[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 107
- Subject: [Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 107
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Wed, 9 Jun 2021 08:15:26 +0200
***************************
LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
***************************
Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 107 del 9 giugno 2021
In questo numero:
1. Nicolo' Trocker: Piero Calamandrei
2. Giorgio Piras: Sebastiano Timpanaro
1. MAESTRI. NICOLO' TROCKER: PIERO CALAMANDREI
[Da Il contributo italiano alla storia del pensiero: Diritto (2012) nel sito www.treccani.it]
"La personalita' di Piero Calamandrei", scrive Giovanni Pugliese (1979, p. VI), "era affascinante non solo per la ricchezza morale e la passione civile che l'animava ma anche per la vastita' degli orizzonti culturali, l'intensita' dei sentimenti, l'eleganza e l'arguzia della parola. Ma forse il suo valore piu' profondo stava nel suo carattere composito e multiforme. In Calamandrei, invero, convivevano l'avvocato, il giurista teorico (o, come suole impropriamente dirsi, 'dogmatico'), il letterato, lo storico del diritto, lo scrittore politico". Mauro Cappelletti (1966, p. VI) ha messo in risalto come "da Calamandrei sempre il diritto [sia] concepito come fenomeno non puramente normativo, tecnico, astratto, ma come elemento di una piu' ampia esperienza culturale, elemento essenziale della cultura dell'uomo e della societa', profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni da un lato, nelle esigenze sociali economiche ideali di evoluzione e di trasformazione dall'altro lato. Ed e' la passione politica, sociale, culturale che fa di Calamandrei giurista, forse il meno 'puro' ma, nonostante questo od anzi proprio per questo, il piu' complesso ed avvincente e certamente uno dei piu' rilevanti e significativi, sul piano interno ed internazionale tra i giuristi italiani del Novecento".
*
La vita
Calamandrei nasce a Firenze il 21 aprile 1889 da una famiglia di giuristi toscani. Il padre, Rodolfo, e' avvocato, professore di diritto commerciale all'Universita' di Siena e deputato al Parlamento per il Partito repubblicano dal 1906 al 1908. Il nonno Agostino e' magistrato. Padre e nonno sono le figure dominanti nella formazione morale e culturale del giovane Calamandrei, come egli stesso ci testimonia nell'affascinante libro di ricordi Inventario della casa di campagna (1941, 19452).
Nel 1912 Calamandrei si laurea a Pisa in giurisprudenza con una brillante tesi in diritto processuale civile discussa con Carlo Lessona. Nel 1914 una borsa per studi di perfezionamento lo porta a Roma, alla scuola di Giuseppe Chiovenda, il fondatore della moderna scienza processual-civilistica italiana, e anche colui che Calamandrei, per tutta la vita, onorera' come suo grande maestro e della cui opera sara' il piu' efficace continuatore. Nel 1915 Calamandrei ottiene la cattedra di procedura civile all'Universita' di Messina.
Interventista, partecipa alla Prima guerra mondiale come volontario, iniziandola con il grado di sottotenente e terminandola con quello di capitano e la decorazione della croce di guerra.
Dopo la fine della guerra torna all'insegnamento universitario, passando nel 1918 all'Universita' di Modena. Dal 1920 al 1924 e' professore ordinario di diritto processuale civile presso l'Universita' di Siena.
Nel 1920 crea a Firenze, insieme a Gaetano Salvemini, Carlo e Nello Rosselli, Ernesto Rossi, Alessandro Levi, Nello Tarquandi e altri il Circolo della cultura, che nel dicembre 1924 verra' devastato dai fascisti. Nel 1925 firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce ed entra a far parte dell'Unione nazionale fondata da Giovanni Amendola.
