08 06 02
Lettera aperta a Prodi 2° versione riveduta
Torino, 2 giugno 2008
Caro Romano
Prodi,
ci siamo
scritti alcune volte negli anni scorsi, per due o tre volte mi hai
cortesemente risposto, e hai anche preso l’iniziativa di darci del tu, anche
se di persona ci siamo visti in poche occasioni.
Oggi, festa
della Repubblica e della Costituzione, invece di guardare la parata militare,
tutta senza senso in questo giorno di pura democrazia civile e non armata
(Napolitano continua a parlare di una patria militare, con linguaggio arcaico;
oggi avrebbe detto che «le forze armate sono garanzia della
Costituzione»!!!), ti scrivo questa difficile
lettera aperta, dopo la fine per me molto spiacevole del tuo governo e dopo il
risultato sciagurato, favorito da alcuni errori di Veltroni e altri, e da
regole assurde, delle elezioni politiche del 13-14 aprile. Subito, il nuovo
governo ha rimescolato la melma razzista, la guerra ai poveri, nel fondo
dell’animo degli italiani.
Nella mia
condizione di insegnante in pensione attiva, di “manovale delle idee” e delle
informazioni negate, impegnato negli studi e nei movimenti per la pace
nonviolenta, ho sempre apprezzato e sostenuto il tuo governo, pur criticandone
la politica militare: le crescenti spese, la cessione passiva agli Usa del Dal
Molin di Vicenza, la permanente guerra in
Afghanistan.
Per avere
espresso tolleranza, insieme alla disapprovazione, verso la presenza italiana
in questa guerra, allo scopo di evitare il peggio che ora infatti il governo
Berlusconi prepara, mi sono preso, da qualche pacifista senza senso della
possibilità e della gradualità, l’accusa di «complice» di quella guerra,
accusa riservata, tra altri, anche alla senatrice Lidia Menapace, per la
stessa ragione.
Ora che nessuno, neppure tra membri e alleati, dà un qualche
riconoscimento al tuo governo, mi vanto di farlo, da comune cittadino:
volentieri e sinceramente riconosco la tua serietà e onestà, inconfrontabile
col clima incivile che si è subito creato col nuovo governo (altro che
l’armonia di cui il Papa gioisce!). Però unisco a questo riconoscimento una
critica riguardo alla politica di pace, convinto come sono che o la politica è
pace positiva e costruttiva, o non è davvero politica.
Economia e civiltà
A quanto
capisco, hai lavorato bene nel campo economico, senza però riuscire a spiegare
agli italiani che dal risanamento della economia generale e pubblica,
dall’estirpare evasione fiscale, corruzione e sprechi pubblici, può venire un
miglioramento delle economie familiari. Ti è mancata la maniera e la
collaborazione efficace per comunicare coi cittadini ed estendere tra loro il
consenso risicato in Parlamento. Così forse avresti potuto abbattere per legge
il conflitto di interessi e ridurre i privilegi della odiata casta politica.
Forse il centro-sinistra non avrebbe perso così male le
elezioni.
Ma la politica
non è solo economia. L’iniziativa della moratoria della pena di morte nel
mondo è stato un segnale ottimo di ciò che la politica deve essere: difesa e
affermazione dei valori umani, dei diritti e doveri universali, in primo luogo
a tutela delle persone e dei popoli più deboli. Ciò deve valere anzitutto nel
ripudiare politiche di guerra e nel cercare accanitamente politiche di pace
attiva. La quale significa non solo evitare la guerra, ma costruire politiche,
strutture, mezzi e culture di trasformazione e soluzione dei conflitti anche
acuti con mezzi civili, non omicidi. Questo è possibile se si conoscono e si
sviluppano le culture nonviolente positive, le ricerche, le esperienze
storiche, e se si ha la volontà politica.
Io non intendo
giudicare il tuo personale operato, ma discutere certi atti della politica da
te guidata, ben sapendo a quanti condizionamenti, anche duri o terribili, può
essere stata sottoposta. Parlo di Afghanistan, spese militari, e Dal Molin. E
poi di due notizie recenti.
