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La politica è morta:don Pedro Casaldaliga. Da Silvia Marcuz
- Subject: La politica è morta:don Pedro Casaldaliga. Da Silvia Marcuz
- From: Marco Mayer <mayerkos at yahoo.it>
- Date: Sun, 14 Oct 2007 10:54:20 +0200 (CEST)
La politica è morta:don Pedro Casaldaliga Da:
Silvia Marcuz
1.
La politica è morta:don Pedro Casaldaliga
Inviato da: "Silvia Marcuz"
donkisciotte78 at libero.it donkisciotte78
Sab 13 Ott 2007 6:15 pm
La politica è morta:don Pedro Casaldaliga, vescovo
dei poveri in Brasile
<http://www.carta. org/archivio/ autori/851>
[12 Ottobre 2007] (fonte www.carta.org)
Secondo il grande teorico del pensiero
personalista, il cristiano Emmanuel Mounier,
«tutto è politico, anche se il politico non è
tutto». Fabio Konder Comparato, giurista e
militante, nonostante le gravi disillusioni
sofferte con la politica, afferma
categoricamente: «Fuori della politica non c’è
salvezza», Gilvander Moreira fa la stessa
affermazione. Diversi di istituti di ricerca
spagnoli, hanno constatato in una inchiesta che
il 60 per cento dei giovani non sente alcun
interesse per la politica. Il popolo semplice
dell’interno del Brasile parlava e parla di
politica, a priori e a posteriori, come di una
male: «estar politico» con qualcuno, significa
aver litigato.
E noi, che pensiamo? Politica sì o politica no?
Bisogna riconoscere che la frustrazione che sta
provocando la politica tradizionale, praticamente
in tutti i paesi, crea un atteggiamento di
sfiducia, di disprezzo e perfino di indignazione
di fronte alla politica. Quali sono le cause?
Purtroppo sono facili da enunciare: la
sottomissione dei governi e dei politici alla
macro-dittatura del capitalismo neoliberista, gli
scandali di corruzione e nepotismo, la falsità
delle promesse elettorali, le alleanze spurie,
l’inerzia interessata delle oligarchie nazionali…
L’esperienza collettiva, in quasi tutti i paesi,
soprattutto nel Sud del mondo, è un balletto di
sigle che occultano, tutte quante, la stessa
pseudo-politica regnante nel potere, nel lucro,
nel privilegio. Si è fatto della politica un
affare, la risorsa delle élites che si succedono,
sempre le stesse, apertamente nella destra,
consacrando lo status quo. Dice la barzelletta:
«Basta, fare politica con la politica! Lasciatela
essere quello che è: fare affari!».
Questa politica deve morire. A livello mondiale è
già una politica morta per la società che vuole
vivere umanamente e costruire un futuro
autenticamente democratico, partecipativo,
umanizzante, senza quelle disuguaglianze che
gridano al cielo. L’economia cresce, ma cresce
anche simultaneamente la disuguaglianza. I piani
strutturali di aggiustamento che la politica
attuale esige dai paesi poveri hanno fallito, a
prezzo di molto dolore, molta miseria e persino
di molto sangue. «Il processo attuale di
globalizzazione» , scrive Stiglitz nel suo libro
«La globalizzazione che funziona», «sta
provocando alcuni risultati di disequilibrio sia
tra paesi che all’interno degli stessi. Si crea
ricchezza, ma ci sono troppi paesi e persone che
non ne condividono i benefici… Questi
disequilibri globali sono moralmente
inaccettabili e politicamente insostenibili» . Si
è opportunamente affermato che la disuguaglianza
assassina la mondializzazione; e ci si convoca
per un processo multiplo in luoghi e in modi al
servizio di una «mondializzazione equa», che
distribuisca il benessere e sopprima la miseria.
Bisogna fare della politica un esercizio basilare
di cittadinanza. La cittadinanza è il
riconoscimento politico dei diritti umani. Poiché
siamo umanità siamo anche società. Il filosofo
italiano Giorgio Agamben scrive: «La separazione
tra ciò che è umano e ciò che è politico, che
stiamo vivendo attualmente, è la fase estrema
della scissione tra i diritti dell’uomo e i
diritti del cittadino».
La politica ha nelle sue mani la manipolazione
dell’opinione pubblica e la «colonizzazione delle
soggettività». Per la maggior parte dell’umanità
è una politica che deve morire, è già una
politica morta. E, tuttavia, la politica, l’altra
politica, non può morire, appunto perché
l’umanità non può vivere senza. La politica è
l’organizzazione della vita umana, il processo
della società. La politica è più di una
dimensione, abbraccia tutte le dimensioni della
vita sociale.
Per questo sempre più persone e aggregazioni
sociali rivendicano una politica «altra», di
giustizia, di partecipazione, di trasparenza, di
servizio. Programmata e vissuta sia a livello
mondiale che locale. Rinnovando le istanze
tradizionali, molte delle quali caduche e
ingiuste, e favorendo istanze nuove. Formando
politicamente la cittadinanza. Suggerendo
atteggiamenti, processi, campagne; aiutando a
cercare soluzioni. Occorre sempre più aiutare a
pensare e ad assumere ciò che si deve fare perché
la politica viva, resuscitata, lontano dai
«sepolcri imbiancati», sia una politica umana e
umanizzante. Con Max Weber, vogliamo distinguere
tra la politica come professione e la politica
come vocazione. Scrisse Rubem Alves, nel
memorabile articolo «Sulla politica e il
giardinaggio» : «Di tutte le vocazioni, la
politica è la più nobile… Di tutte le professioni
è la più vile».
Occorre sognare camminando. Vogliamo e dobbiamo
essere politici, fare politica. Ci
autoconvochiamo per entrare, donne ed uomini,–e
sempre più le donne nelle diverse sfere della
politica–, adulti e giovani, tutti impegnati e
colmi di speranza, in questa grande mobilitazione
di obiettivi, di forum, di campagne, di
realizzazioni. Chiediamo, sognando in grande, che
la politica sia un esercizio di amore, la
celebrazione quotidiana di una convivenza
veramente umana. Una politica di fratelli e
sorelle. Un culto quotidiano all’umanità, il
miglior culto per i credenti al Dio vivo.
Vogliamo essere politici e fare politica, senza
possibile neutralità, senza ipocrite
equidistanze. Nel suo celebre discorso
all’Università di Lovanio, il martire San Romero
d’America affermò: «Essere a favore della vita o
della morte. Ogni giorno vedo con più chiarezza
che è questa l’opzione da seguire. In ciò non
esiste neutralità possibile. O serviamo la vita o
siamo complici della morte di molti esseri umani.
Qui si rivela qual è la fede dei credenti: o
crediamo nel Dio della Vita o usiamo il nome di
Dio servendo i carnefici di morte».
* Dall’introzuione dell’Agenda 2008, curata dal
Gruppo America Latina della Comunità di
Sant’Angelo
Sant’Angelo Solidale Onlus di Milano
[santangelosolidale@ tiscali.it]
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- Parlo da utopista, lo so. Ma o essere utopisti o
sparire - P.P. Pasolini
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- Il solo modo di vivere liberi è di vivere da
africani - Thomas Sankara
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