Il "Prof." Palazzi - Re: Ma cosa vuol dire sceicco islamico e giornalista in kefiah?



*  On:           23 Oct 01,    at 15:32
*  Subject:   PALAZZI Ma cosa vuol dire sceicco islamico e... 
*  Associazione Culturale Mediterraneo <pck-pace at peacelink.it>   wrote:

> Mi meraviglio di trovare messaggi del genere su una mailing list
> pacifista. Cari amici, la lingua non è neutrale. L'uso dei termini
> denota molte volte non solo una violenza verbale. Per caso, è un
> assassino feroce un giornalista in kefiah? La kefiah è un simbolo
> negativo? da quando? Io sono arabo, sono giornalista e per di più mi
> metto la kefiah. Questo, per caso, offende qualcuno o sminuisce il mio
> operato. Il buonsenso dice di no. Poi il termine sceicco ha diverse
> accezioni. Una anche di valenza negativa, a causa anche della ricchezza
> petrolifera e la vita da ricchi senza merito che alcuni regnanti hanno.
> Una traduzione più corretta sarebbe stata uomo di religione, teologo,
> religioso ecc...

Ecco, appunto: evitiamo gli stereotipi. Già li usano abbastanza sia 
chi lancia che chi giustifica le bombe. 
E vediamo anche chi sia in realtà questo "Professor" Palazzi che 
spunta fuori da ogni dove, "eminenza islamica" e "indiano buono" di 
turno. 
Buona lettuta. 

Giorgio Ellero
<glr.y at iol.it>

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La triste storia del Prof. (???) Palazzi
(anche presente sul sito http://digilander.iol.it/glry , 
pagina "Manhattan Project")

Scontri di civilta', e un musulmano enologo

"Se io sono un Imperatore, devo poter colpire a mio 
arbitrio i sudditi ribelli, e questi sudditi ribelli non 
devono a loro volta potermi colpire in risposta. In caso 
contrario, che Imperatore sarei?"
Costanzo Preve, "Il Bombardamento etico", p. 92

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Ieri l'ineffabile Massimo D'Alema, in televisione, ha 
ricordato agli ascoltatori che non dobbiamo pensare alla 
Guerra che lui e i suoi amici stanno per fare come ad una 
crociata contro l'islam perché "non sarebbe prudente fare 
la guerra contro un miliardo di persone".
Nel suo radicale cinismo, la frase ci spiega, innanzi 
tutto, a cosa serve oggi la sinistra; ma poi svela un 
importante mistero del potere.
Ci sono due immense forze all'opera nell'attuale processo 
di globalizzazione - per usare i peggiori luoghi comuni, 
possiamo chiamarle, "Scontro di civiltà" e "Political 
correctness".

"Scontro di civiltà"

Lo "scontro di civiltà" ci racconta l'epopea 
dell'ineluttabile guerra tra Noi e Loro. Siccome siamo 
tutti, per definizione, dei "noi", ci identifichiamo 
abbastanza facilmente nel racconto, che parla di un ibrido 
mostro occidentale - greco-cristiano-liberalcapitalista-
giudaico-democratico-marxista-hollywoodiano-razionalista-
tecnoecologista - alle prese con un mostro altrettanto 
ibrido, ma costituito da persone che non si vestono come 
noi, non ascoltano la nostra musica e usano anche caratteri 
buffi quando scrivono. Per cui è facile scontrarsi con Loro.

La sostanza del discorso non è molto diverso da tutti i 
simili racconti di "noi" contro di "loro", dal Deuteronomio 
ai fumetti dei supereroi (compresi quelli di certi 
rancorosi islamisti), anche se viene legittimato dal nome 
di Samuel Huntington, tuttologo statunitense. Le opere di 
Samuel Huntington sono state sinteticamente riassunte in un 
limpido italiano, anche se senza note e apparato critico, 
da un anonimo sul newsgroup it.cultura.religioni:

