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prossime iniziative dei punto rosso locali e testo sull'India di François Houtart
- Subject: prossime iniziative dei punto rosso locali e testo sull'India di François Houtart
- From: "associazione culturale punto rosso" <puntorosso at puntorosso.it>
- Date: Fri, 23 Jan 2004 17:59:13 +0100
Ricordando Massimo Gorla La straordinaria esperienza del Fsm di Mumbai 2004 costituisce una svolta epocale. Esso quindi necessita di una valutazione seria e argomentata. Lo faremo all'inizio di settimana prossima. Nel frattempo vi alleghiamo un capitolo del libro LA TIRANNIA DEL MERCATO E LE SUE ALTERNATIVE di François Houtart che apparirà ai primi di febbraio presso le Edizioni Punto Rosso. Il capitolo è sull'India, con una parte dedicata al problema dei dalits, degli intoccabili. ---------------------------------------------------------------------------- Sommario - Cena di finanziamento "Africa, Asia, America Latina a Bombay 2004" - Triuggio (Mi) - Ciclo di incontri su "Diritti e globalizzazione" - Carnate (Mi) - Iniziativa e proiezione video Bbc sui crimini italiani in Jugoslavia e in Etiopia - Jesi ---------------------------------------------------------------------------- CENA DI FINANZIAMENTO DELLA CAMPAGNA "AFRICA, ASIA, AMERICA LATINA A BOMBAY 2004" Fabbrica Degli Anticorpi + Arcore Social Forum, ovvero Cuochi Rivoluzionari, vi invitano alla cena di finanziamento a sostegno delle spese di viaggio dei rappresentanti dei paesi del Sud del mondo al Quarto Forum Sociale Mondiale di Mumbai. Sabato 24 gennaio, ore 20.15 (puntuali!), presso la Coop Solaris, via dell'acqua 9, Triuggio Interverrà Giusy Baioni, giornalista, di ritorno da Mumbai. *Galleria fotografica con le immagini dal 4° ForumSociale Mondiale *Menù: -Pane&Mortadella con salsine di contorno -Pasta al forno -Salsicce -Zuppa di lenticchie mediorientale -Vino&Acqua -Dolce -Caffe Equo&Solidale *Quota di partecipazione: 13 nEuri *Prenotazioni/informazioni: -Federico 328 0220408 -Massimo masscorv at tin.it -Faustino fausto.emme at libero.it ---------------------------------------------------------------------------- CICLO DI INCONTRI SU DIRITTI E GLOBALIZZAZIONE Il Comune di Carnate, in collaborazione con l'Associazione Culturale Punto Rosso, propone alcuni incontri tematici che si svolgeranno presso la Sala Consigliare dello stesso Comune. L'articolazione delle sei serate, si propone di approfondire da punti di vista ed angolature diverse, anche storico - geografiche, le categorie dei diritti della persona nel contesto socio - economico non solo nazionale, ma globale. I relatori, attraverso le loro competenze ed esperienze, ci aiuteranno a riflettere sulla storia, sui cambiamenti, sulla complessità dei diritti in alcune aree del pianeta: Occidentale, Islamica, Asiatica, ....... : alfine di essere in grado di fare confronti, di comprendere più a fondo le politiche nazionali, di cogliere meglio il nesso delle relazioni internazionali. DIRITTI E GLOBALIZZAZIONE Prima serata (Lunedì 26 Gennaio 2004): Dolores Morondo - docente di Diritto all'università di Urbino 1. Storia della conquista dei diritti nel corso dei secoli ed alle diverse latitudini, con particolare evidenziazione di percorsi, concezioni e scelte delle singole nazioni, società, gruppi etnici. 2. Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite. 3. Dichiarazione universale dei diritti dei bambini delle Nazioni Unite. Seconda serata ( Lunedì 2 Febbraio 2004 ) : Raffaele Salinari - Presidente della O.N.G. ' Terre des Hommes ' 4. Confronto tra le enunciazioni dei diritti nelle diverse aree: occidentale, islamica, asiatica, ... . Terza serata ( Lunedì 9 Febbraio 2004 ) : Andrea FUMAGALLI - docente di Economia all'università di Pavia 5. Diritto del lavoro. Quarta serata ( Lunedì 16 Febbraio 2004 ) : Padre Giuseppe PIROLA - Padre Gesuita 6. Diritti della persona nella globalizzazione. Quinta serata ( Lunedì 23 Febbraio 2004 ) : Fabio CLETO - docente di Letteratura Inglese all'università di Bergamo Francesca PASQUALI - docente di Teoria e tecniche dei nuovi media all'università di Bg. 7. Nuovi attacchi ai diritti acquisiti attraverso le nuove tecnologie. Sesta serata ( Lunedì 1 Marzo 2004 ) : Mario AGOSTINELLI - Punto Rosso-Fma, sindacalista della CGIL di Milano 8. I diritti nella costituzione europea in fase di elaborazione. Sala Consigliare del Comune di Carnate ( Mi ) presso la Villa Banfi Ore 21 ---------------------------------------------------------------------------- ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO DI JESI E ANPI CON IL PATROCINIO DELLA CONSULTA PER LA PACE DEL COMUNE DI JESI JESI 26 GENNAIO 2004 alle ore 18.30 presso p.zzo CONVEGNI CORSO MATTEOTTI Proiezione del filmato “FASCIST LEGACY” di Ken Kirby – BBC 1989 Sui crimini di guerra italiani in Etiopia e in Jugoslavia. Interviene: MASSIMO RAFFAELI (Critico letterario) TUTTE LE ORGANIZZAZIONI PACIFISTE, ANTIFASCISTE, DI MOVIMENTO SONO INVITATE A PARTECIPARE ------------------------------------------------------------------- ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO puntorosso at puntorosso.it <mailto:puntorosso at puntorosso.it> FORUM MONDIALE DELLE ALTERNATIVE fma at puntorosso.it <mailto:fma at puntorosso.it> LIBERA UNIVERSITA' POPOLARE lup at puntorosso.it <mailto:lup at puntorosso.it> EDIZIONI PUNTO ROSSO edizioni at puntorosso.it <mailto:edizioni at puntorosso.it> VIA MORIGI 8 - 20123 MILANO - ITALIA TEL. 02-874324 e 02-875045 (anche fax) www.puntorosso.it ------------------------------------------------------------------- François Houtart L'India: il Fmi, le riforme economiche e i dalit Nel novembre 1996 il direttore generale del Fmi si congratulò con il governo indiano per il tasso di crescita raggiunto, che negli ultimi anni aveva superato il 6%. In tal modo dimostrava la sua soddi-sfazione di fronte al fatto che il governo, insediatosi all'inizio del 1996, continuava la politica di ri-forme economiche. Il Fmi riteneva, tuttavia, che tali riforme dovessero avere nuovo impulso e che si dovessero rimuovere gli ostacoli posti agli investimenti provenienti dall'interno e dall'estero1. Come sempre in questi casi, le misure correttive attivate all'inizio del 1991 prevedono la riduzione della spesa da parte dello Stato, l'apertura del mercato, l'orientamento dell'economia verso le e-sportazioni e la privatizzazione delle imprese di Stato. Ancora una volta una politica di questo tipo non tiene conto dei rapporti sociali che caratterizzano la società indiana e tanto meno dei rapporti esistenti con le potenze economiche straniere. Queste misure colpiscono di fatto la struttura sociale dell'India, portando all'arricchimento di una minoranza e all'impoverimento dei piccoli agricoltori, accelerando l'esodo dalle campagne. Non sarà forse un obiettivo esplicito delle organizzazioni di Bretton Woods, ma è sicuramente una conse-guenza inevitabile che i programmi di lotta alla povertà non potranno non affrontare. L'analfabetismo sociale delle grandi organizzazioni internazionali è tale che le si direbbe incapaci di uscire dal circolo vizioso del loro corso economicista. In India è in corso un inasprimento dei conflitti di casta, in particolare tra i dalit (gli intoccabili) e le caste superiori, in una fase in cui le politiche neoliberiste sembrano rafforzare le strutture di classe costituitesi durante la colonizzazione inglese e sviluppatesi ulteriormente durante i cinquant'anni di indipendenza. In questo mezzo secolo di impegno per la costruzione della nazione (nation building) il regime ha nazionalizzato gran parte delle industrie di base (le meno redditizie), ha favorito il ca-pitale nazionale (con misure protezionistiche) e ha risposto alla pressione popolare con l'istruzione (dopo il 1951 le scuole elementari furono triplicate) e la sanità pubblica, in parte con aiuti alimentari e con l'assegnazione di quote, nell'impiego pubblico, a favore delle caste e delle tribù appartenenti agli strati più bassi nella scala sociale (scheduled castes or tribes). Parte di tali misure mirava ad agevolare la popolazione urbana, il che permetteva di mantenere bassi salari per lo sviluppo di un'industria locale che produceva soprattutto beni di consumo per il 15% o il 20% dei cittadini avendo come risultato un mercato redditizio. Così come la politica di ispirazione keynesiana dei Paesi industrializzati, volta a salvare dalla