Dal 1924 e' professore all'Universita' di Firenze. Accanto al magistero universitario svolge intensamente e brillantemente la professione di avvocato ed e' impegnato in un'importante opera di organizzatore culturale, fondando, nel 1924, la "Rivista di diritto processuale civile" (di cui sara' prima redattore capo e poi direttore insieme a Chiovenda e Francesco Carnelutti), nel 1926 "Il Foro toscano" (con Enrico Finzi, Lessona e Giulio Paoli), nel 1932 la collana di Studi sul processo civile.
Nel 1941 Calamandrei aderisce al movimento Giustizia e liberta'. L'anno successivo e' tra i fondatori del Partito d'azione, ed e' espressamente indicato tra lo "sparuto gruppo di intellettuali bigi" su cui punta il dito il settimanale fascista fiorentino "Il Bargello" in un fondo dal titolo Giu' la maschera, messeri.
Nel maggio 1943, il "noto antifascista" Calamandrei viene denunciato per "offese al Duce" e, colpito da mandato di cattura, e' costretto a rifugiarsi a Colicello Umbro, un piccolo paese vicino ad Amelia, fino all'estate del 1944.
Il 28 agosto 1944, dopo una tappa a Roma che e' stata liberata, e' di nuovo a Firenze. Si apre cosi' un periodo particolarmente intenso e appassionato della sua vita.
Dal settembre 1944 all'ottobre 1947 guida con continuita' l'Ateneo fiorentino in veste di rettore. In qualita' di docente, tiene, presso la facolta' giuridica, il corso di procedura civile e quello di diritto costituzionale. Per otto anni, dal 1945 al 1953, e' impegnato nell'attivita' parlamentare, prima come membro della Consulta nazionale (1945-46) e dell'Assemblea costituente (1946-48), poi come deputato della prima legislatura repubblicana. Nell'aprile del 1945 fonda, insieme a Corrado Tumiati, la rivista "Il Ponte", che rappresentera' uno degli strumenti piu' incisivi della sua battaglia civile in favore del risanamento dei costumi e dell'attuazione della carta costituzionale.
Come uno dei protagonisti piu' prestigiosi dell'avvocatura italiana, nel 1947 viene eletto presidente del Consiglio nazionale forense, ruolo che ricopre fino al giorno della morte, avvenuta a Firenze il 27 settembre 1956.
*
La funzione critica e propositiva del giurista
Per Calamandrei, diritto e studio del diritto non furono mai ne' mera accettazione esegetica di testi ne' pura elaborazione dogmatica e ricostruzione di concetti. Nel discorso inaugurale dell'anno accademico 1921-22, tenuto all'Universita' di Siena il 13 novembre 1921, egli mette in guardia contro le "esagerazioni cui sono giunti di recente anche in Italia certi seguaci intransigenti del metodo tecnico-giuridico, i quali, ritenendo estranea al campo del giurista ogni indagine che non miri all'astratta costruzione dogmatica degli istituti positivi, hanno rimpicciolito la nostra scienza ad una specie di giuoco cinese altrettanto ingegnoso quanto inconcludente. Anche a voler ammettere la validita' e le benemerenze dell'indirizzo dogmatico, e' certo pero' che esso non puo' pretendere di negare che il giurista, dopo aver studiato da un punto di vista strettamente dogmatico gli istituti vigenti in iure condito non possa e non debba poi coscientemente mettere gli stessi istituti in relazione ai fini sociali che essi devono raggiungere e, ricercando in che misura essi siano in pratica mezzi adeguati al raggiungimento di questi fini, farne la critica in iure condendo. La scienza del diritto, se rinuncia ad ogni valutazione critica delle istituzioni vigenti, si condanna ad essere vuota accademia, tagliata fuori dalla vita che e' perpetuo movimento" (Governo e magistratura, "Annuario accademico della Regia Universita' di Siena", 1921-1922, poi in Opere giuridiche, II vol., 1966, p. 196).
