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accordo Iraq
- Subject: accordo Iraq
- From: "Cima Laura" <cima_l at camera.it>
- Date: Thu, 22 Jan 2004 18:06:13 +0100
Questa mattina in Aula il Governo risponderà all'Interpellanza urgente da me presentata sull'accordo firmato segretamente a Roma il 5 dicembre sull'Iraq. Vi sarei grata se divulgaste la notizia cari saluti On. Laura Cima Verdi Interpellanza urgente al Ministro per le Attività Produttive e al Ministro degli Affari Esteri Per sapere, premesso che: dalle agenzia di stampa è stata diffusa la notizia che il 5 dicembre scorso a Roma, sedici Paesi (Italia, Australia, Spagna, Giappone, Stati Uniti, Austria, Repubblica Ceca, Belgio, Danimarca, Svizzera, Svezia, Lussemburgo, Polonia, Olanda, Germania e Regno Unito) si sono riuniti segretamente, presso il Ministero dell'Economia, ed hanno firmato un accordo per la garanzia dei finanziamenti per esportazioni di beni e servizi a breve termine verso l'Iraq per due miliardi di euro, come misura per assistere nella ricostruzione e rilanciare l'economia del Paese; l'accordo è stato firmato dall'Autorità provvisoria alleata, dalle Agenzie per i crediti di esportazione dei sedici Paesi coinvolti e dalla Trade Bank dell'Iraq (creata per facilitare gli investimenti nel paese in assenza di una vera banca centrale irachena); a richiedere l'incontro l'Eximbank americana, che il 16 settembre si era impegnata per 500 milioni di dollari, che aspettava però che si muovessero anche gli alleati, in particolare l'Italia con la Sace che l'11 settembre scorso ha già ricevuto un'autorizzazione a procedere fino ad assicurazioni per 250 milioni di euro dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, e con un plafond complessivo di 1 miliardo di euro per l'anno in corso; in una sua dichiarazione, il ministro delle finanze olandese, Gerrit Zalm, che ha ritenuto opportuno informare formalmente dell'incontro il parlamento dell'Aja, ha affermato che la possibilità di coperture assicurative pubbliche accelererà la ricostruzione e l'export delle imprese olandesi e degli altri paesi presenti in Iraq, tra cui l'Italia; serve infatti l'afflusso di capitali stranieri per la ricostruzione delle grandi infrastrutture energetiche e le grandi banche vedono ancora rischi troppo elevati che non possono coprire da sole, mentre la copertura assicurativa statale le invoglierebbe a prestare agli esportatori occidentali; l'accordo non è collegato alla Conferenza dei donatori di Madrid, nella quale erano stati raccolti 33 miliardi di dollari per la ricostruzione: la cifra non includeva crediti per l'esportazione, assistenza tecnologica od altri aiuti non in valuta; tutto questo viene promosso nell'interesse della popolazione irachena senza che in Iraq ci sia un governo democraticamente eletto, con una situazione drammatica di guerra in corso e con una guerriglia che ha iniziato ad attaccare proprio il personale delle imprese straniere; l'accordo è stato firmato nonostante gli stessi governi sappiano bene che un esecutivo democratico iracheno non ci sarà per diversi mesi, e quindi nell'eventualità probabile che le compagnie chiedano indennizzi, i governi avrebbero con questo accordo-quadro la sicurezza di essere subito ripagati, o con la vendita delle proprietà di Saddam o, soprattutto, con le risorse accumulate nel Fondo di sviluppo per l'Iraq (ossia quel fondo che, alimentato con i proventi delle vendite del petrolio iracheno una volta sospeso il programma Onu Oil for Food dei tempi dell'embargo, era stato destinato alla ricostruzione ed allo sviluppo in favore delle popolazioni irachene); questo accordo arriverebbe dopo mesi di dibattito senza soluzione sull'ingente debito, pari ad almeno 127 miliardi di dollari, di cui 20 miliardi verso le Agenzie di credito all'esportazione (almeno 1.3 verso la Sace), che il popolo iracheno si ritrova verso i paesi donatori dopo la caduta di Saddam; a questo debito vanno aggiunte anche le enormi compensazioni di guerra imposte dall'Onu all'Iraq dopo la prima guerra del Golfo, per un totale intorno agli 80 miliardi di dollari, di cui almeno 3.4 miliardi ancora da pagare all'Italia con i proventi del petrolio; senza dimenticare che i 33 miliardi di dollari per la ricostruzione approvati dalla conferenza dei donatori di Madrid in ottobre saranno concessi soltanto come prestiti, e non doni, e quindi in qualche modo il futuro governo iracheno li dovrà ripagare. quali siano i motivi che hanno impedito al Governo italiano di informare anticipatamente il Parlamento della riunione del 5 dicembre, se non ritenga opportuno ora rendere noto quali operazioni siano state assicurate dalle agenzie di credito all'esportazione italiane e quali siano state quelle finanziate dall'Italia nell'era di Saddam Hussein, e come intenda intervenire in ambito internazionale affinché il debito dell'Iraq verso i Paesi donatori venga cancellato. Laura Cima Mauro Bulgarelli Paolo Cento Marco Boato
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