crisi il capitalismo, aveva apportato reali benefici alle classi lavoratrici, anche il populismo della borghesia indiana ha ottenuto buoni risultati per una parte della popolazione. Chiaramente si è trattato di risultati molto relativi, dato che dopo mezzo secolo di indipendenza metà della popolazione indiana ancor oggi vive al di sotto della soglia di povertà. I. Le riforme economiche Stando così le cose, qual è e quale sarà l'effetto degli orientamenti neoliberisti in economia, rafforzati ulteriormente dalla pressione delle organizzazioni internazionali e dalla odierna globalizzazione? Su questo problema stanno lavorando alcuni analisti indiani. G.Parthasarathi dimostra che l'apertura verso gli investimenti stranieri non ha effetti positivi sull'occupazione nel settore organizzato dell'economia2, che non è cresciuta dopo il 1980. Rispetto al settore informale si sarebbero persi da 500 a 800.000 posti di lavoro dall'inizio del Programma di riforme strutturali. Le cause: i nuovi investimenti utilizzano tecnologie importate con un ingente flusso di capitali, la mano d'opera non qualificata è diminuita e sono richiesti lavoratori qualificati nel settore non organizzato. D'altro canto l'aumento del prezzo delle materie prime locali, a seguito di una politica di importa-zioni, colpisce in primo luogo il settore non organizzato, i cui beni di consumo di base dipendono dal settore organizzato. In tal modo nel settore tessile centinaia di piccole imprese devono chiudere, con conseguenti situazioni di miseria ad Andhra Pradesh, dove si sono avuti casi di morte per fame. Il governo non è autorizzato a intervenire sui prezzi e non può proteggere il mercato, dovendo ridurre le spese. Ed è proprio l'attivazione di queste misure protezionistiche (aiuti alimentari e sussidi per i costi della produzione agricola, quote per l'occupazione a favore delle caste e delle tribù inferiori) a col-pire maggiormente coloro che si collocano negli strati inferiori della società. In particolare nel settore agricolo, dove si concentra la maggioranza dei poveri, la liberalizzazione del mercato della terra ha come risultato l'espulsione di mille piccoli agricoltori che si trasformano in braccianti occasionali, con entrate del tutto inconsistenti. Meno del 25% degli agricoltori (grandi e medi) verranno beneficiati da queste misure. Va aggiunto che l'esportazione di prodotti agricoli (più di quattro mi-lioni di tonnellate di riso, considerando che metà della popolazione soffre di condizioni alimentari inadeguate), esportazione che deriva da un aumento dei prezzi interni ed è legata a una riduzione dei sussidi, ha come conseguenza l'aumento delle entrate per i grandi produttori, mentre il salario reale degli operai agricoli diminuisce mentre aumenta la migrazione verso le città. La domanda nazionale da parte dell'élite ha effetti negativi sul settore non organizzato. Di fatto il settore organizzato, oltre a non creare occupazione, entra in concorrenza con il settore non organiz-zato per quanto riguarda le materie prime. Quest'ultimo tende allora a mettersi in concorrenza con il primo ricorrendo allo sfruttamento minorile. Ad esempio a Chennai (antica Madras), un piccolo la-boratorio che produce vasi metallici non ferrosi utilizza bambini in età dai nove ai dieci anni che la-vorano in un ambiente privo di finestre, con un tornio elettrico per pulire il metallo e senza alcuna protezione: non esiste ventilazione e vi è una fitta polvere metallica. Il lavoro ha inizio alle 7 del mattino e termina alle 7 di sera. Il salario varia tra le 10 e le 20 rupie giornaliere (da 0,25 a 0,55 dollari). Nel settore tessile a lavorare sono soprattutto le bambine. Cominciano all'età di 5 o 6 anni e guada-gnano tra le 5 e le 8 rupie al giorno ( da 0,012 a 0,25 dollari ) con l'obbligo di lavorare da 10 a 12 ore. Lo stesso succede nella produzione di scatole di cartone, di fiori di plastica e di tappeti nella regione di Varanasi (Benares), per non parlare del settore edilizio, che impiega bambini piccoli, nonostante il divieto di utilizzare bambini inferiori ai 14 anni. A Chennai (Madras) una Ong locale (Arunodhaya: raggio di sole) prepara donne di vari quartieri popolari per tentare