Queste affermazioni non sono destinate a rimanere mere enunciazioni di principio, ma si traducono in un atteggiamento propositivo che proprio nella prolusione senese trova una manifestazione particolarmente significativa. E cosi' questo discorso e' una lucida e approfondita denuncia del modo in cui l'ordinamento giudiziario consente al potere politico di interferire sull'attivita' dei giudici. A questa situazione vengono contrapposti i principi, fondamentali nel moderno Stato di diritto, dell'indipendenza del giudice e dell'autonomia del potere giudiziario, intesi come condizioni essenziali per l'attuazione del principio di legalita'.
Il discorso si chiude con alcune precise rivendicazioni, come l'indipendenza del pubblico ministero dal potere esecutivo e la conseguente attuazione del principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale, la ricostituzione dell'unita' della giurisdizione mediante la trasformazione di tutte le giurisdizioni speciali in sezione specializzate della magistratura ordinaria e la realizzazione di una forma di autogoverno della magistratura.
Sono proposte che, dopo la caduta del fascismo, Calamandrei presentera', ulteriormente elaborate e precisate, prima nella Relazione preliminare (1945) alla commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato (la cosiddetta commissione Forti) e poi nella Relazione del deputato Piero Calamandrei sul potere giudiziario e sulla suprema corte costituzionale (1946) alla seconda sottocommissione della commissione per la costituzione dell'Assemblea costituente. Proposte che confluiranno in larga parte negli articoli 101, 102, 104, 106 e 110 della Costituzione repubblicana.
*
L'opera della stagione 'sistematica': Calamandrei civilprocessualista
Il periodo tra la fine della Prima guerra mondiale e la meta' degli anni Trenta e' per Calamandrei la stagione dei grandi lavori processual-civilistici di carattere sistematico-positivo, e lo vede come uno dei grandi protagonisti della nuova e prestigiosa scuola processual-civilistica italiana fondata da Chiovenda, che avverte la ristrettezza del metodo di analisi della scuola esegetica di stampo francese, volgendo la mente a una costruzione sistematica e colta del diritto.
In questo quadro di rinnovamento culturale e scientifico si inserisce il monumentale trattato in due volumi La Cassazione civile (1920; poi in Opere giuridiche, VI e VII vol., 1976), in cui la ricostruzione storica dell'istituto costituisce il presupposto della ricostruzione dogmatica, e la ricostruzione dogmatica offre i criteri teorici per una critica de iure condendo. Una grande opera, che diventa l'insostituibile punto di riferimento da cui ogni serio studio del tema deve prendere le mosse.
Anche su altri temi, un imponente complesso di saggi, studi e monografie ci consegna Calamandrei non solo 'decoratore' dell'edificio chiovendiano, ma grande autonomo maestro per le generazioni future.
Cio' vale per lo studio Il procedimento monitorio nella legislazione italiana (1926), che di uno degli aspetti fondamentali della moderna tematica della effettivita' della protezione dei diritti offre le ricostruzioni tecniche oltre che le indicazioni di un'adeguata regolamentazione, cosi' come per la splendida Introduzione allo studio sistematico dei procedimenti cautelari (1936), un insieme di concetti e di premesse che nessuno ha poi modificato.
E ancora, vale per i saggi Per la definizione del fatto notorio ("Rivista di diritto processuale civile", 1925, 4, pp. 273-304, poi in Opere giuridiche, V vol., 1972, pp. 425-52) e Verita' e verosimiglianza nel processo civile ("Rivista di diritto processuale civile", 1955, 3, pp. 164-92, poi in Opere giuridiche, V vol., cit., pp. 615-40), che diventano il vero punto di partenza per gli studi sulle prove, cosi' come vale per le indagini sulla sentenza, che aprono la strada a un nuovo settore di studi: quello della logica del giudice, punto di incontro tra la scienza del diritto e un certo settore del pensiero filosofico; un settore in cui il pensiero di Calamandrei, dopo una visione sillogistica del giudizio, approda a un dialogo con Croce e Guido Calogero.
