Era l'11 settembre del 1973:confesso che ho vissuto



Il mio popolo è stato il più tradito di quest'epoca.
Dai deserti del salnitro, dalle miniere sottomarine di carbone, dalle
alture
terribili dove si trova il rame estratto con lavoro inumano dalle mani del
mio popolo, è emerso un movimento liberatore di grandiosa ampiezza. Quel
movimento ha portato alla presidenza del Cile un uomo chiamato Salvador
Allende, affinchè riscattasse le nostre ricchezze dalle grinfie
straniere...
Dovunque sia stato, nei paesi più lontani, i popoli hanno ammirato il
presidente Allende e hanno elogiato lo straordinario pluralismo del nostro
governo. Mai nella sede delle Nazioni Unite a New York, si è udita
un'ovazione come quella tributata al presidente del Cile dai delegati di
tutto il mondo. Qui, in Cile, si stava costruendo, fra immense difficoltà,
una società veramente giusta, elevata sulla base della nostra sovranità,
dal nostro orgoglio nazionale, dall'eroismo dei migliori abitanti del
paese.
Dalla nostra parte, dal lato della rivoluzione cilena, stavano la
costituzione e la legge, la democrazia e la speranza.
Dall'altra parte non mancava nulla. C'erano arlecchini e pulcinella,
pagliacci, terroristi con pistole e catene, frati falsi e militari
degradati. Gli uni e gli altri giravano nel carosello della disperazione.
Andavano tenendosi per mano il fascista Jarpa e i suoi cugini di "Patria
e
Libertà", disposti a rompere la testa e a spaccare l'anima a chiunque,
pur
di recuperare la grande azienda: per loro il Cile era solo questo. Pur di
rendere più ameno l'avanspettacolo ballavano assieme a un grande
banchiere
un po' macchiato di sangue; il campione di rumba Gonzales Videla, che a
passo di danza, aveva consegnato tempo fa il suo partito ai nemici del
popolo.
da "Confesso che ho vissuto" di Pablo Neruda


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