Giuliana e Il Manifesto sotto attacco



Dopo l'assassinio di Nicola Calipari, il disagio per la guerra, inutile e
criminale, sta crescendo. Il governo e i media reagiscono diffamando e
screditando Giuliana Sgrena e il suo giornale.
Un commento dal sito di "Carta", e un invito: scrivete al Manifesto la
vostra solidarieta'.
Information Guerrilla

LA GUERRA CONTINUA di Pierluigi Sullo

Il check point dei media e della politica italiani ha regole d'ingaggio se
possibile piu' drastiche di quelle dei militari nordamericani a Baghdad. Il
paragone e' certamente eccessivo, se si pensa alla pallottola che ha ucciso
Nicola Calipari. Ma provate voi a mettervi nei panni di persone come
Giuliana Sgrena e il suo compagno Pier Scolari, o l'intera redazione del
manifesto, che hanno vissuto - in modi diversi, certo - un mese di tensione
e paura, di fatica e di speranza.
Uno di quei momenti della vita che si', ti cambiano per sempre, come dice
Gabriele Polo, ma allo stesso tempo lasciano cicatrici nell'anima e, nel
caso di Giuliana, nel corpo, visto che dovra' essere ri-operata per
riparare i danni di quelle pallottole. Ecco, mettetevi nei loro panni e
immaginate che, subito dopo l'enorme gioia per la salvezza della nostra
compagna, e subito dopo il grande trauma della morte di un agente dei
servizi che si era conosciuto come una persona seria, competente ed umana,
subito dopo questa tempesta di emozioni, vi capiti di essere diffamati,
derisi, volutamente malintesi dalla generalita' dei grandi giornali e dei
grandi telegiornali, e da molta parte della politica.
Ci vogliono nervi molto saldi, e una enorme serenita', per resistere. I
nervi e la serenita' che aveva Gabriele, martedi' sera, nella trasmissione
chiamata "Ballaro'", quando invece di balzare alla gola di un idiota [si',
ho scritto idiota] come il ministro leghista della giustizia [ossimoro], si
limitava a guardarlo, mentre quello diceva che Napoli e' molto piu'
pericolosa di Nassiriya, che in Iraq non c'e' la guerra e che Giuliana e'
piu' amica dei suoi sequestratori che dei suoi liberatori.
Perfino il Comitato di redazione del Tg4 ha protestato contro il direttore,
Emilio Fede, per gli insulti che andava scagliando su Giuliana. Anche il
Cdr del Tg1 si e' ribellato, dopo i trucchi per rinviare la notizia sulla
morte di Calipari [e il direttore, Mimun, ha fatto martedi' sera leggere un
proclama come fosse una notizia, su quanto il direttore del Tg1 e'
inappuntabile]. Perfino il Wall Street Journal, invece che occuparsi delle
azioni delle industrie militari, o forse proprio per questo, ha abbandonato
il suo stile "britannico" [che non e' mai esistito], per insultare la
giornalista del manifesto. Ed Eugenio Scalfari, con il suo tono alla
Camillo Cavour, insiste nel mettere sullo stesso piano l'"errore" di
Giuliana, l'essersi fermata troppo a lungo nella moschea, con quello di
Calipari, il non aver preso le misure le sicurezza di cui, tutti lo sanno,
il fondatore della Repubblica e' un grande esperto, avendo frequentato i
peggiori quartieri di Baghdad in tempo di guerra. Mentre l'ex umorista
Michele Serra - sospinto dal guerrologo Adriano Sofri - fa della triste
ironia sull'antiamericanismo e altre fesserie.
Dobbiamo continuare? Feltri e il Giornale, il Corriere della Sera e il suo
re-inviato Lorenzo Cremonesi, che sui servizi segreti nordamericani ne sa
piu' di Negroponte, ministri assortiti in ogni radio e tv, Bruno Vespa e
Lucia AnnunziataŠ Eppure, due piccole verita' restano li'. La prima e' che
un sondaggio di Ap-Biscom, non del centro sociale Leoncavallo, dice che il
70 per cento degli interpellati vuole il ritiro delle truppe, e pensa che
gli Usa non ci faranno mai conoscere la verita', sulla morte di Calipari.
La seconda e' che Giuliana Sgrena si costituira' parte lesa nel processo,
