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[Nonviolenza] Un crowdfunding per il libro di e su Alfio Pannega (e nove ricordi di alcuni suoi amici - don Dante Bernini, Claudio Dian, Osvaldo Ercoli, Gianni Fiorentini, Roland Krappmann, don Bruno Marini, Luisa Moglia, Mario Onofri, Giuseppe Tacconi - che anch'essi ci hanno lasciato)
- Subject: [Nonviolenza] Un crowdfunding per il libro di e su Alfio Pannega (e nove ricordi di alcuni suoi amici - don Dante Bernini, Claudio Dian, Osvaldo Ercoli, Gianni Fiorentini, Roland Krappmann, don Bruno Marini, Luisa Moglia, Mario Onofri, Giuseppe Tacconi - che anch'essi ci hanno lasciato)
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Sat, 17 May 2025 07:03:46 +0200
UN CROWDFUNDING PER IL LIBRO DI E SU ALFIO PANNEGA (E NOVE RICORDI DI ALCUNI SUOI AMICI - DON DANTE BERNINI, CLAUDIO DIAN, OSVALDO ERCOLI, GIANNI FIORENTINI, ROLAND KRAPPMANN, DON BRUNO MARINI, LUISA MOGLIA, MARIO ONOFRI, GIUSEPPE TACCONI - CHE ANCH'ESSI CI HANNO LASCIATO)
La casa editrice Davide Ghaleb ha avviato la raccolta di fondi per pubblicare la nuova edizione (molto ampliata) del libro di e su Alfio Pannega che usci' in prima edizione nel 2010.
Invitiamo tutte le persone interessate a ricordare (o a conoscere) il nostro compagno di riflessioni e di lotte nonviolente ad acquistare una o piu' copie del libro.
Per accedere direttamente alla pagina del sito della casa editrice attraverso cui effettuare l'acquisto il link e' il seguente:
https://www.ghaleb.it/pannega_prevendita.htm
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Di seguito il comunicato diffuso dalla casa editrice:
Davide Ghaleb Editore: Apertura prevendita - sottoscrizione popolare "Alfio 100"
La Casa Editrice Davide Ghaleb è lieta di annunciare l'apertura ufficiale della prevendita/sottoscrizione di "Alfio 100", iniziativa inserita nel programma delle celebrazioni per il centenario della nascita di Alfio Pannega (Viterbo, 1925–2025).
Il volume offre ai sostenitori l'opportunità esclusiva di acquistare in anteprima un'opera ricca e corale dedicata alla figura di Alfio Pannega. Il libro includerà sia Allora ero giovane pure io. Travagliata e poetica vita di Alfio Pannega - il fortunato titolo che inaugurò la collana "La Banda del Racconto" - sia una vasta selezione di nuovi materiali: rassegna stampa; galleria fotografica degli eventi; immagini d'epoca; fotoriproduzioni dei racconti poetici; aneddoti biografici narrati dai "ragazzi" del centro sociale Valle Faul, oltre che da amici, conoscenti e rappresentanti delle istituzioni; versi dialettali dedicati da Emilio Maggini a Giovanna Pannega, madre di Alfio, detta "La Caterina".
Il tutto sarà curato da Marco D'Aureli, Alfonso Prota e Antonello Ricci.
Chiude il volume il copione teatrale Allora ero giovane pure io, portato in scena dal 2010 da Pietro Benedetti.
La prevendita sarà attiva dal 15 maggio al 30 giugno 2025.
Chi aderirà potrà:
Vedere il proprio nome inserito nella Tabula gratulatoria in fondo al volume
Acquistare il libro al prezzo di:
25 euro per una copia
20 euro a copia per acquisti multipli
Il volume sarà consegnato ai sottoscrittori in occasione della presentazione ufficiale, prevista per il 21 settembre 2025, oppure sarà ritirabile presso la sede della Casa Editrice.
Dopo tale data, il volume sarà acquistabile al prezzo di 25 euro + 5 euro per spese di spedizione.
La sottoscrizione potrà essere effettuata direttamente online, sul sito ufficiale www.ghaleb.it, seguendo pochi e semplici passaggi.
Davide Ghaleb Editore
Via Roma 41, 01019 Vetralla VT
www.ghaleb.it
tel: 0761 461258
cell: 320 0897221
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In calce aggiungiamo anche alcuni ricordi di alcune persone amiche di Alfio che anch'esse ci hanno lasciato negli scorsi anni ma la cui testimonianza resta in noi viva ed altrice.
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Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta contro la guerra, contro la militarizzazione, contro il riarmo.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta per soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta in difesa di ogni essere vivente e dell'intero mondo vivente.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta per la salvezza, la liberazione, il bene comune dell'umanita' intera.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Prendersi cura tutte e tutti di quest'unico mondo vivente, casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Le amiche e gli amici di Alfio Pannega impegnati nelle commemorazioni in occasione del centenario della nascita
Viterbo, 17 maggio 2025
Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, crpviterbo at yahoo.it
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Nove brevissimi ritratti di alcuni amici di Alfio che anch'essi ci hanno lasciato: don Dante Bernini, Claudio Dian, Osvaldo Ercoli, Gianni Fiorentini, Roland Krappmann, don Bruno Marini, Luisa Moglia, Mario Onofri, Giuseppe Tacconi (scritti da un vecchio amico e compagno di lotte di Alfio e di tutti loro)
Alfio Pannega e don Dante Bernini
Altre persone hanno gia' raccontato l'amicizia che ha legato per decenni e decenni Alfio e don Dante, il proletario comunista che raccoglieva il cartone e il vescovo dai prestigiosi incarichi internazionali che papa Wojtyla chiamava "il mio vescovo".
Pietro Benedetti ne ha rievocato anche drammaturgicamente l'affettuosa vicinanza, il consonante sentire, profonda la comprensione reciproca; Antonella Litta, che a entrambi e' stata vicina negli ultimi anni delle loro vite, ha testimoniato piu' volte la luminosa umanita' di entrambi.
Non altro vorrei aggiungere che questo: entrambi ho conosciuto ed amato, entrambi sono tra gli esempi cui cerco di ispirare quotidianamente la mia condotta.
