Dall'11 settembre alla guerra in Afghanistan - ricostruzione storica a cura di PeaceLink



Settembre 2001

11 settembre - Devastante attacco nel cuore degli Stati Uniti

·       Un gruppo di terroristi suicidi, con aerei dirottati, distruggono le Torri Gemelle a New York e colpiscono un'ala del Pentagono. Si parla nelle prime settimane di oltre seimila morti. Ad una verifica successiva la valutazione sarà di 3.234 vittime. Il presidente George W. Bush punta il dito su un personaggio che durante la guerra in Afghanistan contro l'Unione Sovietica era stato un valido alleato della Cia: Bin Laden. Il presidente degli Stati Uniti, consigliato dai suoi esperti, minaccia i talebani. E' interessante notare che Bush, intervistato da "Galmour" un anno prima (allora candidato alla Casa Bianca) aveva fatto scena muta alla domanda su cosa ne pensasse dei talebani. Poi si illuminò: "Sono per caso un complesso rock?" (Fonte: Il Giornale, 21/9/2001). Dopo essersi informato meglio, Bush comincia a pianificare una guerra contro i talebani e l'Afghanistan.

·       Lo shock degli attentati crea un clima di isteria negli Stati Uniti e di "caccia all'arabo", con assalti alle moschee, vendette sommarie, pestaggi, ecc. Lo sconcerto per l'impreparazione riscontrata (nessuno fa evacuare il Pentagono nonostante l'arrivo dell'aereo dei dirottatori) rischia di incrinare la fiducia in Bush, il quale affida allora tutte le sue carte ad una risposta militare che aumenti il consenso attorno a lui.

·       Per scongiurare la guerra Phyllis e Orlando Rodriguez, genitori di una vittima delle Torri Gemelle, scrivono alla Casa Bianca: "Egregio Presidente Bush, nostro figlio è una delle vittime dell'attacco di martedì scorso al World Trade Center. Abbiamo letto della Sua reazione negli scorsi giorni e della risoluzione, sottoscritta da entrambe le Camere, che Le conferisce poteri illimitati per rispondere agli attentati terroristici. La Sua reazione a questo attacco, però, non ci fa sentire meglio davanti alla morte di nostro figlio. Anzi, ci fa sentire peggio. Ci fa sentire come se il Governo stesse usando la memoria di nostro figlio come giustificazione per arrecare sofferenze ad altri figli e genitori in altri paesi. Non è la prima volta che una persona, nelle Sue condizioni, ha ricevuto poteri illimitati e poi se ne è pentita. Non è il momento per gesti vuoti di significato per farci sentire meglio. Non è il momento di agire da prepotenti. La invitiamo a pensare a come potrebbe il nostro Governo trovare soluzioni pacifiche e razionali al terrorismo, soluzioni che non ci facciano sprofondare allo stesso disumano livello dei terroristi."

·       Su Internet, alcuni giorni dopo l'attentato dell'11 settembre, viene diffuso l'appello di RAWA, l'organizzazione femminista afghana che è una delle poche entità che resistono alla dittatura dei Talebani: "Sfortunatamente - si legge nel comunicato - noi dobbiamo dire che è stato il governo degli Stati Uniti a sostenere il dittatore pakistano gen. Zia-ul Haq nel creare migliaia di scuole religiose dalle quali sono emersi i germi dei Talebani. Allo stesso modo, come è evidente per tutti, Osama Bin Laden è stato il pupillo della Cia".

·       In tutt'Italia si sviluppano iniziative di pace, contro la cultura dell'intolleranza e della vendetta". A livello parlamentare centrodestra e centrosinistra si allineano alle dichiarazioni di Bush, con la sola opposizione di Rifondazione Comunista, dei Verdi e dei Comunisti Italiani. Non mancano le richieste di un intervento della Nato in Afghanistan fuori da un mandato Onu. Ma l'articolo 1 dello statuto della Nato stabilisce che le nazioni aderenti "si impegnano, così come è stabilito nello Statuto dell'ONU, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale". Che si tratti di una controversia è evidente, a partire dal problema di esibire le prove dell'effettivo coinvolgimento di Bin Laden. Il popolo della pace intanto grida forte il suo no alla guerra e il suo fermo appoggio ad un'azione internazionale, coordinata dall'ONU, per combattere il terrorismo.

