fwd: dure lezioni da genova e una proposta alle tute bianche



giro questa giunta su nella casella info di Radio citta' del capo

bibi'
ps
Non ho avuto il tempo di fare l'editing sugli apostrofi e alcuni accenti.
Mi spiace

From: "Theandric" <theandric at tiscalinet.it>
To: <info at radiocittadelcapo.it>
Subject: dure lezioni da genova e una proposta alle tute bianche
Date: Sat, 4 Aug 2001 10:34:23 +0200


Dure lezioni da Genova e una proposta alle Tute Bianche

C'è stata un'eloquente scena venerdì 20 luglio (Il Giorno dell'Azione) a
piazza Dante, a Genova, al confine della Zona Rossa (una zona chiusa da uno
sbarramento di sicurezza per il G8). Questa piazza, sebbene designata come
non-violenta, è stata nondimeno testimone dell'uso di idranti e gas
lacrimogeno contro manifestanti pacifici. Qui le azioni di protesta
andavano da quelle creative di canzoni, musica e lancio di palloni a quelle
meno pacifiche di battere sulle barriere di acciaio, lanciare bottiglie
d'acqua e insultare la polizia. A un certo punto gli organizzatori,
sentendo che la tensione stava crescendo troppo, ritennero fosse il momento
giusto per presentare lo spettacolo del Living Theatre "Resist Now". Appena
lo spettacolo cominciò, occhi e orecchie si focalizzarono sulla performance
e ci fu un silenzio attento e profondo. Il contrasto con il rumore, la
confusione e il potenziale di violenza immediatamente precedenti era
singolarmente drammatico per i manifestanti e forse anche per la polizia.
(Da vari punti della città giungeva notizia di scontri, cassonetti bruciati
e cariche della polizia.)

Sfortunatamente un errore nell'organizzazione interruppe questo cambio di
atmosfera quando un gruppo di comunisti vecchio stile, gli Socialist
Worker's Party, arrivò improvvisamente scandendo slogan, battendo
ritmicamente e gridando, con il generale clima di ostilità verso la polizia
che ne seguì. (Lo spettacolo del Living continuò, sebbene la pienezza e la
potenzialità del nuovo stato fisico e mentale che solo il teatro può dare
fossero state compromesse.) Così, dove lo spettacolo del Living avrebbe
potuto aprire a nuove forme di partecipazione e comunicazione fra i
manifestanti ( e magari i poliziotti), seguì invece, come in molte altre
piazze di Genova quel giorno, l'attacco delle forze dell'ordine con
idranti, gas lacrimogeno e qualche manganello. Stavamo per assistere agli
adesso famosi scontri, al sangue, ancora una volta alla morte, che tutt'ora
continuano a monopolizzare la discussione del movimento
anti-globalizzazione; cioè il tema della violenza, sia essa lo stato
organizzato o le autonome tattiche di guerriglia del "colpisci e fuggi" (il
cosiddetto Black Bloc), o infine le azioni "difensive" delle Tute Bianche.

Adesso le importanti questioni dell'antiG8, la cancellazione del debito,
l'ambiente, la capitalizzazione globale, lo sviluppo del terzo mondo ecc.
sbiadiscono fra la pubblicità, le distorsioni e le esagerazioni dei media
(di destra e di sinistra), fra le dichiarazioni ufficiali, le inchieste e
le indagini del governo, e fra la tristezza, la rabbia e il desiderio di
voler riparare i torti fra i manifestanti e alcune persone della polizia.

