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IRAK-CARITAS E CURIA DI BOLOGNA-LETTERA APERTA A DON GIOVANNI NICOLINI
- Subject: IRAK-CARITAS E CURIA DI BOLOGNA-LETTERA APERTA A DON GIOVANNI NICOLINI
- From: "DOMENICO MANARESI" <bon4084 at iperbole.bologna.it>
- Date: Sun, 23 Mar 2003 20:03:42 +0100
LETTERA A PERTA A DON GIOVANNI NICOLINI - DIRETTORE DELLA CARITAS DI BOLOGNA Bologna, sabato 22 marzo 2003 Caro don Giovanni, il Presidente della Caritas diocesana di Bologna (di cui tu sei Direttore) credo sia il card. Giacomo Biffi. Nonostante ciò, tu hai scritto parole molto belle, affettuose, (cristiane, direi) al popolo iracheno così duramente colpito in questi giorni. UN PLAUSO, caro don Giovanni, UN PLAUSO SINCERO E DI TUTTO CUORE! Circa le ignobili parole nei tuoi riguardi del berlusconiano Fabio Garagnani (vedi qui di seguito e anche in allegato) e il silenzio della "gerarchia" della chiesa cattolica bolognese riguardo questo triste episodio (quasi che la Curia lo abbia approvato!), sono certo che hai la solidarietà della maggior parte di quel "popolo di Dio" che è poi la vera Chiesa. Domenico Manaresi Mitt. Domenico Manaresi - e-mail: bon4084 at iperbole.bologna.it Da "la Repubblica" di venerdì 21 marzo 2003 - CRONACA DI BOLOGNA La Curia attende cinque giorni per muoversi contro la guerra. Don Ciotti: "Il Papa non ha taciuto" "Don Nicolini è pro Saddam, pensi a predicare e non alla politica internazionale" Lunedì processione a San Luca Garagnani attacca la Caritas MICHELE SMARGIASSI LA GUERRA suona le sue trombe, ma la Chiesa di Bologna esita a suonare le sue campane. Da ieri notte i vescovi di tutta Italia lanciano appelli, scendono nei cortei pacifisti, organizzano veglie di preghiera, ma - quelli di Bologna, che sono tre di cui uno cardinale, attenderanno cinque giorni dallo scoppio del primo missile prima di manifestare concretamente la loro adesione al grido di dolore del papa. Solo lunedì sera, infatti, la diocesi bolognese si riunirà per salire in processione al santuario della Madonna di San Luca, dove il vicario monsignor Ernesto Stagni reciterà un rosario e celebrerà una messa «per la pace e la riconciliazione dei popoli», mentre la guerra starà devastando e uccidendo ormai da centodieci ore. Lungo il silenzio ieri, primo giorno dell'attacco all'Iraq, nella Curia che è stata finora avara di messaggi contro la guerra (ma che ha sgridato i parroci che espongono la bandiera della pace «di sinistra»). Fin dal mattino nelle chiese della Penisola risuonano gli appelli dei vescovi: a Milano Tettamanzi invita i cristiani a manifestare il loro dissenso «in tutti i modi democratici», i vescovi di Firenze, Belluno, Treviso, Torino, Venezia fanno suonare le campane delle loro cattedrali, quello di Savona guida assieme al sindaco un corteo pacifista, anche chi non sceglie gesti clamorosi fa comunque sentire la sua voce per invitare i fedeli alla preghiera e al digiuno. Da via Altabella, invece, non arriva sillaba, neppure dietro richiesta di commento. La Chiesa delle parrocchie e delle associazioni ecclesiali, in realtà, è in pieno movimento: gruppi parrocchiali si riuniscono, discutono, organizzano veglie. Il direttore della Caritas diocesana, don Giovanni Nicolini, che ha appena scritto una lettera di affettuosa e dolente solidarietà ai cristiani di Bagdad, fa appello ai soldati cristiani dell'esercito Usa: «State coi più deboli, le parole del papa chiamano all'obiezione di coscienza». Apriti cielo: l'onorevole forzista Fabio Garagnani, «come cattolico», gli si avventa addosso con la stessa foga con cui ha approvato l'adesione di Berlusconi alla guerra: Nicolini «sta con Saddam», «è subalterno al luogocomunismo», e dopo averlo cristianamente invitato a «non perdere di vista i nemici autentici» lo esorta a occuparsi «più di predicazione del Vangelo che di politica internazionale». Ma neppure per difendere un suo sacerdote così ferocemente attaccato si è udita ieri la voce della Curia. Intanto i cattolici vanno in piazza coi sindacati. «Non è vero che qui con noi non c'è la Chiesa», dice Alessandro Alberani dirigente Cisl, «eccola lì»: e indica don Sandro Ciotti, il sacerdote anti-mafle, che però è torinese. Perché la Curia di Bologna tace, don Ciotti? «Non mi permetto giudizi. Siamo chiamati a riflettere e a pregare, c'è il digiuno e anche il silenzio. Ma c'è anche la responsabilità di saldare la terra con il cielo. Non dobbiamo temere di sporcarci le mani. Il papa non ha taciuto in questi giorni, e il suo è stato un grido forte, che ha aiutato tutti». Passano le ore, continuano ad arrivare notizie dalle chiese d'Italia: a Rimini la comunità di don Benzi va in piazza con il nastro a lutto sulle bandiere della pace, a Ravenna il cardinale Ersilio Tonini sbotta: «Tutti a riverire il Papa, tutti a ossequiare, applaudire, poi a ridurlo a nulla, proprio a nulla...». E a Bologna i movimenti cattolici più impegnati contro la guerra scalpitano, le telefonate s'intrecciano, alla fine ottengono la convocazione della commissione diocesana «Pace e giustizia». Alle sette di sera, finalmente,i cattolici bolognesi vengono invitati «a raccogliersi in fervente preghiera» e chiamati a invocare assieme