sostenere le realtà di Pace presenti nelle aree di conflitto.



Non so a quanto serva aggiungere parole al fiume di chiacchiere, che hanno
allagato internet e la stampa.

E' pesante dover riconoscere che con il sequestro delle volontarie di "un
ponte per" è sequestrata  con loro  una parte di noi stessi , della nostra
fiducia, dell'ingenua speranza in una immunità legata alle nostre buone
intenzioni. E' sequestrato  l'egocentrismo di occidentali che con malinteso
atteggiamento "missionario", discutono di come -loro- possano opporsi all'
<<Impero>> , senza riconoscere dignità di soggetto (della propria
liberazione) ai popoli oppressi dalla guerra.

Una volta di più emerge la differenza tra l'essere nonviolenti e
genericamente pacifisti.
Pacifisti ambiguamente sospesi tra irenismo, voler stare sospesi tra le
parti in conflitto, o totalmente schiacciati e un pò ciechi davanti ai torti
ed alle atrocità  comunque commessi da ciascuna delle parti in conflitto.

In ciò non ci può aiutare la "non-violenza" libresca, degli eruditi che
citano a menadito testi e fin anche paragrafi di questo o quel mostro sacro
di cui si sono innammorati.
Certamente chi è nonviolento  sta nel conflitto e sa che ogni  conflitto
comporta costi e perdite ed è pronto ad accettare su di sè tale prova, per
contribuire all'affermazione di verità e giustizia.
Ma quanto siamo piccoli di fronte a tutto ciò.

E' difficile parlare del sacrificio imposto ad altri.
Ad altri che non chiedevano altro che vivere. E' difficile confrontarsi con
i costi dell'interposizione nonviolenta: è possibile teorizzare e
propagandare pratiche i cui costi saranno pagati da altri?

La Nonviolenza non è affare da topi di biblioteca.
In Italia, per fortuna, abbiamo visto -da Dolci a L'Abate - figure di
ricercatori che hanno saputo unire pratica e teoria, come nel caso del
Kossovo, delle iniziative degli scudi umani durante la prima guerra in Iraq,
ma anche le iniziative pacifiste nei Balcani da parte di "Beati.."

L'opera di quanti hanno realizzato questi interventi può darci delle
risposte al nostro interrogativo sulla coerenza tra teoria e prassi.
Ma anche il Kossovo evoca l'impari impegno tra forze di pace ed armati, non
può essa stessa essere considerata una campagna vittoriosa.
Sin da quella esperienza abbiamo visto i limiti della coesistenza tra
intervento militare ed intervento di Pace.
Una riflessione va condotta sulla possibilità di una compresenza armati e
nonviolenti sullo stesso teatro d'azione.

Ciò mi porta a rivalutare l'importanza del supporto  all'autonomia delle
società civili dei paesi in conflitto.

Sostenere le realtà di Pace autoctone presenti nelle aree di conflitto.
Sostenere in tali ambiti il ruolo delle Religioni, delle Chiese, delle
diverse Chiese all'interno della società.

Non pretendendo di insegnare  niente a nessuno.
Indico -a titolo esemplificativo- la pratica che abbiamo scelto,  come Mir
di  Palermo: il sostegno delle opere per i bambini da parte della Chiesa
Cattolica Irakena (iniziative analoghe da parte dell'AVSI).
[analoghe iniziative sono state assunte all'interno dell'IFOR da parte della
Catholic peace fellowship, in sostegno dell'ospedale st. Raphael di Baghdad
(gestito dalle suore domenicane caldee), oltre alla missione dell'ifor
europeo condotta dal mir tedesco, ed all'azione dei CPT - christian peace
team.]
Per semplicità (si fa per dire) abbiamo scelto quale  contatto il
patriarcato latino, per il tramite dell'ordine religioso di appartenenza
dell'Arcivescovo di Baghdad (S.E. mons. Sleiman dei carmelitani scalzi).
Una piccola iniziativa di solidarietà che ha visto l'apporto
dell'arcidiocesi di Palermo, dei Frati minori di Messina, dei Padri
saveriani di Brescia, delle Chiese battista e cattolica di Albano laziale.

Oggi abbiamo preso contatto con S.E. Mons. Warduni l'arcivescovo Caldeo di
Baghdad ( il 70% dei cristiani iracheni sono caldei).

I progetti che riteniamo di assumere (in cooperazione con il centro per la
pastorale dei migranti diTorino e con il  centro diocesano per la
cooperazione missionaria tra le chiese di Palermo) sono un gemellaggio tra i
bambini , a partire dallo scambio di disegni ed auguri in occasione delle
festività natalizie e pasquali, la realizzazione di 2 mostre di tali lavori
sia a Baghdad che in Italia, il sostegno ai giovani sacerdoti caldei, il
sostegno al "Babel college" , un istituto di studi teologici aperto ai
cristiani di diversa confessione con pure docenti musulmani.
Uno spazio di dialogo in mezzo alla conflagrazione degli odii e delle
ostilità.

[Campagne di odio e di ostilità che hanno  il loro riflesso anche tra noi
in Italia, motivo per cui sottolineo l'importanza dell'attenzione ad
iniziative quali la giornata del dialogo islamico cristiano (12 nov.2004) .]

Abbiamo pensato a queste iniziative anche per l'opportunità che ci possono
offrire per coinvolgere realtà spesso esterne all'attuale movimento contro
la guerra, vittima  troppo spesso di ideologismi e di collateralismo
partitico.