" Mussulmani di merda. La guerra santa ? Gliela do io ! Gli 
sfondo il culo con un aereo grande il doppio di quelli che 
sono atterrati sulle Twin ammazzando tanti poveri 
innocenti. E poi vengono in Italia e vogliono le moschee? 
Le bombardo tutte ! A natale non si puo' festeggiare nelle 
classi perche' ci sono bimbi mussulmani ? Ma vaff ... 
Quando noi andiamo nei loro paesi di merda, pieni di 
poverta' a causa degli embargo che si sono cercati, 
dobbiamo attenerci alle loro usanze ! Ma dove siamo ! E i 
bimbi che vivono li'? (…)
Tutti quei bimbi che vivono in Iraq? Ci odiano. Gli hanno 
inculcato nella mente che la loro poverta' e' a causa 
nostra. Ma nessuno gli ha mai detto cosa c'e' veramente 
fuori da quei postacci. Leggevo le FAQ proprio ieri sera. 
In Afghanistan e in altri paesi, che ora non ricordo, e' 
addirittura proibita la diffusione satellitare ... ecco a 
cosa porta l'ignoranza! Scusatemi lo sfogo ma ho una rabbia 
dentro ... sono andato a fare la spesa e ho incontrato un 
mussulmano che stava entrando ... l'ho guardato talmente 
male che ha abbassato gli occhi e se ne e' andato ... 
Ho sbagliato lo so (...) ma e' la sua religione che odio 
... non lui ... anzi si ... in questo momento lo odio 
perche' lui rappresenta quello che oggi ha ucciso migliaia 
di persone. ISLAM DI MERDA !!! MUSSULMANI DEL CAZZO !!! "

Chiedo scusa della lunga citazione (non delle parole, che 
ovviamente non sono mie). Essa meriterebbe un gran numero 
di commenti, perché esprime in maniera molto lucida e con 
uno stile agile i pensieri più profondi di questo momento.
La citazione conferma anche che per essere occidentali, non 
è affatto necessario avere duemila anni di cultura alle 
spalle. Basta il luogo di nascita. 

Costanzo Preve ci ricorda che noi non viviamo nel mondo 
postmoderno ma nel mondo postoccidentale, perché mentre 
abbiamo giustamente chiesto tutti perdono per Auschwitz, 
non abbiamo affatto rinnegato Hiroshima. Cioè la nozione 
che il più forte ha il diritto di nominarsi Dio, fulminando 
dal cielo tutti coloro che osano ribellarsi al suo potere, 
vecchi, bambini e gattini compresi.
Il contrario quindi di tutte le cose meravigliose che 
l'Occidente realmente ha, o aveva - dai diritti umani alla 
disponibilità a ragionare e ricredersi, dal rispetto per le 
persone al senso di giustizia e di misura. Socrate, 
l'umorismo di Aristofane o di Giuliano Imperatore, gli 
scritti sulla cavalleria di Ramon Llull, Voltaire, 
l'umanità dei grandi romanzi, l'onestà di Darwin, 
l'interesse per il prossimo dei grandi cristiani, la 
capacità di vedere attraverso le illusioni di Marx. E' 
criminale sfruttare tutto ciò per promuovere la cultura 
fallica dei missili. O almeno è da cretini (e non da veri 
occidentali) cascarci quando succede.

Comunque, quando l'interprete italiano del pensiero di 
Huntington sostiene che la televisione satellitare e 
l'ignoranza sarebbero in qualche modo inconciliabili, vale 
la pena di ricordargli che in tutti i villaggi afghani non 
si parla di altro che della strage di New York, tant'è che 
un milione di afghani - che sembrano conoscere la 
Realpolitik molto meglio di noi - hanno già capito e si 
sono messi in marcia per uscire dal paese; mentre i padroni 
della televisione - cioè le stesse persone che in questi 
giorni ci stanno propinando retorica senza informazioni - 
hanno deciso di non avvertire di ciò che è successo i 
concorrenti in una trasmissione simile a quella del nostro 
Grande Fratello, in corso negli Stati Uniti, per non 
interferire con lo spettacolo.
Anche se una dei concorrenti, a quanto pare, ha perso un 
cugino nel massacro.
The show goes on...

