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Accordo Iraq
- Subject: Accordo Iraq
- From: "Cima Laura" <cima_l at camera.it>
- Date: Fri, 23 Jan 2004 16:59:14 +0100
Questa mattina in Aula il Governo risponderà all'Interpellanza urgente da me presentata sull'accordo firmato segretamente a Roma il 5 dicembre sull'Iraq. Vi sarei grata se divulgaste la notizia cari saluti On. Laura Cima Verdi Interpellanza urgente al Ministro per le Attività Produttive e al Ministro degli Affari Esteri Per sapere, premesso che: dalle agenzia di stampa è stata diffusa la notizia che il 5 dicembre scorso a Roma, sedici Paesi (Italia, Australia, Spagna, Giappone, Stati Uniti, Austria, Repubblica Ceca, Belgio, Danimarca, Svizzera, Svezia, Lussemburgo, Polonia, Olanda, Germania e Regno Unito) si sono riuniti segretamente, presso il Ministero dell'Economia, ed hanno firmato un accordo per la garanzia dei finanziamenti per esportazioni di beni e servizi a breve termine verso l'Iraq per due miliardi di euro, come misura per assistere nella ricostruzione e rilanciare l'economia del Paese; l'accordo è stato firmato dall'Autorità provvisoria alleata, dalle Agenzie per i crediti di esportazione dei sedici Paesi coinvolti e dalla Trade Bank dell'Iraq (creata per facilitare gli investimenti nel paese in assenza di una vera banca centrale irachena); a richiedere l'incontro l'Eximbank americana, che il 16 settembre si era impegnata per 500 milioni di dollari, che aspettava però che si muovessero anche gli alleati, in particolare l'Italia con la Sace che l'11 settembre scorso ha già ricevuto un'autorizzazione a procedere fino ad assicurazioni per 250 milioni di euro dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, e con un plafond complessivo di 1 miliardo di euro per l'anno in corso; in una sua dichiarazione, il ministro delle finanze olandese, Gerrit Zalm, che ha ritenuto opportuno informare formalmente dell'incontro il parlamento dell'Aja, ha affermato che la possibilità di coperture assicurative pubbliche accelererà la ricostruzione e l'export delle imprese olandesi e degli altri paesi presenti in Iraq, tra cui l'Italia; serve infatti l'afflusso di capitali stranieri per la ricostruzione delle grandi infrastrutture energetiche e le grandi banche vedono ancora rischi troppo elevati che non possono coprire da sole, mentre la copertura assicurativa statale le invoglierebbe a prestare agli esportatori occidentali; l'accordo non è collegato alla Conferenza dei donatori di Madrid, nella quale erano stati raccolti 33 miliardi di dollari per la ricostruzione: la cifra non includeva crediti per l'esportazione, assistenza tecnologica od altri aiuti non in valuta; tutto questo viene promosso nell'interesse della popolazione irachena senza che in Iraq ci sia un governo democraticamente eletto, con una situazione drammatica di guerra in corso e con una guerriglia che ha iniziato ad attaccare proprio il personale delle imprese straniere; l'accordo è stato firmato nonostante gli stessi governi sappiano bene che un esecutivo democratico iracheno non ci sarà per diversi mesi, e quindi nell'eventualità probabile che le compagnie chiedano indennizzi, i governi avrebbero con questo accordo-quadro la sicurezza di essere subito ripagati, o con la vendita delle proprietà di Saddam o, soprattutto, con le risorse accumulate nel Fondo di sviluppo per l'Iraq (ossia quel fondo che, alimentato con i proventi delle vendite del petrolio iracheno una volta sospeso il programma Onu Oil for Food dei tempi dell'embargo, era stato destinato alla ricostruzione ed allo sviluppo in favore delle popolazioni irachene); questo accordo arriverebbe dopo mesi di dibattito senza soluzione sull'ingente debito, pari ad almeno 127 miliardi di dollari, di cui 20 miliardi verso le Agenzie di credito all'esportazione (almeno 1.3 verso la Sace), che il popolo iracheno