[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 170



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 170 del 19 giugno 2023

In questo numero:
1. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
2. Il 23 e 26 giugno a Milano due iniziative per la liberazione di Leonard Peltier
3. Nell'imminenza dell'anniversario dell'"incidente a Oglala" del 26 giugno 1975 rinnoviamo l'impegno per la liberazione di Leonard Peltier, da 47 anni prigioniero innocente
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Raccolta fondi per aiutare la Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" a fare fronte ai danni subìti a causa dell'alluvione del 16 e 17 maggio 2023
6. Rosaura Galbiati rilegge "Come nasce il sogno d'amore" di Lea Melandri
7. Alcune poesie di Sylvia Plath
8. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
9. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
10. Alcuni riferimenti utili
11. Tre tesi
12. Ripetiamo ancora una volta...

1. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

2. INCONTRI. IL 23 E 26 GIUGNO 2023 A MILANO DUE INIIZIATIVE PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
[Riceviamo e diffondiamo]

Il 23 giugno 2023 a Milano, presso l'Ateneo Libertario in viale Monza 255, alle ore 21 iniziativa sulla storia di Leonard Peltier e proiezione in anteprima assoluta del documentario "Tate Wikuwa".
Iniziativa per la liberazione di Leonard Peltier, compagno dell'AIM (American Indian Movement), nativo americano che oggi ha quasi 79 anni che da quasi 48 anni e' rinchiuso tra le mura di un carcere statunitense.
Leonard, nome nativo Tate Wikuwa, viene condannato nel 1977 a due ergastoli, accusato di aver ucciso due agenti dell'FBI durante un conflitto a fuoco nella riserva indiana di Oglala. Nonostante la mancanza di prove dirette e le minacce agite dall'FBI sui testimoni chiave del processo proprio per incolpare Peltier, ogni tentativo di revisione del processo viene bloccato, e nasce da allora un movimento internazionale che chiede la liberazione di Leonard, prigioniero politico che ha vissuto piu' della meta' della sua vita dentro una cella e che si trova oggi in condizioni di salute precarie.
Proietteremo in anteprima assoluta il documentario in progress "Tate Wikuwa" sulla lotta per liberare Leonard Peltier ed in particolare il viaggio in Europa di una delegazione di tre donne del Comitato di liberazione di Leonard Peltier degli Usa.
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Il 26 giugno 2023, anniversario dei fatti di Oglala, sempre a Milano ci sara' un presidio in piazza Duomo a partire dalle 18,30.

3. INIZIATIVE.  NELL'IMMINENZA DELL'ANNIVERSARIO DELL'"INCIDENTE A OGLALA" DEL 26 GIUGNO 1975 RINNOVIAMO L'IMPEGNO PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER, DA 47 ANNI PRIGIONIERO INNOCENTE