·       La questione delle "prove" contro Bin Laden diventerà un giallo grottesco. Il governo degli Stati Uniti dice di averle ma non le fa vedere né al governo afghano né ad alcun parlamentare di nessuna nazione alleata (tuttavia tanti parlamentari voteranno per l'intervento armato Usa "sulla fiducia"). Le informazioni sulle responsabilità di Bin Laden vengono coperte dal segreto e circolano solo a livello di governi amici. Il problema della segretezza delle prove pone una questione di democrazia: in base all'articolo 78 della Costituzione il Parlamento Italiano conferisce al Governo i poteri per fare la guerra, ma i parlamentari non hanno mai potuto esprimersi sulla base di una documentazione certa comprovante il coinvolgimento dell'Afghanistan negli attentati terroristici dell'11 settembre.

·       L'assenza di informazioni certe diviene una delle questioni cruciali ai fini dell'orientamento dell'opinione pubblica e del ceto politico; le scelte avvengono sulla scia della fedeltà e della fiducia e non sulla base di informazioni verificabili. Il ruolo di controllo della stampa e dei parlamenti viene profondamente compromesso. Bush afferma: "Lasciatemi porre condizioni alla stampa nel modo seguente: qualunque fonte e metodo di informazione resterà protetto e segreto. La mia amministrazione non parlerà di come raccogliamo le informazioni, se lo facciamo e cosa esse dicano". Solo il parlamento britannico sembra godere del privilegio di ricevere un dossier di prove contro Bin Laden. Ma i volonterosi che mettono naso nel sito Internet del parlamento britannico rimangono delusi: nell'introduzione di tale dossier vi è scritto che quanto riportato non costituisce prova sufficiente ai fini processuali. Il gioco della manipolazione dell'informazione continua per settimane dall'una e dall'altra parte, come si desume da questa pagina di RAI Televideo del 16/9/2001: "Il miliardario saudita Osama Bin Laden ha smentito di essere implicato negli attentati a New York e a Washington. "Gli Stati Uniti puntano il dito contro di me, ma affermo categoricamente che non sono stato io", ha detto Bin Laden in un comunicato all'Aip, l'agenzia di stampa dei Taleban con sede in Pakistan. I leader religiosi hanno richiesto agli Stati Uniti le prove del coinvolgimento di Bin Laden".

·       Tutto quindi gira per mesi attorno ad indizi, finché a maggio 2002 si scoprirà la verità. E Bush trema. Infatti il coinvolgimento dell'organizzazione terroristica di Bin Laden era conosciuto fin dall'inizio dai servizi segreti americani ma Bush dopo l'11 settembre non mostrò le prove per evitare una valanga di critiche. Era forte l'impressione della "facilità" con cui gli aerei dirottati avevano colpito i bersagli simbolo del potere economico e militare americano e Bush non poteva rivelare ciò che poi il 1° giugno 2002 dirà negli Usa l'Assistent General con delega al terrorismo Michel Chertoff: "Il 10 settembre, ognuno di noi sapeva tutto quello che c'era da sapere, su quanto sarebbe poi capitato. Sapevamo che il World Trade Center era un bersaglio. Sapevamo che un aeroplano poteva essere utilizzato come un'arma". A settembre 2001 il presidente Bush era tornato da poco da una delle più lunghe vacanze che un presidente Usa si era concesso nella storia degli Stati Uniti. E non poteva ammettere di essere andato in vacanza mentre un'organizzazione terroristica pianificava un attentato che l'Fbi aveva, stando alle parole di Chertoff, preventivato. Ma c'è di più. "E' il 10 settembre - scriverà Roberto Rezzo sull'Unità del 2 giugno 2002 - quando John Ashcroft, segretario alla giustizia Usa, respinge la richiesta di 58 milioni di dollari per il programma di controterrorismo dell'Fbi. Il segretario alla Giustizia, tramite un portavoce, ha fatto sapere ieri che quando negò i fondi richiesti per l'Fbi non era a conoscenza del rapporto". Quale rapporto? E' un rapporto (dal titolo "Director's Report on Terrorism") classificato "top secret" che ammoniva chiaramente contro i pericoli di attentati dell'organizzazione terroristica Al Quaeda e che il New York Times pubblicherà suscitando grande scalpore all'inizio del giugno 2002.

