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Donne contro la guerra - Forlì Social Forum
- Subject: Donne contro la guerra - Forlì Social Forum
- From: manuela foschi <manuth at libero.it>
- Date: Sat, 8 Feb 2003 11:36:52 +0100
Donne contro la guerra Le donne del Forlì social forum si rivolgono a tutti, e in particolare alle donne. Dall'inizio degli anni '90 nei conflitti c'è stata un'impennata delle vittime civili. Si è arrivati all'80%, nella seconda guerra mondiale avevano superato il 50%, nella prima guerra mondiale furono del 5%. Insieme all'avanzamento delle tecnologie di guerra, il nemico vero, il capo di stato è stranamente più difficile da sconfiggere e chi paga sono le popolazioni. E' importante dire che molte di quelle vittime sono state donne, bambini e anziani che hanno goduto di uno dei pochi privilegiti a loro dati, non andare a fare la guerra, non mettersi un uniforme per sparare. Alle donne durante una guerra spetta procurarsi il cibo, spetta intessere relazioni umane e di solidarietà per sopportare le lunghe attese, la disperazione che le circonda in paesi diventati fantasma e attanagliati dalla paura. Le donne sono grandi dispensatrici di energia, di sentimenti, per reggere alle sofferenze che porta con sé una guerra. Bene lo sanno le tante partigiane romagnole e italiane e tutte coloro che nell'ultima guerra hanno perso, figli, mariti, fratelli, nelle campagne coloniali d'Africa, nei campi di concentramento della Germania, in Russia....Forse lo sanno un po' meno le generazioni successive e ancor meno quelle che non le hanno vissute direttamente, forse perché la memoria umana (è fisiologicamente provato) tende a cancellare il dolore. Ma sono più di 50 i conflitti sparsi nel mondo e molti di questi nella vicina Africa. Di questi non si sa quasi nulla, perché gli interessi che li percorrono e li fomentano è meglio tenerli nascosti (petrolio, minerali e diamanti verso l'Occidente in cambio d'armi). Questo lo sanno fare molto bene le 4 agenzie stampa più grandi (Agent Press, United Press, Reuters, France Press) dispensatrici ogni giorno di migliaia di notizie che vengono filtrate prima di essere passate ai giornali di tutto il mondo. Ebbene nessuno interviene politicamente per fermare quelle guerre. Un esempio lampante della sopraffazione di un stato ricco e armato su un popolo debole e costretto alla fame e alla disperazione non può che essere il conflitto tra Palestina e Israele. E ora si vuole colpire ancora una volta l'Iraq, dopo più di 10 anni di embargo con una popolazione decimata. Dopo dieci anni di sofferenze inaudite per le donne, le madri e per i loro bambini che ancora oggi nascono con gravi deficienze, per i danni provocati dai milioni di bombe all'uranio esplose sulla loro terra e disperse nell'aria. Da più di 10 anni in Iraq non arrivano medicinali, aiuti sanitari e alimentari se non grazie a pochi volontari. Migliaia di bambini morti e migliaia di donne morte per metà, sono un crimine contro l'umanità di cui siamo tutti e tutte responsabili. Noi donne e uomini del 'benestante' Nord che detta legge unicamente per proteggere la sua economia e i suoi privilegi, le sue donne e i suoi bambini bombardando le donne, i bambini, gli uomini di altri paesi. Perché? Per sostenere le sue industrie che sfornano milioni di armi ogni giorno, per giustificare l'addestramento e la formazione di milioni di soldati, marines e top gun per rifornire i serbatoi di petrolio, per alimentare il consumismo che depaupera e inquina la Terra attraverso la sovrapproduzione di oggetti molti dei quali superflui investiti di una felicità che non arriva. E sono solo alcuni dei perché, di questa imminente guerra all'Iraq. Ma vi sembra normale tutto ciò o si tratta piuttosto di un meccanismo perverso che sta cancellando i diritti fondamentali perché una piccola minoranza si crogioli tra piscine, sfilate di moda, tv e serate di beneficienza e la grande maggioranza abbia seri problemi a soppravvivere. Nel mondo ci sono 20 milioni di rifugiati, 300 milioni di profughi. I piani di aggiustamento strutturale di Fondo monetario internazionale e Banca Mondiale, stanno stroncando le economie già deboli dei paesi Africani, Asiatici e Latinoamericani, portando alla fame interi continenti che 30 anni fa erano quasi del tutto autosufficienti per l'alimentazione. Questo a causa delle monoculture imposte dalle multinazionali, per lo lo sradicamento di milioni di contadini e indigeni dalle loro terre. Un miliardo di esseri umani vive sotto la soglia minima della povertà con 1-2 dollari a settimana. Sono circa 350 i miliardari del pianeta (e tra i primi c'é Bill Gates il re di Microsoft) su oltre 6 miliardi di popolazione. 