Gli inglesi rilanciano la guerra genocida nel Congo



Qualche giorno fa qualcuno ha chiesto, con un tono che pareva copiato da Giuliano Ferrara, dov'era il movimento contro la guerra a proposito del Congo. Non so dove questo movimento sia finito, forse in qualche corridoio della Farnesina o in una stanza riscaldata di qualche palazzo del potere. Personalmente sto brancolando per cercare di capire, cosa praticamente impossibile leggendo o ascoltando i media ufficiali. Ho trovato questo sito che ha il merito di fare i nomi di chi sta dietro la guerra congolese. Lo invio senza saper valutare quanto sia attendibile quello che è scritto; per lo meno dà un quadro plausibile della tragedia.
Un saluto
TC

****************************************

http://www.movisol.org/08news270.htm

Gli inglesi rilanciano la guerra genocida nel Congo

6 novembre 2008 (MoviSol) - Gli interessi finanziari imperiali centrati a Londra hanno rinfocolato una rivolta nella provincia nord orientale del Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Sostenuti dallo stato fantoccio britannico del Ruanda, i ribelli antigovernativi hanno esplicitamente dichiarato che il loro scopo è sabotare un accordo di cooperazione tra Cina e Congo, di grande beneficio per il paese africano. In aggiunta alla cooperazione con la Cina nei progetti di sviluppo, il governo di Kinshasa ha rinegoziato diversi accordi economici che era stato costretto ad accettare come sbocco delle guerre che avevano devastato il paese e la regione dei Laghi negli anni novanta.

La Cina e il Congo hanno negoziato un accordo di 9 miliardi di dollari in cui, in cambio dei diritti di sfruttamento di rame e cobalto, Pechino costruirà 6 miliardi di infrastrutture, tra cui strade, due dighe con centrali idroelettriche, ospedali, scuole, linee ferroviarie con il Sud Africa e tra la provincia di Katanga e Matadi, il porto congolese sull'Atlantico. Altri 3 miliardi saranno investiti nello sfruttamento minerario.

In agosto, il leader ribelle Laurent Nkunda ha violato la tregua stipulata in gennaio riprendendo i combattimenti. Ora egli chiede colloqui diretti col governo per cessare il fuoco e far valere la sua opposizione al progetto cinese. Il 29 ottobre, le sue forze sono riuscite a circondare Goma, capoluogo della provincia del Kivu settentrionale. Migliaia di civili erano già fuggiti dalla città quando le truppe dell'ONU hanno cominciato ad evacuare il loro personale civile. Le truppe di Nkunda sono ben addestrate e ben armate, e usano tattiche di mordi e fuggi, usando la popolazione come scudo.

Con la rimozione del presidente Sud Africano Thabo Mbeki il 20 settembre, si è creato un vuoto di leadership in Africa. Mbeki si era adoperato per contrastare la campagna britannica di schiacciare ogni stato nazionale in Africa e far piombare il continente in un'epoca buia. Sotto Mbeki, le truppe di pace sudafricane sono state impegnate in diversi paesi africani ed egli stesso, o mediatori del suo paese, sono intervenuti in altri conflitti in tutto il continente.

Da quando iniziò l'invasione del Congo orientale da parte dei ribelli sostenuti dal Ruanda e dall'Uganda, la regione è controllata da milizie straniere e anti-governative. Nkunda controlla un'area ricca di risorse naturali e si procura i fondi tramite attività estrattiva illegale. I minerali rubati vengono trafugati in Ruanda, Uganda e Burundi dove vengono venduti al mercato nero. La provincia del Kivu ha cinque importanti risorse: il coltan, i diamanti, il rame, il cobalto e l'oro. Il governo di Kinshasa spesso perde il controllo delle stesse truppe che manda a tentare di riconquistare il controllo della regione, e che passano al nemico in cambio di qualche manciata di preziosi.

Per quanto riguarda Nkunda, egli era un generale dell'esercito della Repubblica Democratica del Congo. Apparentemente egli pensa di trarre un vantaggio dal rendere ingovernabile la regione, in modo da facilitare l'espansione delle miniere illegali (dove si lavora in condizioni orribili). Egli sostiene di aver rifiutato un'offerta di 2,5 milioni di dollari dal governo in cambio dell'esilio.