·       La cosa grottesca è che, dopo che il segretario alla giustizia aveva respinto il 10 settembre il finanziamento di prevenzione antiterrorismo di 58 milioni di dollari, alla fine il congresso americano stanzia per la guerra contro l'Afghanistan e il terrorismo ben 40 miliardi di dollari (una somma quasi 7 volte superiore). Secondo i calcoli della Commission on Macroeconomics and Health (una commissione istituita dall'Organizzazione mondiale della sanità),  uno stanziamento di 27 miliardi di dollari salverebbe 8 milioni di vite umane condannate ogni anno da malattie facilmente curabili. Quindi i fondi stanziati per la guerra all'Afghanistan avrebbero potuto salvare 11 milioni e 852 esseri umani. Il punto è che i 40 miliardi di dollari finiscono nelle tasche delle aziende militari che hanno appoggiato le campagne elettorali presidenziali e ciò spiega logicamente ciò che apparente illogico. "Non è solo questione di compassione. è una questione profondamente economica", commenterà l'Economist il 4 gennaio 2002 riportando i dati sopra menzionati. Aggiungendo: "Se gli occidentali  vogliono ridurre il numero di Stati canaglia che forniscono retroterra a gruppi come quelli di al-Qaeda, dovrebbero capire che è meglio spendere di più nel colpire le malattie tropicali". La tragedia delle Twin Towers serve a finanziare la costruzione di un caccia da 440miliardi di dollari il Joint Fight Striker della Lockheed Martin: la più grande commessa della storia, secondo alcuni esperti.

·       Che qualcuno sapesse dell'attentato dell'11 settembre già  alcuni giorni prima è un'ipotesi che viene indirettamente confermata da operazioni di borsa "sospette" verificatesi precedentemente alla funesta data. Il notiziario delle ore 16.30 del 3 ottobre 2001 di Radio Capital (www.capital.kataweb.it/news/capital_127930.html) riferirà di una "svista" di alcuni funzionari grazie alla quale è trapelata un'informazione delicatissima: "Sono 28 i titoli su cui le autorità del governo americano stanno indagando per scoprire eventuali manovre speculative operate nei giorni precedenti l'11 settembre da persone a conoscenza dei piani terroristici. Tra questi ci sono anche la General Motors e la Boeing. La lista stilata dalla Securities and exchange commission (Sec), l'equivalente americano della nostra Consob, è divenuta di pubblico dominio dopo essere apparsa per qualche ora sul sito web di un'unione commerciale canadese che non aveva colto l'invito alla massima riservatezza lanciato nei giorni scorsi dalla Sec".

15 settembre - Nasce la Global Peace Campaign
Il pacifista giapponese Kazuhiro Imamura (imamurak at pf.catv.ne.jp) e Woody Powell, ex-combattente americano nella guerra di Corea e Presidente del Movimento "Veterani per la pace" (www.veteransforpeace.org) globalizzano in tutto il mondo messaggi contro la guerra. Parte così il 15 settembre, quattro giorni gli attentati negli Usa, la Global Peace Campaign (www.peace2001.org). Il messaggio di Woody Powell, un netto "no alla guerra", viene diffuso (gratis) su internet e (a pagamento) sui quotidiani in varie parti del mondo. Tra le iniziative promosse dalla Global Peace Campaign vi è anche  l'istituzione di un premio per la pace, il "Global Peacemaker Award" (www.bestgame.org), per coloro che si adoperano, sia con le idee sia con i fatti, per l'eliminazione del terrorismo e della guerra nel mondo.
All'inizio di Novembre 'Veterans for Peace' americano e 'Global Peace Campaign' giapponese si accordano per portare il Fuoco della Pace giapponese negli Stati Uniti. Una monaca buddhista porta il fuoco (mai spento) di Hiroshima a Pearl Harbour in occasione dell'anniversario dell'attacco di Pearl Harbour. Il fuoco arriverà poi in Messico. L'arrivo a Los Angeles del Fuoco della Pace dal lontano Giappone crea un effetto suggestivo. Una volta negli Stati Uniti all'inizio del Anno Nuovo, il Fuoco ripartirà per Seattle, dove comincerà una grandissima marcia della pace, 'Marcia della Pace Seattle-New York' (15 gennaio-12 marzo).
(Per ulteriore informazione si veda: http://www.dharmawalk.org)