Abbiamo cominciato con il quadro dei contrastanti, stili e strategie di
protesta per far luce sulla questione di base di quanto è accaduto a
Genova: in che modo gli obiettivi e i desideri del 90% dei manifestanti -
lavoratori, vecchi e nuovi hippies, femministe, punk, cattolici, comunisti,
pacifisti-, tutti professanti l'azione non-violenta, hanno potuto essere
fermati, deviate e monopolizzati dall'azione del rimanente 10% di
"anarchici" violenti, elementi di centri sociali, infiltrati della polizia,
nazi-fascisti e hooligans, in questo confronto con le forze di polizia del
governo Berlusconi, ben organizzate, ben armate e con una chiara strategia?
Prima del summit, si è discusso moltissimo sulla paura, sulla violenza e su
come evitarle. Dopo, possiamo parlare dell'inevitabilità da parte delle
forze dell'ordine dell'uso eccessivo di violenza. (Dopotutto, le tecniche
della violenza costituiscono il loro training. Perché ci meravigliamo tanto
quando fanno così bene ciò per cui sono addestrati?) Né è nostra intenzione
a addossare le responsabilità al movimento anti-G8, o semplicemente
biasimare il governo. Queste lezioni devono essere utili per il lavoro e le
strategie futuri e dobbiamo guardare in modo spassionato a quanto è venuto
fuori da Seattle a Praga, a Gothenburg, a Nizza, a Napoli e adesso Genova.

E chiaro che il movimento anti-globalizzazione ha spesso tentato di
volgere a proprio vantaggio eventi orchestrati da un'organizzazione di
potere. E' come un party privato ed esclusivo rovinato da "indesiderabili".
Dopo Seattle "gli organizzatori di party" non volevano la ripetizione di
questi eventi, così l'arsenale, il talento e la capacità degli 8 hanno
potuto ( e potranno) reprimere ogni tentativo di disturbo. Così sono state
preparate, per esempio a Genova, diverse strategie difensive: zona rossa,
manipolazione e rottura di accordi, mistificazione e trattenimento delle
informazione. Sono stati utilizzati tutti i modi possibili per rendere la
protesta inefficace. Come abbiamo visto a Genova ( e come diciamo nel
football americano) la miglior difesa è l'attacco. Così è stato che le
forze dell'ordine hanno spesso attaccato per prime i manifestanti, giocando
sull'anticipo, come nella rottura dell'imponente marcia dei 200.000. Il
fatto che la polizia usi una forza eccessiva, come alla scuola Diaz, è una
reazione punitiva e un'estensione logica di ciò che la polizia fa meglio.
Specialmente se alcuni tra i manifestanti distruggono la proprietà e
rimangono violentemente ribelli e provocatori. Il clima generale di odio e
di disprezzo verso la polizia di larga parte (la maggioranza?) dei
manifestanti, insieme con la mancanza di ordine e obbedienza assoluti,
facevano sì che venissero fuori i tratti più sadici da parte di individui
della polizia. Noi crediamo che quando si stabilisce un contesto di scontri
di strada la polizia vede tutti i manifestanti come fossero uno solo,
cosicché diventa difficile o strategicamente non necessario separare i
Black Bloc dagli anarchici grigi, dalle Tute Bianche (che non erano in
bianco come d'abitudine), dai pacifisti. E quando da entrambe le parti
vengono usati maschere, caschi, fazzoletti sul viso, scudi, imbottiture di
difesa- creando così un senso di generale anonimità- il comportamento
disumanizzato e spersonalizzato di tutti si capisce ancora meglio.

Dopo aver guardato la situazione di un governo che vede a tutti i costi la
necessità di neutralizzare i disordini e che ha a disposizione una larga
forza di polizia addestrata, obbediente e preparata alla battaglia,
volgiamoci alla strategia del Genova Social Forum (GSF) come
rappresentativa del più largo blocco di dimostranti e delle Tute Bianche,
che potrebbero essere descritte come l'avanguardia del movimento attivo
giovanile. ( Ci sono naturalmente altri altrettanto importanti, come i
pacifisti della rete di Lilliput, i più militanti COBAS, e un vastissimo
contingente di comunisti.) In verità sembra che il GSF abbia fatto ogni
sforzo per presentare un gruppo di protesta unito, producendo forse così un
tono, una strategia e delle tattiche piuttosto militanti, che farebbero
appello a elementi del movimento più militanti. Presentando una grande
forza che comprendesse gruppi diversi in opposizione al G8, si realizzava
la strategia di varie piazze a tema, ciascuna con il proprio livello di
militanza. Ciò rendeva molto più facile alla polizia identificare, separare
e neutralizzare i gruppi più violenti il Giorno dell'Azione. Tale strategia
venne replicata nella grande marcia del giorno seguente quando la polizia
separò agevolmente le diverse tendenze presenti nel corteo. 