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Alfio Pannega e Claudio Dian
Claudio, con Antonietta e Giselle bambina, venne al centro sociale poco dopo la sua creazione.
Con Alfio fu amore a prima vista, in una convivenza che diede ad Alfio quello che aveva sempre desiderato e non aveva mai piu' avuto dopo la morte dell'amata sua madre Caterina: una famiglia.
E' morto ancor giovane Claudio, ma del centro sociale e' stato per anni ed anni - gli anni decisivi - uno dei pilastri, e tutte le persone che a quell'esperienza hanno preso parte lo ricordano con struggente nostalgia.
Nella chiesa colma di giovani in cui si svolse il suo funerale don Alberto Canuzzi, amico di entrambi, che officiava il rito, mi chiese di essere io a leggere i brani del testo sacro dal rito previsti; dissi di si' e lo feci: ogni volta che ho ricordato quel giorno mi e' sempre sembrato che fosse una cosa bella che per ricordare Claudio un ateo comunista leggesse quel passo dell'Apocalisse in cui e' detto che la tenda dell'autentico bene, della verita' che non delude, non e' in una siderale lontananza, ma e' proprio qui, tra noi, nella nostra sollecitudine che riconosce e difende e sostiene e accudisce ogni altra persona bisognosa di aiuto, nel nostro amore reciproco, nel nostro condividere tutto il bene e tutti i beni.
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Alfio Pannega e Osvaldo Ercoli
C'e' una fotografia di Mario Onofri, scattata una sera al centro sociale: Alfio Pannega e Osvaldo Ercoli seduti fianco a fianco che parlano tra loro, le braccia sulle spalle, sorridenti: due vecchi amici, due vecchi saggi.
Ricordo il giorno dell'occupazione del centro sociale: Alfio che usci' dalla finestra al pianterreno della sua abitazione, che dava nello spazio dell'ex-gazometro, e vide quei ragazzi sconosciuti che strappavano erbacce e ripulivano il terreno, e vide me e subito ci salutammo e mi chiese cosa stesse accadendo. Glielo dissi e mi disse che era con noi. Era cosi', Alfio. E del centro sociale e' poi stato il simbolo, il testimone, la voce autorevole ogni volta che occorreva levare la voce.
Ricordo il giorno dell'occupazione del centro sociale: telefonai da una cabina telefonica che era subito al di la' di Porta Faul a Osvaldo: gli descrissi la situazione e lo invitai a venire. Venne subito. Era cosi', Osvaldo.
Perche' sia Alfio che Osvaldo non avevano esitazioni: quando pensavano che una cosa era giusta, accorrevano subito a dare una mano. Quando vedevano un'ingiustizia, insorgevano subito. Quando vedevano che qualcuno aveva bisogno di aiuto, chiunque fosse, loro erano li' con il braccio e ancor piu' col cuore.
Con Alfio e con Osvaldo ho vissuto alcune delle esperienze piu' felici della mia vita.
Con Alfio le tante lotte del centro sociale e la fatica di operare per risolvere conflitti e contraddizioni e problemi sia classici che imprevedibili - che non mancarono mai - nel centro sociale, per formare i piu' giovani alla nonviolenza che e' il contrario della passivita', ma la lotta piu' nitida e piu' intransigente contro tutte le violenze, le oppressioni, le vilta' e le menzogne. Un ricordo fra mille: la manifestazione dinanzi alle sorgenti del Bulicame per salvare quel bene comune dell'intera umanita' dal pericolo di irreversibile devastazione che poteri stoltissimi volevano imporre, e in quella manifestazione il discorso sommesso e possente di Alfio che parlo' come parla un roveto ardente.
Con Osvaldo per cinque anni per sei giorni alla settimana dalla mattina alla sera ho vissuto fianco a fianco l'esperienza nel Consiglio provinciale di Viterbo, e sia in quegli anni, che negli anni precedenti e successivi ho condiviso tante lotte necessarie e tante esperienze decisive: una per tutte, quando durante la guerra dei Balcani, in cui anche l'Italia fu coinvolta per decisione illegale e criminale del governo di allora in flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana, andammo ad Aviano, da dove partivano i bombardieri stragisti, a cercar di ostruirne il decollo occupando lo spazio aereo con le nostre mongolfiere della pace; eravamo li' con Osvaldo e con le compagne e i compagni del centro sociale ad agire la nonviolenza, assumendoci la responsabilita' dei nostri atti, rompendo l'implicita complicita' che i governi pretendono dai cittadini quando violano la legge e uccidono degli esseri umani come nel caso di tutte le guerre.
Alfio ci ha lasciato improvvisamente nel 2010, Osvaldo nel 2022 dopo una lunga e dolorosa malattia. Il mio mondo si vuota delle amicizie piu' grandi, resta la luce del loro ricordo.
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Alfio Pannega e Gianni Fiorentini
Ricordo che il giorno che accompagnammo Alfio alla sepoltura poi andammo al centro sociale e sostammo a lungo conversando fra noi, smarriti, debilitati: la morte improvvisa di Alfio tutti ci aveva gettati in un'immedicabile tristezza, sentivamo che era finito un mondo.
E non solo perché Alfio era davvero l'ultimo della Viterbo di un tempo, della Viterbo popolare orgogliosa della sua storia di lotte e del suo proprio ricco sapere; e non solo perche' valeva per Alfio quello che Amadou Hampate' Ba dice della morte degli anziani in Africa, che quando muore uno di loro e' come se bruciasse un'intera biblioteca e le opere in essa custodite vanno perse per sempre: Alfio conosceva tutto di Viterbo, ed aveva fatto tante e tali esperienze, che era una fonte di storia orale inesauribile, un'enciclopedia vivente, e resta in noi suoi vecchi amici il rammarico ancora di non aver saputo preservare che poche gocce della conoscenza e della sapienza depositate nella sua memoria.
Quel giorno sapevamo anche che l'esperienza del centro sociale sarebbe si' proseguita, ma non sarebbe piu' stata la stessa senza Alfio ma solo col ricordo di Alfio. Sentivamo quel sentimento del passare irreversibile del tempo che Borges nell'incipit dell'Aleph tematizza con un correlativo oggettivo stupendo che qui non diro'.