Afghanistan
La guerra
statunitense all’Afghanistan – per non dire di quella ancora più oscena
all’Iraq, dalla quale il tuo governo ritirò le armi italiane (come aveva
promesso anche Berlusconi) ma non gli interessi petroliferi – è stata una
risposta criminale al crimine del terrorismo; una risposta non solo inutile,
ma peggiorativa, nuovo alimento alla violenza complessiva. Non una politica
cieca, ma cinica, che profittava dell’emozione e della solidarietà mondiale
dopo l’11 settembre, sciagura ben utilizzata da Bush come opportuna, per
rilanciare ed espandere l’industria stragista e il dominio imperiale. L’11
settembre non giustificava la risposta bellica. L’avallo dell’Onu fu a sua
volta illegale, perché per Statuto essa non può fare né autorizzare guerre, ma
solo azioni di polizia, e la differenza non è di parole ma essenziale: la
polizia corretta riduce la violenza, la guerra la accresce. La partecipazione
italiana, falsamente o illusoriamente detta di pace, doveva essere rapidamente
ritirata nel 2006. Il tuo governo ha il merito di avere resistito alle
richieste di maggiore coinvolgimento in quantità e qualità bellica, a cui ora
Berlusconi cederà, ma non è riuscito a trasformare in forme sempre meno armate
e sempre più civili disarmate, quindi credibili, la presenza italiana in
Afghanistan. C’erano proposte precise: il governo le ha considerate davvero?
Non ho informazioni complete.
Spese
militari
L’aumento
enorme, nel bilancio statale, delle spese militari, sotto
le più varie voci, anche per armamenti offensivi e non difensivi, è stato uno
schiaffo inflitto alle correnti più civili e morali del popolo e della cultura
politica italiana. Non si è vista una ragione sufficiente che giustificasse
quell’aumento, e convincesse gli animi offesi. Si sa che il denaro sottratto
alla vita civile e investito in armi e strutture militari fomenta le guerre,
perché le spese devono poi dimostrare di non essere state inutili sprechi.
Anche per l’atomica di Hiroshima questa fu una ragione per deciderne
l’impiego, come sappiamo dalla storia. Se oggi si costruisce un bombardiere
pronto fra dieci anni, fra dieci anni bisognerà impiegarlo, altrimenti
qualcuno sarà accusato di avere sprecato i soldi. Sento che oggi La Russa ha
chiesto l’aumento di un terzo! Si calcola che gli investimenti complessivi per
la guerra stiano a quelli per la pace come mille a
uno!
Tutto ciò si
regge sul mito folle e cieco della inevitabilità della guerra, che condanna a
prepararla! Nessuna delle politiche che arrivano a governare gli stati sa
pensare e decidere, con diversa migliore intelligenza, sull’ipotesi umana
opposta. I governi continuano a scegliere la disperazione dei popoli: meglio
guerra e fame che pace e vita! Meglio l’illusoria sicurezza omicida che la
garanzia reciproca costruita con la giustizia internazionale! Bandire la pena
di morte giudiziale è molto bene, ma occorre anche bandire la pena di morte
militare inflitta ai popoli innocenti, doppiamente vittime!
Se, date le idee dominanti, ciò non è oggi realizzabile, diciamolo
almeno come obiettivo politico determinato, da cercare
tenacemente!
Dal
Molin
La pronta
cessione agli Usa della base militare Dal Molin, per il suo ampliamento
disastroso per la città di Vicenza e per la posizione italiana nel mondo, è
stato l’atto che ti ha maggiormente alienato l’appoggio dei più seri tra i
tuoi sostenitori, che si aspettavano una vera politica di pace.
Il 28 febbraio
2007 (dagli atti ufficiali del Senato), il sen, Cossiga, votando la fiducia,
ti ha detto: «Prendo atto
con soddisfazione che nelle sue dichiarazioni non vi è coraggiosamente, nella
linea già tenuta in quest'Aula dal suo Ministro della difesa, - alcuna traccia
di una revoca dell'autorizzazione del suo Governo data al Pentagono del
raddoppio della base militare di Vicenza - che mi trova, ovviamente,
americano e guerrafondaio come sono, completamente favorevole - (Applausi
dai Gruppi FI, AN e LNP) e della riunificazione su di essa del 173°
reggimento d'attacco “Airborne” (il cui comandante ha ritenuto di
dovermi regalare il distintivo), strumento del piano di dissuasione e di
ritorsione anche nucleare denominato “Punta di diamante”»…(Le
sottolineature e l’evidenziazione sono mie). Non ho saputo di una tua
smentita.
