G8/ Comodi silenzi sulla prima sentenza




RICEVO ED INOLTRO
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Comodi silenzi sulla prima sentenza
RIVIST@ - Roma,Lazio,Italy
L'elemento di riflessione, al contempo triste ed allarmante, è il silenzio
assordante diffuso intorno alla notizia: una sorta di segreto di stato e di
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G8/ Comodi silenzi sulla prima sentenza
<http://www.rivistaonline.com/Rivista/Inchiesta.aspx?id=27>G8, Genova senza
voce
di Angelo Pagliaro
foto internet
11/05/2007
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Nessuna edizione straordinaria dei telegiornali; nessun "Porta a Porta" o
edizione speciale di "Anno zero"; persino il quotidiano comunista "Il
Manifesto" non ha pubblicato la notizia della prima sentenza sulle violenze
del G8 a Genova che condanna lo Stato a risarcire Marina Spaccini, 50 anni,
pediatra triestina, per il pestaggio che subì da parte della Polizia in via
Assarotti, nel pomeriggio del 20 luglio 2001". Eppure da 6 anni migliaia di
giovani di tutte le nazioni del mondo, che recano dentro e fuori i loro
corpi i "segni di Genova" attendevano con trepidazione una sentenza di
questa importanza. Nel triste panorama dell'informazione Massimo Calandri,
in perfetta solitudine, ne dà notizia il 29 aprile sulle pagine di Genova
del quotidiano "La Repubblica". L'immagine del medico Spaccini, diventata
un simbolo della lotta per la verità e la giustizia sui fatti di Genova,
fotografata mentre cura un manifestante del G8 era stata scelta dal
settimanale Diario come foto-simbolo delle violenze della polizia al summit
genovese del 2001. Con il trascorrere degli anni e grazie all'enorme mole
di materiale raccolto dai comitati costituitisi dopo l'omicidio di Carlo
Giuliani sulle giornate di Genova, si possono adesso ricostruire, nelle
aule dei tribunali, gran parte delle verità nascoste in quei tristi giorni
in cui i diritti democratici elementari furono di fatto sospesi.

L'elemento di riflessione, al contempo triste ed allarmante, è il silenzio
assordante diffuso intorno alla notizia: una sorta di segreto di stato e di
stampa ha contribuito a non informare tempestivamente i cittadini su una
sentenza esemplare che al di là dei risarcimenti conferma quanto sostenuto
dai manifestanti e cioè che a Genova vi fu un disegno criminale selettivo
da parte di apparati dello stato. Di questo fatto ne è convinto il
giornalista Mario Carotenuto, che su Megachip afferma: "Tale disegno era
teso a terrorizzare non tanto la sinistra radicale ma il pacifismo
cattolico, in particolare la Rete Lilliput, che per la prima volta in
maniera così convinta e numerosa scendeva in piazza saldandosi in un unico
enorme fronte antineoliberale con la sinistra". Le ragazze e i ragazzi
delle parrocchie, aggiunge, furono quelli che pagarono il prezzo più alto,
soprattutto durante la giornata di sabato; i loro spezzoni di corteo furono
sistematicamente bersagliati dai lacrimogeni e centinaia di loro furono
pestati selvaggiamente. Ma, soprattutto, decine di migliaia di loro e le
rispettive famiglie furono spaventati a morte in una logica pienamente
terroristica. Quanti dopo Genova sono rimasti a casa?".

Il giudice istruttore, Angela Latella, della seconda sezione del tribunale
civile di Genova, ha scritto nella sentenza che al G8 di Genova, almeno il
20 luglio in piazza Manin, la polizia di Stato ha picchiato, senza motivo,
persone inermi come i pacifici militanti dell'associazione pacifista Rete
Lilliput. Nelle motivazioni, rese pubbliche nei giorni scorsi, si legge
inoltre: "Emerge come accertata in tutta la sua drammaticità l'aggressione
subita da Marina Spaccini ad opera di un'appartenente alle forze
dell'ordine". La pediatra triestina, felice per l'esito della sua
battaglia, ha rivolto un semplice appello ai mass media: "Ora spero se ne
parli". Purtroppo, negli anni che ci separano dal G8 di Genova, è successo
qualcosa d'importante: il potere è stato affidato alla guida di radiosi
commercialisti, tutto è P.I.L., TFR, tesoretto e le commissioni d'inchiesta
parlamentari promesse da Prodi, l'abolizione dei reati di opinione, la
rimozione del segreto di Stato sulle stragi, le misure tese a facilitare il
riconoscimento degli operatori delle forze di polizia rimangono speranze di
coloro che hanno creduto e continuano ancora a credere nella democrazia.