di recuperare i bambini e mandarli a scuola. La maggioranza di queste donne, di provenienza dalit, si oppone ai proprietari di laboratori artigianali e di piccole imprese entrando spesso in conflitto con i genitori. Esse hanno preso coscienza che la soluzione del problema dipende dalle politiche globali e iniziano a organizzarsi: "Il governo non si fa sufficientemente carico di questo problema", dicono, "neppure i sindacati si interessano dei bambini. Dobbiamo diventare noi stesse un gruppo di pressione"3. Ma non sono soltanto le imprese indiane a ricorrere allo sfruttamento minorile. Anche le transna-zionali americane ed europee lo attuano nel settore tessile, in quello calzaturiero e dell'abbigliamento Quando si criticano i governi del Terzo mondo e nello stesso tempo si contribuisce a creare il problema l'ipocrisia è evidente. La nuova politica economica, incrementando le esportazioni, ha ottenuto un risultato importante nella crescita occupazionale dei bambini nell'industria dei tappeti, ad esempio, controllata da grandi mediatori commerciali e da interessi stranieri. La stessa cosa succede nella produzione agricola. A Uttar Pradesh aumenta sempre di più il numero di bambini dalit del Bihar, reclutati dai contadini locali per mandare avanti l'agricoltura da esportazione. Quanto alle politiche governative di sostegno alle classi popolari, esse tendono a diminuire sotto la pressione internazionale. Dagli anni Settanta il modello populista sembra indebolirsi, soprattutto in termini qualitativi, adeguandosi sempre meno al progetto di accumulazione della borghesia indiana, interessata a tipi di prodotti sofisticati rivolti a una minoranza opulenta (un mercato importante qua-si come quello europeo) e non destinati alle masse, che possono contare su uno scarso valore ag-giunto. La pressione è aumentata con i Programmi di riforma strutturale a partire dagli ultimi anni Ottanta e in particolare con la nuova politica economica del 19914. In India la resistenza è stata comunque notevole, sia grazie all'azione delle organizzazioni operaie e dei partiti di sinistra, sia come conseguenza di una certa idea di solidarietà nazionale da parte dello Stato e per il timore di certa borghesia, consapevole delle conseguenze sociali di un brusco cam-biamento di politica. Secondo uno studio dell'Indian Council for Research on International Economic Relations, tra il 1987-1988 e il 1992-1993 la percentuale di aiuti socio-economici è passata dal 15,28 rispetto al Pil, che ha mostrato con evidenza una stabilità in termini relativi. Tale risultato è stato comunque possibile grazie a un cedimento da parte del governo nazionale nei confronti degli Stati dell'unione, conseguente a pressioni internazionali. Quando il primo negli anni 1987-1988 si accollava il 43% delle spese, nel 1992-93 si impegnava solo per il 39%, mentre l'impegno degli Stati locali è passato dal 57 al 61%. Si nota quindi, come in molti altri Paesi, un decentramento dei contributi, senza una corrispondente distribuzione di mezzi economici. Gli enti locali (Stati, provin-ce, comuni) devono assumersi compiti sempre più gravosi, fare delle scelte e dare priorità a certi settori a detrimento di altri. II. Effetti sul rafforzamento dei rapporti di casta Questa situazione viene forse ad accrescere la differenza tra le classi, come in altre parti del mondo? In termini relativi il settore organizzato dell'economia sta perdendo posti di lavoro, il che indebolisce i sindacati, mentre il settore non organizzato soffre di una crescente pressione economica, au-mentando così gli strati della popolazione che si trovano a livello di sopravvivenza. Le classi su-balterne vedono una diminuzione delle entrate, con un aumento del fenomeno della povertà. Sono solo le classi alte e parte delle classi medie a trarre vantaggio da questo sistema, il che smentisce la teoria del carattere selettivo della crescita economica (trickle down). Un autorevole economista in-diano, C. T. Kurien, ex direttore del Center for Development Studies di Chennai, dimostrava chia-ramente in un suo seminario al Tata Institute of Social Studies a Mumbai (ex-Bombay), che ci tro-viamo in presenza di una crescita economica senza aumento