Re: Re:[pace] Era l'11 settembre del 1973:Il testamento di Salvador Allende



C'è anche un terzo 11 settembre, bello e molto più importante (v. allegato,
e copiato qui sotto).
Enrico Peyretti



07 09 13 L'undici settembre di Gandhi



Ormai i lettori attenti sanno che, oltre il tremendo e risonante 11
settembre 2001, almeno altri due avvenimenti molto significativi, di segno
diverso e opposto, sono accaduti in quel giorno di settembre: nel 1973 il
feroce golpe in Cile di Pinochet, traditore della democrazia col sostegno
degli Usa, contro Allende; nel 1906 la nascita della nonviolenza moderna,
con l'avvio in Sudafrica della forte lotta nonviolenta in difesa dei diritti
conculcati degli immigrati indiani, occasione per Gandhi di cominciare a
costruire e formulare il metodo di lotta giusta per fini giusti, che
chiamerà Satyagraha, forza che viene dallo stare attaccati alla verità.

L'anno scorso, nel centenario, un bel convegno si è tenuto a Pisa per questa
ricorrenza. Testi e scritti relativi sono ora pubblicati nel n. 12 dei
Quaderni Satyagraha, L'11 settembre di Gandhi. La luce sconfigge la tenebra,
con contributi di quattordici  autori (pp. 215, euro 16,00;
centrononviolenza at libero.it ). Come è stato fatto in diverse altre città,
abbiamo ricordato la data presentando questo quaderno a Torino, nel Centro
Studi Sereno Regis, la sera di martedì 11, Alberto Pelissero, Nanni Salio ed
io.

Raccolgo qui soltanto alcune idee indicative dell'interesse di questo
materiale di informazione e riflessione.

Arun Gandhi, nipote del Mahatma, che vive negli Stati Uniti, scrive: «Mi
sono tormentato a pensare se noi americani dobbiamo continuare a osservare
ogni anno l'11 settembre come un giorno di lutto che mai più si ripeta, o
possiamo trasformarlo in un giorno di speranza e armonia. Potremmo cambiarlo
in un giorno di introspezione per accettare che noi individualmente e come
società abbiamo bisogno di cambiare radicalmente le nostre vite e le nostre
relazioni. (...) In ossequio a ciò che Gandhi ci insegnò, noi possiamo
osservare l'11 settembre come giorno di preghiera per la pace e l'armonia»
(p. 7).

Michael Nagler (autore di Per un futuro nonviolento, Ponte alle Grazie,
Milano 2005) ricorda che «circa 1.500 anni fa, in risposta a una crisi
simile, sant'Agostino proclamò la sua fede che la ricerca della pace è
insita nella natura umana. Che ne siamo consapevoli o no, egli disse, il
nostro desiderio più profondo è ricercare l'amicizia e, per quanto ci è
possibile, la pace con ogni uomo e donna, e tutto quello che vive. Ma quelli
di noi che lavorano per la pace sono forse più consapevoli di questo
desiderio e ne sentono le violazioni più profondamente, dato che non solo
desideriamo la pace, ma crediamo in essa, crediamo che sia possibile anche
nel nostro tempo» (p. 47).

Questo pensiero nega il luogo comune sulla tendenza umana alla violenza come
geneticamente programmata. Nel 1986 un seminario, indetto dall'Unesco, dei
migliori psicologi comportamentali arrivava alle stesse conclusioni,
depositate nella Dichiarazione di Siviglia (facilmente leggibile in rete).

Lo stesso Nagler ricorda, con una formula sintetica, la sua osservazione che
mentre la nonviolenza a volte funziona anche a breve termine, e sempre
funziona (è efficace) a lungo termine, invece la violenza a volte funziona
nell'immediato, ma mai funziona (mai è efficace) nel tempo lungo (p. 59).
Questo mi ricorda un pensiero di Merleau-Ponty, per il quale la legge dell'
azione non è l'efficacia immediata, ma la fecondità.

Fulvio Cesare Manara, che ricostruisce con precisione le origini del
Satyagraha, afferma all'inizio: «Non possiamo accettare, convenire e
concordare con quanto i nostri governi decidono, ma non possiamo nemmeno
agire per intervenire significativamente con un'opera di intervento e di
trasformazione nonviolenta: non siamo ancora all'altezza» (p. 29). È un
lavoro a tempi secolari, quello per la nonviolenza? Balducci diceva che
richiede una mutazione antropologica. Saremo in tempo prima della temibile
catastrofe? Di questo abbiamo discusso. Ogni risultato futuro può diventare
possibile, anche se non ne vediamo ora la possibilità, solamente attraverso
il lavoro quotidiano continuo e costante. Per una incidenza politica della
nonviolenza, occorre una grande unità e chiarezza dei movimenti: mantenendo
il valore delle loro specificità, dovrebbero federarsi in Italia (e nel
mondo) in un'azione politica comune (mi permetto di indicare la proposta di
una Federazione Politica Nonviolenta, su questo giornale telematico "La
nonviolenza è in cammino" del 27 luglio 2007).