si ritrova verso i paesi donatori dopo la caduta di Saddam; a questo debito vanno aggiunte anche le enormi compensazioni di guerra imposte dall'Onu all'Iraq dopo la prima guerra del Golfo, per un totale intorno agli 80 miliardi di dollari, di cui almeno 3.4 miliardi ancora da pagare all'Italia con i proventi del petrolio; senza dimenticare che i 33 miliardi di dollari per la ricostruzione approvati dalla conferenza dei donatori di Madrid in ottobre saranno concessi soltanto come prestiti, e non doni, e quindi in qualche modo il futuro governo iracheno li dovrà ripagare. quali siano i motivi che hanno impedito al Governo italiano di informare anticipatamente il Parlamento della riunione del 5 dicembre, se non ritenga opportuno ora rendere noto quali operazioni siano state assicurate dalle agenzie di credito all'esportazione italiane e quali siano state quelle finanziate dall'Italia nell'era di Saddam Hussein, e come intenda intervenire in ambito internazionale affinché il debito dell'Iraq verso i Paesi donatori venga cancellato. Laura Cima Mauro Bulgarelli Paolo Cento Marco Boato Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 411 del 22/1/2004 (Accordo firmato presso il Ministero dell'economia e delle finanze per la garanzia dei finanziamenti per esportazioni di beni e servizi verso l'Iraq - n. 2-01035) PRESIDENTE. L'onorevole Cima ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01035 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8). LAURA CIMA. Vorrei inquadrare il motivo per cui abbiamo presentato questa nostra interpellanza, al fine di fornire al Governo maggiori elementi per centrare meglio la sua risposta sui temi ai quali teniamo in modo particolare, dal momento che abbiamo sintetizzato le nostre richieste in un solo punto del dispositivo. La questione parte dal fatto che il Parlamento, ma anche gli organi di stampa, sono stati tenuti all'oscuro di un avvenimento, che riteniamo essere molto importante, cioè la firma di un accordo per la garanzia dei finanziamenti per esportazioni di beni e servizi a breve termine verso l'Iraq per 2 miliardi di euro (quindi, non di un accordo di poco conto), come misura per assistere l'Iraq nella ricostruzione e rilanciare l'economia del paese. Tale accordo è stato firmato a Roma il 5 dicembre 2003 con 16 paesi, sotto la Presidenza italiana del semestre europeo, ed è stato firmato anche dall'autorità provvisoria alleata, dalla Trade Bank dell'Iraq e dalle agenzie per i crediti di esportazione dei 16 paesi coinvolti. Mentre il ministro olandese delle finanze ha ritenuto opportuno informare formalmente e preventivamente dell'incontro il Parlamento, motivando la necessità dell'accordo con il fatto che la possibilità di coperture assicurative pubbliche avrebbe accelerato la ricostruzione dell'Iraq e l'export delle imprese olandesi e di quelle degli altri paesi presenti in Iraq, tra cui l'Italia, sembra invece che questo incontro a Roma sia stato svolto in modo piuttosto clandestino. Riteniamo che siano molto importati accordi stipulati in questo momento per la ricostruzione dell'Iraq, ma vorremmo che vi fosse una grande trasparenza. Ciò in quanto, ad esempio, questo accordo non è stato collegato alla Conferenza dei donatori di Madrid, che è stata resa pubblica, dove tutti hanno avuto modo di capire chi partecipava, quali fossero i progetti e così via e nella quale erano stati raccolti 33 miliardi di dollari per la ricostruzione (che però non includevano, appunto, i crediti per l'esportazione e l'assistenza tecnologica o altri aiuti non in valuta). Il problema è che una serie di associazioni lo ha definito come "accordo dell'ipocrisia", in quanto esso assicura, ad esempio, ad un'impresa petrolifera italiana di poter investire in Iraq assicurata dallo Stato, quindi con i profitti garantiti, ma a fronte di ciò lo stesso Stato, non volendo rimetterci