Le collabborazioni locali che stiamo cercando sono con i gruppi Agesci
(scout), con l'Azione Cattolica Ragazzi  (che nel suo programma annuale ha
sempre il mese ed il giorno della Pace), oltre con alcune realtà di
religiosi impegnati per la Pace (vedi ofm, saveriani, carmelitani, altri ).

Ovviamente, molto di più potrà essere fatto a livello ecumenico ed
inter-religioso! La nostra idea vuole essere soltanto un piccolo spunto un
suggerimento su di una possibile via da percorrere.

Guida in questo approccio è stato l'osservare il ruolo ed il contributo dei
diversi patriarcati presenti in medio oriente nell'ambito del conflitto
israelo-palestinese.
Tali informazioni sono ben descritte nel testo di  Luigi Sandri (Luigi
Sandri, Città santa e lacerata. Gerusalemme per ebrei, cristiani, musulmani.
Editrice Monti, Saronno, 2001, pp.416, 20,66.) , che bene illumina
sull'attività di promozione del dialogo tra comunità promosso dalle diverse
chiese cristiane arabe.
Un ruolo negato dai mass media e da quanti soffiano sull'odio e la
contrapposizione tra le parti, invitando ad impossibili soluzioni che
auspicano la prevalenza di una parte sull'altra.

Forse queste esperienze possono contribuire con qualche insegnamento utile.

Come pure qualche insegnamento può venirci dall'opera di Jean ed Hildegard
Goss nell'opera di formazione alla nonviolenza svolta in diversi contesti di
conflitto in paesi in via di sviluppo: Filippine, Madagascar, e in
particolare Congo.

La città di Palermo è gemellata in Congo con la città di Bukavu, nel Sud
Kivu nella regione dei grandi laghi, oggi sotto controllo  rwandese.

Nelle iniziative di sostegno a queste popolazioni abbiamo avuto riscontro
delle iniziative di società civile nel rivendicare giustizia e pace.
Ma al tempo stesso sappiamo come agli inizi di tali mobilitazioni - forse
non casualmente- abbiamo avuto seminari dei coniugi Goss (cfr. Hildegard
Goss Mayr "Come i nemici diventano amici" EMI)
Invito inoltre a ricordare alla stessa maniera l'esperienza malgascia con il
ruolo de del FFKM ;i consigli delle chiese nel difendere il cambiamento
sociale conseguito, e l'esperienza della rivoluzione filippina (cfr. MIR
Padova, Il puzzle della nonviolenza, Regione Veneto, 1997, pag 135 ......).

Il filo rosso di tali iniziative vede oggi un ulteriore nodo nell'esperienza
delle Comunità di Pace colombiane, sostenute da IFOR e PBI - ma anche da
progetti dei domenicani, dei gesuiti e delle chiese mennonite - ,
nell'opporsi alla violenza della repressione e della guerriglia.

Il limite di tale impostazione è quello di rischiare indebite estrapolazioni
da un contesto ad un altro.
Ma il confronto con l'esperienza mediorientale (si pensi alle analogie dello
scenario libanese degli anni '80 con quello attuale in Iraq , ivi inclusi
l'analogia dei diversi attori in causa), forse può esserci di sufficiente
aiuto.

Maggiore è il rischio di operare sotto il filtro della propria esperienza,
per quanto mi riguarda sotto il filtro delle iniziative contro la mafia da
parte della società civile di Palermo, e della precedente esperienza del
movimento per la pace e successiva di lavoro in rete con lilliput.

Una soluzione in tal senso può venirci soltanto dal diretto confronto con i
diretti interessati (iracheni).
Cercando occasioni di incontro e soprattutto di ascolto.
Scovando, anche in questo conflitto, quanti -Iracheni- operano per una Pace
possibile.

Francesco Lo Cascio
della segreteria nazionale
del Movimento internazionale della Riconciliazione


Speciale IRAQ
http://www1.diocesi.torino.it/curia/migranti/Iraq.htm

Ufficio per la pastorale dei migranti TORINO
http://www1.diocesi.torino.it/curia/migranti/

"Nonviolence"
sito del patriarcato latino di Gerusalemme
http://www.lpj.org/Nonviolence/

THE OLIVE BRANCH
http://www.lpj.org/Nonviolence/Raed/Olive/Branches.html

The Middle East Council of Churches
http://www.mecchurches.org/

Palestinian Conflict Resolution Center
http://www.planet.edu/~alaslah/

Bethlehem Peace Center
http://www.peacenter.org/index.html

Churches for Middle East Peace
http://www.cmep.org./

Episcopal Diocese of Jerusalem
http://www.jerusalem.anglican.org/

http://www.couragetorefuse.org/

www.Ifor.org

http://www.catholicpeacefellowship.org/


------------
www.Riconciliazione.it

«Ma che cosa fa sì che questi "esperti" predichino le loro convinzioni
e le chiamino verità?», chiese un visitatore. Il Buddha rispose: «A
parte la consapevolezza, non esiste alcuna verità assoluta. Secondo il
falso ragionamento, un'opinione è giusta e l'altra sbagliata. E' la
predilezione per le proprie care opinioni a far sì che si affermi che
chiunque non è d'accordo è destinato a fare una brutta fine. Ma nessun
vero cercatore si incaglia in tutto questo. Passa via in pace e va' per
la via immacolata, libero da teorie, credi e dogmi».

(Majjhima Nikaya)
www.liberatelapace.it