Si avvicina l'anniversario dell'"incidente a Oglala" del 26 giugno 1975 in cui persero la vita due agenti dell'Fbi e un giovane militante dell'American Indian Movement.
Per quanto accadde quel giorno Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, fu condannato all'ergastolo da una giuria razzista sulla base di "prove" false e di "testimonianze" altrettanto false, e da 47 anni e' detenuto in un carcere di massima sicurezza pur essendo del tutto innocente dei delitti che gli sono stati menzogneramente attribuiti.
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Ha scritto lui stesso nella sua autobiografia: "Non ho scuse da porgere, solo tristezza. Non posso scusarmi per quello che non ho fatto. Ma posso provare dolore, e lo faccio. Ogni giorno, ogni ora, soffro per quelli che sono morti nello scontro di Oglala del 1975 e per le loro famiglie - per le famiglie degli agenti dell'Fbi Jack Coler e Ronald Williams e, si', per la famiglia di Joe Killsright Stuntz, la cui morte per una pallottola a Oglala quello stesso giorno, cosi' come le morti di centinaia di altri indiani a Pine Ridge in quel terribile periodo, non e' mai stata oggetto di inchiesta. Mi piange il cuore nel ricordare la sofferenza e la paura nella quale molta della mia gente fu costretta a vivere a quel tempo, la stessa sofferenza e paura che quel giorno spinse me e gli altri a Oglala per difendere chi era indifeso.
Provo pena e tristezza anche per la perdita subita dalla mia famiglia perche', in qualche misura, quel giorno sono morto io stesso. Sono morto per la mia famiglia, per i miei bambini, per i miei nipoti, per me stesso. Sopravvivo alla mia morte da oltre due decenni.
Quelli che mi hanno messo qui e che mi tengono qui sapendo della mia innocenza avranno una magra consolazione dalla loro indubbia rivincita, che esprime chi essi sono e cio' che sono. Ed e' la piu' terribile rivincita che potessi immaginare.
Io so chi sono e quello che sono. Sono un indiano, un indiano che ha osato lottare per difendere il suo popolo. Io sono un uomo innocente che non ha mai assassinato nessuno, ne' inteso farlo. E, si', sono uno che pratica la Danza del Sole. Anche questa e' la mia identita'. Se devo soffrire in quanto simbolo del mio popolo, allora soffro con orgoglio.
Non cedero' mai.
Se voi, parenti e amici degli agenti che morirono nella proprietà degli Jumping Bull, ricaverete qualche tipo di soddisfazione dal mio essere qui, allora posso almeno darvi questo, nonostante non mi sia mai macchiato del loro sangue. Sento la vostra perdita come mia. Come voi soffro per quella perdita ogni giorno, ogni ora. E cosi' la mia famiglia. Anche noi conosciamo quella pena inconsolabile. Noi indiani siamo nati, viviamo, e moriamo con quell'inconsolabile dolore. Sono ventitre' anni oggi che condividiamo, le vostre famiglie e la mia, questo dolore; come possiamo essere nemici? Forse e' con voi e con noi che il processo di guarigione puo' iniziare. Voi, famiglie degli agenti, certamente non avevate colpa quel giorno del 1975, come non l'aveva la mia famiglia, eppure voi avete sofferto tanto quanto, anche piu' di chiunque era li'. Sembra sia sempre l'innocente a pagare il prezzo piu' alto dell'ingiustizia. E' sempre stato cosi' nella mia vita.
Alle famiglie di Coler e Williams che ancora soffrono mando le mie preghiere, se vorrete accettarle. Spero lo farete. Sono le preghiere di un intero popolo, non solo le mie. Abbiamo molti dei nostri morti per cui pregare e uniamo la nostra amarezza alla vostra. Possa il nostro comune dolore essere il nostro legame.
Lasciate che siano quelle preghiere il balsamo per la vostra pena, non la prolungata prigionia di un uomo innocente.
Vi assicuro che se avessi potuto evitare quello che avvenne quel giorno, la vostra gente non sarebbe morta. Avrei preferito morire piuttosto che permettere consapevolmente che accadesse cio' che accadde. E certamente non sono stato io a premere il grilletto che l'ha fatto accadere. Che il Creatore mi fulmini ora se sto mentendo. Io non riesco a vedere come il mio stare qui, separato dai miei nipoti, possa riparare alla vostra perdita.
Vi giuro, sono colpevole solo di essere un indiano. E' questo il motivo per cui sono qui".
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Ha scritto anche: "Tutti facciamo parte dell'unica famiglia dell'umanita'.
Noi condividiamo la responsabilita' per la nostra Madre Terra e per tutti quelli che ci vivono e respirano.
Credo che il nostro compito non sara' terminato fin quando anche un solo essere umano sara' affamato o maltrattato, una sola persona sara' costretta a morire in guerra, un solo innocente languira' in prigione e un solo individuo sara' perseguitato per le sue opinioni.
Credo nel bene dell'umanita'.
Credo che il bene possa prevalere, ma soltanto se vi sara' un grande impegno. Impegno da parte nostra, di ognuno di noi, tuo e mio".
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La liberazione di Leonard Peltier e' stata chiesta dalle piu' prestigiose personalita' mondiali, da Nelson Mandela a madre Teresa di Calcutta, da Mikhail Gorbaciov a papa Francesco. Amnesty International ha chiesto la sua liberazione. Una commissione giuridica ad hoc dell'Onu ha chiesto la sua liberazione. Hanno chiesto la sua liberazione milioni di persone da tutto il mondo. Innumerevoli istituzioni e rappresentanti istituzionali, tra cui in primo luogo il Parlamento Europeo ed il suo indimenticabile Presidente David Sassoli, hanno chiesto la sua liberazione.
Rinnoviamo pertanto ancora una volta la richiesta che il Presidente statunitense conceda la grazia che restituisca la liberta' a un uomo innocente, a un testimone della dignita' umana.
Chiediamo a chi legge queste righe di diffondere l'informazione su Leonard Peltier, di prendere pubblicamente posizione per la sua liberazione, di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' gli conceda la grazia presidenziale.
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I messaggi per richiedere la grazia residenziale (anche molto semplici, come ad esempio: "Free Leonard Peltier") possono essere inviati attraverso la seguente pagina web della Casa Bianca: www.whitehouse.gov/contact/
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Per contattare il Comitato internazionale di difesa di Leonard Peltier visitare il sito: www.whoisleonardpeltier.info, e scrivere alla e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Per una informazione essenziale sulla figura e la vicenda di Leonard Peltier segnaliamo due testi la cui lettura e' indispensabile:
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
Nella rete telematica e' disponibile in italiano una breve ma precisa esposizione della vicenda di Leonard Peltier con il titolo "Alcune parole per Leonard Peltier" (con una puntuale bibliografia per ulteriori approfondimenti).

