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Liberiamole - di I. Barbarossa ed E. Deiana
- Subject: Liberiamole - di I. Barbarossa ed E. Deiana
- From: "Forum delle donne del Prc" <forumdonne.prc at rifondazione.it>
- Date: Mon, 27 Sep 2004 14:06:19 +0200
Liberiamole È difficile vincere l’orrore suscitato dalla vicenda della scuola dei bambini di Beslan, elaborare il lutto e dire parole per comunicare il dolore. Lo dice il poeta Evtuscenko in una struggente poesia pubblicata su Repubblica. Eppure abbiamo tentato di farlo, a partire certo – come sarebbe stato possibile altrimenti? – dai corpi e dagli sguardi dei piccoli innocenti, dalla nudità materiale e simbolica con cui sono stati costretti a offrirsi a noi spettatori e spettatrici. Ma anche abbiamo messo al centro della nostra riflessione la responsabilità di cittadine e cittadini di questa nostra Europa, dove nel Novecento si è consumata la tragedia più grande, dove si è concentrato tutto l’antiumano possibile e immaginabile, vero e proprio paradigma di ogni altro orrore possibile. Tra la gelida faccia di Putin, i confusi ma micidiali servizi segreti russi, l’irruzione scoordinata (solo scoordinata?) delle teste di cuoio e la ferocia disumana di chi ha con gelida indifferenza assorbito e annullato quegli occhi bambini, si è consumata un’altra volta la morte della pietà. In diretta, con la forza dirompente dell’immagine e insieme con il subdolo potere di creare adattamento che essa possiede. Pensiamo che il governo russo avrebbe dovuto trattare trattare trattare con l’obbiettivo di salvare le vite umane, ma non possiamo non contestualizzare la ferocia del terrorismo ceceno dentro la storia della occupazione e della devastazione che da tempo la Russia ha operato nel territorio caucasico. Senza alcuna sbavatura giustificazionista, che non ci è mai appartenuta: riteniamo il terrorismo uno sciagurato fenomeno politico autonomo e non semplicemente il frutto dell’occupazione occidentale. Ma per contrastarlo esso va decifrato, letto nei contesti e nelle modalità in cui si produce, nelle soggettività politiche e nei progetti che ad esso danno il suo imput di morte. Non tutto il terrorismo è automaticamente riconducibile alla piovra di al Qaida e alla sua strategia. Gli attentati omicidi-suicidi palestinesi, che stanno devastando anche la società civile palestinese, intrappolandola in un tunnel senza via d’uscita, sono anch’essi il frutto di precise scelte politiche ma rispondono ad altri obiettivi, tutt’affatto diversi da quelli di al Qaida . Dunque sempre il contesto. Pur nella sua autonomia, il terrorismo è oggi strettamente legato alla guerra preventiva e permanente dichiarata dall’amministrazione Bush a quelle parti di mondo che non stanno ai suoi ordini, all’occupazione, alla devastazione del territorio, alle uccisioni, ai bombardamenti massicci di ospedali, ponti, strutture civili. Esso si alimenta con la guerra, qui trova il suo humus e la sua causa di diffusione. I video dell’orrore sono il suo linguaggio, la sua comunicazione, la sua propaganda. L’alta e tecnologica precisione delle Torri Gemelle oggi è la ferocia dei tagliatori di teste e dei loro cameramen. Ci rimandano una risposta parallela e feroce, come macabra irrisione nei confronti dei soldati americani (uomini e donne) che si sono messi in posa ad Abu Graib con i corpi nudi e violati dei prigionieri torturati. E sono il controcanto dei bombardamenti anglo-americani che da settimane straziano senza sosta le città irachene, senza distinguere tra miliziani e civili. Quale video ci mostrerà i corpi straziati dei bambini di Baghdad? Questo è l’umano e l’antiumano che tocca vivere all’inizio del millennio a noi che invece ci siamo formate nell’idea – principio di speranza - che tra uccidere e morire ci sia una terza via, vivere. Con questo spirito abbiamo affrontato anche il terribile evento del rapimento delle “due Simone” e degli altri due ostaggi iracheni, colombe di pace in Iraq, volontarie di un’associazione come “Un ponte per”, da sempre contraria alla guerra, all’embargo, all’occupazione. Un lavoro di ponte che ha contribuito a rompere ogni silenzio lì a Bagdad, dove ora donne e bambini trovano il coraggio di manifestare per la loro liberazione, appunto per la vita. Puntiamo dunque alla salvezza delle vite umane, ma insieme senza arretrare nella nostra analisi. La guerra è il contesto della ferocia, il terreno di coltura dei gruppi di criminali che stanno coprendo di sangue la pur legittima resistenza irachena, annegata e invisibile in quello scannatoio che è diventato l’Iraq; è la guerra preventiva di una potenza imperiale che vuole assoggettare il mondo agli interessi suoi e dei suoi alleati e non demorde di fronte a nulla e tutto utilizza per legittimarsi agli occhi di noi occidentali. Se tutti sono oggi contro il terrorismo, non tutti sono contro la guerra, anzi la guerra sfuma e si diluisce di fronte alla potenza mediatica che ambiguamente accende i fari soprattutto sul terrorismo. Del terrorismo va destrutturato il potenziale devastante, ma ne va affrontato il contesto esplosivo, la guerra. Insieme le due cose. Non esistono a nostro avviso due livelli dell’analisi e della proposta politica: come abbiamo da sempre chiesto il ritiro delle truppe di occupazione, così continuiamo a chiederlo, con la stessa coerenza, la stessa determinatezza. I livelli etico e politico vanno tenuti insieme, giacché si tratta per noi di costruire una politica che faccia dell’etica il suo mezzo ma senza ridurre mai la prima alla seconda. Bisogna fare di tutto, di tutto, di tutto per salvare gli ostaggi, per riportare a casa “le due Simone”. Per quanto ci riguarda parteciperemo a tutte le iniziative, continuando a chiedere la liberazione degli ostaggi, la salvezza delle vite umane, ma anche a dire con forza: immediata cessazione dei bombardamenti, fine dell’occupazione, via le truppe italiane dall’Iraq, fuori la guerra dalla storia. Imma Barbarossa ed Elettra Deiana
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