99 delle 100 più grandi multinazionali vengono dai paesi industrializzati. Il volume d'affari della Royal Dutch Shell è superiore al Pil del Venezuela, la General Motors ha dimensioni simili a Irlanda, Nuova Zelanda, Ungheria messe insieme. E le regole del WTO, Organizzazione Mondiale del Commercio, favoriscono le multinazionali più grandi attraverso trattati sul commercio e investimenti che permettono di trascendere sempre più l'azione degli stati nazionali, e condizionano gli accordi internazionali sull'ambiente. E' certo che il diritto non brilla in Iraq c'é una dittatura ma nemmeno negli opulenti stati della globalizzazione liberista e della finanza virtuale il diritto non brilla, anzi, non ha mai brillato, basta leggere la storia raccontata da Noam Chomsky, Eduardo Galeano, Asor Rosa, Samir Amin, Serge Latouche, Paco Ignacio Taibo II, Toni Negri e tanti altri, che forse a scuola non si possono leggere ma nelle librerie si trovano. Nei paesi occidentali la democrazia incontra molti ostacoli, perché le lobby economiche e politiche e le classi agiate riescono quasi sempre a fare rispettare i loro diritti ma lo stesso non succede per i poveri, le minoranze indigene, coloro che fanno parte delle classi meno agiate, gli emarginati. Le donne sono tra questi. Il 70% della popolazione considerata povera è costituida da donne, a dirlo è il Programma delle Nazioni Unite Per lo Sviluppo. Il numero delle donne contadine che vivono nella povertà assoluta è aumentato del 50% in questi ultimi 20 anni contro il 30% per gli uomini secondo il Fondo per lo Sviluppo delle Donne delle Nazioni Unite. Il numero di donne analfabete nei paesi in via di sviluppo, è ancora superiore del 60% rispetto agli uomini. Nei paesi industrializzati il tasso di disoccupazione è più elevato tra le donne che rappresentano i 3/4 dei lavoratori a domicilio non remunerati (dal Rapporto mondiale sullo sviluppo del 1997). E impressionanti sono i dati sulla violenza alle donne, sugli stupri durante le guerre, sullo sfruttamento sessuale e lavorativo ecc. Le organizzazioni femministe e le reti di donne che si battono da decenni facendo pressione sull'Onu e i governi, per eliminare queste disparità, si sono accorte già dall'inizio degli anni '90 degli impatti negativi della globalizzazione. Hanno chiesto a BM, FMI e al WTO la possibilità di dialogo ma gli è stata negata. Hanno risposto organizzando nel 2000 la Marcia Mondiale delle Donne che ha coinvolto 140 paesi. Al Forum di Porto Alegre del 2002 il 44% dei delegati erano donne. Non possiamo aspettare che una bomba arrivi nel nostro giardino per ribellarci e contrastare le ingiustizie dell'impero neoliberista. E' ora di esprimere il dissenso alla guerra e di opporsi allo sfruttamento dei paesi più poveri. Ma bisogna farlo non solo a parole, ma concretamente nelle azioni di tutti i giorni ,che spesso sono delle piccole guerre da affrontare con noi stesse e con chi ci circonda.A partire dalla spesa, boicottando i prodotti delle multinazionali che non rispettano i diritti dei lavoratori, che non seguono i dettami dell'Organizzazione Mondiale della Sanità o commerciano OGM o non si attengono alla regolamentazione per l'uso di pesticidi nelle colture. E' ora di mangiare cibi prodotti localmente, possibilmente biologici ed equosolidali E' ora di smettere di acquistare oro e diamanti e far finta di non sapere che provengono soprattutto da SudAfrica e Zaire dove bambini sottopagati lavorano per 12/14 ore al giorno. Sarebbe ora di smettere di regalare milioni a Nike, Adidas, Levis , Gucci, Benetton ecc.... implicati nello sfruttamento di lavoratori e risorse nel sud del mondo E' ora di non usare più cosmetici testati su milioni di animali che ogni giorno muiono per la nostra bellezza E' ora di insegnare il rispetto di tutti gli esseri viventi e umani se timidi o spavaldi, se poveri o ricchi, se paurosi o coraggiosi, se neri o gialli, se meticci o pellerossa, se italiani o extracomunitario, se cittadini o clandestini, è ora di insegnare la bellezza della diversità e della ricchezza culturale che ne deriva, è ora di smettere di aspirare a delle figlie veline e famose, è ora di sottrarsi al fascino degli uomini forti, delle uniformi, dei top gun, è ora di giocare coi propri figli e di ritornare a leggere loro le fiabe e non lasciarli più di fronte alla TV, è ora di dare meno importanza alle sedute dallo psicologo o dal guru new-age di passaggio. E' ora di uscire dalla depressione, dall'isolamento, dall'anomia, dall'apatia, dalla spersonalizzazione indotti da individualismo e dinamiche capitaliste, è ora di farci assegnare un Reddito di Cittadinanza per tutte le ore passate a curare bambini e anziani e a pulire la casa e il giardino. Il lavoro delle donne è un'insostituibile ricchezza per un paese, anche se mai riconosciuta. E' ora di mobilitarsi per bloccare le trattative del prossimo WTO a Cancun in Messico a ottobre, che vuole imporre la privatizzazione di tutti i servizi, di ogni risorsa della terra eccetto l'aria. Basta chiudere gli occhi, fermiamoci a riflettere e riappropriamoci di noi stesse e della capacità insita in ogni donna, uomo e bambino di cambiare e migliorare il mondo. Sfuggire le responsabilità diventa il punto di partenza da cui tutto diventa possibile: l'indifferenza verso i genocidi, il fatto che la sofferenza si svolga lontana dai nostri occhi, non solo non ci fa sentire responsabili, ma ci toglie anche il senso di colpa epidermico che nasce nel vedere la sofferenza altrui. Pensiamo che dalle donne possa arrivare un forte contributo alla risoluzione dei conflitti sociali attraverso l'affermazione di un nuovo agire e un nuovo linguaggio basato sulle relazioni. La guerra non può essere considerata un mezzo per raggiungere un fine perché è la fine di tutti i mezzi, di tutti i fini, è l'abdicazione della ragione, dei sentimenti, è il crollo della civiltà. Per fare la pace bisogna preparare la pace e preparare la pace significa sradicare la povertà e le ingiustizie. Questo si ottiene solo attraverso un"assunzione di responsabilità e nel riconoscimento dell'altro. Aiutateci a farlo accadere. Forlì social forum
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