Quel giorno credo che con Gianni parlammo forse ancora una volta dell'apocatastasi di Origene, della concezione figurale che Auerbach dimostro' presiedere alla Commedia dantesca, della morale kantiana, in una girandola di pensieri che tutti facevano perno sulla tristezza per la scomparsa di Alfio e sul dovere di continuarne la lotta per il bene comune dell'umanita'.
In un'altra occasione, sempre dopo un'iniziativa di commemorazione di Alfio, forse un anno dopo, forse nel quartiere popolare di Pianoscarano, se non ricordo male, parlammo ancora della perdita e del lutto, delle dialettiche della memoria e dell'oblio, del senso della vita e della morte. Era cosi' parlare con Gianni: nella concretezza delle situazioni esistenziali, dell'empirico fare solidale e nonviolento, emergevano sempre anche le ultime cose, le fondamenta invisibili del Dasein, l'intreccio vivo tra etica e politica, il bisogno di quella riforma intellettuale e morale di cui scriveva Gramsci nei quaderni del carcere, la "crisi della presenza" demartiniana, le meditazioni estreme di Bonhoeffer consegnate alle ultime lettere e raccolte poi in Resistenza e resa.
Gianni aveva una eccezionale formazione teologica e filosofica, aveva collaborato con padre Balducci, aveva fatto scelte di verita' che avevano implicato dover affrontare prove impegnative che aveva sostenuto con la forza e la semplicita' della persona buona, della persona magnanima. Non aveva mai neppure un filo di risentimento, non era mai subalterno alle aggressioni e alle contrarieta', sempre conservava e donava una mitezza pacificatrice, umanizzante, che favoriva la comprensione, il dialogo, l'empatia, la ricerca comune del bene comune.
Anche Gianni ormai da anni ci ha lasciato.
Antonella Litta, la sua sposa, ne continua la lotta nonviolenta per la liberazione e la salvezza comune dell'umanita' intera.
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Alfio Pannega e Roland Krappmann
La storia di vita di Roland la racconto' lui stesso in una lunga intervista apparsa agli inizi del millennio su "La critica sociologica", la bella rivista di Franco Ferrarotti, disponibile anche nella rete telematica.
Giunse col suo carrozzone di artista di strada al centro sociale di Viterbo. Sono molti gli artisti di strada, i circensi, i giocolieri, i clown, che al centro sociale hanno fatto sovente tappa o vi si sono fermati per qualche tempo. Roland e' restato, e del centro sociale e' stato per molti anni uno dei saggi cui tutti si rivolgevano per consiglio.
Ad Alfio lo accomunavano i profondi saperi botanici, la capacita' di fare mille cose, l'aver conosciuto la vita nei luoghi in cui veramente apprendi cosa sia l'umanita', senza maschere, senza menzogne: i luoghi che ricorda anche George Orwell a cominciare da Senza un soldo a Parigi e a Londra.
Era un uomo di una gentilezza cosi' profonda che parlare con lui rasserenava anche il piu' esacerbato degli animi.
Ed era un uomo di una generosita' impareggiabile: veramente era un altro Alfio.
Insieme animammo anche, con altri amici ancora, gli incontri di accostamento alla nonviolenza in un ecovillaggio nella campagna viterbese.
Tra altre esperienze, era stato amico di un dakota esule in Europa, ed aveva una profonda conoscenza della visione del mondo dei nativi americani.
Trovarsi insieme con Roland e con Alfio era come sentirsi nel cuore, nel centro del mondo. Come disse Alce Nero: ogni luogo e' il centro del mondo. Lo e' ogni volta che degli esseri umani vi s'incontrano e si scambiano il dono dell'amicizia e condividono fra loro e con chiunque tutto il bene e tutti i beni.
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Alfio Pannega e don Bruno Marini
Chi fra gli amici di Alfio ha conosciuto don Bruno Marini ne ricorda l'immensa bonta', la stessa bonta' che aveva Alfio.
E ricorda che ad Alfio don Bruno fu legato da un'amicizia di piena reciprocita', affettuosa e generosa di pensieri e parole ed azioni, che perduro' fino alla morte.
E ricorda sicuramente anche che, come Alfio, anche don Bruno dovette affrontare prove impegnative, sempre testimoniando la verita' senza mai perdere la tenerezza.
Prete operaio in Italia, missionario profondamento coinvolto con la chiesa popolare in America Latina, a Viterbo e nel viterbese fu - come anche suo fratello don Armando Marini - un punto di riferimento per tante persone bisognose di aiuto e per innumerevoli giovani che seppe educare al bene e al vero.
Io che scrivo queste righe lo conobbi in anni ormai lontanissimi, e particolarmente negli anni forse piu' aspri ma anche piu' felici delle nostre vite condividemmo un comune impegno nei movimenti di liberazione degli oppressi, di solidarieta' concreta, di lotta per la giustizia e la liberta' con la forza della verita' e della misericordia, con quella tensione morale e quella fermezza di condotta che fu di Rosa Luxemburg e di Antonio Gramsci, come di Helder Camara e di Giulio Girardi, di Luce Fabbri e di Ernesto Balducci.
Lo rividi l'ultima volta quando lui gia' duramente colpito da una malattia inesorabile contro cui lungamente lotto', prese parte come me a un incontro nella sala d'Ercole di Palazzo dei Priori, sede del Comune di Viterbo, un incontro non banale ed anzi finanche fortemente conflittuale nel nome e nel ricordo di Alfio, poco dopo la morte del nostro indimenticabile comune amico e compagno di lotte.
Oggi, rivedendo i loro volti nella mia memoria, mi sembra di vederli sorridere ed abbracciarsi ancora.
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Alfio Pannega e Luisa Moglia
Luisa parlava con gli alberi. Sentiva le vibrazioni del mondo vivente, ne coglieva la venusta', ne udiva la voce che convoca al rispetto e all'accudimento per tutto il creato. Amava gli animali e le piante cosi' come amava le persone.