Le Tute bianche, come pure il GSF e altri fuori da questo blocco avevano il
proposito di attaccare la Zona Rossa, per esercitare il proprio diritto a
una città libera. In una lettera precedente (vedi appendice) abbiamo
esposto i possibili problemi e limiti di questa e di altre tattiche di
interrompere il G8. Bisogna dire che sembra più del 90% delle
organizzazioni pacifiste abbiamo chiuso un occhio perfino sul contingente
apertamente violento - il cosiddetto Black Bloc - che aveva espresso questa
tattica. Non c'era da aspettarsi che altre forze oscure di provocatori
della polizia, fascisti, hooligans e altri ai margini della società
avrebbero colto l'opportunità di esprimere la propria rabbia e il proprio
malcontento verso la società? così è stato deludente che le Tute Bianche
abbiano deciso di non essere identificati dalla loro "uniforme" bianca.
Dobbiamo dire che il loro discorso sulla "protezione difensiva" non è
chiaro, è vago e non nel vero spirito della resistenza non-violenta, e che
l'uso di caschi, scudi, volti coperti, maschere antigas - sembrano gli
specchi del poliziotto/soldato - sembrava essere l'attesa (l'invito) alla
violenza, e che quest'aspetto veniva assunto come stile da parte dei più
violenti tra i manifestanti - e tutto ciò rendeva minima l'efficacia delle
Tute Bianche. (Vedi oltre altri suggerimenti e strategie che speriamo le
Tute Bianche vorranno considerare).

Mettiamo insieme una presenza di protesta parzialmente unificata,
specialmente sulla questione di violenza e non- violenza, (la strategia di
dividere i vari gruppi in campi dazione separati, la presenza conosciuta
di cosiddetti "anarchici" pro-violenza, la strategia dichiarata di entrare
nella zona rossa da parte di alcuni, un largo contingente di comunisti
"rossi" e di altri non del tutto pacifisti, i quali non escludono di
ricorrere allinsurrezione violenta per prendere il potere, la possibilità
conosciuta della presenza di hooligan, nichilisti e di portatori di
violenza gratuita)- e il leader, egualmente militante, dellattuale governo
italiano: credo che sia merito del GSF e della gran parte dei manifestanti
che amano la pace, che i feriti e i morti non siano stati di più. Sebbene
il movimento anti-globalizzazione sia già daccordo sulla maggior parte
degli obiettivi, sembra che la questione saliente sia la strategia da
adottare per neutralizzare la violenza allinterno del movimento e quali
ambiti, quali campi dazione scegliere.

Non è nelle intenzioni di questo scritto sviluppare una strategia di un
movimento anti-globalizzazione, anche se è possibile accennare ad alcune
tendenze e idee di base che possono essere utili. E prioritario il bisogno
di una forza unita che vada oltre ogni connotazione religiosa, politica,
tattica, filosofica, razziale ed etnica. E ciò che può essere alla base di
questa unità è solo limpegno a una resistenza non-violenta. 

Nel calore e nella passione dellultima domenica del G8 di Genova, dopo il
brutale raid della polizia alla scuola Diaz, perfino dai più convinti
giovani pacifisti si levava un giustificato grido di rabbia e di appello ad
un azione di rivalsa. Quale azione? per capire che genere di azione, per
scoprire davvero il principio della non-violenza, dobbiamo capire
linfallibilità di questidea: affrontare lodio (violenza) con lodio
(violenza) può solo portar fuori un odio (violenza) ancora maggiore.
Naturalmente dobbiamo e condanniamo con forza le azioni di brutalità e gli
eccessi della polizia. Possiamo perfino provare odio e rabbia verso queste
azioni. Ma trovare una soluzione ad azioni violente condannando e odiando
il singolo poliziotto non è una soluzione. Non puoi aiutare con lodio.
Come disse Gandhi: "Non è non-violenza amare solo chi ci ama.
Enon-violenza solo quando amiamo quelli che ci odiano". 