16 settembre - Sunday Mail: "Esercito segreto di Bin Laden addestrato in Scozia"
Mentre Bush minaccia di colpire i paesi che hanno dato ospitalità ai miliziani di Bin Laden, emerge una cosa tanto grave quanto imbarazzante: è stata la Gran Bretagna ad addestrarli in passato. I primi campi di addestramento dei guerriglieri di Bin Laden sono infatti stati due campi scozzesi, rispettivamente nei pressi di Criffel, nel Dumfries e nella remota penisola di Applecross nella Scozia occidentale. La fonte di queste informazioni è "Il Giornale" del 17/9/01 nel quale la corrispondente Erica Orsini da Londra annota: "Soldati impeccabili, con un debole per i western di John Wayne. Così erano i mujaheddin, l'"esercito" segreto di Osama Bin Laden, che fu addestrato ad uccidere nei campi militari britannici, tra le colline ricoperte d'erica della selvaggia Scozia. A rivelarlo ieri, in un'intervista pubblicata sul quotidiano 'Sunday Mail' è stato proprio uno degli "insegnanti" dei guerriglieri afghani che negli anni Ottanta combatterono i russi supportati dagli americani e dagli inglesi. Ken Connor, eroe dei corpi speciali inglesi fu incaricato di organizzare i vari campi di addestramento e per farlo senza il coinvolgimento dell'esercito nazionale dovette perfino rassegnare le dimissioni da quest'ultimo". Ma vediamo cos'altro ha rivelato Ken Connor al Sunday Mail: "Gran parte dell'infinita ricchezza dei Bin Laden - afferma - è stata costituita da finanziamenti della Cia stanziati per la costituzione di un governo "amico" afghano che combattesse la guerra per conto degli Stati Uniti". "Oggi il presidente Bush - osserva Ken Connor - forse si starà chiedendo quanto è costato veramente all'America l'addestramento dei futuri soldati di Bin Laden".  Annotano Franca Rame e Dario Fo nel loro bollettino telematico: "Anni fa gli Stati Uniti usarono e finanziarono Saddam e i Talebani per combattere i propri nemici, oggi, con la stessa spregiudicatezza, ci si allea con alcuni signori della guerra e regimi criminali pur di abbattere i Talebani. Questa è la classica politica che determina immancabilmente un irreversibile clima di instabilità e alimenta il terrorismo di domani".

23 settembre - "Gli Usa non escludono le armi nucleari"
"Gli Usa non escludono uso di armi nucleari. Il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, non ha escluso il ricorso alle armi nucleari nel conflitto contro i terroristi. L'affermazione è stata fatta da Rumsfeld durante un'intervista televisiva. Rispondendo ad una domanda, il ministro ha detto che quest'opzione non è stata esclusa". (23/09/01 RAI Televideo)


Ottobre

7 ottobre - Bush ordina l'attacco militare
Alle 18.39 del 7 ottobre 2001 l'agenzia Reuter dà la prima informazione a livello mondiale sull'attacco Usa a cui Blair dà subito sostegno inviando aerei britannici. "Il popolo afghano conoscerà la generosità del popolo americano", dice il presidente Bush alle 19, ora italiana nella conferenza stampa subito dopo l'attacco. Studi per la Pace pubblica una ricerca per documentare la non legittimità dell'intervento militare. Il saggio è su Internet all'indirizzo: http://www.studiperlapace.it/conferenze/iusadbellum.html

11 ottobre - Lettera ai pacifisti dei leader dell'Ulivo e l'"ufficio delle bugie"
Sulla Repubblica dell'11/10/01 appare la "Lettera aperta ai pacifisti" firmata da Francesco Rutelli, Piero Fassino, Giuliano Amato, Massimo D'Alema, Lamberto Dini. In essa si esprime l'appoggio alla guerra in Afghanistan e si dà anche una legittimazione giuridica all'azione di Bush: "Si poteva agire diversamente? Crediamo di no. Riteniamo si fosse giunti a un punto tale da rendere necessaria un'azione di forza che fosse in grado di colpire le centrali logistiche del terrore e di isolare il regime talebano. Voi dite che l'azione è in sé illegittima perché "espressamente vietata dalla Carta delle Nazioni Unite". E' una posizione contraddetta dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu e dalle parole stesse del Segretario generale, Kofi Annan, il quale esprimendo sostegno all'iniziativa americana ha parlato esplicitamente di "legittima difesa" richiamando l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite". Sulla base di queste parole, PeaceLink impiega diversi giorni per compiere una scrupolosa ricerca, utilizzando le competenze di Sabrina Fusari, professionista nel campo delle traduzioni, e di Francesco Iannuzzelli, esperto di ricerca su Internet. Vengono analizzati i testi in inglese presenti sul sito dell'ONU, a cui i leader dell'Ulivo (ammesso che li abbiano letti) fanno riferimento. I testi rintracciati vengono inseriti sul sito di PeaceLink e posti in pubblica consultazione. Da essi non emerge la legittimazione dell'Onu o di Kofi Annan all'intervento armato Usa. La lettera alla Repubblica in ciò si rivela una manipolazione della verità, firmata da cinque autorevoli personaggi politici e fabbricata chissà da chi.
Quattro mesi dopo, a febbraio del 2002, apparirà uno scoop del New York Times: il Pentagono avrebbe creato un "ufficio delle bugie" per presentare la politica Usa in una luce positiva, anche attraverso notizie false. Questo il compito dell'Ufficio di influenza strategica. Lo staff, secondo indiscrezioni raccolte dal New York Times negli ambienti del ministero della difesa, avrebbe operato "elaborando dei piani" finalizzati alla diffusione di informazioni, "anche false", allo scopo di influenzare l'opinione pubblica e i politici "in paesi amici e ostili". Ma il quotidiano newyorkese segnala anche il pericolo disinformazione: le agenzie di stampa potrebbero far rimbalzare anche in patria le notizie false create ad hoc per l'estero. E la legge vieta, sia all'ente di spionaggio sia al Pentagono, di svolgere attività di propaganda sul suolo statunitense.