di occupazione5. Anche se sembra un paradosso, la nuova politica economica e le riforme strutturali rafforzano le strutture di casta e soprattutto favoriscono la presa di coscienza dei dalit. È logico, infatti, che dall'indebolimento delle classi inferiori consegua un consolidamento delle classi tradizionali, sia per quanto riguarda le relazioni sociali, sia per quanto concerne l'espressione dell'appartenenza culturale o religiosa. Appare significativo il caso dei dalit. Da vent'anni a questa parte si è vista una vera esplosione di movimenti spesso poco organizzati che affermano la propria identità di senza-casta. Nel 1990 l'Indian Social Institute di Delhi ne ha contati più di 5.000.6 Il fatto di chiamarsi dalit, vale a dire oppressi, sviluppando proprio per questo una forma di consapevolezza e di orgoglio, è qualcosa di assolutamente nuovo nella storia sociale dell'India. L'egemonia dei bramini ha condizionato a tal punto gli intoccabili o chandals (malfattori) che essi stessi hanno finito per definire in quei termini il proprio comportamento sociale, arrivando persino al disprezzo di sé. Nel 1932 Gandhi li chiamò ha-rijans, cioè figli di Dio, recuperando un termine antico usato per i bambini nati dagli amori proibiti tra le ballerine dei templi e i bramini e la cui nascita veniva attribuita agli dei. La riscoperta dell'origine di questo termine offre nuovi motivi per recuperarlo. La costituzione indiana intendeva avere un'ispirazione laica. Dopo il Goverment of India Act del 1935 furono introdotti termini come scheduled castes o tribes (caste programmate o tribù) a cui fu riservato un trattamento preferenziale (quote riservate nel pubblico impiego, o reservation). Baba Sahil Ambedkar, essendo egli stesso di origine senza casta e presidente della Commissione costitu-zionale, diede la preferenza a questo termine, consigliando in seguito l'uso della parola dalit. Oggi, con un'accezione meno politicizzata, vengono chiamati bahujans (gruppi sociali subordinati) oppure adivasis (contadini). Questa tradizione risalente a più di 2.000 anni fa era indubbiamente ben radicata nella tradizione, specialmente nelle regioni agricole. Ma nella storia numerosi sono stati anche i movimenti di resi-stenza e di rivolta, in particolare di natura religiosa, come la corrente bhakti del secolo XVII, o, più recentemente, il movimento della fine del secolo XIX iniziato da Sri Narayana Guru insieme agli Erhavas del Kerala, i quali rivendicavano le pratiche induiste per le caste inferiori e che sfociò nelle lotte degli anni Trenta per l'apertura dei templi7. L'emarginazione di casta oggi ha ripreso vigore, soprattutto nelle campagne. Innumerevoli sono gli atti di violenza contro i dalit, per non parlare della loro esclusione dalle pratiche più frequenti della vita quotidiana. Si tratta di una reazione di difesa da parte delle caste superiori i cui membri, lungi dall'appartenere alle classi dominanti, vedono peggiorare le loro condizioni materiali grazie alle nuove politiche economiche, mentre quelli che hanno raggiunto o sono riusciti a conservare una condizione economica di privilegio temono che l'emancipazione dei dalit minacci la loro situazione, specie quando si tratta di rivendicazioni bracciantili con paghe di miseria oppure di lavoratori istituzionalmente vincolati ai proprietari (bonded labour). Le barriere elevate dalle classi superiori hanno avuto il loro effetto. Secondo la Commissione go-vernativa sulle scheduled castes, nel 1982 queste costituivano il 20% della popolazione, possedeva-no soltanto l'8% dei terreni e solo il 21,4% era alfabetizzata. Nel censimento del 1991 il numero dei dalit raggiungeva i 138,2 milioni, di cui soltanto il 18,72% viveva in città. Le rivendicazioni sociali dei dalit urbani sono generalmente di natura economica (lavoro, educazione, casa)e quelle dei dalit rurali riguardano soprattutto la rispettabilità sociale. III. I movimenti dalit Baba Sahib Ambedkar è stato il promotore dell'emancipazione dei dalit. Avvocato, aveva studiato a Londra e senza rinnegare la sua origine aveva preso partito in modo ben diverso da Gandhi. La sua posizione era laica, concentrata sul problema degli oppressi. Lottò per il riconoscimento