Chi siamo noi per giudicare un altro essere umano che non conosciamo, i
milioni e i miliardi di cause che hanno condotto il destino di una persona
che deve decidere per se stesso, per esempio, di essere un poliziotto? se
la misura di giudizio della vita di una persona devessere il grado di
servizio allumanità, allora servire coloro i quali siamo contro, alle cui
azioni ci opponiamo risolutamente, dovrebbe essere il nostro primo
imperativo. Così lodio non avrebbe parte in questo servizio.

Noi crediamo non ci sia nessun problema nel mondo che non possa essere
risolto con un attiva resistenza non-violenta. Dalla Palestina allAfrica,
allambiente, allo sviluppo del terzo mondo. Semplicemente è la "forza
dellanima" (satya graha) degli individui del passato e del presente che ha
creato il mondo nel quale viviamo oggi. Non la forza del denaro e delle
banche, della guerra e del potere, dello sfruttamento e della violenza, ma
piuttosto la semplice cooperazione pacifica e immaginazione, innate nella
nostra specie, costruiscono ospedali e case, inventano medicine, adattano
la tecnologia, creano metodi nuovi di organizzazione e sopravvivenza. Come
un lavoratore può, anche a costo di morire (il sacrificio estremo),
rifiutarsi di obbedire, di lavorare, fino a quando le sue richieste non
vengano accolte, così un popolo o una minoranza risolutamente preparati a
soffrire le conseguenze di non-sottomissione possono mettere in ginocchio
qualunque governo, polizia o economia, per quanto potenti possano essere:
il nostro potere di produttori e di consumatori di rifiutare e di resistere
è invincibile. Finché il momento della violenza si incontra con altra
violenza, tutta la solidarietà con coloro che sostengono e amano la pace
(per esempio i cittadini di Genova) viene compromessa, e la possibilità di
vincere i cuori dei nostri oppositori (nemici?) è perduta. 

Riferendoci a noi, se a Genova ci fosse stata una forza veramente unita di
attivisti di satya graha preparati a fare lestremo sacrificio come
pacifisti; se decine di miliardi di artisti, infermieri, lavoratori, poeti,
attivisti, madri avessero creato una zona pacifica di rispetto, amore e non
violenza, in mezzo alle forze potenzialmente violente; se queste intenzioni
fossero state rese note al governo, alla polizia, ai manifestanti e ai
media, allora la storia avrebbe potuto prendere una direzione più positiva. 

Nello stesso spirito sfidiamo le Tute Bianche a mettere da parte le loro
bandane, gli scudi, i caschi e le protezioni per diventare una reale forza
di verità di resistenza non-violenta, a frapporsi tra le parti in lotta
nellinteresse di entrambe, a mettere in gioco per la pace i loro corpi
senza difesa, e a lasciar cadere i sentimenti di odio e di vendetta contro
la polizia. Così, potrebbero ispirare un movimento di giovani, e
lintensità e limpegno che abbiamo visto nei guerrieri di strada a Genova
potrebbero essere trasformati in una forza che, usando limmaginazione,
creerebbe nuove forme di protesta. Ecco il modello di un nuovo attivismo:
unalternativa alla spesa governativa di bilioni di dollari per bombe,
soldati, carri armati, per risolvere i conflitti interni, sarebbe che gli
attivisti della pace andassero nei punti caldi per insegnare, guarire,
rappresentare, parlare, condividere.