E la sensibilita' di Calamandrei per gli aspetti che piu' incisivamente riflettono la moderna fisionomia della giustizia civile si coglie negli studi dedicati al processo sui diritti indisponibili. Nell'evoluzione successiva della legislazione questo settore ha assunto un ruolo centrale, al di la' della tradizionale area del diritto delle persone e della famiglia.
*
Calamandrei e l'elaborazione del codice di procedura civile
Dalla meta' degli anni Venti, l'attenzione di Calamandrei si dispiega con ricchezza di motivi anche verso i problemi della riforma del codice di procedura civile. Le occasioni per intervenire in modo organico in materia sono offerte prima dalla pubblicazione del progetto di Carnelutti (Progetto del codice di procedura civile presentato alla sottocommissione reale per la riforma del codice di procedura civile, 1926), che, con alcune modifiche, diventa il progetto che la commissione reale presenta al ministro della Giustizia Alfredo Rocco il 24 giugno 1926, e poi dalla presentazione del progetto preliminare del successivo ministro, Arrigo Solmi (Ministero di Grazia e giustizia, Codice di procedura civile: progetto preliminare e relazione, 1937).
La fase piu' delicata per Calamandrei si apre quando, alla fine del 1939, il nuovo guardasigilli Dino Grandi, da pochi mesi succeduto a Solmi, lo chiama, insieme agli altri due grandi maestri della scienza processual-civilistica italiana, Carnelutti ed Enrico Redenti, per fornire al regime la consulenza tecnica per la redazione di quello che diventera' il codice di procedura civile del 1940. Calamandrei svolge, nella preparazione del codice, un ruolo di primo piano. E' tuttavia difficile stabilire in quale misura e su quali istituti egli abbia direttamente influito in un codice che non nasce da un disegno unitario e coerente ma da una serie di complesse mediazioni e compromessi tecnici, nei quali si perde e si confonde il contributo individuale dei loro autori.
D'altronde, al di la' dei riferimenti retorici all'"autorita'" e agli "interessi dello Stato" o "della Nazione" che si trovano sparsi nella relazione Grandi al codice, quella che viene in realta' accolta e' una concezione del processo sostanzialmente rispettosa del principio dispositivo. L'estensione dei poteri del giudice e' ammessa entro limiti tali da non compromettere il valore fondamentale dell'autonomia delle parti, e gli spazi del processo inquisitorio sono rigorosamente definiti.
*
Il pensiero in materia costituzionale
Come scrittore politico, nota Norberto Bobbio nell'Introduzione al primo volume (1966) degli Scritti e discorsi politici di Calamandrei, con la sua opera egli ci ha lasciato in poco piu' di due lustri, dal 1944 al 1956, "una testimonianza della battaglia per il rinnovamento democratico del nostro Paese, non solo tra le piu' alte per nobilta' di ispirazione, ma pur tra le piu' ampie, documentate, illuminanti per la continuita' e tempestivita' degli interventi, per la ricchezza sostanziale dei contenuti, per l'importanza storica dei problemi suscitati e discussi" (Bobbio 1966, p. XI).
In un primo periodo, che va dalla liberazione di Firenze (1944) alla proclamazione della Repubblica (1946), i due temi dominanti dei suoi scritti sono la polemica contro i sostenitori della continuita' costituzionale dello Stato italiano e la difesa della sovranita' della Costituente.
Dopo la caduta del fascismo, il patto di Salerno, la Resistenza e il 25 aprile, la ricostruzione della democrazia in Italia non poteva che fondarsi, per Calamandrei, su di una rottura netta, 'rivoluzionaria', con il regime fascista e monarchico. La discontinuita' rivoluzionaria doveva manifestarsi attraverso l'affermazione di due principi fondamentali: la sovranita' popolare, intesa come principio fondante del nuovo ordinamento democratico, e l'Assemblea costituente, definita come organo straordinario e sovrano in quanto rappresentante diretto della volonta' politica del popolo. All'Assemblea costituente doveva essere riservata anche la scelta istituzionale fra monarchia e repubblica. Per questo, egli si oppose vivacemente all'idea di ricorrere al referendum istituzionale. Piu' tardi, peraltro, riconoscera' che, con il responso del referendum favorevole alla repubblica, ogni pretesto di continuita' del nuovo Stato con il precedente ordinamento statutario era definitivamente troncata.