E come Luisa era Alfio.
Antonella Litta me la fece conoscere, ed io feci conoscere loro Alfio e il centro sociale: non fu un conoscere, ma un riconoscere e riconoscersi, un riconoscimento e una riconoscenza. Come voleva Platone, conoscere e' sempre anche reminiscenza.
L'ultima volta che parlai a lungo con Luisa fu durante un lungo viaggio in cui ragionando dei nostri doveri verso gli altri esseri viventi sovente ci sovvenne di Alfio e di come lui sapesse adempiere spontaneamente a questa fondamentale esigenza morale di rispettare tutti i viventi, una consapevolezza che ogni giorno di piu' si impone con compiuta evidenza a tutte le persone senzienti e pensanti dinanzi alla catastrofe della biosfera provocata da poteri dominanti stoltissimi e sciaguratissimi.
Luisa, come Alfio, era una consapevole amica della nonviolenza ("persuasa", avrebbe detto Aldo Capitini) e partecipava a molte iniziative che in quegli anni insieme realizzavamo per la pace, contro il razzismo, di solidarieta' concreta con le persone ridotte a "scarti" dalla violenza dei potenti, e ovviamente in difesa dell'intero mondo vivente.
Gli ultimi anni della sua vita furono rattristati dalla malattia, dalla sofferenza, temo anche da una profonda solitudine quando lascio' l'Alto Lazio per tornare nella sua terra d'origine.
Ogni volta che mi torna alla mente il suo volto dolce, la sua voce sommessa, la sobrieta' della sua presenza, l'eleganza dei suoi gesti morbidi e misurati, penso che veramente era l'umanita' come dovrebbe essere. Come Alfio.
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Alfio Pannega e Mario Onofri
Se Alfio del centro sociale e' stato la voce, Mario ne e' stato l'occhio; quello che Alfio faceva con lo strumento della poesia, Mario faceva con lo strumento della luce. E' stato un grande artista visivo Mario Onofri, ed e' non piccolo rammarico di noi che gli siamo stati amici che la gran parte del suo immenso e prezioso archivio fotografico giaccia ancora pressoche' inesplorato.
A Roma aveva collaborato con prestigiose gallerie d'arte; a Viterbo era stato anche apprezzato artigiano: sapeva e sapeva fare molte cose, con la semplicita' di chi non ha bisogno di esibire la sua bravura, con la precisione e l'estro dell'artista che - come i grandi del Rinascimento - era anche un tecnico rifinito ed insieme alla costante ricerca di qualcosa di ulteriore; si interessava di tutto, ed aiutava tutti: mai parlava del bene che faceva, ma chi gli era amico lo sapeva e lo amava ancor piu' anche per questo.
Negli ultimi anni si divideva tra Viterbo e una casetta sul mare vicino Civitavecchia in cui passava mesi e mesi in una solitudine contemplativa; quando era a Viterbo la maggior parte del tempo era al centro sociale, a risolvere problemi, a colloquiare con tutti, ad aiutare a pensare, a conoscere, ad agire; ad aiutare ad accostarsi alla nonviolenza, a scegliere la nonviolenza.
Ricordava Tiziano Terzani: nell'amore per l'India che aveva piu' volte visitato conoscendola sia negli slums che nella sua realta' rurale, l'India profonda, sofferente, saggia, gandhiana; nell'impegno contro la guerra e nella solidarieta' con tutte le vittime; nella lotta nonviolenta contro tutte le ingiustizie.
Conservo ancora in casa alcuni suoi libri che lui mi ha donato: tra essi una vetusta edizione dalle pagine ormai fragilissime della Vita nova di Dante (al centro sociale pare quasi che avessimo il culto di Dante: Alfio ne declamava a memorie interi canti, io vi tenevo ogni domenica degli incontri di lettura e commento della Divina commedia cui partecipavano persone di ogni provenienza e di ogni eta': per noi Dante era - ed e' - l'esule condannato a morte che continuava la lotta per l'umanita' intera, un nostro compagno: come Giacomo Leopardi, come Primo Levi).
Del centro sociale Mario e' stato una delle persone piu' rappresentative, delle piu' impegnate: come Alfio, cui era legato da un'amicizia tenerissima fatta anche di scherzi e sproloqui e trovate rabelaisiane.
Come me, Mario apparteneva a una generazione di vent'anni piu' vecchia della maggior parte dei "ragazzi" del centro sociale; piu' di me riusciva ad essere con loro e come loro anche nei tratti giocosi e burleschi, negli atteggiamenti festosi e bizzarri, nella gioia che prefigura qui e adesso l'umanita' liberata che con la nostra lotta cerchiamo di fare in modo che possa esistere un giorno, se prima i poteri folli e scellerati che governano il mondo non ci massacreranno tutti con le loro guerre e le loro rapine che tutto a deserto riducono, con i loro veleni e le loro bombe atomiche la cui verita' nessuno descrisse con altrettanta precisione di Guenther Anders, alcuni cui scritti tante volte leggemmo insieme al centro sociale.
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Alfio Pannega e Giuseppe Tacconi
La prima volta che Giuseppe Tacconi venne al centro sociale (per una delle primo riunioni del comitato che si opponeva al mega-aeroporto che avrebbe devastato irreversibilmente la preziosa area d'immenso valore archeologico, naturalistico e culturale del Bulicame cantato da Dante) poi mi disse che le persone che animavano quell'esperienza di solidarieta' e di condivisione gli sembravano essere come i cristiani delle prime comunita': che tutto condividevano e che ad ogni persona davano aiuto, tutto donando senza alcuna riserva.
Era proprio cosi'.
E Giuseppe Tacconi, antifascista che aveva conosciuto la violenza e l'infamia del regime mussoliniano, intellettuale raffinato, architetto di grande rigore e creativita', militante del movimento operaio, riconosceva immediatamente di essere tra persone amiche, tra persone che condividevano il pane: compagni, quindi. E ne era insieme sorpreso e felice.
