Re: [pace] Dopo la guerra?



Caro Bruno la tua analisi è interessante, ma dobbiamo
scendere in profondità: sembra che tutto sia legato ad
un gruppo dirigente: è vero come lo era quello di
Hitler, ma questi gruppi muoiono e si replicano
generati da una spinta di base che noi dobbiamo
isolare e distruggere. La base  che genera in
continuazioni mostri, divisioni artificiali, lobbies,
gruppi di potere omicidi e satanisti, massoneria
criminali ecc, è il sistema capitalista nella sua fase
di crisi suprema: gruppi che rappresentano
concentrazioni di capitale inaudite, che devono
investire a danno di altri capitalisti somme ingenti
per tassi di profitto sempre più elevati alimentano
queste guerre sia per reddito immediato, sia per
dominio di stati, sia per distruzione di merci e stati
interi: lo sviluppo si alimenta ormai solo di
distruzione e morte, l'economia capitalista, dopo aver
soggiogato l'intero globo, va avanti solo distruggendo
cose e uomini e lo farà ad un ritmo sempre più
accelerato. Non esiste una questione palestinese, o
meglio esiste nella misura in cui è diventata uno
strumento di morte e di distruzione. Che poi questa
"necessità" si sposi con gruppi di potere esoterici o
gnostici, che a loro volta fanno della morte, del
peccato, del satanismo un obiettivo, questo è
possibile e già è stato sperimentato con il nazismo,
ecc. Noi dobbiamo però affrointare il cuore del
problema, non tranciare tentacoli che si riproducono
ma nadare al cuore della piovra: il modo di produzione
capitalistico.
--- "bruno.leopoldo at libero.it"
<Bruno.Leopoldo at libero.it> ha scritto: 

> Dopo la guerra?
> 
> George W. Bush - ricordiamo - tempo fa dichiarò la
> fine della guerra in Iraq. Pensava di poterne
> decidere anche lo spazio e il tempo; di disporne. 
> 
> Non ci sono più dichiarazioni di guerra; a volte
> nemmeno Stati l’uno contro l’altro ma gruppi, realtà
> territoriali. Così come non si firmano trattati,
> accordi, pacificazioni attestanti data, condizioni e
> tappe di fine guerra, da rispettare.
> 
> Sappiamo che sono guerre asimmetriche. Fatte da
> potenze militari globali contro chi non si
> sottomette. Il rapporto è fra potere e dominio. 
> In “Antologia” di Michel Foucault, Vincenzo
> Sorrentino richiama a tal proposito la definizione
> del filosofo francese: “Le relazioni di potere sono
> relazioni all’interno delle quali si cerca di
> dirigere la condotta dell’altro. Si tratta di
> rapporti mobili che possono modificarsi e che non
> sono dati una volta per tutte, di giochi strategici
> aperti tra le libertà. Gli stati di dominio, invece,
> si creano quando un individuo o un gruppo sociale
> riescono a bloccare le relazioni di potere, a
> renderle immobili, irreversibili. Ciò che conta,
> quindi, è evitare che i giochi aperti di potere si
> fissino in stati di dominio”. 
> Questa è la posta in gioco; l’Occidente “si muove”
> per il dominio di Israele e, quindi, per il proprio.
>         
> 
> La novità è che i dominati preferiscono essere
> altro. Non solo si battono resistendo in relazioni
> di potere, ma in sua alternativa decidono di morire.
> Alla dicotomia potere/dominio sostituiscono quella
> potere/morte; è questo che da tre anni blocca in
> Iraq la prima potenza mondiale.       
> 
> Per quanto riguarda lo spazio, anche questa volta la
> guerra si svolge nelle città del più debole. Che
> però a sua volta si organizza, affinché possa
> incidere sul terreno avverso, nei modi e nei tempi
> possibili; aiutandosi ovviamente con i mezzi della
> tecnologia. C’è una deterritorializzazione del campo
> di battaglia. 
> Per la sua durata, la previsione di qualche anno di
> guerra fa parte della logica, quella di qualche
> decennio va presa in considerazione. Più che la
> conclusione, si possono immaginare periodi nei quali
> la guerra scema o divampa, e la durata sarà tanto
> più lunga quanto più scatenerà passione, odio,
> ricordo degli stermini. Sarà sempre possibile la
> costituzione di nuclei che anche se solo
> occasionalmente si formano per sferrare un qualsiasi
> attacco oppure, dall’altro lato, l’azione punitiva
> degli eserciti e dei servizi segreti o nuovi scenari
> di guerra. 
>                   
> Individui, famiglie, gruppi rivali di cittadini,
> religioni, civiltà o razze si confronteranno fra
> strade, chiese e ospedali. Non ci sono zone
> neutrali, riconosciute da entrambe le parti. 
> 
> Oggi, chi continua a mettere sullo stesso piano una
> potenza d’odio come la nazione d’Israele e un lager
> a cielo aperto come i territori di Palestina - per
> quanto mi riguarda - è in malafede. 