"Political Correctness"

La seconda, grande corrente dei nostri tempi è il Political 
Correctness. 
Cioè la teoria espressa in maniera brillante da D'Alema, 
secondo cui non è prudente insultare le persone che 
lavorano per te; oppure per dirla con Benetton, se anche i 
senegalesi possono comprarsi i nostri vestiti, perché non 
sorridergli quando entrano nel negozio?
Le due correnti comunque vivono in costante tensione: tutti 
conosciamo i piccoli industriali del Nord che si lamentano 
del governo che fa entrare tutti questi stranieri e poi si 
lamentano che dovranno chiudere la fabbrica se il governo 
non fa entrare subito più extracomunitari.

Il modello americano

L'altro giorno è stata riaperta la Borsa di New York. I 
borsisti, i borseggiatori, i borsaioli - insomma, la crema 
dei cannibali del pianeta, tutti impettiti in giacca e 
cravatta. Il coro dei pompieri canta "GOD BLESS AMERICA" in 
toni strazianti; poi il capoborsa dice, "schiacciate il 
pulsante verde". A schiacciarlo sono in due. Due pompieri, 
uno bianco e uno cinese. 
Questo è il vero political correctness, in cui tutti 
possono partecipare allo spettacolo, tutti possono sentirsi 
amati da Dio, ma a qualcuno tocca guadagnare un milione di 
dollari e a qualcun altro tocca morire spegnendo gli 
incendi.

Non è un caso che i due modelli dello Scontro delle Civiltà 
e del Political Correctness provengano entrambi dagli Stati 
Uniti, perché riflettono esattamente la doppia natura di 
quello straordinario fenomeno - non paese - che sono gli 
USA. Infatti, il termine "paese" sarebbe corretto solo se 
parlassimo di una nazione con confini, mentre la natura 
americana è di avere sempre una "frontier", non un 
"border". Cioè la frontiera degli Stati Uniti è 
necessariamente un avamposto in terra nemica, e avanza 
continuamente (alla faccia, ovviamente, di qualunque 
legalità internazionale). 
Due secoli fa, la frontiera era sul fiume Ohio, poi è 
dilagata oltre il Mississippi, ha strappato via mezzo 
Messico, ha toccato il mare, ha cacciato la regina 
dell'Hawaii. E poi è semplicemente straripata, senza 
preoccuparsi più nemmeno di estendere i propri "confini", 
quelli che appaiono come colori sulla mappa: già agli inizi 
dell'Ottocento, ha decretato che tutta l'America Latina, 
fino all'Antartico, fosse terra sua; ha cacciato i 
giapponesi dal Pacifico, ha cercato di impossessarsi dalla 
Cina. Ha occupato mezza Europa. E oggi la frontiera degli 
Stati Uniti coincide con i confini di due o tre bizzarre 
isole, sopravvissute non si sa come alla conquista 
planetaria - Cuba, l'Iraq e poco altro.

Quindi la cultura della conquista, dello scontro incessante 
tra Noi e Loro, è intrinseca al modello statunitense.
Come d'altra parte lo è la cultura dell'integrazione: cioè 
della concessione estesa gradualmente a un numero crescente 
di gruppi etnici di concorrere ai premi economici che il 
capitalismo mette a disposizione, tramite il famoso modello 
della success story.
Ecco spiegato perché il sistema ha bisogno sia dell'indiano 
irrimediabilmente cattivo, sia dello scout indigeno buono, 
che aiuta a catturare (o meglio ancora uccidere) proprio il 
cattivo.
Per conciliare le due correnti dei nostri tempi, ci vuole 
quindi un indiano buono.

Un indiano buono: il "Professor" Palazzi

L'indiano buono esiste anche in Italia. 
Si chiama Massimo Palazzi, ma è meglio noto come Shaykh 
Abdul Hadi Palazzi. E' con questo titolo che il TG3 del 15 
settembre ha presentato quello che il giornalista ha 
definito "il leader dei musulmani italiani". Lo shaykh, con 
voce acuta e accento romano, ha denunciato "terroristi" e 
"complici dei terroristi" in tutto il mondo islamico.
Nel febbraio del 2001, il presidente d'Israele, Moshe 
Katsav, ha ricevuto il Palazzi, definito "segretario 
dell'Associazione dei musulmani italiani e anche 
condirettore dell'Islam-Israel Fellowship of the Root and 
Branch Association," un'associazione che - come chiarisce 
il nome - sostiene che gli ebrei sono la radice, gli altri 
tutt'al più rami. Palazzi era il principale relatore a un 
convegno organizzato in pieno Intifada per sostenere la 
proprietà ebraica di Gerusalemme.