Quale membro dell'Assemblea costituente e della cosiddetta commissione dei 75, incaricata di redigere il progetto della Costituzione, Calamandrei dara' un contributo ricchissimo, in cui a un rigore culturale e scientifico di alto livello si uniscono una spiccata passione politica e un forte desiderio di rinnovamento sociale.
Per quanto riguarda la parte organizzativa della Costituzione, Calamandrei si fa assertore di una forma di governo presidenziale che cumuli nel capo dello Stato, eletto direttamente dal popolo, l'ufficio del capo del governo, in modo da assicurare quella continuita' e stabilita' della politica essenziale per garantire la permanenza della democrazia: "se un regime democratico non riesce a darsi un governo che governi, esso e' condannato" (La Costituzione della Repubblica italiana nei lavori preparatori della Assemblea costituente, VII col., 1970, p. 933).
Assai nota e' la posizione di Calamandrei sul tema della laicita' dello Stato, che lo porta a opporsi con forza all'inserimento nella Costituzione di quello che sara' poi l'art. 7, contenente, da un lato, l'affermazione della 'pari sovranita'' dello Stato e della Chiesa cattolica, e, dall'altro, il richiamo acritico ai Patti lateranensi. Calamandrei parla di "innesto confessionale" incompatibile con lo spirito della Costituzione, e individua con chiarezza il problema giuridico che sembrera' poi insolubile negli anni successivi, vale a dire quello della prevalenza o meno delle norme costituzionali su quelle concordatarie. Strettamente connessa alla critica dell'art. 7 e' la posizione assunta di fronte alla disposizione del progetto che prevedeva l'indissolubilita' del matrimonio, poi respinta anche per effetto del suo intervento.
Determinante fu l'apporto di Calamandrei in tema di ordinamento giudiziario e di formazione della Corte costituzionale come organo supremo di supervisione e di limitazione anche del potere legislativo. Basta la semplice lettura delle sue proposte, formulate sotto forma di articoli di legge nella citata Relazione del 1946 alla commissione Forti, e il loro confronto con i titoli IV e VI della seconda parte della Costituzione repubblicana (che si riferiscono all'autogoverno della magistratura, all'indipendenza e inamovibilita' dei magistrati, al controllo sulla legittimita' costituzionale delle leggi), per rendersi conto del contributo da lui offerto al rinnovamento delle istituzioni.
Piu' complessa e' la posizione che egli assume in ordine all'introduzione nella Costituzione dei diritti sociali, accanto e oltre ai diritti classici di liberta'. In L'avvenire dei diritti di liberta', la sua ampia introduzione alla seconda edizione (1946) dei Diritti di liberta' (1926) di Francesco Ruffini, Calamandrei illustra lucidamente la ragion d'essere e la giustificazione storica dell'affacciarsi nelle costituzioni di una nuova categoria di diritti denominati 'diritti sociali', la cui caratteristica e' quella di impegnare "lo Stato a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono alla libera espansione morale e politica della persona umana" (in Opere giuridiche, III vol., 1968, p. 199).E' una formula che anticipa, in larga misura, quella che sara' adottata nell'art. 3, comma 2, della futura Costituzione. Ma all'Assemblea costituente rinascono i dubbi di Calamandrei sull'azionabilita' dei diritti sociali e, con cio' stesso, sull'opportunita' di introdurli nella Costituzione, in quanto "in Italia, al momento attuale, non si ha ne' l'intenzione ne' la possibilita' di accompagnare la loro affermazione con l'enunciazione dei mezzi pratici posti a disposizione del cittadino per farli valere" (cit. in P. Barile, Piero Calamandrei all'Assemblea Costituente, in Piero Calamandrei. Ventidue saggi su un grande maestro, a cura di P. Barile, 1990, pp. 343-44).
