[Nonviolenza] Ebdomadario. 7



UN EBDOMADARIO DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 7 del 12 agosto 2025
Notiziario settimanale della nonviolenza in cammino proposto dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. A Cura di Vetralla (Viterbo) si e' svolto un ciclo di cinque conversazioni per approfondire la conoscenza del conflitto israelo-palestinese e sostenere le iniziative nonviolente per far cessare i massacri
2. Nel ricordo della vittime di Hiroshima e in memoria del poeta antifascista nonviolento Alfio Pannega. Un incontro di riflessione e di testimonianza il 5 agosto a Viterbo
3. Nell'anniversario della bomba di Hiroshima
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. A CURA DI VETRALLA (VITERBO) SI E' SVOLTO UN CICLO DI CINQUE CONVERSAZIONI PER APPROFONDIRE LA CONOSCENZA DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE E SOSTENERE LE INIZIATIVE NONVIOLENTE PER FAR CESSARE I MASSACRI

Nel corso delle ultime due settimane, su richiesta di alcune persone amiche, il responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, Peppe Sini, ha tenuto a Cura di Vetralla un ciclo di cinque conversazioni per approfondire la conoscenza del conflitto israelo-palestinese e sostenere le iniziative nonviolente per far cessare i massacri, salvare tutte le vite, contribuire a realizzare un assetto stabile, giusto e democratico in Medio Oriente fondato sul rispetto di tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Il ciclo di conversazioni si e' svolto tutte le domeniche e i giovedi' a partire da domenica 20 luglio e fino a domenica 3 agosto 2025.
E' stato dedicato alla memoria di Ali Rashid e di Bruno Segre, indimenticabili amici e compagni di riflessioni e di lotte.
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Domenica 20 luglio 2025. Prima conversazione: il contesto di lungo periodo: la bimillenaria persecuzione antisemita culminata nella Shoah; la violenza colonialista europea, dal genocidio americano ai regimi coloniali in Africa ed Asia; il totalitarismo novecentesco e le sue forme attuali; il razzismo oggi e come il razzismo e le ideologie suprematiste, imperialiste, nazionaliste e totalitarie di cui e' elemento fondamentale minaccino di distruzione l'intera umanita' nell'eta' atomica. Necessita' della nonviolenza.
Autrici ed autori le cui opere costituiscono un riferimento imprescindibile: Mohandas Gandhi, Hannah Arendt, Primo Levi, Nelson Mandela, Eric J. Hobsbawm, Guenther Anders, Vandana Shiva.
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Giovedi' 24 luglio 2025. Seconda conversazione: il conflitto israelo-palestinese. Per una ricognizione storiografica adeguata.
Autori le cui opere complessive sono particolarmente utili: Benny Morris, Ilan Pappe'.
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Domenica 27 luglio 2025. Terza conversazione: per riflettere a partire dal conflitto israelo-palestinese sulla condizione attuale dell'umanita' dal punto di vista dei diritti umani di tutti gli esseri umani e del bene comune dell'intera famiglia umana.
L'opera, l'appello e l'eredita' intellettuale, morale e politica di Edward W. Said.
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Giovedi' 31 luglio 2025: Quarta conversazione: la grande letteratura israeliana e palestinese come testimonianza del dolore e come proposta d'impegno per la pace, la giustizia, la solidarieta' con tutte le vittime, per la liberazione comune.
Un'analisi delle opere e dell'impegno di David Grossman, Amos Oz, Abraham Yehoshua; di Suad Amiry, Mahmoud Darwish, Emile Habibi.
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Domenica 3 agosto 2025. Quinta conversazione: voci nonviolente di pace e di solidarieta' in Israele e Palestina, in Medio Oriente, in Europa e nel mondo.
Con particolar riferimento all'opera di Erica Chenoweth, Danilo Dolci, Johan Galtung, Pat Patfoort, Gene Sharp; all'esperienza di Parents Circle - Families Forum; all'azione nonviolenta di Luisa Morgantini e delle Donne in nero.
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Come e' noto, il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni Settanta del secolo scorso ed e' impegnato da decenni a sostegno di una soluzione nonviolenta del conflitto israelo-palestinese.
Cessi immediatamente la guerra di sterminio a Gaza.
Cessino immediatamente tutte le aggressioni terroristiche.
Nessuna persona deve essere piu' uccisa.
Tutti gli innocenti privati della liberta' devono essere restituiti alle loro vite e alle loro famiglie.
Tutte le salme delle vittime devono essere riconsegnate alle loro famiglie e alle loro comunita' per ricevere le onoranze funebri e poterne elaborare il lutto.
Tutte le persone bisognose di aiuto devono ricevere immediati e adeguati soccorsi.
Deve cessare ogni forma di discriminazione e deve valere ovunque il principio per cui ogni essere umano e' titolare di tutti i diritti umani.
Salvare tutte le vite e' il primo dovere.
La comunita' internazionale ed in primo luogo gli stati limitrofi dichiarino solennemente che nessuno attentera' piu' all'esistenza e alla sicurezza dello stato di Israele.
La comunita' internazionale ed in primo luogo lo stato di Israele riconoscano l'esistenza dello stato palestinese ed affinche' tale riconoscimento sia reale si inizi immediatamente lo smantellamento di tutte le colonie nei territori occupati e si restituisca tutto il territorio illegalmente occupato allo stato palestinese rappresentato ad interim dall'Autorita' Nazionale Palestinese che prepari successive elezioni democratiche.