sociale degli intoccabili, per far esplodere il sistema delle caste, pur restando nel quadro della legalità democratica e senza mettere in discussione il sistema economico capitalistico. Accusava Gandhi di paternalismo, di legami con il bramanesimo e di cercare soluzioni nella conversione dei cuori e nella reinterpretazione delle strutture per induizzare i dalit, invece di inserirli nella lotta politica. Nel 1936 fondò l'Independent Labour Party e rinunciò all'induismo. Nel 1950 si legò al buddismo come forma di lotta sociale. Oggi il movimento dei dalit ha dato il via a molte campagne polemiche. Uno dei suoi organi, Dalit Voices, che viene pubblicato dal 1981 a Bangalore, tra le sue colonne ricorda le posizioni di Gandhi sfavorevoli all'emancipazione dei neri dell'Africa meridionale, oppure la sua alleanza con i bramini dell'establishment economico e politico. Il direttore, V.T. Rajshekar, cui il governo indiano ritirò il passaporto più di dieci anni fa, non esita a ad affermare che l'ideologia bramina è simile a quella nazista, essendo responsabile di una forma di razzismo interno, rappresentato dal Bharatya Janata Party (Bjp), partito che con il sostegno delle classi medie sta diventando il primo partito indiano. La conversione religiosa ha costituito per i dalit uno strumento di emancipazione e di rivolta non solo verso il buddismo, con mezzo milione circa al seguito di Ambedkar (in particolare le classi medie urbane), ma anche verso il cristianesimo, verso l'Islam e i sik, in forma diversa a seconda delle sotto-caste (jati). I partiti di sinistra, il Cpi (Partito comunista indiano) e il il Cpi ml (Partito comunista indiano mar-xista-leninista) avrebbero dovuto assumere la rappresentanza politica dei dalit, ma la loro angusta idea di classe e la leadership intellettuale appartenente alla casta superiore (compresi i bramini), sono stati gli ostacoli più seri perché lo divenissero. Indubbiamente la loro base sociale, specie a Kerala nel Bengala, è costituita dai senza-casta, ma la nascente consapevolezza dei dalit, che si fonda essenzialmente sul conflitto di casta, li ha accusati di non tenere conto della loro specificità. In se-guito a questo si sono costituiti dei partiti dalit nel nord del Paese e in particolare a Uttar Pradesh8. Il più importante di essi, il Bahujan Samaj Party (Bsp), fondato da Kanshi Ram, è al potere in quello Stato, che è il più popoloso dell'India (150 milioni di abitanti). Benché il successo abbia rafforzato la coscienza dei dalit, i suoi dirigenti non si distinguono per nulla dagli altri sia per le mire elettoraliste, specie nello Stato di Uttar Pradesh, sia per il ricorso a brutali politiche di tipo autoritario, come dimostrano i fatti di Luknow dell'ottobre 1996 (alcuni giornalisti furono presi a bastonate), sia per la corruzione. È nota, inoltre, la politica di Phoonan Devi, meglio conosciuta come regina dei banditi, che ha contribuito a denunciare l'oppressione dei dalit. Le divisioni tra jati (sotto-caste), problema permanente in tutti i movimenti sociali in India, ostacola gli sforzi compiuti sul piano politico, poiché le singole identità (Paria, Paravar, Maravar, ecc.) si impongono sull'identità dei dalit. È difficile, pertanto, prevedere il futuro di tali partiti. Le Dalit Panthers of India (Dpa) sono considerate il movimento più radicale. Costituitesi nel 1972 sul modello delle Black Panthers americane, si trovano soprattutto nel sud e nel Maharashtra e fanno riferimento a B.Ambedkar. Raccolgono i giovani delle città, oppure i lavoratori manuali come quelli della miniera di lignite de Neivelly, presso Pondichery, che ritengono il termine pantere sinonimo di coraggio e di sprezzo della paura. Il loro obiettivo è il collegamento con la rivoluzione mondiale. Eppure, in seguito alle divisioni tra i dirigenti, alle alleanze compromettenti per l'esercizio del potere e all'assenza di organizzazione, tale movimento non si è dimostrato efficace se non nel rafforzamento dell'identità. Nella creazione di una coscienza sociale dalit va segnalato anche il peso assunto dalle donne. Ma è soprattutto a livello economico che i gruppi di donne ottengono un certo successo, il che conferisce loro un'influenza