo" a Natale e risparmio, per adesso, il fiato per altre occasioni!
In questo contesto di vecchie mitologie e di ritualità nostalgiche si inseriscono coloro che si mobilitano ed indossano la kefiah per "solidarietà" in quanto sono di "sinistra", più o meno pacifisti, più o meno cattolici, più o meno antimperialisti di vecchio o nuovo conio.
La Palestina resta per loro -oggi - un "punto di resistenza" non si capisce bene di che cosa e per che cosa.
L'abitudine data dalla fine degli anni Sessanta: alcune lotte armate venivano viste come eredi della rivoluzione cubana nel mettere in scacco, appunto, l'Imperialismo.
Ricordo lo slogan gridato ritmicamente nei cortei: Ira, Feddayn, Tupamaros, Vietcong.
Che si accompagnava a quell'altro stupidissimo: Vietnam vince perchè spara.
Ed a quella canzone il cui ritornello faceva: "Ma cosa vuoi compagno per capire - che è arrivata l'ora del fucile"...
Sono passati più di 40 anni e io personalmente credo ormai che quelle parole d'ordine fossero ciarpame, mentre era autentica solo la spinta di liberazione e di giustizia che si vestiva dei panni di una vecchia cultura sostanzialmente stalinista.
Molti attivisti "sinistrati" invece insistono come gli ultimi giapponesi, alcuni addirittura nostalgici del Muro di Berlino.
Chiamano sè stessi "pacifisti", chiamano sè stessi persino "nonviolenti", ma il loro "nemico" è rimasto quello di sempre, più fantasmatico che mai.
I vecchi "eroi" dell'antimperialismo di allora sono perciò ancora vissuti, con procedimento puramente emotivo, come punti di resistenza dell'antimperialismo di oggi!
Gli stessi che fanno, giustamente, le pulci alla "resistenza iraniana" chiudono tutti e due gli occhi di fronte ad una "resistenza palestinese" che è causa di oppressione immediata per lo stesso popolo palestinese!
Questa categoria antiquata, se non inesistente, di Imperialismo impedisce - ripeto - di cogliere le forze che agiscono nella realtà, la loro portata obiettiva e le contraddizioni operanti in cui ci si deve poter inserire per condizionare il processo storico.
Non mi stanco di ripeterlo: corriamo, a mio parere, il pericolo di un "totalitarismo bellico universale" con il Complesso Militare-Industriale-Petrolifero che sta soffocando la precaria resistenza del "capitalismo verde" di cui è espressione la presidenza Obama.
La partita decisiva si sta giocando sulla questione iraniana, che sta prendendo una brutta piega: l'Onda Verde, tra l'altro, rischia di imboccare una deriva nazionalista e violenta, che agevolerà lo sbocco verso una dittatura militare a Teheran. Poi verrà il bombardamento da parte di Israele, poi... ditelo voi!
Sarebbe il caso di dare il proprio contributo per evitare questo sbocco: in questo modo, se riusciamo a giocare intelligentemente la nostra vera partita, salviamo la speranza che i nostri figli possano giocare la loro - di partita - per un mondo migliore.
----Messaggio originale----
Da: e.pey at libero.it
Data: 30-dic-2009 1.53 PM
A: <pace at peacelink.it>
Ogg: Re: [pace] E l'Iran?
Concordo con Nicoletta Crocella e sottoscrivo. Enrico Peyretti
----- Original Message -----
From: nicoletta edizionistellecadenti <mailto:nicoletta at edizionistellecadenti.org>
To: pace at peacelink.it
Sent: Wednesday, December 30, 2009 2:33 PM
Subject: Re: [pace] E l'Iran?
