Osservatorio Iraq: Newsletter 02/2006







Newsletter Osservatorio Iraq

02/2006

03 – 18 gennaio 2006



Si dovrà votare entro breve il nuovo rifinanziamento della missione
italiana in Iraq, la cui proroga è scaduta il 31 dicembre. Sarà più
difficile però per il governo italiano presentare la necessità di
finanziare una “missione di pace” che ha tra i suoi compiti la tutela del
patrimonio iracheno e la requisizione di armi da guerra.

Il 4 gennaio 2006 la procura militare ha aperto una inchiesta su quattro
ufficiali della  Brigata “Pozzuolo del Friuli” per peculato, introduzione e
detenzione clandestina di armi da guerra. Nel corso di perquisizioni in
abitazioni private sono stati rinvenuti reperti archeologici.

Tutto materiale proveniente dall’Iraq.

La Brigata “Pozzuolo del Friuli” ha infatti partecipato alla missione
“Antica Babilonia” dal maggio al settembre 2004, e il materiale che è stato
rinvenuto nella caserma Berghinz di Udine oltre centro tra kalashnikov,
pistole semiautomatiche, mitragliatrici, lanciarazzi Rpg e fucili da
cecchino è stato prelevato dal teatro iracheno.

Sarà difficile, secondo
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1830>Giovanni
Bernardi dichiarare questa come “l’iniziativa di un singolo”: “Il  singolo
che ha l’iniziativa di portare nel proprio bagaglio o con sé materiale di
armamento, non ci riesce, perché prima di rientrare da un teatro operativo,
passa, così come facciamo noi all’aeroporto, da un metal detector. Il metal
detector controlla  sia i bagagli sia l’individuo e quindi non è possibile
che il singolo abbia questa iniziativa: senz’altro è una iniziativa di
reparto”.

Una brutta storia per la missione italiana, alla quale si aggiunge, sul
piano strettamente militare, il negativo giudizio di
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1853>Paul
Bremer  sull’operato dei militari a Nassirya. Nel suo libro ”Il mio anno In
Iraq” , appena pubblicato,  così viene liquidata la missione italiana: “Il
nostro ufficio di Nassiriya è stato quasi sopraffatto perché la Forza di
Intervento Rapido dell'Italia ha impiegato sette ore per fare un percorso
di poche miglia. Siamo stati costretti ad abbassare la bandiera ieri".



Il libro di Bremer non mette sotto accusa solo gli italiani, ma più in
genere i membri della coalizione, a dispetto di quanto riportato dai media
dei singoli paesi sul comportamento dei loro eserciti.

Ma la guerra raccontata dai giornali e dalle televisioni e la guerra
realmente vissuta, da una o dall’altra parte, raramente collimano.



Sue Smith, madre di un soldato britannico ucciso in Iraq,
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1850>sintetizza
così la situazione parlando delle centinaia di soldati feriti: “ Il governo
pensa che l’ignoranza sia felicità estrema. Se si tiene la gente
all’oscuro, non farà domande. Che possibilità ha il pubblico britannico di
prendere una decisione quando tutto viene nascosto? Perché lo stanno
nascondendo? Se io so tutto su 12 [persone] che hanno perso le gambe e le
braccia, perché il pubblico non lo sa?”.



Come nei media occidentali, anche nei media iracheni si paga il prezzo del
silenzio governativo, o peggio ancora quello della sua sola voce:
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1841>Charles
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1841>Levinson,
del Christian Science Monitor, racconta che il maggior gruppo editoriale
iracheno, IMN,  proprietario della rete televisiva Al Iraqiya, è ormai
sotto il controllo del  Primo Ministro sciita, Ibrahim al Ja’afari. “Il suo
ufficio … ha lavorato per trasformare i vari media dell’IMN in portavoce
delle sue politiche e degli alleati del partito al Da’wa, assumendo e
licenziando redattori, e dirigendo la politica editoriale” .

Nel frattempo sono diventate di pubblico dominio le notizie dell’influenza
statunitense sui media iracheni, che non si è limitata solo ai quotidiani,
ma ha coinvolto anche
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1823>stazioni
televisive e persino alcuni leader religiosi .

Dignitari, sceicchi ed ulema della provincia di
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1857
>Nineveh, nel denunciare la pesante situazione della loro provincia,
sottoposta ai continui raid delle forze sia statunitensi sia irachene,
sottolineano come:“il governo iracheno è complice in tutti questi crimini,
nell'assenza dei media, e in particolare per l'uccisione e il rapimento di
giornalisti da parte di mercenari dell'occupazione, dopo aver terrorizzato
ed escluso stazioni satellitari e arabe ed i media internazionali,
impedendo di riferire su quel che sta accadendo, per consentire il massacro
del popolo iracheno senza testimoni”.



Non mancano solo le
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1832>infrastrutture
in Iraq mancano le libertà fondamentali e quella della libera espressione è
una di queste: si viene
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1834>condannati

a trenta anni di prigione per aver diffamato il leader curdo Massud
Barzani, si viene
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1855>prelevati

dalla propria casa distruggendo tutto per uno “sbaglio di persona” . Si
viene guardati con sospetto perché si è “testimoni”.

Era un testimone anche Alan, l’interprete e fixer iracheno della
giornalista Jill Carrol. Il 7 gennaio è stato ucciso nel quartiere di al
Adil, e la sua collega americana rapita. Prima di lavorare come interprete,
aveva un negozio di dischi, che era anche un luogo di ritrovo per i ragazzi
e le ragazze di Baghdad. Basta leggere il tenerissimo ricordo che ne dà
Riverbend nel suo
<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1854>blog
per capire quanto la guerra e l’occupazione abbiano, a lui e agli altri,
rubato il futuro.


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