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. APPELLI. RACCOLTA FONDI PER AIUTARE LA BIBLIOTECA LIBERTARIA "ARMANDO BORGHI" A FARE FRONTE AI DANNI SUBITI A CAUSA DELL'ALLUVIONE DEL 16 E 17 MAGGIO 2023
[Dalla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (e-mail: bibliotecaborghi1916 at gmail.com) riceviamo e diffondiamo con viva solidarieta']

Le inondazioni che il 16 e 17 maggio 2023 hanno colpito molte localita' dell'Emilia Romagna, compresa Castel Bolognese, hanno provocato enormi danni alla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (in sigla: BLAB).
In questo momento particolarmente difficile della sua vita la BLAB fa appello a tutti coloro che apprezzano la sua attivita'.
Per far fronte ai danni subìti e ripartire serviranno molto lavoro e molti soldi.
Se volete aiutarci a superare questo momento di notevole difficolta', potete inviare un contributo economico fin da ora.
Anche somme modeste possono servire.
Con il vostro aiuto, tutti insieme, ce la possiamo fare.
Per inviare le sottoscrizioni si puo' effettuare un bonifico al conto corrente bancario della BLAB, presso CREDIT AGRICOLE - Agenzia di Castel Bolognese. Il codice IBAN, intestato a Biblioteca Libertaria Armando Borghi - Soc. Coop. e': IT16 C 06230 67530 000030040805

6. LIBRI. ROSAURA GALBIATI RILEGGE "COME NASCE IL SOGNO D'AMORE" DI LEA MELANDRI
[Dal sito della "Libera universita' delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo]