Noi del movimento anti-globalizzazione e GSF, dobbiamo determinare noi
stessi i nostri campi dazione e non aspettare un altro summit in cui
potremmo correre il rischio di trovarci in un altra situazione di assedio.
Noi dobbiamo prendere liniziativa, organizzare il nostro summit globale,
sviluppare le nostre forme e le nostre tattiche, rendere chiaro che
cerchiamo ogni alternativa alla violenza, rendere semplicemente ovvio che
la violenza non avrà alcun ruolo in tali eventi. Magari forse fra un anno
potremo ritrovarci a Genova il 20 di luglio per un summit di pace a ricordo
della prima vittima del popolo di Seattle, sottolineando il desiderio che
egli sia lultimo sacrificio alla violenza, ma forse non lultimo
sacrificio per la pace. Il sentiero verso un mondo più giusto ed
egualitario non si può creare con la separazione insita nel paradigma "noi
e loro". La questione è: vogliamo creare nemici negli inevitabili confronti
con i nostri oppositori, o vogliamo in modi pacifici e con limmaginazione,
vincere i cuori e le menti delle masse in cui le forze dellordine
reclutano i loro soldati? Una strada può portare alla guerra civile,
laltra a nuove possibilità.



 

 

Gary Brackett

The Living Theatre

garyliving at yahoo.com





 

 

 

appendice



NON CE UNA SOLA SCELTA! (8 luglio, 2001)



"Solamente unalternativa più efficace della violenza può compiere quello
che la rivoluzione significa veramente." Julian Beck



Qual'è la forza dietro quest'alternativa?



Da Seattle a Praga a Gothenburg il problema della violenza ha spesso quasi
completamente dominato tutta discussione dei meriti del movimento contro la
globalizzazione. Dagli scontri per strada, in quest'epoca di sound-bytes ed
immagini, i protestanti sembrano di giocare la parte degli emittenti, dei
redattori e degli ufficiali che trovano facile deflettere l'attenzione del
pubblico dagli argomenti più significativi. Ed a Genova, la più grande
parte del dibattito sembra concentrata, quasi esclusivamente, sugli
imminenti conflitti tra i diversi gruppi di antagonisti.



Quindi la più importante questione per il movimento contro la
globalizzazione sarebbe come entrare nelle strade di Genova senza di
perdere di nuovo la nostra voce tra le nube di gas lacrimogeno oppure, come
a Gothenburg, rischiare anche il sangue e possibilmente la morte. Quali
sono le strategie, dunque, che ci possono servire meglio? Quali sono che
possono rispondere all'urgenza e alla sincerità dei giovani ed degli altri
giustamenti oltreggiati e desiderando esprimere il loro impegno di protesta.



Il Genova Social Forum, le Tutte Bianche ed anche altri hanno dichiarato
pubblicamente una strategia che punta sull'entrata nella Zona Rossa. Molte
sono le voci che esigono l'interruzione totale della riunione dei G8. Però,
malgrado tutta l'enfasi che si mette sulla nonviolenza, data la natura
esplosiva della situazione - la divisione in due grandi campi oppositori di
manifestanti, molti dei quali sono convinti della necessità di azione dura,
e le forze dell'ordine della polizia, l'esercito ed il governo di
Berlusconi - il tutto suggerisce una certa inevitabilità di scontri
violenti che daneggiano il movimento.



Così si evita di chiedere, quale strategia può garantire una protesta
completamente pacifica per avanzare nel modo migliore i desideri, le idee
ed i sogni del movimento? Come evitare la violenza?



Una soluzione proviene da una voce del passato, incarnata nel corpo fragile
e spesso isolato di Mahatma Gandhi. Come lui propose, se ci indirizziamo
alla psicologia, i bisogni e le paure dei nostri oppositori (mai "nemici" -
Gandhi mantenne sempre un rispetto reciproco nelle sue lotte), potremmo
arrivare ad una strategia che funziona.



Da Berlusconi in poi, quelli dei G8 credono veramente che stanno
percorrendo la strada giusta, e sono anche convinti della necessità di
garantire che la riunione dei G8 vada avanti e che il (suo) governo
mantiene il (suo) ordine.



Per quanto riguarda la polizia ed i soldati, loro vogliono sopratutto
seguire gli ordini (è quello il loro lavoro), non dimostrare la paura o la
disubbedienza verso i loro colleghi/compagni, e neppure verso i
manifestanti. Crediamo che preferiscono evitare gli scontri, se non vengono
provocati.