Non era la prima volta. Già nel luglio del 1996 il 
ministero di giustizia d'Israele aveva organizzato un 
convegno sul tema "Gerusalemme: Città di legge e 
giustizia". Tra i relatori, informa il Jerusalem Post, "il 
Prof. Abdul Hadi Palazzi, direttore dell'Istituto Islamico 
di Roma", che sostenne che l'islam non ha alcuna obiezione 
alla sovranità ebraica sui luoghi santi della città di 
Gerusalemme, e affermò che la maggioranza dei "chierici" 
musulmani in Italia era d'accordo con lui. 
La notizia ha subito fatto il giro del circuito dei 
fanatici protestanti americani, per cui il trionfo militare 
dello Stato d'Israele è il segno che permetterà a Gesù di 
sbaragliare i nemici di Dio (e dell'America) ad Armageddon. 
Su Twentieth Century Watch (sett.-ott. 1996), il discorso 
di Palazzi (diventato un "chierico islamico altamente 
rispettato") si è trasformato infatti in segno 
apocalittico. 

Se poi apriamo il sito dei coloni religiosi di Hebron - 
fanatici armati, quasi tutti provenienti dagli Stati Uniti, 
che hanno spesso e volentieri fatto strage dei loro vicini 
palestinesi - scopriamo che il nostro indiano buono 
frequenta alcuni dei peggiori cacciatori d'indiani del 
West: infatti si fa fotografare fieramente a fianco dei 
terroristi di destra  
(<http://www.hebron.org.il/pics/shechpalazzi.htm>). 

Palazzi ne ha fatta davvero di strada da quando lavorava 
presso l'ambasciata della Repubblica Islamica dell'Iran a 
Roma.
In realtà, Massimo Palazzi ha sempre fatto strada. 
A quindici anni era un "anziano" dei mormoni. Passò a 
frequentare ambienti dell'estrema destra evoliana, per poi 
entrare nel culto dei Bambini di Dio e nel gruppo di 
Rajneesh, prima di diventare musulmano. In ambito islamico, 
Palazzi è stato criticato anche per la sua adesione alla 
Massoneria, dove però non ha mai superato il grado di 
"Maestro Perfetto" e dove era addetto semplicemente alla 
riscossione delle quote in una piccola loggia romana.
Palazzi raggiunse una certa notorietà quando alcuni 
militanti di Rifondazione Comunista scovarono su una sua 
fanzine un articolo che sosteneva la falsità dei Diari di 
Anna Frank. 
Durante la campagna elettorale che agli inizi degli anni 
Novanta contrappose Rutelli a sinistra e Fini e a destra 
per il posto di sindaco di Roma, Palazzi ha partecipato 
fino alle ultime settimane alla campagna per Rutelli, per 
poi lanciarsi nel sostegno al suo avversario, dopo aver 
scoperto che la destra aveva qualche possibilità di vincere 
ma nessuno che si occupasse della questione 
dell'immigrazione.

Di che cosa sarebbe docente il "Prof. Palazzi"?

Da un articolo carico di elogi pubblicato sul Jerusalem 
Post (il peggiore quotidiano dell'altrimenti vivace e 
intelligente stampa israeliana, ma l'unico in lingua 
inglese e quindi la sola fonte della maggior parte dei 
giornalisti in Medio Oriente), apprendiamo che Palazzi 
"insegna all'Istituto di studi antropologici di Roma, ed è 
stato docente di storia delle religioni all'università di 
Velletri". Stranamente, da una ricerca su Internet per il 
primo, compare solo una scuola di danza, mentre a Velletri 
si trova unicamente il corso di Enologia dell'Università 
della Tuscia, una specializzazione quantomeno curiosa per 
un musulmano. 

In un certo senso, possiamo dire che Palazzi rappresenta 
solo se stesso e la propria faccia tosta. In un altro, più 
profondo, possiamo dire che Palazzi rappresenta i valori 
fondanti del Terzo Millennio.

Miguel Martinez
http://www.kelebekler.co


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Giorgio Ellero 
<glr.y at iol.it> - <glry at libero.it> 
http://digilander.iol.it/glry   
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