con eventuali indennizzi all'impresa, si arroga il diritto di introitare i proventi dell'export petrolifero, realizzati dalle stesse compagnie, che invece, almeno in parte, dovrebbero rimanere in Iraq. Quindi, tanto per cambiare, è evidente che ciò comporta che siano le multinazionali a beneficiare del fondo di sviluppo iracheno, anziché gli iracheni. A noi spiace, inoltre, che questo accordo aumenterà in modo esponenziale il debito dell'Iraq e anche che passi alla storia come "accordo di Roma". Queste sono le nostre preoccupazioni, che, dopo aver ascoltato la risposta del Governo, avrò modo di sviluppare, a seconda del modo in cui il Governo stesso giustificherà sia l'accordo sia la sua segretezza. Chiediamo al Governo se non ritenga opportuno rendere note, già da oggi, quali siano le operazioni assicurate dalle agenzie di credito alle esportazioni italiane e quelle finanziate dall'Italia nell'era di Saddam Hussein (perché, in questo modo, si capirebbe la coerenza dell'Italia nella conduzione della sua politica estera, produttiva e finanziaria), e come intenda procedere, considerato che esiste una legge specifica, affinché il debito dell'Iraq verso i paesi donatori venga cancellato. PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, onorevole Manlio Contento, ha facoltà di rispondere. MANLIO CONTENTO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'interpellanza urgente in esame pone quesiti in ordine ad un accordo firmato per la garanzia dei finanziamenti per l'esportazione di beni e servizi verso l'Iraq. Al riguardo, si fa presente che, presso questa amministrazione, la SACE e le agenzie di credito all'esportazione di altri 15 paesi hanno firmato un accordo di collaborazione operativa con la neocostituita Trade Bank of Iraq, analogamente a numerosi altri accordi, firmati dalla SACE con istituzioni di paesi terzi. Nel caso specifico dell'Iraq, l'ammontare di garanzie concedibili, pari a 250 milioni di euro, è parte del plafond di un miliardo di euro, autorizzato dal CIPE, organo competente, e verrà utilizzato per la copertura di operazioni a breve termine. Per quanto riguarda l'esigenza che il Parlamento venga informato sulle operazioni in questione, si precisa che la SACE ha proceduto alla firma nel rispetto della normativa vigente, ed in particolare del decreto legislativo n. 143 del 1998, modificato dal decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326, che prevede l'informazione al Parlamento sulle operazioni in questione, attraverso la relazione che il ministro dell'economia e delle finanze presenta annualmente. Sotto questo profilo, onorevole Cima, rispondo alla prima questione da lei posta, cioè al fatto che si sarebbe trattato di un incontro avvenuto segretamente. In verità, l'incontro si è verificato in modo analogo a quelli organizzati dalla SACE per la sottoscrizione di accordi di questo tipo e la sede è stata quella dell'amministrazione ospitante, come in analoghe occasioni. Del resto, con riferimento a tale accordo, la SACE si è mossa perfettamente in conformità alle prescrizioni delle norme testé citate. Per quanto concerne poi il debito dell'Iraq verso i paesi donatori, si fa presente che l'azione italiana in ambito internazionale sarà condotta nel pieno rispetto della normativa vigente, ed in particolare della legge 25 luglio 2000, n. 209, recante misure per la riduzione del debito estero dei paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati. Le disposizioni in essa contenute prevedono la piena informazione al Parlamento sulle operazioni assicurate ed i soggetti beneficiari della garanzia, nell'ambito della relazione che deve essere inviata entro il 30 settembre di ogni anno. È evidente, onorevole Cima, che le informazioni in ordine a tali aspetti dovrebbero essere rese tramite la presentazione della citata relazione entro il 30 settembre dell'anno