Di tutte le molte e complesse questioni controverse fin dal 1948 si inizi a trattare subito dopo tra due stati sovrani in termini di reciproco rispetto, di dialogo sincero e di autentica cooperazione.
Il Sudafrica di Nelson Mandela (e soprattutto con la straordinaria esperienza della "Commissione per la verita' e la riconciliazione" guidata da Desmond Tutu) ha dimostrato che con la nonviolenza si possono risolvere tutti i conflitti, anche i piu' tragici.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Il momento della pace, della misericordia, del dialogo, della giustizia e della riconciliazione e' adesso.

2. INCONTRI. NEL RICORDO DELLA VITTIME DI HIROSHIMA E IN MEMORIA DEL POETA ANTIFASCISTA NONVIOLENTO ALFIO PANNEGA. UN INCONTRO DI RIFLESSIONE E DI TESTIMONIANZA IL 5 AGOSTO A VITERBO

La mattina di martedi' 5 agosto 2025 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", si e' svolto un incontro di riflessione e di testimonianza nel ricordo della vittime di Hiroshima e in memoria del poeta antifascista nonviolento Alfio Pannega.
L'incontro era parte di un ciclo di incontri presso la storica struttura nonviolenta viterbese che accompagna e sostiene tutte le iniziative di ricordo di Alfio nel corso di questo 2025 centenario della nascita (Alfio nacque a Viterbo il 21 settembre 1925 e a Viterbo e' deceduto il 30 aprile 2010).
Nel corso dell'incontro sono state rievocate le fondamentali riflessioni contro la guerra e in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani testimoniate personalmente e svolte analiticamente nelle loro opere da Rosa Luxemburg e Simone Weil, Virginia Woolf e Hannah Arendt, Primo Levi e Guenther Anders, Emmanuel Levinas ed Edward W. Said, Nelson Mandela e Vandana Shiva.
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All'incontro hanno preso parte Paolo Arena e Peppe Sini, che di Alfio Pannega furono amici.
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Da alcuni mesi sta curando la realizzazione dell'"Archivio Alfio Pannega".
Peppe Sini e' il responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", storica struttura nonviolenta viterbese; per oltre un quarto di secolo ha curato ogni giorno la redazione del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino".
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L'incontro si e' concluso, come di consueto, con un appello all'impegno nonviolento per la pace.
Ne riproduciamo di seguito il testo.
"Con Alfio Pannega contro la guerra e tutte le uccisioni, in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e per la salvaguardia dell'intero mondo vivente
Ricordare Alfio Pannega significa proseguire la sua lotta nonviolenta per la pace, la solidarieta', la difesa dell'intero mondo vivente.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta contro la guerra, contro la militarizzazione, contro il riarmo.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta per soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta in difesa di ogni essere vivente e dell'intero mondo vivente.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta per la salvezza, la liberazione, il bene comune dell'umanita' intera.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Prendersi cura tutte e tutti di quest'unico mondo vivente, casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere".
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Segnaliamo alcune delle principali prossime iniziative in memoria di Alfio Pannega
Tra le prossime iniziative di commemorazione di Alfio Pannega durante questo centenario segnaliamo particolarmente le seguenti:
- la pubblicazione della seconda edizione (assai ampliata ed arricchita di nuovi documenti) della raccolta delle poesie di Alfio;
- la collocazione di una lapide commemorativa di Alfio Pannega sulla casa a Porta Faul in cui abito' per molti anni;
- il convegno del 21 settembre 2025, nel centenario della nascita;
- in autunno una mostra fotografica e documentaria itinerante;
- un concerto dedicato ad Alfio conclusivo dell'anno di commemorazioni;
- la realizzazione di un archivio pubblico dedicato ad Alfio Pannega e di un sito internet in cui mettere a disposizione in formato digitale tutta la documentazione raccolta.
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Alleghiamo in calce e in attach il testo della lettera consegnata brevi manu al Comune di Viterbo il 23 luglio 2025 relativa alla collocazione di una lapide sulla "casa di Alfio" a Porta Faul; e il testo della lettera che verra' inviata al Comune l'8 agosto 2025 per richiedere l'uso della Sala Regia di Palazzo dei Priori per realizzarvi il 21 settembre 2025 un convegno commemorativo nel centenario della nascita di Alfio Pannega (come e' noto, Alfio nacque a Viterbo il 21 settembre 1925).
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Allegato primo: una minima notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna a ridosso ed entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010, a cura di Antonello Ricci, Alfonso Prota e Valentino Costa): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha con forte empatia sovente rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata per molti anni disattesa; in questi mesi si sta finalmente avviando la sua realizzazione.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, 3049, 3051-3052, 3369-3373, 3448, 3453, 3515-3517, 3725, 4089-4091, 4235-4236, 4452, 4455-4458, 4599-4601, 4819-4821, 4962-4965, 5184-5187, 5328, 5331, 5470, 5477, 5485, 5487, 5489, 5501-5503, 5505, 5507, 5513-5514, 5516-5518, 5523, 5526, 5528, 5530-5531, 5534, 5538, 5540-5543, 5545-5570, 5573, 5576-5580, 5582-5585, 5588-5590, 5593-5594, 5598, 5600-5601, 5603-5607, 5609-5612, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, 881, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, i fascicoli de "La domenica della nonviolenza" nn. 420 e 511, i fascicoli de "La nonviolenza contro il razzismo" nn. 202-206, 213, 437-438, 445-446, i fascicoli de "La biblioteca di Zorobabele" nn. 430-433.