Era un uomo colto ed elegante Giuseppe Tacconi, ironico ed autoironico, garbato ed accudente, di una cortesia squisita; ed insieme fermo nelle convinzioni e nell'impegno; tanto amabile nelle relazioni umane quanto indignato ed in rivolta di fronte alle ingiustizie; intransigente nell'antifascismo che per lui era non solo esperienza vissuta di un tempo ormai lontano ma quotidiana fedelta' alle vittime, a tutte le vittime, ed alle ragioni della lotta per la liberta' contro la schiavitu', per la civilta' contro la barbarie, per la bellezza che e' nel bene contro la brutalita' e l'ignominia del male; la lotta nonviolenta che prosegui' per l'intera sua vita.
Cosi' diversi e cosi' affini nel sentire, nelle scelte decisive, nella testimonianza al vero e al giusto, Alfio Pannega e Giuseppe Tacconi s'incontrarono al centro sociale e si riconobbero subito compagni di lotta.
Anche Giuseppe Tacconi anni fa ci ha lasciato. Anche per lui, come per Alfio, dissi alcune parole dinanzi al feretro. Entrambi restano vivi nel mio cuore, di entrambi penso che ancora e ancora lottano insieme a noi per il bene comune dell'umanita' intera.
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La casa editrice Davide Ghaleb ha avviato la raccolta di fondi per pubblicare la nuova edizione (molto ampliata) del libro di e su Alfio Pannega che usci' in prima edizione nel 2010.
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https://www.ghaleb.it/pannega_prevendita.htm
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La Casa Editrice Davide Ghaleb è lieta di annunciare l'apertura ufficiale della prevendita/sottoscrizione di "Alfio 100", iniziativa inserita nel programma delle celebrazioni per il centenario della nascita di Alfio Pannega (Viterbo, 1925–2025).
Il volume offre ai sostenitori l'opportunità esclusiva di acquistare in anteprima un'opera ricca e corale dedicata alla figura di Alfio Pannega. Il libro includerà sia Allora ero giovane pure io. Travagliata e poetica vita di Alfio Pannega - il fortunato titolo che inaugurò la collana "La Banda del Racconto" - sia una vasta selezione di nuovi materiali: rassegna stampa; galleria fotografica degli eventi; immagini d'epoca; fotoriproduzioni dei racconti poetici; aneddoti biografici narrati dai "ragazzi" del centro sociale Valle Faul, oltre che da amici, conoscenti e rappresentanti delle istituzioni; versi dialettali dedicati da Emilio Maggini a Giovanna Pannega, madre di Alfio, detta "La Caterina".
Il tutto sarà curato da Marco D'Aureli, Alfonso Prota e Antonello Ricci.
Chiude il volume il copione teatrale Allora ero giovane pure io, portato in scena dal 2010 da Pietro Benedetti.
La prevendita sarà attiva dal 15 maggio al 30 giugno 2025.
Chi aderirà potrà:
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25 euro per una copia
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Il volume sarà consegnato ai sottoscrittori in occasione della presentazione ufficiale, prevista per il 21 settembre 2025, oppure sarà ritirabile presso la sede della Casa Editrice.
Dopo tale data, il volume sarà acquistabile al prezzo di 25 euro + 5 euro per spese di spedizione.
La sottoscrizione potrà essere effettuata direttamente online, sul sito ufficiale www.ghaleb.it, seguendo pochi e semplici passaggi.
Davide Ghaleb Editore
Via Roma 41, 01019 Vetralla VT
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Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta contro la guerra, contro la militarizzazione, contro il riarmo.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta per soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta in difesa di ogni essere vivente e dell'intero mondo vivente.
Nel ricordo e alla scuola di Alfio Pannega proseguiamo nell'azione nonviolenta per la salvezza, la liberazione, il bene comune dell'umanita' intera.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Prendersi cura tutte e tutti di quest'unico mondo vivente, casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Le amiche e gli amici di Alfio Pannega impegnati nelle commemorazioni in occasione del centenario della nascita
Viterbo, 17 maggio 2025
Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, crpviterbo at yahoo.it
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Nove brevissimi ritratti di alcuni amici di Alfio che anch'essi ci hanno lasciato: don Dante Bernini, Claudio Dian, Osvaldo Ercoli, Gianni Fiorentini, Roland Krappmann, don Bruno Marini, Luisa Moglia, Mario Onofri, Giuseppe Tacconi (scritti da un vecchio amico e compagno di lotte di Alfio e di tutti loro)
Alfio Pannega e don Dante Bernini
Altre persone hanno gia' raccontato l'amicizia che ha legato per decenni e decenni Alfio e don Dante, il proletario comunista che raccoglieva il cartone e il vescovo dai prestigiosi incarichi internazionali che papa Wojtyla chiamava "il mio vescovo".
Pietro Benedetti ne ha rievocato anche drammaturgicamente l'affettuosa vicinanza, il consonante sentire, profonda la comprensione reciproca; Antonella Litta, che a entrambi e' stata vicina negli ultimi anni delle loro vite, ha testimoniato piu' volte la luminosa umanita' di entrambi.
Non altro vorrei aggiungere che questo: entrambi ho conosciuto ed amato, entrambi sono tra gli esempi cui cerco di ispirare quotidianamente la mia condotta.
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Alfio Pannega e Claudio Dian
Claudio, con Antonietta e Giselle bambina, venne al centro sociale poco dopo la sua creazione.
Con Alfio fu amore a prima vista, in una convivenza che diede ad Alfio quello che aveva sempre desiderato e non aveva mai piu' avuto dopo la morte dell'amata sua madre Caterina: una famiglia.
E' morto ancor giovane Claudio, ma del centro sociale e' stato per anni ed anni - gli anni decisivi - uno dei pilastri, e tutte le persone che a quell'esperienza hanno preso parte lo ricordano con struggente nostalgia.
Nella chiesa colma di giovani in cui si svolse il suo funerale don Alberto Canuzzi, amico di entrambi, che officiava il rito, mi chiese di essere io a leggere i brani del testo sacro dal rito previsti; dissi di si' e lo feci: ogni volta che ho ricordato quel giorno mi e' sempre sembrato che fosse una cosa bella che per ricordare Claudio un ateo comunista leggesse quel passo dell'Apocalisse in cui e' detto che la tenda dell'autentico bene, della verita' che non delude, non e' in una siderale lontananza, ma e' proprio qui, tra noi, nella nostra sollecitudine che riconosce e difende e sostiene e accudisce ogni altra persona bisognosa di aiuto, nel nostro amore reciproco, nel nostro condividere tutto il bene e tutti i beni.