Riprendo in mano il libro di Lea dopo molto tempo e la sua dedica del 2003 mi rivela con stupore che sono passati 20 anni dalla prima lettura. Non mi sembrava cosi' tanto. Pero' non e' l'unica cosa, e certo non la piu' importante, che mi dicono le parole della dedica: Lea nomina "strade sotterranee e sogni che ci hanno fatto incontrare". Mi accorgo che e' andata cosi', anche prima di cominciare a rileggere. E' cosi' che ci si incontra attraverso i libri, se poi hai la possibilita' e la fortuna di conoscere chi li ha scritti, l'incontro si impreziosisce di una relazione piu' viva, non solo intellettuale, anche corporea.
Il libro "Come nasce il sogno d'amore" credevo di ricordarmelo, soprattutto grazie agli interventi successivi di Lea che nei corsi a Cernusco, negli incontri in sede, negli interventi in televisione e negli articoli hanno definito il suo femminismo, dove risultava evidente il suo riandare a questo testo per lei fondamentale, come quelli di Sibilla Aleramo che lo avevano ispirato.
Ho riletto tutto con calma, dandomi tempo, e ho continuato a stupirmi. Intanto ci ho trovato le sottolineature, le frasi gialle di evidenziatore ormai sbiadite, e alcune bicolori, giallo e arancio insieme a rafforzare un'idea che aveva impressionato piu' di altre. Era facile verificare cosa mi colpiva vent'anni fa, mentre mi chiedevo se le stesse sottolineature le rifarei oggi, quelle li' e non altre, oppure altre e non quelle. Avevo segnato interi frammenti del libro, sia delle parole di Aleramo che di quelle a commento di Lea, forse li avevo anche trascritti da qualche parte come ci insegnava a fare lei durante i corsi: trascrivere e commentare con parole nostre, ma prima, assolutamente trascrivere. Ricordo che qualcuna di noi non ne capiva fino in fondo l'utilita', il perche' occorresse farlo, e forse anch'io ho nutrito dei dubbi. Adesso lo so. Adesso che il percorso di rilettura di questo libro diventa un doppio e triplo percorso: nella me di allora, nella vita di Aleramo e in quella di Lea. Mentre rileggo cerco di capire le strade sotterranee attraverso cui ci si incontra con se' stessi, con una donna nata oltre un secolo fa, con le riflessioni di Lea e i cambiamenti che l'hanno portata ad essere quella che e'.
Nella prima parte del libro, "I Racconti del gelo", pensieri buttati giu' dal gennaio al marzo 1982 mi incantano: sono parole che arrivano dirette alla mia esperienza, e al cuore, si puo' dire cuore sapendo di essere capite? Credo di si'. Trovo evidenziate parole lapidarie: l'esperienza dell'abbandono, il gelo, il potere dell'assenza, e frasi intere: "essere tutti e nessuno e' l'umanita' delle donne e la loro miseria"; "L'onnipotenza e' cio' che gli uomini continuano ad attribuire alle donne perche' non cessino mai di essere madri...".
Parla degli orsi nel gelo Lea, non afferro bene, ma non importa capire, gli animali, soprattutto orsi e lupi io li amo da sempre e mi cattura la loro presenza nelle sue parole. Trovo anche qualche punto di domanda messo a matita, che ora mi sembra impossibile aver segnato, e' cosi' piu' chiaro adesso...
Poi c'e' la dedica all'analista che mi commuove, forse perche' anch'io ho fatto la mia, a suo tempo.
Quando comincio a rileggere la sezione su Sibilla Aleramo, il corpo principale del libro, sono quasi tutte sottolineature; e' la parte piu' consistente e la piu' difficile da affrontare, me lo ricordavo. Man mano che leggo mi libero un po' dal continuo confronto con la lettura del passato, eppure, rileggere serve a far rinascere i pensieri e mi si muove qualcosa nella pancia. Con accenti poetici - che forse non avrebbero ragione di stare in un saggio - le parole di Lea mi toccano nel profondo e capisco che li' c'e' qualcosa che com-muove; e a muoversi non e' solo il pensiero, anche se Lea confessa che ha sempre fatto muovere piu' il pensiero delle gambe. Resta l'evidenza che le sue riflessioni sollecitate da quelle di Aleramo, ne fanno muovere altre e forse proprio a questo servono i libri. Dice Lea che i suoi pensieri hanno imparato a viaggiare e anche i miei, ognuno fa le sue strade, ma le strade sotterranee poi si incontrano, come ha scritto nella dedica.
Mi stupisco di non avere sottolineato questa frase: "Se una donna guardasse l'abisso sopra il quale cammina, non costruirebbe piu' strade per gli altri. Le donne conoscono il dolore e la rabbia per partorire un figlio, ma non quanto basta per partorire se' stesse". Provvedo subito: lo sottolineo e lo evidenzio adesso, con vent'anni di ritardo. Anzi, sarebbe senza dubbio un frammento da trascrivere insieme a quest'altro: "Non conoscevo il calore che danno i pensieri quando hanno radici profonde e i fiori a portata di mano". Il giorno dopo, 2 febbraio '82, Lea aggiunge: "Si puo' scrivere anche per strada quando i pensieri non sono piu' lacci che stringono i piedi e le mani. Ma se il cuore e' una bestia impazzita e non basta una stanza a tenerlo, io i pensieri li annodo e gli faccio una gabbia".
Anche Aleramo ha cercato per tutta la vita di dar voce a pensieri che molte donne vorrebbero tenere nascosti. Ci sono evidenze, soprattutto nei frammenti dove la sintesi e' netta e quindi appare assoluta, di qualcosa che disturba chi legge: lo dichiara Lea e lo sento anch'io. Forse e' il motivo per cui nel gruppo ci capitava, leggendo alcune affermazioni, di contrapporre reazioni diverse che andavano da "non capisco" al "capisco, ma non e' cosi'" fino al definitivo "non mi piace, posso anche capire pero' lo rifiuto".
La riproposizione del tema dell'amore come fusione a due e dell'amore come mancanza e' di per se' disturbante, e' disturbante quel desiderio che e' anche la prima modalita' del bambino, le sue intenzioni sul mondo intorno a lui. Riguardo alla mancanza - mi sembra che lo abbiano detto in tanti - io ho in mente le parole di Umberto Galimberti, che cito a memoria: la presenza di un corpo non muove il desiderio quanto l'assenza e anche quando un corpo c'e' non si ha mai la sensazione di averlo. Piu' che un rapporto simbiotico una ricerca precisa, una specie di trascendenza come quella che trapela dal linguaggio dei mistici.