14 ottobre - Marcia per la pace da Perugia ad Assisi
La marcia è un successo che va oltre ogni previsione. Il corteo diviene una "serpente umano" che congiunge Perugia ad Assisi: non si era mai visto nella storia della Marcia. Ecco cosa appare sulla stampa il giorno dopo.
·       "Un corteo lungo venti chilometri per coprire un percorso che ne conta venticinque. Duecentomila persone, dicono le stime ufficiali, ma come si fa a contare un fiume di uomini, donne, ragazzi, bambini anche, che invade Perugia e Ponte San Giovanni, Bastia Umbra e Santa Maria degli Angeli, che si arrampica su per la rocca di Assisi quando quelli che stanno in coda si sono appena mossi dai Giardini del Frontone? E’ un fiume allegro e colorato ma con una richiesta terribilmente seria: pace".  (Corriere della Sera, 15 ottobre 2002)

·       "Una marea di ventenni ha travolto parole e duelli rusticani, luoghi comuni e ideologie, e ha trasformato la marcia Perugia Assisi nel più grande corteo pacifista della storia d'Italia. Erano attese sessantamila persone, al massimo ottantamila come nel ‘91, l'anno della Guerra del Golfo. Ne sono arrivate tre, quattro volte tanto, come a Genova. Ma senza black bloc e cariche di polizia, nessuno ha rovinato la festa. E' stata un'occasione migliore di Genova, dove la violenza ha oscurato tutto, per conoscere le ragioni di un movimento che s'identifica con una generazione, quella dai 18 ai 25 anni. "Nessuno pensa che l'America incarni il male” dicono “ma neppure che sia sempre e soltanto il bene". Del resto, non è facile essere sempre d'accordo con l'America quando neppure l'America è sempre d'accordo con se stessa. Il Bush che oggi s'affanna per l'emergenza dell'antrace non è lo stesso che al G8 del luglio scorso si era detto contrario perfino al controllo mondiale sulle armi batteriologiche?" (Curzio Maltese su Repubblica, 15 ottobre)

·       "Con la presenza di migliaia di persone alla marcia di ieri da Perugia ad Assisi abbiamo dunque avuto la dimostrazione che il pacifismo e i pacifisti esistono. A questo punto è inevitabile porci la domanda: e dov’è il bellicismo? Chi sono i guerrafondai? Si tratta, come si capisce, di una domanda decisiva per dare un senso politico alla marcia e ai marciatori, nonché al pacifismo nel suo complesso. Solo se ci si oppone a qualcuno o a qualcosa, infatti, se si è in grado di individuare un avversario, si è sul terreno della politica, si fa azione politica. Altrimenti no. Altrimenti si fanno cose utili e nobilissime, magari, ma che con la politica non hanno molto a che fare. (…) Questo buonismo politicamente sprovveduto e politicamente diseducatore - che è uno dei tanti aspetti dell’avanzata dell’antipolitica nella società italiana post-tangentopoli, e dunque è in certo senso fenomeno recente - affonda tuttavia le proprie radici in un sentimento antico, costitutivo fin dall’origine della mentalità di sinistra, del suo Dna: il bisogno di sentirsi dalla parte del bene e la convinzione di esserlo per definizione".  (Ernesto Galli Della Loggia, Corriere della Sera 15 ottobre)

Sondaggi: la guerra perde consensi
Il sito di Repubblica realizza un sondaggio on line dal quale risulta che il 48% dei lettori dell'edizione telematica sono sempre stati contrari ai bombardamenti, il 48% sono sempre stati favorevoli, il 4% erano favorevoli ma, visto quel che sta succedendo, hanno cambiato idea. Il sito dell'Unità fa un sondaggio simile e - a dispetto della posizione filointerventista della maggioranza dei DS - emerge un 62% nettamente contrario alla partecipazione italiana all'intervento militare.