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Allegato secondo: richiesta di autorizzazione alla collocazione di una lapide in ricordo di Alfio Pannega su una parete esterna della casa adiacente a Porta Faul in cui lo stesso abito' lungamente
Alla Sindaca del Comune di Viterbo
e per opportuna conoscenza:
alle assessore ed agli assessori competenti
al dirigente dell'Ufficio tecnico comunale
al Segretario generale del Comune
e sempre per opportuna conoscenza:
a tutti i membri della Giunta Municipale
a tutti i membri del Consiglio Comunale
Oggetto: richiesta di autorizzazione alla collocazione di una lapide in ricordo di Alfio Pannega su una parete esterna della casa adiacente a Porta Faul in cui lo stesso abito' lungamente.
Gentilissima sindaca,
egregie signore ed egregi signori,
i promotori delle iniziative commemorative per il centenario della nascita di Alfio Pannega (Viterbo, 21 settembre 1925 - 30 aprile 2010), di cui il Comitato provinciale dell'Anpi di Viterbo e' associazione capofila, richiedono di poter collocare una lapide in ricordo di Alfio Pannega su una parete esterna della casa adiacente a Porta Faul in cui lo stesso abito' lungamente.
Ai fini del piu' agevole e sollecito svolgimento del processo autorizzativo che metta capo all'auspicato esito positivo, nel pieno rispetto della normativa e dei regolamenti comunali vigenti, si evidenzia quanto segue:
a) L'epigrafe da incidere sulla lapide, elaborata con un processo democratico partecipato di scrittura collettiva che ha coinvolto lungo un mese decine di persone amiche di Alfio Pannega ed alcune associazioni di volontariato della societa' civile viterbese, e' la seguente:
"In questa casa visse Alfio Pannega
figlio di Caterina poeta antifascista
innamorato della natura e dell'umanita'
della bellezza e della liberta'
sempre lotto' per la dignita' di tutte le persone
e in difesa di tutte le vite"
b) Il materiale della lapide sara' il peperino, pietra caratteristica di Viterbo.
c) Le dimensioni della lapide saranno di 140 cm di larghezza per 55 cm di altezza e 3 cm di spessore.
d) La collocazione della lapide sara' sulla parete opposta alle mura cittadine, di fianco alla finestra al pianterreno: questa parete e' l'unica della casa in cui sia possibile collocare la lapide ad un'altezza in cui sia agevolmente leggibile.
e) Per quanto a nostra conoscenza l'edificio e' nella disponibilita' del Comune di Viterbo; la presente vale quindi anche come richiesta di consenso dell'avente titolo come proprietario ovvero possessore dell'immobile su una cui parete esterna la lapide sarebbe collocata.
f) Il costo della lapide e della posa in opera della stessa sara' interamente sostenuto dalle associazioni proponenti.
g) Si segnala altresi' che l'edificio e' gia' noto come "la casa di Alfio", e nella stessa comunicazione del Comune (cosi' come riportata dagli organi di stampa in numerosi articoli del 2024 e del 2025 riferiti ai lavori effettuati per il recupero dell'edificio e la sua utilizzazione per un "check point per i turisti")   definita come tale; cosicche' la collocazione della lapide semplicemente ed opportunamente esplicita quanto gia' riconosciuto non solo dal comune sentire di tutti i viterbesi ma anche dall'istituzione rappresentativa della citta'.
Si richiede al Comune di effettuare tutte le verifiche, tutti gli adempienti e tutti gli atti di competenza al fine dell'autorizzazione alla collocazione della lapide; e si richiede quindi - al termine di tutti i passaggi procedurali previsti - l'autorizzazione stessa.
Restando a disposizione per ogni opportuna comunicazione, vogliate gradire distinti saluti.
per i promotori delle iniziative commemorative per il centenario della nascita di Alfio Pannega
il Presidente del Comitato provinciale dell'Anpi di Viterbo
avvocato Enrico Mezzetti
Viterbo, 23 luglio 2025
Mittente: Comitato provinciale dell'Anpi di Viterbo, via della Polveriera 10, 01100 Viterbo.
Per contatti telefonici diretti: Enrico Mezzetti (presidente del Comitato provinciale dell'Anpi), tel. 3355203866; Antonella Litta (referente del Comitato provinciale dell'Anpi per l'iniziativa), tel. 3383810091.
Per contatti attraverso posta elettronica: Enrico Mezzetti: mezzettienrico at libero.it; Antonella Litta: anpi.cpvt.comunicazione at gmail.com
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Allegato terzo: richiesta di autorizzazione all'uso della Sala Regia di Palazzo dei Priori il 21 settembre 2025 per un convegno in ricordo di Alfio Pannega nella ricorrenza del centenario della nascita. Richiesta altresi' del patrocinio del Comune di Viterbo
Alla Sindaca del Comune di Viterbo
e per opportuna conoscenza:
alle assessore ed agli assessori competenti
al dirigente dell'Ufficio tecnico comunale
al Segretario generale del Comune
e sempre per opportuna conoscenza:
a tutti i membri della Giunta Municipale
a tutti i membri del Consiglio Comunale
Oggetto: richiesta di autorizzazione all'uso della Sala Regia di Palazzo dei Priori il 21 settembre 2025 per un convegno in ricordo di Alfio Pannega nella ricorrenza del centenario della nascita. Richiesta altresi' del patrocinio del Comune di Viterbo.
Gentilissima sindaca,
egregie signore ed egregi signori,
i promotori delle iniziative commemorative per il centenario della nascita di Alfio Pannega (Viterbo, 21 settembre 1925 - 30 aprile 2010), di cui il Comitato provinciale dell'Anpi di Viterbo e' associazione capofila, richiedono di poter utilizzare la Sala Regia di Palazzo dei Priori il 21 settembre 2025 per un convegno in ricordo di Alfio Pannega nella ricorrenza del centenario della nascita.
