Sette anni di carcere per Eli il nazista israeliano



"Storie dal muro”: uno sguardo su Israele e Palestina e' una rubrica tenuta da chi tutti i giorni cerca di capire qualcosa che sfugge spesso alla comprensione umana. Forse perché semplicemente è spiegata male.  www.giornalettismo.com

di Alessandro Bernardini 

Arrivati ad odiare la propria razza per inneggiare a ideali sconfitti dalla Storia. L’ennesimo paradosso di una terra che ne riserva sempre di nuovi, ogni giorno

“The believer” è un film statunitense che ha vinto il Sundance Film Festival nel 2001. E’ la storia di Danny un giovane ebreo…nazista. Un ragazzo americano che vive in un turbinio schizoide convinto che la condizione ebraica (individuata nello studio della Torah) sia quella di soccombere sempre, di elemosinare pietà, di inginocchiarsi e arrendersi alla schiavitù perpetua. Danny, delirante, si trasfigura nel suo nemico giurato, in un mostro pieno d’odio: un nazista che arriva persino a scalare l’hit parade della notorietà nella giungla del “potere bianco” statunitense. Si interroga sul concetto di “hebel” (il nulla, lo spazio infinito, Dio) e arriva ad odiare se stesso e il suo popolo proprio perché astratti, inesistenti. “Israele nasce da Auschwitz” si ripete spasmodicamente. Israele nasce dalla sottomissione e dalla privazione dell’esistenza.

COME CI SONO ARRIVATI - Nel settembre dello scorso anno alcuni “believers” sono stati arrestati. Non negli Stati Uniti, ma in Israele. Si tratta di giovani discendenti di ebrei che hanno ottenuto la cittadinanza grazie alle legge che consente a chiunque abbia almeno un nonno ebreo di trasferirsi in Israele. Lo stato ebraico fonda le sue basi sull’immigrazione. Nasce nel 1948, nel 1949 la sua popolazione raddoppia e nel 1951 addirittura si triplica. Negli ultimi dieci-quindici anni la massiccia immigrazione di ebrei da Asia e Africa ha creato questioni di difficile soluzione legate a convivenza, integrazione, assimilazione. Gli “ultimi arrivati” sostano ai gradini più bassi della scala sociale e tra loro quelli provenienti dai paesi dell’ex blocco sovietico. I giovani neonazi arrestati vengono proprio da lì, vivono tutti nei dintorni della città di Petah Tikva ad est di Tel Aviv, dove l’ebraico si mescola con il russo e le altre lingue dei nuovi cittadini d’Israele. Giovani ragazzotti dell’est pieni di “speranze” e tatuaggi del White Power, col numero 88 impresso sulle dita delle mani. Nella simbologia neonazista il numero 88 è collegato alla lettera “H” e, ripetuto due volte, forma magicamente: “HH”, “Heil Hitler”.

PACE E AMORE  - Domenica scorsa è arrivata la sentenza delle Corte israeliana per questi otto giovani nazisti fra i 16 e i 19 anni colpevoli di una serie di vere e proprie spedizioni punitive verso arabi, gay, punk, ebrei. Oltre alle aggressioni sono stati accusati di glorificare il nazismo incendiando sinagoghe e “decorando” la città con svastiche. La polizia, dopo l’arresto, ha trovato nelle loro case filmati che riprendono le aggressioni, materiale che inneggia al nazismo e al fascismo, un fucile delle forze armate israeliane e qualche chilogrammo di esplosivo. I “poveri” neo nazisti all’ingresso del tribunale, davanti ai cronisti, hanno affermato che le accuse nei loro confronti sono infondate e imputabili al fatto che sono immigrati russi. Nel loro video “pattuglia 36”, condito di teschi, svastiche e croci celtiche, i membri della cellula nazi-israeliana offrono il loro farneticante punto di vista su “omosessuali depravati, puzzolenti immigrati asiatici, feccia drogata e spazzatura ebraica”.

THE STORY SO FAR - Il gruppo si forma nel 2006 ed è capitanato da Eli Boanitov, “Eli il Nazi”. Lui, questo “Danny” israeliano, è conosciuto nel suo quartiere ed è “rispettato” perché mette paura. Una paurache gela il sangue dei suoi vicini perché nasce dall’enigmatica follia che si legge nei suoi occhi, una follia che se incomprensibile nel resto del mondo in Israele prende le sembianze di un rigetto, di una negazione alienata della propria cultura. La madre di Eli, figlia di ebrei perseguitati, nega. “Un ragazzo sfortunato” dice, rigettato dalla società che lo ospita, costretto a lasciare la scuola perché accoltellato e minacciato dai “soliti” arabi. La madre, evidentemente, non parla molto con il figliol prodigo che nello scambio epistolare con i suoi sette seguaci scrive: ”Non mi arrenderò mai sono nazista e rimarrò nazista” e ancora, riferendosi ai suoi antenati: ”Non voglio figli mio nonno era mezzo giudeo e non voglio lasciarmi dietro progenie con spazzatura ebrea nel sangue”. Questa storia ha fatto il giro del mondo in ottanta secondi lasciando di stucco in primis la società israeliana. Il giudice della Corte distrettuale di Tel Aviv, Tsvi Gurinkel, al momento della lettura della sentenza ha affermato: “Il fatto che fossero ebrei dell’ex Unione Sovietica e che abbiano appoggiato teorie razziste è terribile”. La banda dovrà scontare da uno a sette anni di reclusione. Sette se gli è beccati “Eli il Nazi”. Dopo lo choc, le polemiche e l’incredulità, in Israele è finita sotto accusa la “Legge del ritorno” che per i detrattori dell’occupazione militare è lo strumento usato per combattere i palestinesi dal punto di vista demografico. L’”apertura” delle frontiere a chiunque dimostri di avere origini ebraiche sarebbe, quindi, l’arma in più per legittimare la condizione di minoranza dei palestinesi. In effetti, il governo incoraggia (attraverso mutui agevolati e prezzi irrisori se confrontati con quelli delle città israeliane) cittadini, soprattutto quelli meno abbienti, molto spesso nuovi immigrati, ad acquistare case all’interno delle colonie illegali. Altro strumento di “lotta demografica” è quello del finanziamento alle comunità ortodosse che ricevono contributi statali per studiare la Torah. Secondo le statistiche del governo israeliano, il tasso di natalità fra gli ebrei ultra-ortodossi raggiunge i 7,6 figli per donna, pari a tre volte il tasso di crescita media della popolazione all’interno dello stato ebraico ed è l’unico che può “competere” con quello palestinese.

PARADOSSO E INCUBO - Il caso di “Eli il Nazi” e la sua banda è da ascrivere alla categoria “incredibile, ma vero”, è il frutto della cultura malata del nazismo, che non smette ancora oggi di perseguitare gli ebrei, la loro storia e la loro cultura. Il nazismo che ha cosparso i suoi germi avvelenati anche dove sembrava impossibile. Ma nasce anche in una società in cui il paradosso è diventato una strana legge. Un paradosso che ha portato all’occupazione militare, alla negazione dei diritti dei palestinesi, alla costruzione di un Muro vergognoso, e che sta trasformando il sogno della nascita d’Israele da un sogno di libertà e di riscatto degli oppressi ad un incubo d’oppressione e di militarizzazione forzata, continuativa e terribile.