Novembre

4 Novembre - A Taranto cerimonia militare e bandiera pacifista
Le bandiere della pace con i colori dell'arcobaleno e uno striscione del Taranto Social Forum vengono esposti durante la cerimonia ufficiale del 4 novembre: davanti al naso delle autorità e del picchetto militare.
La manifestazione si svolge con il massimo ordine e in modo assolutamente pacifico. La manifestazione era stata pianificata con consulenza di un legale al fine di non incappare nei divieti di vecchie norme fasciste attualmente in vigore, ossia gli articoli 18 e 24 del T.U.L.P.S. (R.D. 773/1931) e dagli articoli 19  28 del Regolamento di attuazione approvato con R.D. n.635/1940.
Il 4 novembre pacifista a Piacenza viene impedito invece dal questore. Un gruppo composto da venti donne in nero manifestano nella centrale piazza Cavalli durante la cerimonia militare. Le donne indossano tutte una pettorina nera, ognuna con una lettera, e compongono la scritta "Stop alle bombe", proprio sotto il naso di soldati, ufficiali e autorità varie. Immediatamente interviene il questore con altri due agenti della Digos che per tre volte intimano di sciogliere quella che definiscono una "manifestazione non autorizzata".

7 novembre - Politici che non ha fatto il militare (ma approvano la guerra)
Il giornalista Marco Galluzzo sul Corriere della Sera pubblica l'elenco dei politici che - favorevoli all'intervento militare - non hanno indossato l'uniforme. Il ministro della Difesa Antonio Martino venne riformato per "ridotte attitudini militari". Il ministro degli Esteri Renato Ruggiero quindici giorni prima di indossare l'uniforme cadde dagli sci a Roccaraso e ottenne l'esonero. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fatto pochi giorni di Car (Centro addestramento reclute) e poi è ritornato a casa. Francesco Rutelli si dichiarò obiettore di coscienza. Il ministro degli Interni Claudio Scajola si appellò ad una sinusite cronica e tanto bastò per non fare il soldato. Il ministro Umberto Bossi, "nipote di inabile", ha saputo invece sfruttare una vecchia leggina che ad una moltitudine di italiani sbadati è forse inavvertitamente sfuggita.


10 novembre - Minoritaria la manifestazione pro-Usa a Roma
La manifestazione pro-Usa - organizzata da Giuliano Ferrara e dal Polo delle libertà - raccoglie a Roma 30 mila persone. Il corteo pacifista che si svolge in contemporanea sempre a Roma raccoglie una folla tre volte superiore. Come mai il Polo manifesta? Per evidenziare un'oceanica adesione alle parole d'ordine di Bush, che non raccolgono invece la maggioranza nell'opinione pubblica, nonostante la massiccia campagna propagandistica del 90% dei mass media. E come mai la manifestazione parallela vince largamente su quella del Polo? La spiegazione la dà un sondaggio del Corriere della Sera del 9/11/01. Rivela infatti che il "no alla guerra" è trasversale e tocca tutti gli schieramenti politici. Documenta un appoggio limitato al 37% degli italiani per  quanto riguarda la partecipazione delle nostre Forze Armate alle azioni  militari. Tale appoggio (ripartito fra sinistra, centro e destra) è minoritario a sinistra e nel centrosinistra (22% sul totale di quell'elettorato), limitato al centro (33% sul totale di quell'area politica) e si attesta su un nient'affatto plebiscitario 59% nell'ambito dell'elettorato di destra e centro-destra. Buoni segnali arrivano per i pacifisti: raccolgono consensi a sinistra (64 votanti su 100), al centro (39 votanti su 100) e anche a destra (26 votanti su 100): la media è del 44% sull'opinione pubblica globale.
Il 10 novembre Fassino e Rutelli non partecipano alla manifestazione pro-Usa ma incontrano a Taranto i vertici militari per esprimere sostegno alla missione di guerra in Afghanistan. La Lega Obiettori di Coscienza ricorda che Francesco Rutelli è stato obiettore di coscienza e ha usufruito della legge 772/72 che consentiva un'alternativa al servizio militare. Secondo la legge (attualmente mutata nella 230/98) "gli obiettori sono coloro che per obbedienza alla coscienza, nell'esercizio del diritto alle libertà di pensiero, opponendosi all'uso delle armi, non accettano l'arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati dello Stato" (articolo 1). La Lega Obiettori di Coscienza si attiva presso l'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile e al Ministero della Difesa per chiedere la revoca dello status di obiettori di coscienza a tutti i parlamentari che hanno svolto servizio civile alternativo alla leva e che approvano l'intervento italiano guerra, scrivendo anche agli ex obiettori filo-interventisti le seguenti parole: "Se volete la guerra dovete anche essere disposti a combatterla". Francesco Rutelli sale sulla portaerei Garibaldi che, quando era parlamentare radicale, aveva combattuto strenuamente fino a denunciare alla Procura l'arbitraria trasformazione da portaelicotteri a portaerei senza l'autorizzazione del Parlamento.