Richiedono altresi' il patrocinio del Comune di Viterbo.
Come si ricordera', nel 2010 la Sala Regia di Palazzo dei Priori, per iniziativa dell'Amministrazione Comunale, ospito' una lectio magistralis di Alfio Pannega in occasione della pubblicazione del libro Allora ero giovane pure io.
Nella ricorrenza del centenario della nascita di Alfio Pannega, ed anche per presentare la nuova edizione notevolmente ampliata del libro, si intende realizzare un convegno commemorativo con la partecipazione di autorevoli studiosi, artisti e testimoni, e con la preghiera di un intervento di apertura da parte sia della Sindaca che dell'Assessora che in questi mesi sta seguendo per il Comune con grande impegno e profonda comprensione le iniziative commemorative dell'indimenticabile poeta viterbese.
Restando a disposizione per ogni opportuna comunicazione, vogliate gradire distinti saluti.
per i promotori delle iniziative commemorative per il centenario della nascita di Alfio Pannega
il Presidente del Comitato provinciale dell'Anpi di Viterbo
avvocato Enrico Mezzetti
Viterbo, 8 agosto 2025
Mittente: Comitato provinciale dell'Anpi di Viterbo, via della Polveriera 10, 01100 Viterbo.
Per contatti telefonici diretti: Enrico Mezzetti (presidente del Comitato provinciale dell'Anpi), tel. 3355203866; Antonella Litta (referente del Comitato provinciale dell'Anpi per l'iniziativa), tel. 3383810091.
Per contatti attraverso posta elettronica: Enrico Mezzetti: mezzettienrico at libero.it; Antonella Litta: anpi.cpvt.comunicazione at gmail.com

3. INCONTRI. NELL'ANNIVERSARIO DELLA BOMBA DI HIROSHIMA

La mattina di mercoledi' 6 agosto 2025 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", si e' svolto un incontro nell'anniversario della bomba di Hiroshima, in memoria di tutte le vittime di tutte le guerre, e per chiedere ancora una volta che cessino tutte le guerre e le stragi, per esortare l'umanita' intera alla scelta della nonviolenza che sola puo' garantire la civile convivenza dell'intera umana famiglia e la salvaguardia di quest'unico mondo vivente di cui tutte e tutti siamo insieme parte e custodi.
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Nel corso dell'incontro sono state lette e commentate, ancora una volta, le fondamentali "Tesi sull'eta' atomica" di Guenther Anders, di cui riproduciamo in calce il testo integrale nella stupenda traduzione dell'indimenticabile maestro e compagno di riflessioni e di lotte nonviolente Renato Solmi.
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Concludendo l'incontro, il responsabile della storica struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha ancora una volta invitato ad opporsi a tutte le guerre e tutte le uccisioni.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
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GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA
[Riprendiamo il testo di questo breve ma capitale testo di Guenther Anders dall'appendice all'edizione italiana del libro di Guenther Anders, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo Essere o non essere, presso Einaudi, Torino 1961, nella traduzione di Renato Solmi (questo maestro grande e generoso che cogliamo l'occasione per salutare e ringraziare ancora una volta). Come li' si specifica, queste Tesi sull'eta' atomica sono "un testo improvvisato dall'autore dopo un dibattito sui problemi morali dell'eta' atomica organizzato da un gruppo di studenti dell'Universita' di Berlino-Ovest, e uscito nell'ottobre 1960 nella rivista 'Das Argument - Berliner Hefte fuer Politik und Kultur' - nota del traduttore".
Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, figlio dell'illustre psicologo Wilhelm Stern, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei; e' stato il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana; insieme a Hannah Arendt (di cui fu coniuge), ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire...
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta, e' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]
 
Hiroshima come stato del mondo. Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, e' cominciata un nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti modo negativo; ma potendo essere distrutti ad ogni momento, cio' significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti. Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest'epoca e' l'ultima: poiche' la sua differenza specifica, la possibilita' dell'autodistruzione del genere umano, non puo' aver fine - che con la fine stessa.
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Eta' finale e fine dei tempi. La nostra vita si definisce quindi come "dilazione"; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato il problema morale fondamentale: alla domanda "Come dobbiamo vivere?" si e' sostituita quella: "Vivremo ancora?". Alla domanda del "come" c'e' - per noi che viviamo in questa proroga - una sola risposta: "Dobbiamo fare in modo che l'eta' finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo". Poiche' crediamo alla possibilita' di una "fine dei tempi", possiamo dirci apocalittici; ma poiche' lottiamo contro l"apocalissi da noi stessi creata, siamo (e' un tipo che non c'e' mai stato finora) "nemici dell'apocalissi".
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Non armi atomiche nella situazione politica, ma azioni politiche nella situazione atomica. La tesi apparentemente plausibile che nell'attuale situazione politica ci sarebbero (fra l'altro) anche "armi atomiche", e' un inganno. Poiche' la situazione attuale e' determinata esclusivamente dall'esistenza di "armi atomiche", e' vero il contrario: che le cosiddette azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica.
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Non arma ma nemico. Cio' contro cui lottiamo, non e' questo o quell'avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi atomici, ma la situazione atomica in se'. Poiche' questo nemico e' nemico di tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta e spreco di tempo.