corrente. Ciò nonostante, le posso dire che questa amministrazione ha comunque richiesto alla SACE di predisporre l'elenco delle operazioni assicurate, ma i ristretti tempi a disposizione non consentiranno di comunicarlo in questa sede. Posso aggiungere che, proprio sulla scorta dell'interpellanza che lei e altri colleghi avete presentato, è stata impartita la disposizione di predisporre l'elenco (è necessario comunque un tempo tecnico per ottenere tali informazioni). Per quanto riguarda, infine, i contenuti dell'azione del debito, si fa presente che l'onorevole Presidente del Consiglio ed il Segretario di Stato James Baker, inviato speciale del Presidente degli Stati Uniti, hanno concordato sulla necessità di una sostanziale riduzione del debito estero iracheno, da condurre nella sede competente del Club di Parigi. In proposito, il Ministero degli affari esteri ha comunicato che il debito estero iracheno rappresenta - nelle stime preliminari del Fondo monetario internazionale del mese di ottobre 2003 - circa il 900 per cento del prodotto interno lordo iracheno ed il mille per cento delle esportazioni. Il servizio del debito è, quindi, al momento insostenibile. Perciò, fin dallo scorso luglio, i paesi membri del Club di Parigi hanno concesso all'Iraq una moratoria nei pagamenti fino alla fine del 2004. Entro questa scadenza il negoziato per la ristrutturazione del debito iracheno dovrà essere concluso. Nell'ipotesi pessimistica che un accordo di ristrutturazione non fosse conseguibile a causa del persistere dell'instabilità, la moratoria potrebbe essere prorogata. L'Iraq è un paese a reddito medio-basso (il reddito pro capite è diminuito dai 3.600 dollari del 1980 a mille dollari circa prima dell'ultimo conflitto), eleggibile tra l'altro all'Evian Approach, cioè alla metodologia di trattamento del debito "su misura", proposta dai paesi del G8 in occasione del Vertice di Evian dello scorso giugno e fatta propria dal Club di Parigi in ottobre. L'Evian Approach prevede la possibilità di cancellazione del debito in casi eccezionali, quando la necessità sia comprovata. L'attuazione in questione richiede due condizioni preliminari: la disponibilità di un'analisi sulla sostenibilità del debito iracheno, che disegni lo scenario di evoluzione dell'ammontare totale del servizio del debito e le opzioni di ristrutturazione del debito che consentano a Baghdad la ripresa dell'economia e, quindi, dei pagamenti ai creditori; un'intesa poi tra Iraq e Fondo monetario internazionale sulla politica economica di risanamento e di ricostruzione del paese, che garantisca l'efficacia delle misure di alleggerimento del debito consentite ai creditori. Il Fondo monetario internazionale sta già lavorando alla preparazione di un quadro macroeconomico aggiornato dell'Iraq, che include l'analisi sulla sostenibilità del debito. Finché quest'analisi non sarà disponibile è difficile dire quale trattamento del debito iracheno sia più appropriato. Nel corso della sessione di gennaio 2003 del Club di Parigi si è registrato il consenso di tutti i paesi G7 ad esaminare sostanziali riduzioni del debito iracheno. È stato unanimemente ribadito che il Club di Parigi resta il foro negoziale per il trattamento del debito iracheno e si è concordato sull'obiettivo di concludere il negoziato entro la fine del 2004. PRESIDENTE. L'onorevole Cima ha facoltà di replicare. LAURA CIMA. Ringrazio il sottosegretario per la rassicurazione fornita in aula, sperando che sia successivamente resa pubblica l'informativa da me richiesta e sulla quale il Governo si è reso disponibile prima della scadenza della relazione del ministro il 30 settembre 2004, il quale interverrà su tanti altri aspetti e non solo sulla questione dell'Iraq (che, però, in questo momento, costituisce uno dei problemi più gravi della politica internazionale, se non in assoluto il più