11 novembre - sondaggio telematico dell'Unità
Alle ore 18 dell'11 novembre 2001 sul sito del quotidiano DS L'Unità www.unita.it avevano votato 5769 persone per il seguente sondaggio: "Navi e uomini: anche l'Italia darà il suo appoggio militare alla guerra. Sei d'accordo?" Le risposte sono le seguenti: 63,9% neanche per sogno; 9,5% prima voglio sapere dove come quando; 12,7% sì, a malincuore; 12,4% certo, facciamo parte dell'alleanza; 1,4% non ho deciso. Da notare: uno stesso utente non poteva votare più volte altrimenti compariva il messaggio: "Non si può votare due volte per lo stesso sondaggio".

18 novembre - Partono le navi italiane da Taranto (il 55% non approva)
A Taranto si realizza una catena umana contro la guerra. Dal ponte girevole pende uno striscione con la scritta "l'Italia ripudia la guerra". Le differenti anime del movimento antiguerra si "sintonizzano" sulla frequenza di Primavera Radio e di Popolare Network per evitare di accavallare gli slogan. Interviste e musica in diretta vengono diffuse dagli altoparlanti della manifestazione. A Taranto, nei giorni precedenti alla partenza delle navi italiane per la guerra, era stato realizzato un sondaggio d'opinione ponendo la seguente domanda: "L'Italia parteciperà alla guerra: lei è d'accordo?" Il 45% degli intervistati aveva risposto di essere d'accordo con la partecipazione italiana alla guerra e il 55% si era dichiarato contrario.


Dicembre

Afghanistan: talebani in fuga ma non disarmati
Valerio Pellizzari sul Messaggero dell'8 dicembre traccia un quadro realistico della cosiddetta "sconfitta" dei talebani: "In fuga 50 mila talebani: impossibile disarmarli. A molti non resta che il banditismo. Intanto le donne si tengono il burqa mentre gli uomini rinviano il taglio della barba. L'armata del rnullah Omar ancora poche settimane fa, secondo le stime degli americani, poteva contare su cinquantamila uomini.  Disarmare cinquantamila uomini oggi in Afghanistan è un'impresa impossibile. Perché le forze dei vincitori, quelle dell'Alleanza del Nord e quelle che hanno assediato Kandahar, sono numericamente inferiori. Ci sono più mani che devono deporre i fucili di quante mani possano fisicamente raccoglierli, chiuderli nei depositi, vigilare che non vengano portati via, venduti. E in ogni caso nessun afghano cede mai con rassegnazione la sua arma. La Conferenza di Bonn ha dato un'immagine di diplomazia convenzionale, di soluzione politica bene avviata, quando invece in questo momento il Paese è completamente frantumato.  Le strade sono abbandonate ai banditi e alle rapine dei talebani in fuga, le frontiere sono praticamente senza controllo".
Bin Laden sfuggirà a bombe e rastrellamenti: la guerra di Bush deve fare a meno del colpo trionfale per cui era stata ordinata.

10 dicembre - Giornata dei diritti umani (e delle armi biologiche)
Nella giornata dei diritti dell'uomo alcuni Premi Nobel si esprimono contro la guerra in Afghanistan. Ad esempio Jody Williams, che nel 1997 ha vinto il Premio Nobel per la pace come leader del movimento internazionale per la proibizione delle mine anti-uomo, non è d'accordo con gli interventi militari. "Abbiamo dedicato la nostra vita, il nostro lavoro, alla ricerca di soluzioni diverse. In questo momento, sull'onda di una vittoria apparente, la gente viene spinta a credere che la violenza è una risposta adeguata al terrorismo. Io temo che, nel lungo periodo, capiremo che non è così".
Nel frattempo, nonostante l'emergenza terrorismo, gli Stati Uniti affossano la Conferenza delle Nazioni Unite sulle armi biologiche. Washington non vuole il rafforzamento delle misure di controllo previste dalla Convenzione per il bando delle armi e sostiene che l'introduzione di meccanismi di verifica creerebbe un "falso senso di sicurezza".  Gli Stati Uniti avevano preannunciato la loro opposizione al protocollo aggiuntivo già a luglio.

14 dicembre - Giornata di digiuno per la pace
La giornata era stata indetta dal Papa durante l'Angelus del 18 novembre. Numerose adesioni di associazioni impegnate per la pace, a partire da Pax Christi.