Che l'altro non si lasci assimilare ne' come corpo ne' come personalita' appare chiaro nell'incontro di Sibilla con Lina, due donne.
Il confronto tra vite che nasce dai libri qui ha per tema l'amore e credo sia impossibile restare indifferenti. Gli scritti di Sibilla Aleramo indagati da Lea si possono disapprovare e forse anche detestare. Sicuramente c'e' qualcosa che infastidisce, che ha infastidito anche me pure interessata da sempre ai bisogni emotivi, agli impulsi dei desideri e delle paure, sentimenti complessi e importanti che richiedono una guida interna ed esterna per potercisi muovere e magari districare. Mi sembra che infastidisca di per se' quello che crea dipendenza, sia affettiva che comportamentale. Eppure, dipendenza e indipendenza dovrebbero essere dimensioni compatibili.
Credo che sia vero - e' stato gia' scritto - che l'indipendenza autentica poggia sulla capacita' di dipendenza, e' un po' come far sperimentare a se' stessi che c'e' si' una soggettivita', ma in presenza dell'altro. Piu' o meno tutti hanno bisogno di un'indipendenza sana perche' ce n'e' anche una che rigetta la realta' e che si esprime nei termini di "non ho bisogno di niente e di nessuno". Una pretesa, un'illusione, una sensazione ingannevole che qualcosa minacci la propria integrita' e che a volte rende difficile accettare che nei nostri comportamenti si nascondano timori di separazione, abbandoni e solitudini. Certo la dipendenza affettiva produce il desiderio di fusione e quando si fa di tutto per realizzarlo, arrivano il malessere psicofisico e l'annullamento di se' che accompagnano le relazioni negative.
Lo scrive Lea nel capitolo "E la mestissima liberta'": "l'amore per un uomo e l'amore per un figlio, a volte non sono lontani quanto sembrano, percorsi da una richiesta e da un esito che sono sostanzialmente gli stessi: crearsi una situazione di indispensabilita'...".
Lea chiarisce bene che le caratteristiche della dipendenza sono la difficolta' a riconoscere i propri bisogni e la tendenza a subordinarli a quelli dell'altro. Da li' arrivano inevitabilmente il senso di inadeguatezza e la paura di cambiare e il votarsi al sacrificio. Atteggiamenti tanto piu' frequenti nelle donne, anche per motivi culturali.
Parlare del sogno d'amore e della dipendenza affettiva obbliga a indagare sui rapporti genitoriali e sull'accudimento ricevuto e dato. Lea lo fa commentando gli scritti di Aleramo, ma evidenzia anche gli eventuali passi per uscire da un eccesso di dipendenza affettiva legata a stili genitoriali ambivalenti dell'infanzia.
Trovo in Lea quella capacita' creativa di riconoscere nei pensieri e nelle parole degli altri sempre nuove connessioni - nessi, come li chiama sempre lei - capaci di far partire qualcosa, di portare a un cambiamento.
Riconoscere di avere un problema, considerare il proprio benessere come prioritario, intraprendere un rapporto terapeutico e frequentare gruppi di auto-aiuto sono passi possibili. Il rispecchiamento consapevole credo sia sempre una risorsa, che avvenga con un terapeuta, con l'altro in un gruppo, o con un libro.
Il libro di Lea e' scomodo e prezioso, favorisce la consapevolezza di quello che ci puo' causare disagio perche' - e' capitato anche a me - leggendo si possono osservare somiglianze e differenze con la propria vita.
Ho sempre pensato che anche attraverso i libri le persone possono diventare specchi, come succede negli incontri in carne e ossa. Le possibilita' sono tante e diverse: incontrarsi, incontrarsi e non riconoscersi, come se quell'altro te stesso fosse appunto un altro, oppure non incontrarsi affatto perche' troppo presi da quel che si vuole essere. Non e' facile far la conoscenza con una sorta di "straniero interno".
Pensare che Aleramo e' morta nel 1960 quando c'ero e forse gia' cominciavo a pensare, mi procura una strana sensazione, non la vorrei definire. Se non e' autosuggestione, mi sembra di aver sempre fatto come lei, anzi come loro, cercare di conoscermi, di spiegarmi, gia' molto prima della crisi che mi ha portato a un percorso di analisi di cui sono assolutamente grata. Forse da sola non ce l'avrei fatta.
Adesso anche la scrittura e' diventata un modo di continuare a riconoscermi e a impiegare energie per cercare nella creativita' una specie di interezza. Anch'io ho cercato di capire e tenere insieme parti diverse e magari mi piacerebbe arrivare alla "mestissima liberta'" di cui si parla nel libro.
Alla rilettura ho capito di piu', ho ritrovato molto di tutto, e mi sono un po' liberata di quell'"orfanita' che si nasconde dietro la potenza materna"; in passato non ho voluto figli, piu' per un'intuizione di quello che sarebbe stato di me da madre che per una scelta consapevole.
E' vero, come dice Lea, che gli scritti di Aleramo, soprattutto i diari e le lettere, mostrano anche "l'uomo che trova il suo equilibrio nella complementarita' dei ruoli".
Piu' di tutti gli uomini ritratti nel libro mi colpisce Boccioni quando scrive a Sibilla: "... vi siete cullata in un'ispezione, in un'analisi corrosiva cercando di comunicare cio' che non e' comunicabile... mentre vi scrivo mi vengono a fior di mente mille problemi di vita interna, angosce, possibilita', fusioni, affinita', passione, sacrificio e altre belle cose... butto tutto dalla finestra con disgusto".
Ci ho sentito, oltre al suo espresso con tanta feroce sicurezza, tanti altri giudizi ancora correnti sul modo di porsi rispetto all'introspezione, verdetti che non provano a capire, ma rigettano l'altro con un una certa sprezzatura e un certo senso di superiorita'. Mi piace come Aleramo risponde all'accusa di costruire su sabbie mobili, dice: "cercavo unicamente me stessa". Credo sia quello che ha fatto anche Lea, che continua a fare e che, nel rispetto di una piena liberta' di scelte differenti, forse potremmo fare tutte. E fa niente se, come si chiede Sibilla, che non ha mai smesso di intuire, di dubitare e di alternare lucidita' e sogno, "l'essere desta" puo' rivelarsi piu' triste del "lungo sonno".
Cernusco, 24 maggio 2023

7. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI SYLVIA PLATH
[Riproponiamo ancora una volta alcune poesie di Sylia Plath estratte da Sylvia Plath, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2013, traduzione di Anna Ravano.
Sylvia Plath (Boston, 27 ottobre 1932 - Londra, 11 febbraio 1963) e' tra le maggiori voci poetiche del Novecento. Tra le opere di Sylvia Plath: Diari, Adelphi, Milano 1998, 2004; Johnny Panic e la Bibbia dei sogni, Mondadori, Milano 1986, 2003; La campana di vetro, Mondadori, Milano 1968, 2002; Lady Lazarus e altre poesie, Mondadori, Milano 1976, 1999; Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2013. Tra le opere su Sylvia Plath: Sylvia Plath in immagini e parole, Edizioni Ripostes, Salerno-Roma 1996; Plath. Vita, poetica, opere scelte, Il sole 24 ore, Milano 2008]

Tulipani

I tulipani sono troppo eccitabili, qui e' inverno.
Guarda com'e' tutto bianco, quieto, coperto di neve.
Sto imparando la pace, distesa quietamente, sola,
come la luce posa su queste pareti bianche, questo letto, queste mani.
Non sono nessuno; non ho nulla a che fare con le esplosioni.
Ho consegnato il mio nome e i miei vestiti alle infermiere,
la mia storia all'anestesista e il mio corpo ai chirurghi.