grave). Quindi, avremo modo di conoscere le operazioni assicurate dalle agenzie di credito all'esportazione italiana. Questo ci permetterà anche di capire meglio quale sia il ruolo che l'Italia sta svolgendo rispetto alla ricostruzione. In particolare, vorremmo conoscere quale sarà il costo della ricostruzione totale, chi la gestirà e perché, di fatto, quest'ultima sia nelle mani delle imprese statunitensi. Infatti, anche questa riunione è stata richiesta dalla Eximbank americana che, due mesi prima, si era impegnata per 500 milioni di dollari e che aspettava che si muovessero anche gli alleati. Da qui, la SACE ha ricevuto dal CIPE, l'11 settembre, l'autorizzazione a procedere ad assicurazioni fino a 250 milioni di euro. Non pensiamo, e non lo abbiamo minimamente adombrato in quest'interpellanza, che la SACE, istituto pubblico costituito con legge n. 277 del 1971, quale agenzia di credito che deve assistere le nostre aziende nelle esportazioni, agisca non rispettando la normativa. Se ciò avvenisse, sarebbe gravissimo. È pur vero che, a fronte di tanti scandali, come quelli che stiamo attualmente vivendo in Italia con le vicende Cirio e Parmalat e, a suo tempo, negli Stati Uniti con la Enron, tutto ormai è molto aleatorio e non si ha più la possibilità di mettere la mano sul fuoco per nulla. Se sono avvenute simili frodi internazionali, è evidente che tutto il sistema finanziario e del credito è, in qualche misura, a rischio: o c'è trasparenza e rigore assoluto, oppure le interrelazioni esistenti tra i vari elementi del sistema indurranno ad illegalità ed a vere e proprie frodi. Non diamo assolutamente per scontato che la SACE si muova in modo non corretto, ma chiediamo trasparenza in Italia anche rispetto alla situazione che si è venuta a creare con gli istituti di credito; e, in questo senso, ci interessa che vi sia trasparenza anche rispetto al credito estero, in particolare in una situazione drammatica come quella dell'Iraq. La nostra tesi, che esponiamo chiaramente nell'interpellanza, è che non si debba per vari motivi, primo fra tutti quello politico ma anche per motivi di opportunità economica, investire in Iraq fino a quando non vi sia la fine della guerra, che tuttora continua, e il processo di democratizzazione non abbia permesso - come chiedono le popolazioni con le manifestazioni di questi giorni, in particolare quella sciita - la riconsegna agli iracheni del controllo del loro paese e, conseguentemente, del controllo sulle opere di ricostruzione. In questo senso, la nostra curiosità è anche di capire quale politica economica l'autorità provvisoria alleata stia portando avanti perché fino ad ora non è stata assolutamente chiara o, forse, è stata così chiara che diventa banale evidenziarla giacché si è espressa nel senso di un totale asservimento agli interessi degli Stati Uniti d'America. L'illegalità della politica economica dell'autorità provvisoria alleata si evince anche dalla legislazione internazionale. Lo stesso sottosegretario, onorevole Contento, ad esempio, non è in grado, così come le associazioni con cui siamo in contatto, di quantificare ad oggi esattamente l'ammontare del debito estero iracheno. Non sarà sicuramente il solo club di Parigi a poter affrontare una voragine di questo genere e tutta la questione della ricostruzione e degli interessi ed appetiti che gli altri paesi stanno, in questo momento, rivolgendo sull'Iraq. PRESIDENTE. Onorevole Cima, si avvii a concludere. LAURA CIMA. Concludo, Presidente. Pertanto, mi dichiaro parzialmente soddisfatta, poiché la nostra interpellanza ha introdotto un elemento di trasparenza; mi dichiaro tuttavia insoddisfatta per quanto concerne le scelte di politica estera e commerciale del Governo, e mi riservo la presentazione di ulteriori atti di sindacato ispettivo al riguardo.
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