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Carattere totalitario della minaccia atomica. La tesi prediletta da Jaspers fino a Strauss suona: "La minaccia totalitaria puo' essere neutralizzata solo con la minaccia della distruzione totale". E' un argomento che non regge. 1) La bomba atomica e' stata impiegata, e in una situazione in cui non c'era affatto il pericolo, per chi la impiego', di soccombere a un potere totalitario. 2) L'argomento e' un relitto dell'epoca del monopolio atomico; oggi e' un argomento suicida. 3) Lo slogan "totalitario" e' desunto da una situazione politica, che non solo e' gia' essenzialmente mutata, ma continuera' a cambiare; mentre la guerra atomica esclude ogni possibilita' di trasformazione. 4) La minaccia della guerra atomica, della distruzione totale, e' totalitaria per sua natura: poiche' vive del ricatto e trasforma la terra in un solo Lager senza uscita. Adoperare, nel preteso interesse della liberta', l'assoluta privazione della stessa, e' il non plus ultra dell'ipocrisia.
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Cio' che puo' colpire chiunque riguarda chiunque. Le nubi radioattive non badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle "cortine". Cosi', nell'eta' finale, non ci sono piu' distanze. Ognuno puo' colpire chiunque ed essere colpito da chiunque. Se non vogliamo restare moralmente indietro agli effetti dei nostri prodotti (che non ci procurerebbe solo ignominia mortale, ma morte ignominiosa), dobbiamo fare in modo che l'orizzonte di cio' che ci riguarda, e cioe' l'orizzonte della nostra responsabilita', coincida con l'orizzonte entro il quale possiamo colpire o essere colpiti; e cioe' che diventi anch'esso globale. Non ci sono piu' che "vicini".
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Internazionale delle generazioni. Cio' che si tratta di ampliare, non e' solo l'orizzonte spaziale della responsabilita' per i nostri vicini, ma anche quello temporale. Poiche' le nostre azioni odierne, per esempio le esplosioni sperimentali, toccano le generazioni venture, anch'esse rientrano nell'ambito del nostro presente. Tutto cio' che e' "venturo" e' gia' qui, presso di noi, poiche' dipende da noi. C'e', oggi, un'"internazionale delle generazioni", a cui appartengono gia' anche i nostri nipoti. Sono i nostri vicini nel tempo. Se diamo fuoco alla nostra casa odierna, il fuoco si appicca anche al futuro, e con la nostra cadono anche le case non ancora costruite di quelli che non sono ancora nati. E anche i nostri antenati appartengono a questa "internazionale": poiche' con la nostra fine perirebbero anch'essi, per la seconda volta (se cosi' si puo' dire) e definitivamente. Anche adesso sono "solo stati"; ma con questa seconda morte sarebbero stati solo come se non fossero mai stati.
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Il nulla non concepito. Cio' che conferisce il massimo di pericolosita' al pericolo apocalittico in cui viviamo, e' il fatto che non siamo attrezzati alla sua stregua, che siamo incapaci di rappresentarci la catastrofe. Raffigurarci il non-essere (la morte, ad esempio, di una persona cara) e' gia' di per se' abbastanza difficile; ma e' un gioco da bambini rispetto al compito che dobbiamo assolvere come apocalittici consapevoli. Poiche' questo nostro compito non consiste solo nel rappresentarci l'inesistenza di qualcosa di particolare, in un contesto universale supposto stabile e permanente, ma nel supporre inesistente questo contesto, e cioe' il mondo stesso, o almeno il nostro mondo umano. Questa "astrazione totale" (che corrisponderebbe, sul piano del pensiero e dell'immaginazione, alla nostra capacita' di distruzione totale) trascende le forze della nostra immaginazione naturale. "Trascendenza del negativo". Ma poiche', come homines fabri, siamo capaci di tanto (siamo in grado di produrre il nulla totale), la capacita' limitata della nostra immaginazione (la nostra "ottusita'") non deve imbarazzarci. Dobbiamo (almeno) tentare di rappresentarci anche il nulla.
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Utopisti a rovescio. Ecco quindi il dilemma fondamentale della nostra epoca: "Noi siamo inferiori a noi stessi", siamo incapaci di farci un'immagine di cio' che noi stessi abbiamo fatto. In questo senso siamo "utopisti a rovescio": mentre gli utopisti non sanno produrre cio' che concepiscono, noi non sappiamo immaginare cio' che abbiamo prodotto.
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Lo "scarto prometeico". Non e' questo un fatto fra gli altri; esso definisce, invece, la situazione morale dell'uomo odierno: la frattura che divide l'uomo (o l'umanita') non passa, oggi, fra lo spirito e la carne, fra il dovere e l'inclinazione, ma fra la nostra capacita' produttiva e la nostra capacita' immaginativa. Lo "scarto prometeico".
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Il "sopraliminare". Questo "scarto" non divide solo immaginazione e produzione, ma anche sentimento e produzione, responsabilita' e produzione. Si puo' forse immaginare, sentire, o ci si puo' assumere la responsabilita', dell'uccisione di una persona singola; ma non di quella di centomila. Quanto piu' grande e' l'effetto possibile dell'agire, e tanto piu' e' difficile concepirlo, sentirlo e poterne rispondere; quanto piu' grande lo "scarto", tanto piu' debole il meccanismo inibitorio. Liquidare centomila persone premendo un tasto, e' infinitamente piu' facile che ammazzare una sola persona. Al "subliminare", noto dalla psicologia (lo stimolo troppo piccolo per provocare gia' una reazione), corrisponde il "sopraliminare": cio' che e' troppo grande per provocare ancora una reazione (per esempio un meccanismo inibitorio).
