da On. Grandi



Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo
quadro tra la Repubblica francese, la Repubblica federale di Germania, la
Repubblica italiana, il Regno di Spagna, il Regno di Svezia e il Regno
Unito della Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord relativo alle misure per
facilitare la ristrutturazione e le attività dell'industria europea per la
difesa, con allegato, fatto a Farnborough il 27 luglio 2000, nonché
modifiche alla legge 9 luglio 1990, n. 185 (approvato dalla Camera e
modificato dal Senato) (1927-B)



PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.
ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace non
poter condividere l'opinione del rappresentante del Governo Berselli. Spero
che questa legge non sia approvata dalla Camera e del resto anche il
passaggio tra Camera e Senato, con una nuova lettura alla Camera,
confermano le ragione di un voto contrario su una legge di questo tipo.
Non è in discussione l'accordo di Farnborough, perché che ci sia bisogno in
Europa di un accordo in materia di produzione in grado di essere un
supporto, anche produttivo, alla possibilità di avere in Europa
un'iniziativa militare autonoma con una sua identità, è una questione sulla
quale si può e si deve convenire.
La verità è che la traduzione di quell'accordo sarebbe stata rapidamente
approvata, come avviene in genere per gli accordi internazionali, tranne
rari casi, se non fosse stata inserita in quella normativa l'occasione per
modificare la legge n. 185 del 1990.
Quindi qui non è in discussione la ratifica, perché il Governo o il
presidente della Commissione, relatore, potrebbero, ancora in questo
momento proporre di stralciare tutta la parte che non c'entra nulla con la
semplice ratifica dell'accordo.
Sulla ratifica, infatti, non ci sono problemi. Stiamo parlando, invece, di
ciò che dall'accordo viene tradotto in modifiche di una legge molto
importante per il nostro paese, appunto la legge n. 185 del 1990, che ha
consentito di portare in Italia un grado di trasparenza, non dico
invidiabile, ma certamente molto maggiore di quella che c'è in altri paesi
attorno alla produzione e al commercio delle armi.
Il punto centrale - lo dico subito - riguarda la questione di chi produce e
per chi lo fa. Perché il vero e grande problema non è soltanto la
produzione delle armi sulla quale si è aperto, anche in occasione del
vertice di Evian, una discussione molto interessante introdotta dal
presidente Lula sul rapporto tra armamenti e politica in favore dei paesi
poveri. Stiamo parlando di qualcosa che precede questa ottima idea, che
ricorda un po' la frase di Pertini: "Riempire i granai, vuotare gli
arsenali", ossia dell'esigenza di fare in modo che quello che viene
effettivamente prodotto non diventi oggetto di traffici e di iniziative
illecite e vada a finire esattamente nella direzione sbagliata.
Contro l'approvazione di questa legge per la parte che modifica la legge n.
185, si sono pronunciati in molti, organizzazioni e singoli, e meriterebbe
che queste istanze fossero adeguatamente ascoltate. Lo abbiamo detto nel
primo passaggio alla Camera ed è stato ripetuto al Senato. Lo ripetiamo
ancora perché, se ci fosse mai stata qualche distrazione, dovrebbe essere
chiaro che c'è un'opinione pubblica, cattolica e laica - ci tengo a
precisarlo - che è contraria ad un'idea nel nostro paese, seppure in
rapporto con altri, di produzione senza controllo delle armi.
La licenza di progetto non esime da controlli rigorosi sull'uso finale
delle parti e del complesso degli armamenti di cui stiamo ragionando.
Evitando l'eccezione, perché sappiamo che le eccezioni sono sempre il
veleno per i meccanismi che, peraltro, come la legge n. 185, hanno dato
buona prova dei controlli, sia pure con un unico, vero e grande nemico: i
soggetti che sono interessati alla produzione, purché sia di armi, alla
loro esportazione, al loro commercio e, magari, anche a qualche commercio
che può essere - come si dice - un favore politico fatto a qualche amico
sotto banco.
Del resto, il passaggio che è stato fatto al Senato conferma che abbiamo
ragione. Perché una delle modifiche introdotte riguarda esattamente la non
liceità prevista, in nome della licenza globale di progetto, in deroga alla
legge n. 185 del 1990.
Debbo dire che ho presentato un emendamento per chiedere che sia ricordato
esplicitamente che ciò non si può fare in deroga alla legge n. 185, ma
anche così il testo della legge è meno peggio di quello approvato alla
Camera. Basterebbe espungere tutte le parti che hanno appunto ad oggetto e
come caratteristica la deroga alla legge n. 185 per ritornare nell'ambito
dell'attuazione piena di una buona legge, che sicuramente avrà qualche ruga
dovuta all'età, ma ne avrebbe molte di più, anzi avrebbe dei veri e propri
difetti e stravolgimenti, ove fosse approvata.
Qual è la preoccupazione? È molto semplice. Quando, nell'ambito dei sei
paesi, per la differenza di normative ed per una maggiore leggerezza nei
controlli, vi fosse la possibilità, per via NATO, di affidare sistemi
d'arma qui previsti a paesi che non rispettano i diritti, che facciano
parte della NATO, che siano semplicemente in predicato di intrattenere
buoni rapporti con la NATO o addirittura con i singoli paesi in via
bilaterale, non avremmo la possibilità di avere un controllo effettivo
della destinazione finale dei sistemi d'arma; ci sembra che, in questo
settore, non vi sia interesse concreto (diciamo pure di guadagno) che possa
menomare il diritto di sapere dove vadano a finire, il diritto di conoscere
il rispetto dei diritti che devono essere garantiti, ossia una delle
condizioni fondamentali di principio posta proprio dalla legge n. 185 del
1990.
Non a caso, nel primo passaggio alla Camera, il Governo ed il relatore, non
accettarono di inserire una nostra proposta emendativa che consentiva anche
alla struttura civile dello Stato (in questo caso, le dogane) di effettuare
i controlli sui container destinati al commercio finale delle arti.
PRESIDENTE. Onorevole Grandi...
ALFIERO GRANDI. Per questa la ragione, non siamo d'accordo con questo
provvedimento.
Riteniamo che vada mantenuta la trasparenza obbligatoria prevista dalla
legge n. 185 del 1990. Non ci bastano le poche chiacchiere che verrebbero
fatte in Parlamento nell'ambito di relazioni del tutto incomprensibili.
È necessario che, proprio in una fase difficile come questa, in cui si
parla di guerra preventiva, di controllo militare sui processi economici e
civili del mondo, vi sia, da parte dell'Italia, una risposta nella
direzione del mantenimento di una legge importante come la n. 185 del 1990,
respingendo un provvedimento che, in questo momento, ne fa effettivamente
strame (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di
sinistra-l'Ulivo).