Bhikku Parekh propone un immaginario scambio di lunghe lettere, due
ciascuno, tra Osama bin Laden e Gandhi (pp. 77-85). Nel loro carattere
fittizio, questi testi sono molto interessanti. Osama presenta bene le
"ragioni" del terrorismo islamico anti-occidentale. Ci sono infatti delle
originarie ragioni, sebbene condotte a fini e con metodi criminali,
inaccettabili. Anche Hitler aveva delle ragioni, con le quali ottenne  il
consenso dei tedeschi, nel denunciare la pace punitiva inflitta alla
Germania nel 1919, ma le gestì, evidentemente, con progetti e metodi
criminali. E il Gandhi di queste lettere accusa con grande chiarezza le
azioni inaccettabili di bin Laden, pur comprendendo ma anche precisando i
suoi motivi originari. Questi testi io ora li immagino letti e recitati
vivamente da bravi attori, come esempio di quello che dovrebbe sempre
avvenire: parlarsi tra avversari e anche tra nemici, salire dal gesto
omicida, dalla catena violenza-vendetta, alla parola umana, anche
dialettica.

Nel contributo di Nanni Salio compare, tra molte idee, un'altra curiosa
combinazione numerica (p. 95). Egli ha raccolto analisi precise, fino da  Il
potere della nonviolenza (Edizioni Gruppo Abele, 1995), delle lotte
nonviolente del 1989, che culminarono nel 9 novembre (abbattimento del muro
di Berlino). Ora, per combinazione, noi scriviamo questa data 9/11 e allo
stesso modo gli statunitensi scrivono la data dell'11 settembre: 9/11 (prima
il mese, poi il giorno). Il caso suggerisce questo accostamento tra due
momenti di segno opposto: un giorno molto simbolico del successo delle lotte
nonviolente accostato al giorno più simbolico della distruttività del
terrorismo. Noi, scrivendo 9/11 la data del 1989 esprimiamo quasi un
rovesciamento possibile dei fatti violenti dell'11/9 del 2001.

Nello stesso contributo di Nanni Salio indico dieci punti, sulla linea del
1989, per uscire dalla catastrofe di civiltà che incombe sul nostro tempo
(pp. 95-98). Queste indicazioni, e altre analoghe proposte, ci dicono che la
nonviolenza è spiritualità, cultura, e metodologia politica, un insieme
valido per salvare l'umanità, se solo fosse compresa e diffusa nell'opinione
pubblica dei popoli.

Altro si potrebbe dire su questo ricco quaderno. Ma voglio ora ricordare,
nell'ordine di idee delle ricorrenze che ci rendono presenti lontani eventi
significativi, che il 30 gennaio 2008, cioè fra poco più di quattro mesi,
saranno sessant'anni dall'uccisione di Gandhi, in quel giorno del 1948. Una
morte coraggiosa, feconda, che ancora mobilita tanti spiriti attivi nel
mondo; un segno dello spendersi totale per la giustizia e l'amore, che
continua a produrre vita. Cosa intendiamo fare, come intendiamo vivere
questa prossima ricorrenza, e diffonderne il frutto?

Enrico Peyretti, 13 settembre 2007

(Noto a margine che il senso completo di un mio intervento, che nel titolo
compare solo nella prima parte, è: La nonviolenza ha bisogno di religione.
La religione ha bisogno di nonviolenza)








----- Original Message ----- 
From: <Vincenzocaldarola at libero.it>
To: "pace" <pace at peacelink.it>
Sent: Thursday, September 13, 2007 4:41 PM
Subject: Re:[pace] Era l'11 settembre del 1973:Il testamento di Salvador
Allende