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La sensibilita' deforma, la fantasia e' realistica. Poiche' il nostro orizzonte vitale (l'orizzonte entro cui possiamo colpire ed essere colpiti) e l'orizzonte dei nostri effetti e' ormai illimitato, siamo tenuti, anche se questo tentativo contraddice alla "naturale ottusita'" della nostra immaginazione, a immaginare questo orizzonte illimitato. Nonostante la sua naturale insufficienza, e' solo l'immaginazione che puo' fungere da organo della verita'. In ogni caso, non e' certo la percezione. Che e' una "falsa testimone": molto, ma molto piu' falsa di quanto avesse inteso ammonire la filosofia greca. Poiche' la sensibilita' e' - per principio - miope e limitata e il suo orizzonte assurdamente ristretto. La terra promessa degli "escapisti" di oggi non e' la fantasia, ma la percezione.
Di qui il nostro (legittimo) disagio e la nostra diffidenza verso i quadri normali (dipinti, cioe', secondo la prospettiva normale): benche' realistici in senso tradizionale, sono (proprio loro) irrealistici, perche' sono in contrasto con la realta' del nostro mondo dagli orizzonti infinitamente dilatati.
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Il coraggio di aver paura. La viva "rappresentazione del nulla" non si identifica con cio' che si intende in psicologia per "rappresentazione"; ma si realizza in concreto come angoscia. Ad essere troppo piccolo, e a non corrispondere alla realta' e al grado della minaccia, e' quindi il grado della nostra angoscia. - Nulla di piu' falso della frase cara alle persone di mezza cultura, per cui vivremmo gia' nell'"epoca dell'angoscia". Questa tesi ci e' inculcata dagli agenti ideologici di coloro che temono solo che noi si possa realizzare sul serio la vera paura, adeguata al pericolo. Noi viviamo piuttosto nell'epoca della minimizzazione e dell'inettitudine all'angoscia. L'imperativo di allargare la nostra immaginazione significa quindi in concreto che dobbiamo estendere e allargare la nostra paura. Postulato: "Non aver paura della paura, abbi coraggio di aver paura. E anche quello di far paura. Fa' paura al tuo vicino come a te stesso". Va da se' che questa nostra angoscia deve essere di un tipo affatto speciale: 1) Un'angoscia senza timore, poiche' esclude la paura di quelli che potrebbero schernirci come paurosi. 2) Un'angoscia vivificante, poiche' invece di rinchiuderci nelle nostre stanze ci fa uscire sulle piazze. 3) Un'angoscia amante, che ha paura per il mondo, e non solo di cio' che potrebbe capitarci.
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Fallimento produttivo. L'imperativo di allargare la portata della nostra immaginazione e della nostra angoscia finche' corrispondano a quella di cio' che possiamo produrre e provocare, si rivelera' continuamente irrealizzabile. Non e' nemmeno detto che questi tentativi ci consentano di fare qualche passo in avanti. Ma anche in questo caso non dobbiamo lasciarci spaventare; il fallimento ripetuto non depone contro la ripetizione del tentativo. Anzi, ogni nuovo insuccesso e' salutare, poiche' ci mette in guardia contro il pericolo di continuare a produrre cio' che non possiamo immaginare.
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Trasferimento della distanza. Riassumendo cio' che si e' detto sulla "fine delle distanze" e sullo "scarto" tra le varie facolta' (e solo cosi' ci si puo' fare un'idea completa della situazione), risulta che le distanze spaziali e temporali sono state bensi' "soppresse"; ma questa soppressione e' stata pagata a caro prezzo con una nuova specie di "distanza": quella, che diventa ogni giorno piu' grande, fra la produzione e la capacita' di immaginare cio' che si produce.
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Fine del comparativo. I nostri prodotti e i loro effetti non sono solo diventati maggiori di cio' che possiamo concepire (sentire, o di cui possiamo assumerci la responsabilita'), ma anche maggiori di cio' che possiamo utilizzare sensatamente. E' noto che la nostra produzione e la nostra offerta superano spesso la nostra domanda (e ci costringono a produrre appositamente nuovi bisogni e richieste); ma la nostra offerta trascende addirittura il nostro bisogno, consiste di cose di cui non possiamo avere bisogno: cose troppo grandi in senso assoluto. Cosi' ci siamo messi nella situazione paradossale di dover addomesticare i nostri stessi prodotti; di doverli addomesticare come abbiamo addomesticato finora le forze della natura. I nostri tentativi di produrre armi cosiddette "pulite", sono senza precedenti nel loro genere: poiche' con essi cerchiamo di migliorare certi prodotti peggiorandoli, e cioe' diminuendo i loro effetti.
L'aumento dei prodotti non ha quindi piu' senso. Se il numero e gli effetti delle armi gia' oggi esistenti bastano a raggiungere il fine assurdo della distruzione del genere umano, l'aumento e miglioramento della produzione, che continuano ancora su larghissima scala, sono ancora piu' assurdi; e dimostrano che i produttori non si rendono conto, in definitiva, di che cosa hanno prodotto. Il comparativo - principio del progresso e della concorrenza - ha perduto ogni senso. Piu' morto che morto non e' possibile diventare. Distruggere meglio di quanto gia' si possa, non sara' possibile neppure in seguito.