Almeno tra noi, dovremmo ragionare intanto sulla informazione, sbilanciata, falsa, fuorviante... Ci dicono tanto dell'Iran forse perchè stanno preparando il terreno ad un intervento armato contro l'Iran, che colpirà quelle stesse persone che ora manifestano e cercano faticosamente di far evolvere la loro realtà. Ovviamente sto semplificando, il discorso è molto più complesso, ma dobbiamo fare molta attenzione a sottolineare che per solidarietà con i popoli non esistono guerre giuste, che l'opzione militare blocca sempre le spinte riformiste e le aperture, compattando tutti nella difesa del paese attaccato, anche perchè gli "effetti collaterali" prodotti dagli eserciti che dicono di voler portare la democrazia sono tali da creare disgusto e rifiuto. Allora ancora una volta, mentre dichiariamo la nostra solidarietà a chi cerca una via di evoluzione della propria società in senso più libero e democratico, dobbiamo affermare con determinazione che siamo contrari a qualunque azione di forza, E questo andrebbe detto a tutti quelli che nell'area hanno le armi puntate. E non dobbiamo dimenticare la situazione globale della zona, con Israele che cerca l'occasione per allargare il conflitto ed andare nella disattenzione generale verso la distruzione della Palestina...
Soltanto ora che il governio egiziano ha offerto ai pacifisti della Gaza Freedom March una "polpetta avvelenata" come diceva ieri un partecipante in collegamento, aprendo un varco per 100 persone su 1500, per l'intervento "umanitario", cercando così di bloccare il significato politico della marcia, soltanto ora in Italia si comincia a parlarne, poco e quasi di straforo. E non ditemi che i temi non sono collegati: ampi servizi forniti sulle manifestazioni in Iran, e per una volta il blocco dei giornalisti e delle informazioni ufficiali non ferma le notizie, mentre nulla si dice sulla continua repressione dei palestinesi, sugli omicidi a sangue freddo,-(solo in questi ultimi giorni tre ad Ebron, ammazzati in casa, e tre a Gaza, questi ultimi,ovviamente definiti "terroristi", stavano semplicemente raccogliendo rottami di ferro,)- e poco o nulla sulla marcia, cercando di cancellarne il significato politico, visto che non si può nascondere del tutto, per parlare soltanto degli aiuti umanitari....
In questo gioco di disinformazione organizzata ovviamente ha un ruolo notevole il rilievo che viene dato alle beghe di casa nostra, alle esternazioni del premier e alla poca capacità reattiva di un'opposizione che purtroppo è sulla stessa china. Credo che sia importante parlare d'altro, della vita, dei problemi delle persone, della immigrazione e della solidarietà, del razzismo che sta esplodendo da noi, e di come si autoconferma e si giustifica con eventi lontani da qui, e di come la guerra di religione sia un modo arretrato, antico, di ragionare, che però viene rispolverato dai razzisti di casa nostra.
E credo che sia importante fare un lavoro di disvelamento di quello che sta dietro le notizie ufficiali, di come la nostra emozione viene diretta ed incanalata e di come gli stessi comportamente stigmatizzati in Iran, ad esempio, vengano accettati se agiti altrove "per combattere il terrorismo" per affermare la propria giurisdizione di paese sovrano, per sostenere l'occidente contro il nemico che lo attacca, e via di questo passo.
Nicoletta Crocella
Il giorno 30 dicembre 2009 12.27, Claudio Bazzocchi <claudio.bazzocchi at poste.it> ha scritto:
C'è una cosa che mi sorprende molto in questi giorni leggendo questa lista pace.
Si tratta del silenzio sull'Iran. È una situazione classica di ribellione civile contro l'oppressione e per la libertà che dovrebbe interessare i nonviolenti, sia per la cosa in sé sia perché si tratta di un caso in cui le tecniche di azione nonviolenta risultano molto efficaci.
E invece niente. Tutti a parlare di Berlusconi, della sinistra che avrebbe tradito (interessante la categoria del tradimento, che evoca scenari inquietanti proprio a sinistra), di Obama, ecc...
Strano, no?
Claudio Bazzocchi
Bologna
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