Concedere
territorio italiano per una colonia nucleare è evidentemente una cosa grave.
Se fossi un giorno perseguito per questo, vorrei vederti o innocente
dimostrato, o pentito.
Alle civilissime
proteste della città di Vicenza (che ora ha eletto un sindaco non favorevole
alla base Usa), hai sempre opposto un totale non-ascolto, che sapeva di
arroganza, dando seccamente la cosa per già decisa: da chi? quando? come? a
che titolo? La segretezza degli accordi internazionali in
così grave materia, alle spalle dei popoli, non è più tollerabile nei tempi e
nei paesi che si proclamano alfieri di democrazia. Io più volte, in scritti e
interventi, ti ho difeso, cercando di interpretare la tua inspiegabile
posizione sul Dal Molin con l’ipotesi che tu fossi duramente, persino
mortalmente, ricattato dall’impero Usa. Questo è possibile, perché sappiamo e
vediamo che, dal caso Moro, alle extraordinary renditions (in alcuni casi con
la collaborazione italiana), alla tortura sistematica, a Guantanamo, al
rifiuto di Kyoto e degli accordi di disarmo, per non risalire alla Escuela del
las Americas, i governi degli Stati Uniti, faro di democrazia violenta, non
hanno mai concepito limiti al loro potere sul mondo. Se invece così non fosse,
ma la colonia nucleare Usa fosse voluta o passivamente subita da te, ciò
sarebbe una più amara delusione.
Dopo la caduta
del tuo governo, arrivano altre notizie dolorose per chi ti ha dato stima e
fiducia.
Un altro accordo segreto?
Saprai che ci sono in Italia sostegni alla protesta crescente in
Repubblica Ceca contro l’installazione statunitense in quel paese di una base
dello “scudo stellare” (potente fattore di guerra e non di pace). Jan Tamas e
Jan Bednar, che hanno cominciato il 13 maggio uno sciopero
della fame, scrivono: «Il problema delle basi militari USA per noi non é solo
un tema di sicurezza internazionale, ma anche un tema di democrazia: ancora
una volta permettiamo a un piccolo gruppo di politici di decidere per la
maggioranza del nostro popolo, in netto contrasto con ciò che la gente
desidera. Questi metodi purtroppo ci ricordano l'epoca anteriore al 1989,
un'epoca a cui non vogliamo tornare» (tutta la dichiarazione: http://www.nenasili.cz/it/1015_dichiarazione), e a noi ricordano la brutta vicenda Dal
Molin, in Italia nel 2006 e non in Cecoslovacchia
prima del 1989.
Ora, da italy at europeforpeace.eu in data
28 maggio 2008 13:28:01, insieme alla solidarietà con la protesta in
Repubblica Ceca, arriva anche la denuncia che «nel 2007 il governo italiano
avrebbe firmato un accordo segreto con gli Stati Uniti per la partecipazione
al progetto dello scudo spaziale, senza informare né il Parlamento né
l'opinione pubblica. Vogliamo sapere che cosa implica questo impegno, che
andrà sicuramente a vantaggio dell'industria bellica e significherà nuovi
tagli alle spese sociali e chiediamo che l'accordo con gli Stati Uniti venga
sospeso».
È vero o non è vero? In entrambi i casi una risposta da chi fu
responsabile nel tuo governo è indispensabile, o per un giudizio di condanna
politica, o per smentire una grave calunnia.
Segreto di Stato sui siti
nucleari
Nel momento in cui si torna a propagandare la
scelta di energia nucleare per l’Italia, soluzione apparente, costosa,
temporanea, a rischio di attentati, che scarica scorie per millenni sui
posteri, l’Associazione ECOAGE www.ecoage.com (Andrea Minini,
www.noalnucleareinbasilicata.com ) informa che c’è «il segreto di Stato per il deposito di scorie
nucleari. Come ultimo atto il Governo uscente di Romano Prodi ha esteso il
segreto di Stato sull'individuazione del sito unico di stoccaggio delle scorie
nucleari. Il Provvedimento è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16
aprile 2008 n° 90, ad elezioni praticamente perse, ed è entrato in vigore
dallo scorso 1° maggio, nel silenzio quasi completo dei mass media italiani,
che non hanno dato importanza alla notizia. La quale si apprende da un
articolo del quotidiano di economia e finanza Sole24Ore del 9 maggio
2008». «Così – continua il comunicato - i cittadini non dovranno essere
informati. Il provvedimento firmato da Romano Prodi faciliterà
l'individuazione del deposito di stoccaggio delle scorie nucleari in Italia.