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Richiamarsi alla competenza e' prova d'incompetenza morale. Sarebbe una leggerezza pensare (come fa, per esempio, Jaspers) che i "signori dell'apocalissi", quelli che sono responsabili delle decisioni, grazie a posizioni di potere politico o militare comunque acquisite, siano piu' di noi all'altezza di queste esigenze schiaccianti, o che sappiano immaginare l'inaudito meglio di noi, semplici "morituri"; o anche solo che siano consapevoli di doverlo fare. Assai piu' legittimo e' il sospetto: che ne siano affatto inconsapevoli. Ed essi lo provano dicendo che noi siamo incompetenti nel "campo dei problemi atomici e del riarmo", e invitandoci a non "immischiarci". L'uso di questi termini e' addirittura la prova della loro incompetenza morale: poiche' in tal modo essi mostrano di credere che la loro posizione dia loro il monopolio e la competenza per decidere del "to be or not to be" dell'umanita'; e di considerare l'apocalissi come un "ramo specifico". E' vero che molti di loro si appellano alla "competenza" solo per mascherare il carattere antidemocratico del loro monopolio. Se la parola "democrazia" ha un senso, e' proprio quello che abbiamo il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni che concernono la "res publica", che vanno, cioe', al di la' della nostra competenza professionale e non ci riguardano come professionisti, ma come cittadini o come uomini. E non si puo' dire che cosi' facendo ci "immischiamo" di nulla, poiche' come cittadini e come uomini siamo "immischiati" da sempre, perche' anche noi siamo la "res publica". E un problema piu' "pubblico" dell'attuale decisione sulla nostra sopravvivenza non c'e' mai stato e non ci sara' mai. Rinunciando a "immischiarci", mancheremmo anche al nostro dovere democratico.
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Liquidazione dell'"agire". La distruzione possibile dell'umanita' appare come un'"azione"; e chi collabora ad essa come un individuo che agisce. E' giusto? Si' e no. Perche' no?
Perche' l'"agire"" in senso behavioristico non esiste pressoche' piu'. E cioe': poiche' cio' che un tempo accadeva come agire, ed era inteso come tale dall'agente, e' stato sostituito da processi di altro tipo: 1) dal lavorare; 2) dall'azionare.
1) Lavoro come surrogato dell'azione. Gia' quelli che erano impiegati negli impianti di liquidazione hitleriani non avevano "fatto nulla", credevano di non aver fatto nulla perche' si erano limitati a "lavorare". Per questo "lavorare" intendo quel tipo di prestazione (naturale e dominante, nella fase attuale della rivoluzione industriale) in cui l'eidos del lavoro rimane invisibile per chi lo esegue, anzi, non lo riguarda piu', e non puo' ne' deve piu' riguardarlo. Caratteristica del lavoro odierno e' che esso resta moralmente neutrale: "non olet", nessuno scopo (per quanto cattivo) del suo lavoro puo' macchiare chi lo esegue. A questo tipo dominante di prestazione sono oggi assimilate quasi tutte le azioni affidate agli uomini. Lavoro come mimetizzamento. Questo mimetizzamento evita all'autore di un eccidio di sentirsi colpevole, poiche' non solo non occorre rispondere del lavoro che si fa, ma esso - in teoria - non puo' rendere colpevoli. Stando cosi' le cose, dobbiamo rovesciare l'equazione attuale ("ogni agire e' lavorare") nell'altra: "ogni lavorare e' un agire".
2) Azionare come surrogato del lavoro. Cio' che vale per il lavoro, vale a maggior ragione per l'azionare, poiche' l'azionare e' il lavoro in cui e' abolito anche il carattere specifico del lavoro: lo sforzo e il senso dello sforzo. Azionare come mimetizzamento. Oggi, in realta', si puo' fare in tal modo pressoche' tutto, si puo' avviare una serie di azionamenti successivi schiacciando un solo bottone; compreso, quindi, il massacro di milioni. In questo caso (dal punto di vista behavioristico) questo intervento non e' piu' un lavoro (per non parlare di un'azione). Propriamente parlando non si fa nulla (anche se l'effetto di questo non-far-nulla e' il nulla e l'annientamento). L'uomo che schiaccia il tasto (ammesso che sia ancora necessario) non si accorge piu' nemmeno di fare qualcosa; e poiche' il luogo dell'azione e quello che la subisce non coincidono piu', poiche' la causa e l'effetto sono dissociati, non puo' vedere che cosa fa. "Schizotopia", in analogia a "schizofrenia". E' chiaro che solo chi arriva a immaginare l'effetto ha la possibilita' della verita'; la percezione non serve a nulla. Questo genere di mimetizzamento e' senza precedenti: mentre prima i mimetizzamenti miravano a impedire alla vittima designata dell'azione, e cioe' al nemico, di scorgere il pericolo imminente (o a proteggere gli autori dal nemico), oggi il mimetizzamento mira solo a impedire all'autore di sapere quello che fa. In questo senso anche l'autore e' una vittima; in questo senso Eatherly e' una delle vittime della sua azione.
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Le forme menzognere della menzogna attuale. Gli esempi di mascheramento ci istruiscono sul carattere della menzogna attuale. Poiche' oggi le menzogne non hanno piu' bisogno di figurare come asserzioni ("fine delle ideologie"). La loro astuzia consiste proprio nello scegliere forme di travestimento davanti a cui non puo' piu' sorgere il sospetto che possa trattarsi di menzogne; e cio' perche' questi travestimenti non sono piu' asserzioni. Mentre le menzogne, finora, si erano camuffate ingenuamente da verita', ora si camuffano in altre guise:
1) Al posto di false asserzioni subentrano parole singole, che danno l'impressione di non affermare ancora nulla, anche se, in realta', hanno gia' in se' il loro (bugiardo) predicato. Cosi', per esempio, l'espressione "armi atomiche" e' gia' un'asserzione menzognera, poiche' sottintende, poiche' da' per scontato, che si tratta di armi.