sempre maggiore, consentendo loro l'accesso ad attività e iniziative fino a oggi proibite ai senza-casta. Si raggruppano in cooperative di credito o in cooperative di piccola produ-zione. La loro identità dalits si manifesta anche attraverso una corrente letteraria importante che si distingue per il suo carattere di protesta. Le autrici si raccolgono nel Dalit Sahitya Academy (Acca-demia letteraria dalit ). A partire dal 1989 nel Tamil Nadu si è sviluppato un movimento dalit cristiano (Dalit liberation movement). Il suo presidente, Sr. Mary John, ci spiegava a Chennai (Madras) che la loro azione trae ragione dalla segregazione contro la Chiesa cattolica: i dalit costituiscono il 70% dei fedeli e vengono discriminati nella scuola e talvolta anche nelle chiese, mentre il 95% del clero e tutti i vescovi (tranne uno nominato ultimamente), provengono a volte da caste inferiori, ma non sono dalit. Va ricordato che chi si converte al cristianesimo perde automaticamente lo status di scheduled caste, insieme alla protezione legale e ai posti loro riservati nelle scuole o nel settore pubblico. Molto attivi sono stati alcuni gesuiti nella formazione di questo movimento e uno di essi, padre Yesumarian, nel 1994 ha pagato con la prigione e la tortura. Come in molti movimenti basati sull'origine sociale pre-capistalistica (di tipo etnico, religioso, lin-guistico, di casta), la transizione verso una società di classe spesso passa attraverso il fenomeno di leaders che identificano la loro promozione sociale con quella del gruppo. L'entrata nella nuova struttura sociale (nella classe media o, eccezionalmente, nella classe dominante, nella generazione successiva) non favorisce la solidarietà, anzi tende a esaltare l'emancipazione individuale a detri-mento di un reale cambiamento sociale a favore dell'intero gruppo. L'identità di gruppo diventa così una frattura ideologica che rafforza la posizione di alcuni che riescono ad elevarsi e a raggiungere una posizione privilegiata attraverso la politica o tramite la cooptazione economica. Solamente una prospettiva più ampia, che comprenda una dimensione di classe, potrà realizzare una emancipazione a largo raggio, pur senza rinnegare la dimensione di casta. In conclusione, possiamo affermare, con il Prof. B.N. Juyal, del Gandhian Institute of Studies di Varanasi (Benares), che la nuova politica economica, favorita dalle organizzazioni finanziarie inter-nazionali, aumenterà le tensioni tra le caste, in particolare quella dei dalit, che sono coloro che più immediatamente soffrono degli effetti sociali. Ciò contribuisce a creare poli di resistenza rafforzando la reazione spesso violenta delle classi superiori. Scrive Matthew Kayany: "Con l'attuale sistema di economia di mercato e con la globalizzazione il lavoro perde il suo valore di mercato e il governo si trova a controllare l'economia a vantaggio delle multinazionali"9. Pur se in termini relativi, questi erano, comunque, i legami dei dalit con il complesso della società. È chiaro che seguire certe politiche economiche senza tenere conto della complessità dei rapporti sociali, nuovi o tradizionali che siano, e delle loro reciproche interazioni, in definitiva comporterà costi sociali notevoli. Ma tenerne conto causerebbe una contraddizione all'interno dell'ideologia economica liberista, che deve privilegiare l'efficienza e creare le condizioni per il successo dei vincitori, i quali ben difficilmente potrebbero adeguarvisi. Note: 1. The Hindu, 07.11.96 2. G.Parthasarathi, "An organised Sector and Structural Adjustment", Economic and Political Weekly, Vol. XXXI, N°28 (13 luglio 1996), 1897. 3. Sudipto Mundle, citato da G. Parthasarathi, EPW, ibidem, 1868. 4. G. Parthasarathi, ibidem. 5. The Weekly Observer, 09-11-1996. 6. Times of India, 08-11-1996 7. Geneviève Lemercinier, Religion and Ideology in Kerala, Louvain-la-Neuve, Centre Tricontinental, Tiruvananthapura, Institute for the Study of Development Areas, 1994. 8. Siddhart I.Monishek, Dalit leadership and the challenge ahead, Indian Currents, 07-09-1995. 9. Matthew Kayany, The eternally marginalized, Dea in Sociologia, Louvain-la-Neuve, 1996.
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