se mai si fara', ai colpevoli della sparatoria di cui e' stata vittima
insieme ai due agenti del Sismi.
In effetti, di cosa stiamo parlando? Di una donna sequestrata, delle
mobilitazioni pubbliche e del lavoro riservato [di Callipari, non di
quell'esibizionista di Scelli, che a Falluja ha visto solo bambini con la
maglietta dell'Inter e del Milan, dato che c'e' andato quando esistevano
ancora bambini, nella citta' irachena] per salvarla. E del fatto che,
quando l'ostaggio era ormai a qualche centinaio di metri dall'aereo che
l'avrebbe riportata tra noi, raffiche di proiettili l'hanno ferita, mentre
uccidevano il suo salvatore. E questi proiettili sono statunitensi.
Sarebbe semplice. E semplici sono le domande. Perché hanno sparato? Perché
contro quella macchina? Dove si e' inceppata la famosa "catena di comando"?
E per quale ragione? Fino a che non si avranno risposte certe, tutte le
ipotesi sono possibili. Tutte. E continuare a parlare di "incidente", come
tutti fanno, compreso il buon vecchio centrosinistra [quasi al completo] e'
altrettanto fazioso, che se qualcuno parlasse di "omicidio premeditato"
[cosa che nessuno fa].
La verita' e' che di quel che effettivamente e' accaduto non frega niente,
ai grandi [tele]giornali e a quel genere di politica, altrimenti
salterebbero sulla sedia, dopo che il ministro degli esteri ha parlato in
parlamento, non nel suo salotto, di un'auto che viaggiava a 40 all'ora,
mentre le solite "fonti militari" dicono ad Abc News che l'auto procedeva a
160 [dev'essere la mania italiana per la Ferrari e la Formula Uno]. Quel
che gli interessa e' arginare il vulcano di indignazione, e di dolore, e di
verita', che erutta nella societa' italiana, ossia riparare alla meglio lo
strappo nel solo legame davvero indiscutibile della politica italiana,
quello con gli Stati uniti d'America. Da quello strappo consegue il crollo
di legittimita' della guerra.
Una guerra finalmente svelata come tale, perché di colpo di vede che
Baghdad o Falluja non assomigliano per niente a Scampia o a Secondigliano,
e chi lo dice, come il ministro Castelli, appare per quel che e': un idiota
[si', l'ho scritto per la seconda volta]. E anzi sono un posto dopo
chiunque puo' uccidere chiunque, dove ai posti di blocco i soldati
statunitensi sparano a prescindere, nella migliore delle ipotesi sulla
morte di Calipari e sul ferimento di Giuliana.
Per ottenere questo scopo, la prima cosa da fare e' screditare le voci
contrarie, specialmente se sono molto popolari come Giuliana Sgrena. Che
per colmo di sfortuna e' anche testimone oculare, oltre che vittima e
bersaglio delle stesse pallottole che hanno ucciso Nicola Calipari.
Quel che sta avvenendo e' impressionante. Non si e' mai visto un tale
accanimento contro una persona inerme, come Giuliana, e contro un giornale
piccolo, come il manifesto. Qui abbiamo cinque milioni e mezzo di copie e
quindici milioni di telespettatori contro qualche decina di migliaia di
copie. A rigore, dovrebbero aver gia' vinto. Ma c'e' quel 70 per cento che
vuole il ritiro delle truppe: Anche questo e' impressionante: quanto
l'Italia ufficiale sia lontana e diversa da quella reale. Mentre la
societa' dice "la guerra e' finita" [ed e' il titolo del numero di Carta
che esce questa settimana], i media e la politica dicono "la guerra
continua".
E' una situazione che si e' data piu' volte, nella storia italiana. Per
esempio l'8 settembre del 1943. Non si deve mai esagerare, ma una tale
frattura, tra rappresentanti e rappresentati non e' tranquillizzante. Ma,
intanto, un gesto ciascuno puo' facilmente farlo: scrivere un messaggio al
manifesto [lettere at ilmanifesto.it] per dire, semplicemente, coraggio, vi
vogliamo bene, non vi abbattete, siamo con voi.

Fonte: http://www.carta.org/editoriali/index.htm