2) Al posto di false asserzioni sulla realta' subentrano (e siamo al punto che abbiamo appena trattato) realta' falsificate. Cosi' determinate azioni, presentandosi come "lavori", sono rese diverse e irriconoscibili; cose' irriconoscibili, e diverse da un'azione, che non rivelano piu' (neppure all'agente) quello che sono (e cioe' azioni); e gli permettono, purche' lavori "coscienziosamente', di essere un criminale con la miglior coscienza del mondo.
3) Al posto di false asserzioni subentrano cose. Finche' l'agire si traveste ancora da "lavorare", e' pur sempre l'uomo ad essere attivo; anche se non sa che cosa fa lavorando, e cioe' che agisce. La menzogna celebra il suo trionfo solo quando liquida anche quest'ultimo residuo: il che e' gia' accaduto. Poiche' l'agire si e' trasferito (naturalmente in seguito all'agire degli uomini) dalle mani dell'uomo in tutt'altra sfera: in quella dei prodotti. Essi sono, per cosi' dire, "azioni incarnate". La bomba atomica (per il semplice fatto di esistere) e' un ricatto costante: e nessuno potra' negare che il ricatto e' un'azione. Qui la menzogna ha trovato la sua forma piu' menzognera: non ne sappiamo nulla, abbiamo le mani pulite, non c'entriamo. Assurdita' della situazione: nell'atto stesso in cui siamo capaci dell'azione piu' enorme - la distruzione del mondo - l'"agire", in apparenza, e' completamente scomparso. Poiche' la semplice esistenza dei nostri prodotti e' gia' un "agire", la domanda consueta: che cosa dobbiamo "fare" dei nostri prodotti (se, ad esempio, dobbiamo usarli solo come "deterrent"), e' una questione secondaria, anzi fallace, in quanto omette che le cose, per il fatto stesso di esistere, hanno sempre agito.
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Non reificazione, ma pseudopersonalizzazione. Con l'espressione "reificazione" non si coglie il fatto che i prodotti sono, per cosi' dire, "agire incarnato", poiche' essa indica esclusivamente il fatto che l'uomo e' ridotto qui alla funzione di cosa; ma si tratta invece dell'altro lato (trascurato, finora, dalla filosofia) dello stesso processo: e cioe' del fatto che cio' che e' sottratto all'uomo dalla reificazione, si aggiunge ai prodotti: i quali, facendo qualcosa gia' per il semplice fatto di esistere, diventano pseudopersone.
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Le massime delle pseudopersone. Queste pseudopersone hanno i loro rigidi principii. Cosi', per esempio, il principio delle "armi atomiche" e' affatto nichilistico, poiche' per esse "tutto e' uguale". In esse il nichilismo ha toccato il suo culmine, dando luogo all'"annichilismo" piu' totale.
Poiche' il nostro agire si e' trasferito nel lavoro e nei prodotti, un esame di coscienza non puo' consistere oggi soltanto nell'ascoltare la voce nel nostro petto, ma anche nel captare i principii e le massime mute dei nostri lavori e dei nostri prodotti; e nel revocare e rendere inoperante quel trasferimento: e cioe' nel compiere solo quei lavori dei cui effetti potremmo rispondere anche se fossero effetti del nostro agire diretto; e nell'avere solo quei prodotti la cui presenza "incarna" un agire che potremmo assumerci come agire personale.
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Macabra liquidazione dell'ostilita'. Se il luogo dell'azione e quello che la subisce sono, come si e' detto, dissociati, e non si soffre piu' nel luogo dell'azione, l'agire diventa agire senza effetto visibile, e il subire subire senza causa riconoscibile. Si determina cosi' un'assenza d'ostilita', peraltro affatto fallace.
La guerra atomica possibile sara' la piu' priva d'odio che si sia mai vista. Chi colpisce non odiera' il nemico, poiche' non potra' vederlo; e la vittima non odiera' chi lo colpisce, poiche' questi non sara' reperibile. Nulla di piu' macabro di questa mitezza (che non ha nulla a che fare con l'amore positivo). Cio' che piu' sorprende nei racconti delle vittime di Hiroshima, e' quanto poco (e con che poco odio) vi siano ricordati gli autori del colpo.
Certo l'odio sara' ritenuto indispensabile anche in questa guerra, e sara' quindi prodotto come articolo a se'. Per alimentarlo, si indicheranno (e, al caso, s'inventeranno) oggetti d'odio ben visibili e identificabili, "ebrei" di ogni tipo; in ogni caso nemici interni: poiche' per poter odiare veramente occorre qualcosa che possa cadere in mano. Ma quest'odio non potra' entrare minimamente in rapporto con le azioni di guerra vere e proprie: e la schizofrenia della situazione si rivelera' anche in cio', che odiare e colpire saranno rivolti a oggetti completamente diversi.
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Non solo per quest'ultima tesi, ma per tutte quelle qui formulate, bisogna aggiungere che sono state scritte perche' non risultino vere. Poiche' esse potranno non avverarsi solo se terremo continuamente presente la loro alta probabilita', e se agiremo in conseguenza. Nulla di piu' terribile che aver ragione. Ma a quelli che, paralizzati dalla fosca probabilita' della catastrofe, si perdono di coraggio, non resta altro che seguire, per amore degli uomini, la massima cinica: "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo!".

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

5. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

UN EBDOMADARIO DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 7 del 12 agosto 2025
Notiziario settimanale della nonviolenza in cammino proposto dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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