Lontano dalla Zona Rossa e dagli attivisti militanti, la paura di noi
pacifisti sarà marginalizzata. Ci verrà tolto il diritto di esprimere il
nostro scontento con un sistema che causa sofferenza e distruzione, ed
verrà rafforzata invece la paura, anche di restare passivo e senz'effetto.



Se questa sia una valutazione valida dei giocatori e della situazione, per
ridurre tutte le paure e per realizzare i desideri di tutti i partecipanti,
la soluzione logica è di evitare ad ogni costo la violenza. Sembra che il
Genova Social Forum, le Tutte Bianche e gli altri hanno bisogno di una
strategia più potente ed efficace che è entrare nella Zona Rossa. E devono
mitigare le tendenze violente dei manifestanti in generale, anche se vuol
dire interpolare i nostri corpi fra la polizia e la violenza che può venir
fuori dal movimento. Quale forza può sostenere una tale strategia?



Dietro la filosofia della nonviolenza gandhiana è il principio di
auto-sacrificio. Siccome noi dell'Occidente (il Primo Mondo) sono quelli
che godono i frutti del sistema dei G8 - abbiamo i telefonini, i computer,
il petrolio, ecc., siamo ricchi anche se scegliamo la povertà, perchè
sfruttiamo sempre delle risorse ed i prodotti creati alla spesa del Terzo
Mondo. Qundi lo strumento più potente che abbiamo a disposizione è il
nostro potere di non partecipare nel sistema. Gandhi disse, "... un corpo
che non riceve il nutrimento di cui ha bisogno muore... dal momento in cui
non sosteniamo il governo (capitalismo) muore da cause naturali." Quindi,
per esempio, se noi decidiamo che dalle ore 19 alle ore 22 non useremo nè
elettricità, nè benzina, nè televisione, nè telefono - di non comprare o
consumare - le scosse di un tale gesto incredibile risuonerebbero da
Madison Avenue a Wall Street e a Palestina. Si suoterebbe il sistema e si
sentirebbe la nostra voce! Ci vuole però quell'auto-sacrificio...



Per tornare a Genova, in questo stesso spirito di auto-sacrificio e rifiuto
di integrarsi al sistema, si può indicare una strategia efficace:



1. Formare una Zona di Pace, un sit-in a 24 ore al giorno lungo il confine
della Zona Rossa - un buffer tra le forze che minacciano la violenza.



2. Si invita i partecipanti del sit-in di fare un digiuno di tre giorni,
per sacrificare il nostro nutrimento per entrare in un'altra "zona mentale"
di resistenza, riflessione e meditazione sia sulla nostra propria violenza,
sia su quella degli altri, e del sistema. Che modo migliore per dimostrare
solidarietà nel confronto con un sistema di distribuzione di cibo che causa
ogni 3.25 secondi la morte di qualcuno per fame?



3. Un'Università delle strade al limite della Zona Rossa, e nei parchi, le
strade e le piazze, per aprire il dialogo, per i teach-in, per usufruire
del meglio che il movimento ci può offrire - la poesia, la musica, la
danza, il teatro, ecc. - per impegnarci (ed anche i mass-media)
nell'atmosfera festiva di uno scambio di idee. (Ci sono già in programma
vari incontri di questo genere.)



Questo è un programma che può funzionare. Certo se risulta che ci
impediscano ad eseguirlo, essere arrestati pacificamente ed imprigionati
potrebbe essere di più impatto di uno scontro per strada. Il nostro
messaggio centrale è sempre che il movimento contro la globalizzazione è
ispirato dall'immaginazione e che la resistenza nonviolenta è una forza
potente (amore) capace di ispirare la gente e darle la speranza che
cambiare pacificamente è possibile. L'altra alternativa, quella della
violenza e degli scontri, non può dimostrare questo. Dobbiamo domandarci -
quali sound-bytes, quali immagini nei mass-media, aiuteranno a noi ed al
movimento?



Gary Brackett

The Living Theatre

garyliving at yahoo.com

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