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Alfio Pannega e Osvaldo Ercoli
C'e' una fotografia di Mario Onofri, scattata una sera al centro sociale: Alfio Pannega e Osvaldo Ercoli seduti fianco a fianco che parlano tra loro, le braccia sulle spalle, sorridenti: due vecchi amici, due vecchi saggi.
Ricordo il giorno dell'occupazione del centro sociale: Alfio che usci' dalla finestra al pianterreno della sua abitazione, che dava nello spazio dell'ex-gazometro, e vide quei ragazzi sconosciuti che strappavano erbacce e ripulivano il terreno, e vide me e subito ci salutammo e mi chiese cosa stesse accadendo. Glielo dissi e mi disse che era con noi. Era cosi', Alfio. E del centro sociale e' poi stato il simbolo, il testimone, la voce autorevole ogni volta che occorreva levare la voce.
Ricordo il giorno dell'occupazione del centro sociale: telefonai da una cabina telefonica che era subito al di la' di Porta Faul a Osvaldo: gli descrissi la situazione e lo invitai a venire. Venne subito. Era cosi', Osvaldo.
Perche' sia Alfio che Osvaldo non avevano esitazioni: quando pensavano che una cosa era giusta, accorrevano subito a dare una mano. Quando vedevano un'ingiustizia, insorgevano subito. Quando vedevano che qualcuno aveva bisogno di aiuto, chiunque fosse, loro erano li' con il braccio e ancor piu' col cuore.
Con Alfio e con Osvaldo ho vissuto alcune delle esperienze piu' felici della mia vita.
Con Alfio le tante lotte del centro sociale e la fatica di operare per risolvere conflitti e contraddizioni e problemi sia classici che imprevedibili - che non mancarono mai - nel centro sociale, per formare i piu' giovani alla nonviolenza che e' il contrario della passivita', ma la lotta piu' nitida e piu' intransigente contro tutte le violenze, le oppressioni, le vilta' e le menzogne. Un ricordo fra mille: la manifestazione dinanzi alle sorgenti del Bulicame per salvare quel bene comune dell'intera umanita' dal pericolo di irreversibile devastazione che poteri stoltissimi volevano imporre, e in quella manifestazione il discorso sommesso e possente di Alfio che parlo' come parla un roveto ardente.
Con Osvaldo per cinque anni per sei giorni alla settimana dalla mattina alla sera ho vissuto fianco a fianco l'esperienza nel Consiglio provinciale di Viterbo, e sia in quegli anni, che negli anni precedenti e successivi ho condiviso tante lotte necessarie e tante esperienze decisive: una per tutte, quando durante la guerra dei Balcani, in cui anche l'Italia fu coinvolta per decisione illegale e criminale del governo di allora in flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana, andammo ad Aviano, da dove partivano i bombardieri stragisti, a cercar di ostruirne il decollo occupando lo spazio aereo con le nostre mongolfiere della pace; eravamo li' con Osvaldo e con le compagne e i compagni del centro sociale ad agire la nonviolenza, assumendoci la responsabilita' dei nostri atti, rompendo l'implicita complicita' che i governi pretendono dai cittadini quando violano la legge e uccidono degli esseri umani come nel caso di tutte le guerre.
Alfio ci ha lasciato improvvisamente nel 2010, Osvaldo nel 2022 dopo una lunga e dolorosa malattia. Il mio mondo si vuota delle amicizie piu' grandi, resta la luce del loro ricordo.
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Alfio Pannega e Gianni Fiorentini
Ricordo che il giorno che accompagnammo Alfio alla sepoltura poi andammo al centro sociale e sostammo a lungo conversando fra noi, smarriti, debilitati: la morte improvvisa di Alfio tutti ci aveva gettati in un'immedicabile tristezza, sentivamo che era finito un mondo.
E non solo perché Alfio era davvero l'ultimo della Viterbo di un tempo, della Viterbo popolare orgogliosa della sua storia di lotte e del suo proprio ricco sapere; e non solo perche' valeva per Alfio quello che Amadou Hampate' Ba dice della morte degli anziani in Africa, che quando muore uno di loro e' come se bruciasse un'intera biblioteca e le opere in essa custodite vanno perse per sempre: Alfio conosceva tutto di Viterbo, ed aveva fatto tante e tali esperienze, che era una fonte di storia orale inesauribile, un'enciclopedia vivente, e resta in noi suoi vecchi amici il rammarico ancora di non aver saputo preservare che poche gocce della conoscenza e della sapienza depositate nella sua memoria.
Quel giorno sapevamo anche che l'esperienza del centro sociale sarebbe si' proseguita, ma non sarebbe piu' stata la stessa senza Alfio ma solo col ricordo di Alfio. Sentivamo quel sentimento del passare irreversibile del tempo che Borges nell'incipit dell'Aleph tematizza con un correlativo oggettivo stupendo che qui non diro'.
Quel giorno credo che con Gianni parlammo forse ancora una volta dell'apocatastasi di Origene, della concezione figurale che Auerbach dimostro' presiedere alla Commedia dantesca, della morale kantiana, in una girandola di pensieri che tutti facevano perno sulla tristezza per la scomparsa di Alfio e sul dovere di continuarne la lotta per il bene comune dell'umanita'.
In un'altra occasione, sempre dopo un'iniziativa di commemorazione di Alfio, forse un anno dopo, forse nel quartiere popolare di Pianoscarano, se non ricordo male, parlammo ancora della perdita e del lutto, delle dialettiche della memoria e dell'oblio, del senso della vita e della morte. Era cosi' parlare con Gianni: nella concretezza delle situazioni esistenziali, dell'empirico fare solidale e nonviolento, emergevano sempre anche le ultime cose, le fondamenta invisibili del Dasein, l'intreccio vivo tra etica e politica, il bisogno di quella riforma intellettuale e morale di cui scriveva Gramsci nei quaderni del carcere, la "crisi della presenza" demartiniana, le meditazioni estreme di Bonhoeffer consegnate alle ultime lettere e raccolte poi in Resistenza e resa.
