30 giorni x 30 articoli.
Verso il 10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un
articolo
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Art. 3
"Alla radice"
La Tavola della pace rinnova
l'appello ai direttori dei TG della RAI:
bastano pochi secondi al giorno nei TG
Oggi, mercoledì 12 novembre 2008, leggiamo insieme il terzo articolo
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Articolo 3 della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
"Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla
sicurezza della propria persona"
Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
"L'Articolo 3 è l'articolo che possiamo chiamare "della radice" e che
quindi merita più ampio spazio.
La vita, prima ancora di figurare nell'elenco dei diritti fondamentali
della persona, è un valore assoluto, perchè incarna la dignità
umana cui ineriscono, come proclama l'articolo 1, tutti i diritti.
Possiamo anche dire che la vita, il rispetto della vita, è il
presupposto della legalità. Le Costituzioni democratiche più recenti
che dichiarano di fondarsi sulla dignità umana potrebbero anche dire
che si fondano sulla vita delle persone. La vita è quella dell'essere
umano integrale, fatto di anima e di corpo, di spirito e di materia,
cioè di un soggetto che, oltre che essere libero, deve alimentarsi,
fruire di alloggio, di salute, di educazione, di assistenza in caso di
necessità. Il rispetto del diritto alla vita comporta la realizzazione
di tutti i diritti umani. Separando i diritti civili e politici dai
diritti economici, sociali e culturali è come se si squartasse l'essere
umano in due parti. La vita è una verità integrale. Il rispetto del
diritto alla vita si persegue col rispetto dei principi democratici,
dello stato di diritto e, contemporaneamente, con politiche sociali. In
questo contesto, l'economia di giustizia è altrettanto essenziale dello
Stato di diritto.
Il diritto alla vita è collegato al diritto alla libertà e al diritto
alla sicurezza: è la triade vitale, come tale indissociabile. La
libertà è un albero: libertà da (dal bisogno: povertà estrema,
inquinamento, malattie epidemiche; dal potere prevaricatore: dittature,
autoritarismi, partitocrazia, imposizioni di pensiero unico, armi);
libertà di (esercitare tutti i diritti di cittadinanza,
scegliere questo o quel lavoro, professare questa o quella religione o
non credere); libertà per (realizzare un percorso di vita
'degna', perseguire insieme obiettivi di bene comune, condividere,
accogliere, costruire percorsi di pace positiva).
La sicurezza non è soltanto una percezione, essa è soprattutto la
capacità effettiva delle persone di esercitare "le" libertà. Perché
sussista effettivamente questa capacità, occorre creare i contesti
(educativi, politici, economici) che ne facilitino l'acquisizione e
l'esercizio. Sono molto belle ed utili le riflessioni che in questa
materia fa Amartya Sen. Nel laboratorio delle Nazioni Unite si è
pervenuti alla definizione della sicurezza come "umana" (human
security). Ad aprire la via è stato lo Undp, il Programma delle
Nazioni Unite per lo Sviluppo, che ha qualificato di 'umano' anche lo
sviluppo (human development) corredandolo di puntuali
indicatori. Sicurezza umana è sicurezza delle persone e delle comunità
umane - People security - ed ha contenuto multidimensionale: la
sicurezza è economica, sociale, ambientale, di ordine pubblico. La
sicurezza dello Stato - State security - è, deve essere,
funzionale alla sicurezza multidimensionale delle persone.
Secondo l'articolo 3, e in questa prospettiva multidimensionale, le
ragioni della sicurezza non possono prevalere su quelle della vita e
della libertà, non possono quindi giustificare la violazione di diritti
fondamentali. L'articolo 4 del Patto internazionale sui diritti civili
e politici (1966) prevede che "in caso di pericolo pubblico eccezionale
che minacci l'esistenza della nazione" gli Stati possono prendere, in
via del tutto eccezionale e provvisoria, misure in deroga agli obblighi
imposti dal Patto. Lo stesso articolo sottrae a questa possibilità di
'sospensione' delle garanzie gli articoli che fanno riferimento al
diritto alla vita, al divieto di tortura e di schiavitù, a taluni
principi di carattere processuale, ai diritti alla libertà di pensiero,
coscienza e religione. La lotta al terrorismo e alla criminalità deve
avvalersi di strumenti compatibili coi diritti umani.
I diritti economici e sociali, i diritti alla pace, allo sviluppo,
all'ambiente sano fanno parte del 'pacchetto sicurezza' il quale rinvia
al principio di interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti.
Il diritto alla sicurezza umana comporta necessariamente, come previsto
dalla Carta delle Nazioni Unite, la messa in funzione di un sistema di
sicurezza collettiva a raggio mondiale, comprensivo sia della
dimensione 'ordine pubblico' sia della dimensione 'sicurezza economica
e sociale'. Nel mondo globalizzato, non ci può essere sicurezza interna
senza sicurezza internazionale. Perché ciò avvenga, occorre far
funzionare efficacemente le legittime istituzioni multilaterali, a
cominciare dall'Onu. Chi pensa di potere garantire la sicurezza
multidimensionale erigendo muri nazionalistici e localistici, oltre che
essere fuori dalla storia, viola il diritto alla vita e alimenta
l'insicurezza.
Il rispetto della vita comporta che si tuteli l'integrità dell'essere
umano sempre più messa a repentaglio dalle biotecnologie. Grazie anche
all'iniziativa dell'Unesco, la bioetica viene ancorata al paradigma dei
diritti umani. In questa direzione vanno la Dichiarazione universale su
"Genoma Umano e Diritti Umani" (1997) e la Dichiarazione universale su
"Bioetica e Diritti Umani" (2005) ambedue adottate dalla Conferenza
generale dell'Unesco. Solo all'Unesco è stato consentito di usare
l'aggettivo "universale", in ragione della estrema delicatezza della
materia. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea è
perentoria nell'interdire la "clonazione riproduttiva degli esseri
umani" (art.3).
Quando inizia la vita? La Convenzione internazionale sui diritti dei
bambini (1989) si limita a dire che "si intende per fanciullo ogni
essere umano avente un'età inferiore a diciotto anni, salvo se abbia
raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile".
L'articolo 4.1 della Convenzione interamericana dei diritti umani
(1969) è più esplicita al riguardo: "Ogni persona ha diritto al
rispetto della propria vita. Tale diritto è protetto dalla legge e, in
generale, dal momento del concepimento nessuno sarà arbitrariamente
privato della vita". Lo spazio di questi miei interventi non consente
di addentrarsi nel campo della Bioetica e del nascente Biodiritto, per
tentare di affrontare i temi del testamento biologico, dell'eutanasia,
dell'accanimento terapeutico, dalla cura del dolore, dell'aborto, delle
cellule staminali, ecc..
In conclusione, se c'è l'obbligo di difendere la vita, anche a
prescindere da un accordo generale sulla data del suo inizio, non c'è
posto né per la pena di morte né per la guerra. L'antinomia è di
carattere assoluto. Coloro che difendono la vita ma avallano la
legittimità della "guerra giusta" e magari anche esaltano il "mercato",
non sono credibili."
Antonio Papisca
Cattedra UNESCO "Diritti umani, democrazia e pace" presso il
Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli
dell'Università di Padova (antonino.papisca at unipd.it).
Tutte le attività promosse in vista del 10 dicembre sono pubblicate sul
sito: www.perlapace.it.
Perugia, 12 novembre 2008
Ufficio Stampa Tavola della pace
Floriana Lenti 338/4770151
tel. +39 075 5734830 - Fax +39 075 5721234
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