La scelta poi adottata dai costituenti, ovvero di affermare nella carta costituzionale un ampio catalogo di 'nuovi' diritti, verra' definita da Calamandrei con la frase, diventata famosa, in cui si dice che "per compensare le forze di sinistra della rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa" (Cenni introduttivi sulla Costituente e sui suoi lavori, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana, diretto da P. Calamandrei, A. Levi, I vol., 1950, p. XXXV).
*
La nuova legalita' costituzionale
Uno degli aspetti piu' significativi nell'itinerario culturale e politico di Calamandrei e' rappresentato dal suo costante riferimento al principio di legalita'.
Nel ventennio del regime il richiamo alla legalita' acquista per lui il significato di una lotta tenace contro il tiranno, di un tentativo di porre dall'interno del sistema un argine concettuale e morale contro l'invadenza accentratrice del potere esecutivo.
Il periodo della riconquistata liberta' diventa il momento di un riesame, nutrito di forte tensione morale, del passato culto della legalita' in senso formale, "dello sconsolato ossequio alle leggi" ancora professato in La certezza del diritto e la responsabilita' della dottrina ("Rivista di diritto commerciale", 1942, prima parte, p. 341-58, poi in Opere giuiridiche, I vol., 1965, pp. 504-511), elogio del coevo libro di Flavio Lopez de Onate La certezza del diritto. Questo riesame viene espresso in numerosi scritti, in cui egli denuncia con insistenza il pericolo del giudice legislatore e condanna il 'diritto libero'.
Negli Appunti sulla legalita', stesi nel 1944 per il corso di integrazione di diritto costituzionale, prende corpo una concezione della "legalita' in senso sostanziale" che si ha quando sia negata la "incontrollata onnipotenza del legislatore" e siano tracciati "limiti e procedimenti agli stessi poteri di questo in modo da ottenere che anche la funzione legislativa si 'legalizzi', ossia si svolga essa stessa secondo i dettami delle leggi precostituite" (in Opere giuiridiche, III vol., cit., p. 90).
Negli anni successivi Calamandrei confessera' di avere il sospetto che la pretesa indifferenza del giurista rispetto alla giustizia intrinseca della legge sia "un'illusione", mentre la battaglia per l'attuazione della Costituzione lo portera' a denunciare l'"ostentata immobilita'" di certi giudici di fronte al dettato normativo e l'"applicazione alla lettera" di vecchie leggi non piu' corrispondenti alle mutate esigenze della societa' (La crisi della giustizia, in La crisi del diritto, a cura della Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Padova, 1953, pp. 157-76, poi in Opere giuridiche, I vol., cit., pp. 579, 584).
E in uno dei suoi ultimo scritti, La funzione della giurisprudenza nel tempo presente (1955), riferendosi alla tendenza di certi giudici a considerare le norme costituzionali come "meri programmi" non dotati di efficacia immediata, censurera' "l'atteggiamento agnostico [...], questa specie di ironico gusto, che si intravede tra le righe di certe tendenze della giurisprudenza, di mettere in evidenza la manchevolezza delle leggi e di far ricadere tutte le colpe sull'inerzia del legislatore che non provvede, [atteggiamento che] non corrisponde piu' ai doveri costituzionali dell'ordine giudiziario, il quale, per accorgersi della Costituzione e delle mete che essa segna, non ha piu' bisogno di passare attraverso il tramite del legislatore" (La funzione della giurisprudenza nel tempo presente, "Rivista trimestrale di diritto e procedura civile", 1955, pp. 252-72, poi in Opere giuridiche, I vol., cit., pp. 00-01, 612).
Il messaggio che egli consegna alla nuova generazione di studiosi e di pratici del diritto e' quello di battersi per una nuova legalita': una legalita' attenta ai valori costituzionali.