> 
> “Il manifesto” del 5 agosto riporta in un trafiletto
> che il presidente venezuelano Hugo Chavez ha
> comparato lo stile delle operazioni militari
> israeliane e l’uccisione di civili innocenti alle
> azioni di Hitler e ha descritto gli Stati uniti come
> un “Dracula assetato di sangue e petrolio”. 
> E’ un hitlerismo del XXI secolo che però anche in
> questo caso ha bisogno che la comunità
> internazionale conceda un po’ di tempo per
> annettersi un bel pezzo di Polonia, pardon di
> Libano. All’epoca la Germania era in accordo segreto
> con l’Unione Sovietica, oggi Israele lavora con gli
> Usa e tutto l’Occidente.
> 
> “Il manifesto“ del 6 agosto riporta una
> dichiarazione dello scrittore israeliano Yitzhak
> Laor: “Il punto è che questo attacco (israeliano) al
> Libano non è sproporzionato come affermano molti,
> qui e in Europa, ma un crimine di guerra orrendo che
> deve essere denunciato e condannato. Non vedo in
> quale altro modo si potrebbero definire le
> distruzioni sistematiche delle infrastrutture
> libanesi e le stragi quotidiane di civili”. Parole,
> queste, che illustrano la banalità degli eventi e
> che nessuno dice. 
> Dallo stesso giornale si legge che gli israeliani
> bombardando a metà luglio la centrale termoelettrica
> di Jiyyeh, tra l’altro hanno provocato una
> fuoriuscita di nafta che ha prodotto e continua a
> produrre una tragedia ambientale nel Mediterraneo.
> “...una marea nera delle dimensioni di quella
> provocata nel 1989 in Alaska dalla petroliera Exxon
> Valdez”.   
> 
> Mi domando: chi afferma che è in atto un conflitto,
> una crisi israelo/libanese o anche
> israelo/palestinese, ragiona su ciò che dice oppure
> semplicemente non ci arriva?
> 
> Un decimo delle persone elette al Congresso Usa sono
> ebree; si calcola che un altro decimo ne subisce
> l’influenza. Leggendo in giro, c’è chi dice che per
> subire una condanna da parte degli statunitensi,
> Israele dovrebbe far l’errore di usare l’atomica
> contro una nazione occidentale... 
> Quella ebrea-israeliana è la lobby in essere più
> forte sul pianeta; che lavora giorno dopo giorno
> alla ricerca di soluzioni e strade per far passare
> il proprio modo di vedere le cose, o almeno l’agenda
> dei temi in discussione. E’ possibile ipotizzare gli
> agganci di tale lobby con altri gruppi d’interesse
> politico-economico.
> 
> Armi di nuova generazione, ordigni contaminati da
> agenti biologici, armi chimiche, armi a energia
> diretta; questi – insieme ad altri già noti - gli
> strumenti utilizzati da Israele. Testati sul campo
> per conto dell’industria militare. Gli israeliani
> però non sono stati capaci di leggere la forza
> dell’altro. Gli hezbollah hanno tenuto e, in pochi
> terribili giorni, sono entrati a far parte
> dell’immaginario collettivo.
>  
> Far danni in qualche modo più che vincere; sostenere
> in vita la guerra prima che se stessi. La novità di
> questo inizio secolo è che alla volontà di vivere il
> più debole antepone quella di lasciare la propria
> traccia, un segno al più forte. Questo ci riporta
> indietro nei secoli, quando chi aveva combattuto,
> per il solo fatto poi di essere miracolosamente
> ancora in vita veniva considerato un eroe e non un
> superstite. Erano anteposte le cause, le passioni, i
> valori a tutto il resto, ben sapendo della fine
> certa, da guerriero. Questa realtà è tornata. Spesso
> si inneggia ai singoli, ai simboli della propria
> lotta, ai propri combattenti per nome e cognome.
> L’obiettivo delle popolazioni è di dargli una mano,
> essere un po’ come loro. Facendo tutto il possibile.
> E’ facile supporre che alcuni kamikaze non abbiano
> mai avuto la più pallida idea delle tattiche di
> difesa o di attacco, eppure hanno il ruolo di primo
> piano. 
>  
> Gli eserciti, quelli costruiti giorno dopo giorno
> nel segreto delle basi militari, perdono
> consistentemente senso. Non c’è dominio perché manca
> il dominato. Resta il dominatore solitario con il
> suo mucchio – inutile - di cadaveri. Amici e nemici
> irriconoscibili; inestricabili. I vinti oggi non
> sono alla mercé dei vincitori perché non gli
> lasciano più il potere di vita o di morte.     
> 
> 7/8/6 – Leopoldo BRUNO
> 
> Nota: Questo scritto attinge a piene mani dal libro:
> “Difendere la società, di Michel Foucault, trad. di
> Mauro Bertani e Alessandro Fontana, ed. Ponte alle
> Grazie, 1990” (Ciclo di lezioni tenute nel periodo
> gennaio - marzo 1976 presso il Collège de France)
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