la pace, purché abbiano la pazienza di aspettare ancora qualche giorno, fino a lunedì. Quando il cardinale Biffi non sarà in città, impegnato a Roma per l'annuale assemblea della Cei. Da "la Repubblica" sabato 22 marzo 2003 - CRONACA DI BOLOGNA Ardigò: Biffi non ci dimentichi Ma Forza Italia scatena la rissa con la Caritas Cattolici spaccati sulla guerra. Garagnani attacca don Nicolini.Il sociologo chiede al cardinale di parlare ai pacifisti. LUCIANO NIGRO UN SACERDOTE invita i giovani americani a fare «obiezione di coscienza» e un deputato cattolico attacca con violenza accusandolo di stare con Saddam. Il cardinale Giacomo Biffi sceglie ili silenzio e l'arcivescovo di Modena Benito Cocchi invita «ad avere il coraggio del Papa che denuncia questa guerra». Ma Isabella Bertolini di Forza Italia lo iscrive d'ufficio al partito «antiamericano, anti-occidentale e filo-arabo». E, mentre i cattolici impegnati in politica si schierano, il professore Achille Ardigò si augura che «nell'ultimo tratto del suo alto mandato, l'arcivescovo di Bologna ricordi la lezione di Lercaro, Dossetti e Poma e quella grande parte di fedeli che per troppo tempo ha trascurato». Le bombe su Bagdad non spaccano solo gli equilibri internazionali, non abbattono soltanto palazzi e seminano sgomento tra gli iracheni. Lacerano anche le coscienze, aprono ferite nel mondo cattolico, creano contrapposizioni tra falchi e colombe, sostenitori del Pontefice e giustificatori dell'inevitabilità del conflitto. E mettono a nudo due atteggiamenti radicalmente diversi nella gerarchia ecclesiale su pace e guerra. E' il parlamentare di Forza Italia Fabio Garagnani a creare l'ultimo caso. Legge una lettera del direttore della Caritas di Bologna don Giovanni Nicolini al patriarca di Bagdad accompagnata dall'invito ai giovani americani a fare «obiezione di coscienza in fedeltà alle parole del Papa». E parte con una raffica di accuse. «Questo è subalternità alla sinistra - tuona - antiamericanismo del mondo cattolico, perché non rivolge l'invito all'obiezione di coscienza agli sgherri di Saddam? Perché don Nicolini non ha mai sprecato parole per i martiri cristiani nel mondo o contro il comunismo?» Una reazione così sopra le righe non poteva non provocare la scesa in campo di molti a favore; del direttore della Caritas. Per, Matteo Festi della Margherita il «pesante e ingiustificato attacco a don Nicolini nasconde l'enorme disagio di chi ha detto sì all'attacco all'Iraq dimenticando che il Papa ha parlato di responsabilità di fronte a Dio di chi ha deciso la guerra». Il senatore Ds Walter Vitali definisce «offensive» le parole di Garagnani. Anche nel centro destra c'è chi prende le distanze. E' il caso di Cristina Marri dell'Udc che considera «le parole di Nicolini coerenti con il Papa e con la Chiesa». La voce più autorevole, però, è quella di monsignor Benito Cocchi, Arcivescovo di Modena e presidente nazionale della Caritas che, senza citare il caso, in un incontro in duomo sulla pace e la lotta alla mafia ha definito la guerra «un'assurdità» ed esortato a «mettere i panni di chi si sente arrivare addosso le bombe e pensa che arrivano dai cristiani». Poi ha concluso: «Dobbiamo avere il coraggio del papa che denuncia questa guerra». Garagnani però contrattacca. «Io sono allibito- dice l'esponente di Forza Italia - dalla facilità con cui certi uomini di chiesa hanno sposato posizioni della sinistra» e aggiunge di «condividere totalmente l'atteggiamento del cardinale Biffi». Poche ore dopo Isabella Bertolini attacca monsignor Cocchi con termini altrettanto violenti di quelli usati da Garagnani contro Nicolini. Un vescovo amico e uno nemico, per Forza Italia. Resta in silenzio, però, la Curia di Bologna in vista dea processione per la pace, lunedì sera a San Luca. «La Chiesa non parla con i comizi, non lo ha mai fatto - osserva il portavoce di Biffi, Adriano Guarnieri - non c'è un centro che parla per tutti, ma un invito alle parrocchie a intensificare la preghiera». Ma se si obietta che il Papa parla eccome, il portavoce del Cardinale risponde che «appunto, parla il Papa. E certamente l'autorevole magistero ecclesiale andrebbe ascoltato e letto nella sua interezza». Una posizione che, però, non convince tutti i cattolici. «Questa guerra preventiva sta sconvolgendo tutto - è la tesi del sociologo dossettiano Achille Ardigò - la forza di un discorso come quello del papa non consente più linee di mediazione tra diavolo e acqua santa. E se una parte dei cattolici segue Bossi, faccia pure ma questa non è la strada del cattolico coerente». Per Ardigò, Garagnani «ha sempre assunto posizioni troppo estremiste». Mentre il silenzio della Chiesa bolognese crea disagio. «Dov'è finito il cardinale Biffi della stupenda omelia per don Giuseppe Dossetti?», si chiede Ardigò. «La nostra speranza è che nell'ultimo tratto del suo grande ufficio il Cardinale trovi il modo di recuperare quel momento. C'è un trenta-quaranta per cento dei fedeli che è stato trascurato per troppi anni e non ha avuto il beneficio della sua alta funzione e il conforto del sapere di uno straordinario uomo di cultura». LUCIANO NIGRO
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