Mi hanno sistemato la testa fra il cuscino e il risvolto del lenzuolo
come un occhio fra due palpebre bianche che non vogliono chiudersi.
Stupida pupilla, deve assorbire tutto.
Le infermiere passano e ripassano, non danno disturbo,
passano come gabbiani diretti nell'interno, in cuffia bianca,
le mani affaccendate, ciascuna identica all'altra,
sicche' e' impossibile dire quante sono.

Il mio corpo e' un ciottolo per loro, lo accudiscono come l'acqua
accudisce i ciottoli su cui deve scorrere, lisciandoli piano.
Mi portano il torpore nei loro aghi lucenti, mi portano il sonno.
Ora che ho perso me stessa, sono stanca di bagagli -
la mia ventiquattrore di vernice come un portapillole nero,
mio marito e mia figlia che sorridono dalla foto di famiglia;
i loro sorrisi mi si agganciano alla pelle, ami sorridenti.

Ho lasciato scivolar via le cose, cargo di trent'anni
ostinatamente aggrappata al mio nome e al mio indirizzo.
Con l'ovatta mi hanno ripulito dei miei legami affettivi.
Impaurita e nuda sulla barella col cuscino di plastica verde
ho visto il mio servizio da te', i cassettoni della biancheria, i miei libri
affondare e sparire, e l'acqua mi ha sommerso.
Sono una suora, adesso, non sono mai stata cosi' pura.

Io non volevo fiori, volevo solamente
giacere con le palme arrovesciate ed essere vuota, vuota.
Come si e' liberi, non ti immagini quanto -
E' una pace cosi' grande che ti stordisce,
e non chiede nulla, una targhetta col nome, poche cose.
E' a questo che si accostano i morti alla fine; li immagino
chiudervi sopra la bocca come un'ostia della Comunione.

Sono troppo rossi anzitutto, questi tulipani, mi fanno male.
Li sentivo respirare gia' attraverso la carta, un respiro
sommesso, attraverso le fasce bianche, come un neonato spaventoso.
II loro rosso parla alla mia ferita, vi corrisponde.
Sono subdoli: sembrano galleggiare, e invece sono un peso,
mi agitano con le loro lingue improvvise e il loro colore,
dodici rossi piombi intorno al collo.

Nessuno mi osservava prima, ora sono osservata.
I tulipani si volgono a me, e dietro a me alla finestra,
dove una volta al giorno la luce si allarga lenta e lenta si assottiglia,
e io mi vedo, piatta, ridicola, un'ombra di carta ritagliata
tra l'occhio del sole e gli occhi dei tulipani,
e non ho volto, ho voluto cancellarmi.
I vividi tulipani mangiano il mio ossigeno.

Prima del loro arrivo l'aria era calma,
andava e veniva, un respiro dopo l'altro, senza dar fastidio.
Poi i tulipani l'hanno riempita come un frastuono.
Ora s'impiglia e vortica intorno a loro cosi' come un fiume
s'impiglia e vortica intorno a un motore affondato rosso di ruggine.
Concentrano la mia attenzione, che era felice
di vagare e riposare senza farsi coinvolgere.

Anche le pareti sembrano riscaldarsi.
I tulipani dovrebbero essere in gabbia come animali pericolosi,
si aprono come la bocca di un grande felino africano,
e io mi accorgo del mio cuore, che apre e chiude
la sua coppa di fiori rossi per l'amore che mi porta.
L'acqua che sento sulla lingua e' calda e salata, come il mare,
e viene da un Paese lontano quanto la salute.