20 dicembre - Afghanistan 3.767 morti civili (Usa 3.234)
Per la prima volta una ricerca indipendente condotta dal professore Marc Herold dell'Università del New Hampshire negli Usa cerca di dare un quadro più preciso, ed il risultato è assai più drammatico di quanto reso noto fino ad ora. I risultati di questa ricerca sono stati resi pubblici dal quotidiano inglese The Guardian del 20 dicembre. Basato su documenti, rapporti, spacci di agenzia, testimonianze dirette fornite da personale Onu e giornalisti di tutto il mondo il professore Herold stima che almeno 3.767 civili sono morti tra il 7 ottobre e il 10 dicembre sotto le bombe Usa. In media 67 persone, tra donne, uomini e bambini al giorno.
Il numero delle vittime non tiene conto di quelli che sono deceduti dopo essere stati feriti, dei profughi morti per la fame e il freddo, né dei militari (le vittime tra le forze militari, secondo alcuni esperti, che basano le loro stime sugli effetti di bombardamenti a tappeto del passato, parlano di almeno 10 mila morti). Esclusi da questo macabro conto anche le centinaia di prigionieri uccisi a Mazar-i-Sharif, a Qala-i-Janghi, a Kandahar.
E' un documento del tutto unico nel suo genere i cui aggiornamenti si trovano sul sito http://pubpages.unh.edu/-mwherold/afghanciv.htm Il testo viene stampato e diffuso da Altreconomia (http://www.altreconomia.it) con il titolo: "Bombardamenti in Afghanistan. le vittime civili".
Scrive Dario Fo: "Strano paese il nostro, dove la sinistra ha in gran parte sostenuto la guerra in Afghanistan, raccomandando però il senso della misura e il rispetto dei civili e poi se n'è stata zitta davanti ai più che previsti massacri".

31 dicembre 2001 - in Calabria e a Roma per dire no la guerra
Si tiene in Calabria e parte da Locri l'annuale marcia per la Pace di fine anno di Pax Christi per giungere a Gerace (www.peacelink.it/users/paxchristi/marcialocri.htm). Contemporaneamente davanti a Palazzo Chigi si celebra l'altro Capodanno per dare voce ai civili e ai profughi palestinesi, kurdi, afghani, argentini, irakeni, serbi, kossovari. E' la voce di chi "rifiuta radicalmente la guerra, la discriminazione, il razzismo ed ogni forma di terrorismo, incluso quello degli stati e delle loro alleanze", dicono gli organizzatori (Al Awda, Azad, Confederazione Cobas, Donne in nero, Prc, Senzaconfine, Villaggio globale). E-mail: senzaconfine at libero.it


Gennaio 2002

1 gennaio - Giornata Mondiale della Pace
Giovanni Paolo II celebra la Giornata Mondiale della Pace. Nel suo messaggio afferma: "Esiste un diritto a difendersi dal terrorismo. E un diritto che deve, come ogni altro, rispondere a regole morali e giuridiche nella scelta sia degli obiettivi che dei mezzi. L'identificazione dei colpevoli va debitamente provata, perché la responsabilità penale è sempre personale e quindi non può essere estesa alle nazioni, alle etnie, alle religioni, alle quali appartengono i terroristi".

18 gennaio - Da Peshawar: "Siamo fra le persone più disgraziate del mondo"
La storia della guerra in Afghanistan è legata all'azione esemplare di varie organizzazioni umanitarie, come ad esempio Medici Senza Frontiere o Emergency. Soccorrono le vittime. Gli aerei Usa lanciano bombe a grappolo e pacchi di viveri, ambedue di colore giallo, oppure pacchi viveri su campi minati. Il 18 gennaio giunge la testimonianza di Farhat Rehman, responsabile progetto AIFO a Peshawar in Pakistan: "La temperatura è di 10 gradi sotto zero, siamo qui da una settimana. Fino ad ora abbiamo fatto tremila chilometri per renderci conto delle condizioni delle persone più disgraziate del mondo. Abbiamo visto i rifugiati al di là della linea di controllo sul confine: malati, moribondi, partorienti; senza vestiti, senza cibo, senza riparo, senza medicine. Lavoro con i rifugiati da molti anni e sono coinvolta nelle operazioni di soccorso fin dall’inizio della guerra, i più colpiti sono in genere le donne, i disabili, i bambini, ma la situazione al confine e nei campi è assolutamente impossibile da spiegare. E’ difficile credere che siano ancora vivi, non capisco come facciano ad essere ancora vivi". Intanto gli Usa bombardano senza raggiungere l'obiettivo dichiarato all’inizio della guerra: arrestare (o uccidere) Bin Laden e sradicare il terrorismo.


RICOSTRUZIONE STORICA A CURA DI:

Alessandro Marescotti

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