articolo La Valle su elezioni
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- Date: Tue, 15 Apr 2008 08:59:37 +0200
LA SMORFIA - Articolo di Raniero La Valle per il n. 9 di Rocca (rocca at cittadella.org) Il blitz è riuscito. Il Partito Democratico ha perso, ma
la sinistra è stata del tutto esclusa dalla rappresentanza. L’operazione per la
quale una intera area politica del Paese viene buttata fuori del Parlamento, a
causa della sua proposta e del suo stesso nome, è una classica operazione di
regime, che peraltro nemmeno al fascismo, nella sua fase parlamentare, era
riuscita. Certamente la coabitazione coatta e la rissosità interna alla
coalizione di Prodi richiedevano di essere sanate, ma non attraverso un’ecatombe
di forze politiche. La “democrazia incompiuta” della prima Repubblica comportava
che la sinistra comunista fosse esclusa dal governo, ciò che provocò un lungo
tormento e l’aggregarsi fuori delle istituzioni di frange extraparlamentari. La
“democrazia semplificata” del bipartitismo pannelliano e veltroniano contempla
che l’intera sinistra sia respinta nell’area extraparlamentare. E come allora si
finì con il partito armato, così ora il rischio è che le istanze sociali,
economiche e culturali non più ammesse alla mediazione parlamentare, si spostino
su altri fronti di lotta, nella migliore delle ipotesi fino alle manifestazioni
di piazza e ai casseurs tipo periferie
parigine. Questo risultato si deve senza dubbio alla totale mancanza di realismo di una
sinistra che ha accettato di farsi chiamare radicale, antagonista e
massimalista, se ne è compiaciuta sui propri giornali, e si è perfino
dimenticata che non può esserci una sinistra in Italia che non assuma in qualche
modo anche la cultura e la passione politica di un cristianesimo non clericale.
Tuttavia ciò non sarebbe bastato a produrre il risultato del 14 aprile, che è
invece l’effetto, del tutto artificiale (e perciò non democratico), di tre
fattori concomitanti. Il primo è che la legge elettorale stabiliva una soglia
di sbarramento del 4 per cento alla Camera e dell’8 per cento al Senato, in un
sistema che però non aveva come scopo di distruggere i minori partiti, ma di
indurli a coalizzarsi con quelli maggiori per superare, insieme, la soglia
minima richiesta: tanto è vero che con la stessa legge elettorale nella scorsa
legislatura, come è stato deprecato, tutti i partiti erano rappresentati in
Parlamento. Il secondo fattore è che la medesima legge elettorale
prevede il premio di una quota minima di 340 deputati da assegnare alla lista
vincente (e per il Senato un premio regionale), accendendo così una pesante
ipoteca sul Parlamento e condizionando gravemente il posizionamento elettorale
dei partiti: ma almeno la legge prevedeva che a conquistare il premio sarebbe
stata una coalizione, e non un singolo partito. Il terzo fattore è che Veltroni, senza aspettare che
fosse mutato per via democratica questo sistema, lo ha snaturato, usando il
sistema contro la logica e la residua democraticità del sistema, buttando a mare
la coalizione e gloriandosi di aver messo alla porta i partiti alleati, dai
socialisti ai verdi a Rifondazione, mentre Berlusconi fingeva di fare
altrettanto con i suoi, tenendosi però ben stretti Fini e la Lega.
Il risultato è stato che Berlusconi, “il vecchio”, ha
vinto, Veltroni, “il nuovo” ha perso, la Lega si prepara a imporre la rottura
dell’eguaglianza costituzionale tra il Nord e il Sud del Paese, Casini salva
fortunosamente un “pro-memoria” di quella che fu una riconoscibile presenza
politica dei cattolici, la sinistra, inutilmente unita, esce dal Parlamento,
perde il finanziamento pubblico dei partiti, avrà difficoltà a mantenere sedi e
giornali, e perfino Vespa oggi la rimpiange e addirittura Fini lamenta che sia
“anomala” una Camera dove essa non ci sia. E il colmo è che in questo sfacelo
gli sconfitti cantino vittoria, avendo posto le basi dell’Italia anglosassone e
bipartita. In realtà quella che cade rovinosamente in questo
terremoto, è l’illusione di un’Italia impolitica, dove i problemi che incombono
e il duro conflitto di interessi sociali e di bisogni si possano risolvere o
ignorandoli, o intingendoli nel miele delle buone maniere. Di fronte alla
ventata dell’antipolitica, di fronte agli sberleffi dei Ferrara e dei grillini,
di fronte all’accusa alla intera “casta” politica, ha vinto chi ha fatto più
politica, non chi si è rifugiato nell’impolitica. Berlusconi ha fatto politica,
perché è il massimo della politica accusare tutti gli altri di essere comunisti;
Veltroni non ha nemmeno nominato il suo avversario, forse pensando che non si
trattasse di combatterlo, ma di esorcizzarlo. E a un’Italia in cui si deve
rivendicare il diritto al pane, al lavoro, alla casa, alla salute, ha promesso
il “diritto al sorriso”, che poi sarebbe mandare anche i senza tetto e i precari dal dentista.
Purtroppo il sorriso, la sera del 14 aprile, in milioni di italiani si è mutato
in una smorfia, di preoccupazione e di dolore.
Raniero La Valle
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