> www.vincenzocaldarola.blogspot.com
>
> L'11 settembre è una data importante, una di quelle date che non si
possono dimenticare che colpiscono la sensibilità di due correnti
ideologiche diametralmente opposte fra loro. La prima in versione ufficiale
viene solennemente ricordata come il giorno della memoria, celebrata
nell'America del "neoliberatore" George Walker Bush in diretta mondiale
dalla CNN e da tutte le altre emittenti televisive piccole o grandi che
siano e pubblicizzata ampiamente dalle principali testate giornalistiche
italiane, americane e di tutto il mondo. Una cerimonia ricordata anche dal
fantasma di Usama bin Muhammad bin Awad bin Ladin più noto come Osama bin
Laden che a modo suo ha celebrato con la stessa solennità ma con molta più
veemenza l'eroismo patriottico dei martiri che in quella fatidica data hanno
messo in ginocchio la più grande potenza mondiale. Una strana coincidenza
con lo scoccare della traumatica data dell'11 settembre: il lancio di un
video che ritrae il fotogramma di una persona!
>   somigliante allo "sceicco del terrore" accompagnato da un sottofondo di
parole di elogio per il coraggio dimostrato dagli esecutori materiali
dell'attacco e poi come da copione la celebrazione solenne in memoria dei
caduti innocenti delle Twin Towers da parte dell'amministrazione Bush con
parole forti e veementi almeno quanto quelle di Bin Laden seguita
dall'indignazione di tutta l'opinione pubblica mondiale. Parole molto forti
quelle lanciate dalle due persone più popolari e più ricche della Terra che
ancora una volta lanciano una sfida e inneggiano al muro contro muro: guerra
al terrore da un lato ovunque si trovi e caccia senza fine all'infedele
occidentale che occupa abusivamente il suolo calpestato da Maometto; due
modi di autodistruggersi che somigliano straordinariamente tra loro e che
puzzano insopportabilmente di un'unica grande Jihad.
> Una Jihad mondiale quella lanciata dai due ex-amici, dai due ex-soci del
business petrolifero che ad un certo punto hanno deciso di mettersi ognuno
per conto proprio senza dover dar conto l'uno degli affari sporchi
dell'altro in previsione di un profitto sempre maggiore e a qualsiasi costo.
Un'idea estrema di profitto quella promossa dai due "amici" per la pelle,
antagonisti tra loro ma legati indissolubilmente da una fin troppo evidente
comunione di intenti. Il meccanismo per il perpetrarsi infinito dell'aumento
vertiginoso dei loro profitti è la semina del panico, facendo leva sulla
concezione massificata del "terrorista dietro l'angolo" da distruggere con
ogni mezzo ed ovunque si trovi.
> Ciò che invece non viene mai solennemente ricordato è che per milioni di
persone l'11 settembre è il giorno della svolta dittatoriale del popolo
cileno che si è visto capovolgere il sereno sistema socialista portato
avanti con successo da  Salvador Allende per scongiurare definitivamente la
svolta comunista di uno Stato che doveva essere a tutti i costi satellite
degli Usa e pertanto sotto la giurisdizione dell'amministrazione dell'allora
presidente Nixon.
> Il resto della storia dopo l'insediamento illegale del dittatore cileno
Augusto Pinochet la conosciamo molto bene anche se viene ricordata troppo
poco dai media e a nessuno verrebbe in mente di mettere sullo stesso piano
le atrocità subite ingiustamente da una popolazione per mano di un
comandante salito al potere a seguito di un omicidio di Stato e tutti i
lavoratori innocenti che in pochi attimi hanno visto l'altro mondo per mano
di un identico omicidio di Stato, mascherato da kamikaze.
> A nessuno tranne a chi guarda con un'ottica diversa la svolta liberista di
un mondo che gira sempre più lento con la certezza sempre più vicina che si
stia fermando, in nome di un profitto cieco e autodistruttivo per il nostro
pianeta e per i suoi ospiti, con il solo effetto prorompente di impoverire
l'uomo da quei valori sani che nell'insieme danno una certezza per il nostro
futuro rendendo più serene le nostre anime in vista di quel senso del bene
comune che viene sistematicamente tradito.
>
> Gridiamo basta all'ipocrisia..
>
> ---------- Initial Header -----------
>
> From      : pace-request at peacelink.it
> To          : pace at peacelink.it
> Cc          :
> Date      : Tue, 11 Sep 2007 08:37:44 +0000
> Subject : [pace]  Era l'11 settembre del 1973:Il testamento di Salvador
Allende
>
>
>
>
>
>
>
> > Il testamento di Salvador Allende
> > L'ultimo discorso del presidente cileno da Radio Magallanes
> >
> > 11 settembre 1973
> >
> > Il golpe cileno, il palazzo della Moneda in fiamme, il tradimento del
> > generale Augusto Pinochet. 34 anni dopo aver imposto con la violenza il
> > laboratorio del neoliberismo, un nuovo partito pinochetista si affaccia
> > sullo scenario politico cileno
> >
> > "La storia è nostra e la fanno i popoli"; perché è troppo vero, è troppo
> > bello, è troppo giusto ed opportuno."Pagherò con la mia vita la difesa
> > dei principi che sono cari a questa patria. Cadrà la vergogna su coloro
> > che hanno disatteso i propri impegni, venendo meno alla propria parola,
> > rotto la disciplina delle Forze Armate. Il popolo deve stare all'erta,