Gianni aveva una eccezionale formazione teologica e filosofica, aveva collaborato con padre Balducci, aveva fatto scelte di verita' che avevano implicato dover affrontare prove impegnative che aveva sostenuto con la forza e la semplicita' della persona buona, della persona magnanima. Non aveva mai neppure un filo di risentimento, non era mai subalterno alle aggressioni e alle contrarieta', sempre conservava e donava una mitezza pacificatrice, umanizzante, che favoriva la comprensione, il dialogo, l'empatia, la ricerca comune del bene comune.
Anche Gianni ormai da anni ci ha lasciato.
Antonella Litta, la sua sposa, ne continua la lotta nonviolenta per la liberazione e la salvezza comune dell'umanita' intera.
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Alfio Pannega e Roland Krappmann
La storia di vita di Roland la racconto' lui stesso in una lunga intervista apparsa agli inizi del millennio su "La critica sociologica", la bella rivista di Franco Ferrarotti, disponibile anche nella rete telematica.
Giunse col suo carrozzone di artista di strada al centro sociale di Viterbo. Sono molti gli artisti di strada, i circensi, i giocolieri, i clown, che al centro sociale hanno fatto sovente tappa o vi si sono fermati per qualche tempo. Roland e' restato, e del centro sociale e' stato per molti anni uno dei saggi cui tutti si rivolgevano per consiglio.
Ad Alfio lo accomunavano i profondi saperi botanici, la capacita' di fare mille cose, l'aver conosciuto la vita nei luoghi in cui veramente apprendi cosa sia l'umanita', senza maschere, senza menzogne: i luoghi che ricorda anche George Orwell a cominciare da Senza un soldo a Parigi e a Londra.
Era un uomo di una gentilezza cosi' profonda che parlare con lui rasserenava anche il piu' esacerbato degli animi.
Ed era un uomo di una generosita' impareggiabile: veramente era un altro Alfio.
Insieme animammo anche, con altri amici ancora, gli incontri di accostamento alla nonviolenza in un ecovillaggio nella campagna viterbese.
Tra altre esperienze, era stato amico di un dakota esule in Europa, ed aveva una profonda conoscenza della visione del mondo dei nativi americani.
Trovarsi insieme con Roland e con Alfio era come sentirsi nel cuore, nel centro del mondo. Come disse Alce Nero: ogni luogo e' il centro del mondo. Lo e' ogni volta che degli esseri umani vi s'incontrano e si scambiano il dono dell'amicizia e condividono fra loro e con chiunque tutto il bene e tutti i beni.
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Alfio Pannega e don Bruno Marini
Chi fra gli amici di Alfio ha conosciuto don Bruno Marini ne ricorda l'immensa bonta', la stessa bonta' che aveva Alfio.
E ricorda che ad Alfio don Bruno fu legato da un'amicizia di piena reciprocita', affettuosa e generosa di pensieri e parole ed azioni, che perduro' fino alla morte.
E ricorda sicuramente anche che, come Alfio, anche don Bruno dovette affrontare prove impegnative, sempre testimoniando la verita' senza mai perdere la tenerezza.
Prete operaio in Italia, missionario profondamento coinvolto con la chiesa popolare in America Latina, a Viterbo e nel viterbese fu - come anche suo fratello don Armando Marini - un punto di riferimento per tante persone bisognose di aiuto e per innumerevoli giovani che seppe educare al bene e al vero.
Io che scrivo queste righe lo conobbi in anni ormai lontanissimi, e particolarmente negli anni forse piu' aspri ma anche piu' felici delle nostre vite condividemmo un comune impegno nei movimenti di liberazione degli oppressi, di solidarieta' concreta, di lotta per la giustizia e la liberta' con la forza della verita' e della misericordia, con quella tensione morale e quella fermezza di condotta che fu di Rosa Luxemburg e di Antonio Gramsci, come di Helder Camara e di Giulio Girardi, di Luce Fabbri e di Ernesto Balducci.
Lo rividi l'ultima volta quando lui gia' duramente colpito da una malattia inesorabile contro cui lungamente lotto', prese parte come me a un incontro nella sala d'Ercole di Palazzo dei Priori, sede del Comune di Viterbo, un incontro non banale ed anzi finanche fortemente conflittuale nel nome e nel ricordo di Alfio, poco dopo la morte del nostro indimenticabile comune amico e compagno di lotte.
Oggi, rivedendo i loro volti nella mia memoria, mi sembra di vederli sorridere ed abbracciarsi ancora.
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Alfio Pannega e Luisa Moglia
Luisa parlava con gli alberi. Sentiva le vibrazioni del mondo vivente, ne coglieva la venusta', ne udiva la voce che convoca al rispetto e all'accudimento per tutto il creato. Amava gli animali e le piante cosi' come amava le persone.
E come Luisa era Alfio.
Antonella Litta me la fece conoscere, ed io feci conoscere loro Alfio e il centro sociale: non fu un conoscere, ma un riconoscere e riconoscersi, un riconoscimento e una riconoscenza. Come voleva Platone, conoscere e' sempre anche reminiscenza.
L'ultima volta che parlai a lungo con Luisa fu durante un lungo viaggio in cui ragionando dei nostri doveri verso gli altri esseri viventi sovente ci sovvenne di Alfio e di come lui sapesse adempiere spontaneamente a questa fondamentale esigenza morale di rispettare tutti i viventi, una consapevolezza che ogni giorno di piu' si impone con compiuta evidenza a tutte le persone senzienti e pensanti dinanzi alla catastrofe della biosfera provocata da poteri dominanti stoltissimi e sciaguratissimi.
Luisa, come Alfio, era una consapevole amica della nonviolenza ("persuasa", avrebbe detto Aldo Capitini) e partecipava a molte iniziative che in quegli anni insieme realizzavamo per la pace, contro il razzismo, di solidarieta' concreta con le persone ridotte a "scarti" dalla violenza dei potenti, e ovviamente in difesa dell'intero mondo vivente.
