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Perchè NO a Bonino ministro della difesa
- Subject: Perchè NO a Bonino ministro della difesa
- From: Marco Trotta <matro at bbs.olografix.org>
- Date: Tue, 16 May 2006 14:33:07 +0200
Se c'è un aspetto davvero irritante del chiacchericcio politico di questi giorni è l'attenzione spasmodica di media e politica istituzionale sul tema del "totoministri." Pagine intere di quotidiani dedicate a ricostruzioni minuziose spesso legittimate solo da qualche voce di corridoio. E poi commenti, per analizzare questa o quella dichiarazione e provare a immaginare il governo che verrà. O che si vorrebbe. Un esempio su tutti? Il corsivo di ieri di Paolo Franchi sul Corriere della Sera, un classico del "risiko politico" per invocare buon senso e riformismo, qualunque cosa significhi alle parti di Via Solferino. O forse non proprio qualunque cosa visto che sullo stesso giornale Di Vico due giorni prima ha, neanche tanto velatamente, equiparato i critici della legge 30 del precedente governo (quelli di sinistra che "per attaccarla la definiscono legge 30 o addirittura legge Maroni") ai terroristi che uccisero Marco Biagi. D'altra parte dal giorno dell'elezione del nuovo presidente della Repubblica, le più alte gerarchie della Chiesa, da Papa Ratzinger in giù non hanno aspettato neanche l'insediamento ufficiale di Napolitano per ricordare l'opposizione a Pacs, aborto, ecc. Il vero problema, però, è un altro. Il chiacchericcio in questo momento sta eludendo una questione ben più seria ovvero il rapporto tra politica e mandato degli elettori, quel nesso sottile che c'è tra il programma votato e le persone che verranno scelte per l'esecutivo. A questa categoria di problemi appartiene l'ipotesi che Emma Bonino diventi il futuro ministro della Difesa. Si è molto discusso di come si è usciti dalle elezioni e delle divisioni nel paese. Ritanna Armeni su Liberazione di domenica ha parlato di un centrodestra con ampio consenso sociale nel paese, ma scarso peso politico, mentre all'opposto il centrosinistra avrebbe un peso politico maggiore grazie alla seppur risicata maggioranza in parlamento ma poco radicamento sociale. E' un'analisi condivisibile, ma andrebbe contestualizzata meglio. E' piuttosto improbabile, infatti, che l'Unione potrebbe godere oggi anche di quel peso politico se sul tema della svolta in politica sociale economica e su quello della guerra non fossero arrivati segnali piuttosto importanti di discontinuità rispetto al passato. Questo è ben chiaro dalle parti del Corriere della Sera e delle gerarchie cattoliche, ed è il motivo più forte per il quale da quell'11 aprile non sono gli unici che hanno fatto pressioni pubbliche, nell'ordine è arrivato prima il monito del Fondo Monetario Internazionale sui conti pubblici e perfino il Financial Times con l'ipotesi di uscita dall'Euro. In questo contesto Emma Bonino alla Difesa sembra più un elemento di stabilizzazione conservatrice che una scelta coerente con il programma dell'Unione. I radicali, ed Emma Bonino in particolare assumendo anche ruoli istituzionali, sono stati protagonisti di un interventismo violento a sostegno di tutte le guerre degli anni '90 e della battaglia contro l'articolo 18 e i diritti sociali costituzionali. Per questo motivo nel '99 il congresso del movimento nonviolento chiese al partito di Bonino e Pannella, l'uscita dalla "War Resister International" (l'internazionale dei nonviolenti) e la fine dell'utilizzo dell'immagine di Gandhi, ben poco attinente alla realtà rispetto all'immagine mediatica di questo partito. Per questo motivo stupiscono ancora di più le prese di posizioni a favore di esponenti della sinistra dei DS come Cesare Salvi e Fulvia Bandoli che ieri hanno apertamente sostenuto questa candidatura, e il tono sopra le righe con il quale Furio Colombo, ex direttore dell'Unità, ha commentato le dichiarazioni di Oliviero Diliberto dei Comunisti Italiani, unica forza politica insieme a Vittorio Agnoletto, che per il momento ha fatto sentire la loro voce contro. Una posizione che, a proposito di consenso sociale, è legittimata anche da un'altra considerazione. La Rosa nel Pugno che tanti opinionisti "terzisti" in Italia avevano definito l'unica vera novità delal precedente campagna elettorale non è andata oltre la somma dei risultati elettorali già noti dei socialisti di Boselli e dei radicali di Bonino-Pannella. Segno che, nonostante una campagna elettorale condotta tutta all'insegna della difesa dei diritti civili, la maggioranza dell'elettorato che sui temi della pace e delle politiche economiche aveva espresso chiare convinzioni, non si è fatta illudere. Tocca ora a quella parte dell'Unione che non si è ancora fatta sentire e che si è impegnata su questi temi dire la propria. E' giusto, anche in ragione di questa considerazione, dare ad un loro esponente un ministero così importante? Ma soprattutto è una occasione importante per il già troppe volte invocato (e poco ascoltato) popolo delle bandiere di pace e della difesa dell'art. 18, dei movimenti che si sono impegnati contro la guerra, il neoliberismo e il razzismo negli ultimi cinque anni, per far sentire la propria voce. Una voce che ora più che mai manca nel dibattito generale e che invece in questa ed altre scelte può avere un peso determinante per quel pezzo di decisioni pubbliche che verranno prese attraverso il governo nei prossimi cinque anni. Marco Trotta
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