> > vigilare, non deve lasciarsi provocare, né massacrare, ma deve anche
> > difendere le sue conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il
> > proprio lavoro una vita degna e migliore. Una parola per quelli che,
> > autoproclamandosi democratici, hanno istigato questa rivolta, per quelli
> > che, definendosi rappresentanti del popolo, hanno tramato in modo stolto
> > e losco per rendere possibile questo passo che spinge il Cile nel
> > baratro. In nome dei più sacri interessi del popolo, in nome della
> > patria vi chiamo per dirvi di avere fede. La storia non si ferma né con
> > la repressione né con il crimine; questa è una tappa che sarà superata,
> > è un momento duro e difficile. E' possibile che ci schiaccino, ma il
> > domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori. L'umanità avanza per la
> > conquista di una vita migliore. Compatrioti: è possibile che facciano
> > tacere la radio, e mi accomiato da voi. In questo momento stanno
> > passando gli aerei. E' possibile che sparino su di noi. Ma sappiate che
> > siamo qui, per lo meno con questo esempio, per mostrare che in questo
> > paese ci sono uomini che compiono la loro funzione fino in fondo. Io lo
> > farò per mandato del popolo e con la volontà cosciente di un presidente
> > consapevole della dignità dell'incarico. Forse questa sarà l'ultima
> > opportunità che avrò per rivolgermi a voi. Le Forze Aeree hanno
> > bombardato le antenne di radio Portales e di radio Corporacion. Le mie
> > parole non sono amare ma deluse; esse saranno il castigo morale per
> > quelli che hanno tradito il giuramento che fecero. Soldati del Cile,
> > comandanti in capo e associati - all'ammiraglio Merino - il generale
> > Mendoza, generale meschino che solo ieri aveva dichiarato la sua
> > solidarietà e lealtà al governo, si è nominato comandante generale dei
> > Carabineros. Di fronte a questi eventi posso solo dire ai lavoratori: io
> > non rinuncerò. Collocato in un passaggio storico pagherò con la mia vita
> > la lealtà del popolo. E vi dico che ho la certezza che il seme che
> > consegnammo alla coscienza degna di migliaia e migliaia di cileni non
> > potrà essere distrutto definitivamente. Hanno la forza, potranno
> > asservirci, ma non si arrestano i processi sociali, né con il crimine,
> > né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli. Lavoratori
> > della mia patria, voglio ringraziarvi per la lealtà che sempre avete
> > avuto, la fiducia che avete riposto in un uomo che é stato soltanto
> > interprete di grande desiderio di giustizia, che giurò che avrebbe
> > rispettato la costituzione e la legge, così come in realtà ha fatto. In
> > questo momento finale, l'ultimo nel quale io possa rivolgermi a voi,
> > spero che sia chiara la lezione. Il capitale straniero, l'imperialismo,
> > insieme alla reazione ha creato il clima perché le Forze Armate
> > rompessero la loro tradizione: quella che mostrò Schneider e che avrebbe
> > riaffermato il comandante Araya, vittima di quel settore che oggi starà
> > nelle proprie case sperando di poter conquistare il potere con mano
> > straniera a difendere le proprietà e i privilegi. Mi rivolgo,
> > soprattutto, alla semplice donna della nostra terra: alla contadina che
> > ha creduto in noi; all'operaia che ha lavorato di più, alla madre che ha
> > sempre curato i propri figli. Mi rivolgo ai professionisti della patria,
> > ai professionisti patrioti, a coloro che da giorni stanno lavorando
> > contro la rivolta auspicata dagli ordini professionali, ordini di classe
> > che solo vogliono difendere i vantaggi di una società capitalista. Mi
> > rivolgo alla gioventù, a quelli che hanno cantato la loro allegria e il
> > loro spirito di lotta. Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al
> > contadino, all'intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché
> > nel nostro paese il fascismo è già presente da tempo negli attentati
> > terroristici, facendo saltare ponti, interrompendo le vie ferroviarie,
> > distruggendo oleodotti e gasdotti. Di fronte al silenzio di quelli che
> > avevano l'obbligo di intervenire, la storia li giudicherà. Sicuramente
> > radio Magallanes sarà fatta tacere e il suono tranquillo della mia voce
> > non vi giungerà. Non importa, continuerete ad ascoltarmi. Sarò sempre
> > vicino a voi, per lo meno il ricordo che avrete di me sarà quello di un
> > uomo degno che fu leale con la patria. Il popolo deve difendersi ma non
> > sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi sterminare e non deve farsi
> > umiliare. Lavoratori della mia patria: ho fiducia nel Cile e nel suo
> > destino. Altri uomini supereranno il momento grigio ed amaro in cui il
> > tradimento vuole imporsi. Andate avanti sapendo che, molto presto, si
> > apriranno grandi viali attraverso cui passerà l'uomo libero, per
> > costruire una società migliore. Viva il Cile, viva il popolo, viva i
> > lavoratori! Queste sono le mie ultime parole, ho la certezza che il
> > sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una
> > punizione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il
> > tradimento.
> >
> >
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