Il segreto di Stato è stato esteso agli impianti civili di produzione
dell'energia. La costruzione di una centrale nucleare o del deposito di scorie
potrà quindi essere coperta dal segreto di Stato e nessun cittadino avrà
legalmente diritto di sapere cosa accade dietro le aree recintate. Nei luoghi
coperti da segreto di Stato non potranno accedere nemmeno le aziende sanitarie
locali per effettuare i normali controlli che saranno realizzati da speciali
uffici autonomi. I Comuni e le amministrazioni locali non potranno comunicare
informazioni, documenti, luoghi e attività in cui saranno stoccate le scorie
radioattive. Persino la motivazione della scelta dei siti sarà coperta dal
segreto di Stato». Quindi, il comunicato prospetta gli “scenari possibili”.
«Grazie al decreto di Romano Prodi, emanato [in realtà emanato l’8 aprile,
prima delle elezioni, e pubblicato il 16] in piena ordinaria
amministrazione ad elezioni già concluse, il governo Berlusconi potrà
utilizzare il segreto per individuare il sito. Molto probabilmente per ridurre
le proteste dei cittadini sarà realizzato in strutture militari già esistenti
oppure in strutture dello Stato (es. gli attuali centri Enea). Non è dato
saperlo. Del resto con il segreto di Stato già tirare ipotesi come stiamo
facendo in quest'articolo potrebbe essere considerato reato se dovessimo avere
ragione. L'ipotesi nasce dalle considerazioni dell'articolo
del Sole24Ore sopracitato che tali strutture dello Stato sono già
inaccessibili e chiuse al pubblico».
Quel comunicato merita attenzione, nonostante
l’imprecisione sulla data, perché gli estensori non sono contrari in assoluto
al nucleare. Essi così concludono: «Pur avendo partecipato al caso Scanzano
Jonico questo sito non ha mai negato l'utilità di un possibile ritorno al
nucleare in Italia in nome della diversificazione del mix energetico e la
necessità di mettere in sicurezza tutto il materiale radioattivo italiano di
Ia, IIa e IIIa categoria. Ma farlo in questo modo, negando il diritto dei
cittadini al confronto e alla concertazione, lascia in sé una grande
amarezza».
Io non sono personalmente in grado di valutare
fino in fondo gli aspetti tecnici e scientifici relativi al nucleare, ma sono
un cittadino che, con tutti gli altri, non vuole essere escluso. Abbiamo
votato un referendum, e ne abbiamo diritto. Se la notizia è vera, è un regalo
agli interessi più irresponsabili e speculatori, ben rappresentati nel governo
Berlusconi. Da Romano Prodi i suoi elettori non si sarebbero aspettati
questo.
Sincerità
e cordialità
Caro Romano Prodi, ti indirizzo questa lettera
di ringraziamento con piacere, e di critica con vero dispiacere, mentre sono
immensamente preoccupato per la nuova situazione italiana, davanti alla quale
vedo molto insufficienti e fiacche, se non succubi, le energie politiche,
culturali, morali, informative, religiose, che dovrebbero opporre una
resistenza di qualità alternativa al potere che si è stabilito. Oggi la
democrazia formale è andata contro la giustizia sostanziale, interna e
planetaria. Però, non perdo la speranza che persone come te, e altre nuove,
oneste, competenti, di buona volontà, rimangano come un riferimento politico,
e tornino a dare, senza cedimenti, ma in direzione opposta al governo attuale,
un rinnovato contributo al nostro paese. L’Italia deve superare i soffocanti
limiti di questa politica retrograda, inadeguata, che aggrava il rischio
odierno del mondo.
Con sincerità e cordialità
Enrico
Peyretti