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(Ritengo utile per la nostra lista trascrivere direttamente in internet e inviare così questa pagina di storia da poter leggere nella sua completezza. Leo)

25 anni dopo:
Sabra e Chatila

Le [fosse comuni] più remote dell'elenco sono anche quelle da cui promana l'orrore più profondo, forse perché sono state presto dimenticate, annegate in un oblio favorito dall'incalzare tremendo di mille altre stragi, in mille altri diversi contesti. Mi riferisco a quelle relative al massacro del 16-18 settembre 1982 in cui un migliaio di abitanti palestinesi e libanesi dei campi di Sabra e Chatila, alla periferia di Beirut, vennero trucidati da miliziani libanesi delle forze filo-israeliane, con la supervisione e il sostegno logistico dell'esercito di Tel Aviv che aveva occupato da poche ore Beirut ovest (nota: Cfr. Comitato Internazionale Croce Rossa, Communiqué de presse, n. 1450, 18 settembre 1982. Nella traduzione italiana del documento c'è una postilla aggiunta della Croce Rossa italiana che dice testualmente: "Il CIRC ha ricordato al governo di Israele che, chiunque siano gli autori di questi crimini, è responsabilità delle forze armate israeliane secondo le convenzioni dell'Aia e di Ginevra, perché siano prese tutte le misure per assicurare l'ordine pubblico e la sicurezza e proteggere i civili contro atti di violenza nei territori da essi controllati". Il documento è in ASCRI, faldone CIRC, Libano-varie, 1981-87).
Pochi giorni prima, le forze multinazionali, che avrebbero dovuto difendere i campi profughi dopo la partenza da Beirut dei fedayn palestinesi e far rispettare l'impegno israeliano a non entrare nella parte occidentale della città assediata dal giugno precedente, si erano prematuramente ritirate. A più di 20 anni di distanza, non solamente nessuno dei responsabili ha pagato per il suo crimine (nota: Tra gli esecutori, fu indicato l'allora capo dei servizi delle Falangi, Elie Hobeika, che è stato anche ministro del governo libanese. Tra i mandanti, oltre ad Ariel Sharon, allora ministro della Difesa israeliano, fu segnalato il generale Amos Yaron, che fece entrare i falangisti nei campi per ripulirli dei terroristi e che li sostenne logisticamente, illuminando con i bengala il terreno per tutta la notte, bloccando vecchi, donne e bambini che tentavano la fuga e rimandandoli indietro verso morte sicura), ma le vittime dell'eccidio non hanno ancora ricevuto una degna sepoltura. Di quasi mille corpi non si è saputo più nulla. La più grande e nota delle fosse, situata all'ingresso del campo di Chatila, a pochi passi dall'ambasciata del Kuwait, è oggi ridotta a uno squallido campo polveroso nel quale vengono gettate le immondizie di un vicino mercato e detriti di ogni genere. Non una lapide, un segno che ricordi la presenza di quelle sepolture anonime, che inviti al loro rispetto (nota: Cfr. S. Chiarini, Per ricordare Sabra e Chatila, in 'il manifesto' 2 settembre 2000). In compenso, le immagini di quegli orrori - bambini decapitati, feti sventrati, mutilazioni e sfregi sui corpi morti - sono confluite numerose in quella discarica degli orrori del Novecento che è l'archivio fotografico del CIRC di Ginevra: sono consultabili ma non riproducibili. E forse è bene che sia così. Di quella guerra esiste però un'immagine, pubblicata in Century, che vale la pena commentare. Riproduce un gruppo di falangisti libanesi uomini e donne, armati anche di chitarre, che improvvisano una ¿Trascrizione dal libro di Giovanni De Luna, il corpo del nemico ucciso - Violenza e morte nella guerra contemporanea, Giulio Einaudi editore, 2006, pagg. 230-1.

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Leo  


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