L'attacco militare contro l'Iran. Il problema non è più il se ma il quando.





L’attacco militare contro l’Iran.

Il problema non è più il se ma il quando.

Silenzi, distrazioni e complicità alla vigilia dell’escalation





C’è troppa voglia di staccare la spina e di guardare altrove rispetto allo
scenario di incubo che si sta preparando di nuovo in Medio Oriente:
l’attacco militare contro l’Iran.

Che Stati Uniti, Israele e Gran Bretagna intendessero quadrare il cerchio
dell’arco di crisi del Grande Medio Oriente non c’erano dubbi. E’
sufficiente guardare una carta geografica per vedere come l’Iran stia
proprio in mezzo a questo arco di crisi. Intorno ha l’Iraq e l’Afghanistan
già oggetti della guerra preventiva (e del relativo impantanamento USA), la
Turchia (fedele alla NATO e candidata all’ingresso nell’Unione Europea) e
una Russia in crescente tensione con gli USA.



1. Che il contenzioso sul nucleare iraniano sia strumentale almeno quanto
la manipolazione mediatica delle reali parole del presidente iraniano sulla
“cancellazione di Israele”, dovrebbe essere evidente a tutti coloro che in
questi anni sono stati testimoni (e in alcuni casi oppositori) della
disinformazione strategica che ha preceduto le aggressioni alla Jugoslavia,
all’Afghanistan, all’Iraq. Su questo esistono analisi e un allarme ben
documentato nel dossier curato dalla redazione di Contropiano (vedi su
<http://www.contropiano.org/>www.contropiano.org ). Quando il governo
britannico nella vicenda dello sconfinamento pianificato dei suoi marines
invoca i confini delle acque internazionali, la memoria non può che andare
alla “geometria assai variabile” dei criteri USA sul Golfo della Sirte che
portarono al bombardamento della Libia negli anni Ottanta:



2. Quello che sorprende e deve allarmare è la consapevole ignavia delle
forze politiche che in questi mesi hanno dato vita ad un teatrino sulla
vicenda delle missioni militari e della guerra in Afghanistan. Sono state
avanzate ipotesi di conferenze, disattese petizioni di principio,
introdotte nuove categorie di pensiero sulla pace, sulla guerra, sulla
politica e sull’antipolitica, ma non sono sfuggiti alla tentazione di
essere come i passeggeri che ballavano sul Titanic mentre la nave stava per
affondare trascinandoli nel gorgo.

I castelli di carte costruiti in questi mesi, saranno spazzati via come
fuscelli nel momento in cui i bombardieri e i missili statunitensi,
israeliani e britannici si abbatteranno sulle città, le infrastrutture e
gli impianti nucleari e industriali dell’Iran. A nessuno sfugge che
l’attacco contro l’Iran non potrà che essere qualitativamente diverso da
tutti gli altri. Tant’è che di fronte a tale prospettiva molti sembrano
voler infilare la testa sotto la terra come struzzi piuttosto che attivarsi
per impedire con ogni mezzo necessario che si realizzi il primo “attacco
nucleare tattico” nella storia dell’umanità nel dopoguerra.



3. E’ ormai evidente come il problema non sia più se sarà attaccato l’Iran
ma quando. Sono numerosi gli osservatori e gli analisti che confermano a
breve tale scenario, ma di questo non si discute nel vuoto pneumatico dei
palazzi della comunità politica e si discute ancora troppo poco anche nelle
realtà del movimento contro la guerra.

Si percepisce così la sensazione tra tante compagne e compagni, di tanti
democratici e pacifisti che evitando di guardare in faccia l’incubo questo
possa dissolversi da solo. Sopravvive così la speranza di una sorta di
razionalità nell’escalation della guerra preventiva e permanente avviatasi
nel 2001. Lo scetticismo e l’incredulità sul fatto che l’amministrazione
Bush, il governo israeliano e quello britannico possano scientemente
scatenare la guerra l’Iran sembra prevalere sul pessimismo della ragione
che richiede invece attivazione e capacità di giudizio.

I “Signori della guerra preventiva” non possono permettersi di fare le cose
a metà perché sarebbe il riconoscimento del declino della loro egemonia sul
mondo. Sono ormai quindici anni (dal 1992) che gli autori del Progetto per
il Nuovo Secolo Americano lottano con ogni mezzo per impedire il declino
USA e l’affermarsi di potenze rivali. A tale scopo hanno concepito,
elaborato e realizzato la guerra preventiva. Fermarsi adesso sarebbe per
loro un suicidio politico e dunque non possono che alzare la posta e il
livello di deterrenza strategica verso ogni possibile o potenziale
competitore globale o regionale, a cominciare dall’Iran



4. L’Iran è adesso il prossimo target della guerra preventiva e permanente
e non siamo affatto certi che il nostro paese rimarrà estraneo a questa
nuova escalation. Non solo sul piano delle conseguenze economiche,
politiche, ambientali, democratiche ma anche sul coinvolgimento diretto o
indiretto. Abbiamo ormai verificato come l’Italia si sia spesso trovata
coinvolta nelle guerre ancora prima di esserne consapevole: mettendo a
disposizione le basi militari sul nostro territorio per le operazioni di
guerra statunitensi, inviando i bombardieri a bombardare mettendo il
parlamento e l’opinione pubblica davanti al fatto compiuto, aderendo già da
mesi allo scudo missilistico statunitense (come hanno documentato Dinucci e
Di Francesco su Il Manifesto) senza che nessuna forza politica sapesse o
dicesse qualcosa a proposito.



5. A fronte di questo scenario, il movimento contro la guerra appare per un
verso disorientato  e appagato di quello che è riuscito a fare contando
solo sulle proprie forze oggi limitate dal “tradimento della politica,
dall’altro si attarda su un pacifismo coerente con i principi ma oggi
troppo inadeguato per cogliere la natura e la dinamica dei processi reali
che determinano e gestiscono la guerra e che hanno molto a che fare con
l’imperialismo.



E’ urgente che sulla escalation contro l’Iran ci si attivi qui ed ora per
discutere lo scenario e decidere il da farsi. Intendiamo convocare su
questo e  per questo un incontro pubblico a breve chiamando a partecipare
tutte le personalità e le forze che appaiono consapevoli della posta in
gioco di questo nuovo devastante passaggio della guerra preventiva.



12 aprile 2007



La Rete dei Comunisti