18 marzo 1961

*

Papa'

Non mi vai piu', no,
non mi vai piu', scarpa nera,
in cui per trent'anni ho vissuto
come un piede, povera e bianca,
senza osare respiro o starnuto.

Ho dovuto ucciderti, papa'.
Sei morto prima che avessi il tempo -
Pesante come marmo, otre pieno di Dio,
orrida statua con un alluce grigio,
grosso come una foca di Frisco

e la testa nell'Atlantico bizzarro
dove fiotta verde oliva sul blu
nelle acque della bella Nauset.
Pregavo per riaverti, un tempo.
Ach, du.

In lingua tedesca, nel paese polacco
spianato dal rullo compressore
di guerre, guerre, guerre.
Ma il nome del paese e' comune.
Il mio amico polacco dice

che ce n'e' dozzine.
E cosi' non ho mai saputo
dove piantasti il piede, la radice,
e di parlarti non mi e' mai riuscito.
La lingua mi si attaccava al palato,
presa in trappola dal filo spinato.
Ich, ich, ich, ich,
e sempre mi bloccavo li'.
Ogni tedesco mi sembrava te
e la lingua era oscena,

una locomotiva, un treno
che mi portava via ciuff ciuff come un ebreo.
Un ebreo ad Auschwitz, Belsen, Dachau.
Ho cominciato a parlare da ebrea.
Potrei anche esserlo, ebrea.

Le nevi del Tirolo, la birra chiara di Vienna
non sono cosi' genuine e pure.
Con l'ava zingara e la mia strana sorte
e il mio mazzo di tarocchi, le mie carte,
un po' ebrea lo sono forse.

Mi hai sempre fatto paura, tu,
con la tua Luftwaffe, il tuo ostrogoto,
il tuo baffetto ben curato,
l'occhio ariano, cosi' blu.
Uomo-panzer, uomo-panzer, ah tu -

Non Dio, una svastica piuttosto,
cosi' nera che il cielo si arresta.
Tutte le donne amano il fascista,
lo stivale in faccia, il brutale
cuore brutale di un bruto par tuo.

Nella foto che ho di te, papa',
sei ritto davanti alla lavagna.
Invece del piede hai il mento fesso,
ma sei un diavolo lo stesso,
sei sempre l'uomo nero che

azzanno' e squarcio' in due Il mio cuore rosso.
Ti seppellirono che avevo dieci anni.
A venti cercai di morire
e tornare, tornare, tornare da te.
Anche le ossa potevano bastare.

Ma mi tirarono fuori dal sacco,
e mi rincollarono pezzo su pezzo.
E allora capii cosa fare.
Mi fabbricai un modello di te,
un uomo in nero con un'aria da Meinkampf,

un amante del bastone e del torchio.
E pronunciai il mio si', il mio si'.
Eccomi dunque alla fine, papa'.
Il telefono nero e' strappato,
sradicato, le voci non ci strisciano piu'.

Se ho ucciso un uomo, ho fatto il bis -
Il vampiro che si spaccio' per te
e mi succhio' il sangue per un anno,
per sette, se proprio vuoi saperlo, va'!
Torna pure nella fossa, papa'.

C'e' un palo nel tuo cuoraccio nero
e a quelli del paese non sei mai piaciuto.
Adesso ballano e ti pestano coi piedi.
Che eri tu l'hanno sempre saputo.
Papa', papa', bastardo, e' finita.

12 ottobre 1962

*

Circo a tre piste

Sotto la tenda da circo di un uragano
progettato da un dio ubriaco
il mio prodigo cuore esplode ancora
in una furia di pioggia color champagne
e i frammenti prillano come una banderuola
tra gli applausi delle angeliche schiere.

Ardita come la morte e disinvolta
invado la mia tana del leone;
una rosa di rischio mi fiammeggia nella chioma,
ma schiocco la frusta con mortale bravura
e difendo con una sedia le mie ferite perigliose
mentre hanno inizio i morsi d'amore.

Come Mefistofele beffardo,
celato nelle vesti di un illusionista,
il mio demone fatale volteggia su un trapezio,
tra un turbinio di coniglietti alati,
per poi sparire con diabolica scioltezza
in un fumo che mi brucia la vista.

8. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

9. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

10. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

11. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

12. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 170 del 19 giugno 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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