Gli ultimi anni della sua vita furono rattristati dalla malattia, dalla sofferenza, temo anche da una profonda solitudine quando lascio' l'Alto Lazio per tornare nella sua terra d'origine.
Ogni volta che mi torna alla mente il suo volto dolce, la sua voce sommessa, la sobrieta' della sua presenza, l'eleganza dei suoi gesti morbidi e misurati, penso che veramente era l'umanita' come dovrebbe essere. Come Alfio.
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Alfio Pannega e Mario Onofri
Se Alfio del centro sociale e' stato la voce, Mario ne e' stato l'occhio; quello che Alfio faceva con lo strumento della poesia, Mario faceva con lo strumento della luce. E' stato un grande artista visivo Mario Onofri, ed e' non piccolo rammarico di noi che gli siamo stati amici che la gran parte del suo immenso e prezioso archivio fotografico giaccia ancora pressoche' inesplorato.
A Roma aveva collaborato con prestigiose gallerie d'arte; a Viterbo era stato anche apprezzato artigiano: sapeva e sapeva fare molte cose, con la semplicita' di chi non ha bisogno di esibire la sua bravura, con la precisione e l'estro dell'artista che - come i grandi del Rinascimento - era anche un tecnico rifinito ed insieme alla costante ricerca di qualcosa di ulteriore; si interessava di tutto, ed aiutava tutti: mai parlava del bene che faceva, ma chi gli era amico lo sapeva e lo amava ancor piu' anche per questo.
Negli ultimi anni si divideva tra Viterbo e una casetta sul mare vicino Civitavecchia in cui passava mesi e mesi in una solitudine contemplativa; quando era a Viterbo la maggior parte del tempo era al centro sociale, a risolvere problemi, a colloquiare con tutti, ad aiutare a pensare, a conoscere, ad agire; ad aiutare ad accostarsi alla nonviolenza, a scegliere la nonviolenza.
Ricordava Tiziano Terzani: nell'amore per l'India che aveva piu' volte visitato conoscendola sia negli slums che nella sua realta' rurale, l'India profonda, sofferente, saggia, gandhiana; nell'impegno contro la guerra e nella solidarieta' con tutte le vittime; nella lotta nonviolenta contro tutte le ingiustizie.
Conservo ancora in casa alcuni suoi libri che lui mi ha donato: tra essi una vetusta edizione dalle pagine ormai fragilissime della Vita nova di Dante (al centro sociale pare quasi che avessimo il culto di Dante: Alfio ne declamava a memorie interi canti, io vi tenevo ogni domenica degli incontri di lettura e commento della Divina commedia cui partecipavano persone di ogni provenienza e di ogni eta': per noi Dante era - ed e' - l'esule condannato a morte che continuava la lotta per l'umanita' intera, un nostro compagno: come Giacomo Leopardi, come Primo Levi).
Del centro sociale Mario e' stato una delle persone piu' rappresentative, delle piu' impegnate: come Alfio, cui era legato da un'amicizia tenerissima fatta anche di scherzi e sproloqui e trovate rabelaisiane.
Come me, Mario apparteneva a una generazione di vent'anni piu' vecchia della maggior parte dei "ragazzi" del centro sociale; piu' di me riusciva ad essere con loro e come loro anche nei tratti giocosi e burleschi, negli atteggiamenti festosi e bizzarri, nella gioia che prefigura qui e adesso l'umanita' liberata che con la nostra lotta cerchiamo di fare in modo che possa esistere un giorno, se prima i poteri folli e scellerati che governano il mondo non ci massacreranno tutti con le loro guerre e le loro rapine che tutto a deserto riducono, con i loro veleni e le loro bombe atomiche la cui verita' nessuno descrisse con altrettanta precisione di Guenther Anders, alcuni cui scritti tante volte leggemmo insieme al centro sociale.
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Alfio Pannega e Giuseppe Tacconi
La prima volta che Giuseppe Tacconi venne al centro sociale (per una delle primo riunioni del comitato che si opponeva al mega-aeroporto che avrebbe devastato irreversibilmente la preziosa area d'immenso valore archeologico, naturalistico e culturale del Bulicame cantato da Dante) poi mi disse che le persone che animavano quell'esperienza di solidarieta' e di condivisione gli sembravano essere come i cristiani delle prime comunita': che tutto condividevano e che ad ogni persona davano aiuto, tutto donando senza alcuna riserva.
Era proprio cosi'.
E Giuseppe Tacconi, antifascista che aveva conosciuto la violenza e l'infamia del regime mussoliniano, intellettuale raffinato, architetto di grande rigore e creativita', militante del movimento operaio, riconosceva immediatamente di essere tra persone amiche, tra persone che condividevano il pane: compagni, quindi. E ne era insieme sorpreso e felice.
Era un uomo colto ed elegante Giuseppe Tacconi, ironico ed autoironico, garbato ed accudente, di una cortesia squisita; ed insieme fermo nelle convinzioni e nell'impegno; tanto amabile nelle relazioni umane quanto indignato ed in rivolta di fronte alle ingiustizie; intransigente nell'antifascismo che per lui era non solo esperienza vissuta di un tempo ormai lontano ma quotidiana fedelta' alle vittime, a tutte le vittime, ed alle ragioni della lotta per la liberta' contro la schiavitu', per la civilta' contro la barbarie, per la bellezza che e' nel bene contro la brutalita' e l'ignominia del male; la lotta nonviolenta che prosegui' per l'intera sua vita.
Cosi' diversi e cosi' affini nel sentire, nelle scelte decisive, nella testimonianza al vero e al giusto, Alfio Pannega e Giuseppe Tacconi s'incontrarono al centro sociale e si riconobbero subito compagni di lotta.
Anche Giuseppe Tacconi anni fa ci ha lasciato. Anche per lui, come per Alfio, dissi alcune parole dinanzi al feretro. Entrambi restano vivi nel mio cuore, di entrambi penso che ancora e ancora lottano insieme a noi per il bene comune dell'umanita' intera.
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