*
La collocazione del processo entro una generale visione dello Stato
In questo stesso periodo, in cui il Calamandrei processualista non e' disgiungibile dal costituzionalista e l'esperienza dello studioso si unisce a quella del costituente, egli illumina un aspetto del diritto processuale fino ad allora del tutto trascurato, cioe' l'aspetto di ordine pubblico (si potrebbe dire di ordine costituzionale) che si scopre nelle norme del processo.
Calamandrei colloca il processo civile nella struttura dello Stato democratico, indicandone la funzione e delineandone le garanzie fondamentali: il processo diventa un capitolo del piu' generale tema dei rapporti tra cittadino e Stato. Poiche' il processo e' strumento per un comando, esso deve trovare la sua giustizia nel metodo con il quale il comando e' posto, nella struttura prescelta per la sua affermazione. Nel processo, come nella democrazia, la comune occorrenza di un dibattito – il rispetto del contraddittorio – e' conseguenza e manifestazione di una comune esigenza: la giustificazione della norma. E una garanzia e' la stessa giurisdizione, come da lui presentata gia' nelle Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo codice (2 voll., 1941-43), una delle opere di maggiore impegno nella sua produzione scientifica.
Ma e' nel celebre volume Processo e democrazia (1954), che raccoglie le famose 'conferenze messicane' – tenute nel 1952 alla facolta' di Diritto dell'Universita' nazionale del Messico, e che sono una delle testimonianze piu' vive della risonanza mondiale del suo insegnamento e della sua visione universale del compito della scienza processuale –, che i problemi delle garanzie costituzionali del processo, oggi diremmo i problemi delle garanzie del 'giusto processo', acquistano una profondita' e un'ampiezza di prospettive prima sconosciute. A quelle conferenze si deve anche la prima accentuazione 'sociale' del diritto di azione e di difesa con il prepotente imporsi, al centro dell'attenzione, dei problemi della parita' delle armi e dell'eguaglianza sostanziale delle parti nel processo.
Meriterebbero di essere ricordate molte altre opere, che testimoniano l'attualita' del pensiero di Calamandrei, interprete del suo tempo ma gia' disegnatore del futuro. Tra queste, sicuramente gli scritti importantissimi La illegittimita' costituzionale delle leggi nel processo civile (1950) e Corte costituzionale e autorita' giudiziaria (1956), dedicati a una nuova forma di giustizia, quella costituzionale, che nei decenni successivi avra' una grandissima espansione in Italia, in Europa, nel mondo. Questi scritti sono ancora oggi il punto di inizio di ogni meditazione sul tema. Anche in questo campo a Calamandrei va riconosciuto il ruolo di un indiscutibile e indiscusso fondatore.
*
Opere
Opere giuridiche, a cura di M. Cappelletti, 10 voll., Napoli 1965-1985.
Scritti e discorsi politici, a cura di N. Bobbio, 2 voll., 3 tt., Firenze 1966.
Lettere 1915-1956, a cura di G. Agosti, A. Galante Garrone, 2 voll., Firenze 1968.
Diario 1939-1945, a cura di G. Agosti, 2 voll., Firenze 1982.
*
Bibliografia
M. Cappelletti, In memoria di Piero Calamandrei, Padova 1957.
"Il Ponte", 1958, supplemento al nr. 11: Piero Calamandrei.
N. Bobbio, Introduzione a P. Calamandrei, Scritti e discorsi politici, I vol., Firenze 1966, pp. I-LX.
M. Cappelletti, Presentazione a P. Calamandrei, Opere giuridiche, II vol., Napoli 1966, pp. V-XXI.
S. Rodota', Calamandrei Piero, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, XVI vol., Roma 1973, ad vocem.
G. Pugliese, Presentazione a P. Calamandrei, Opere giuridiche, VIII vol., Napoli 1979, pp.V-XIII.
A. Galante Garrone, Calamandrei, Milano 1987.
Piero Calamandrei. Ventidue saggi su un grande maestro, a cura di P. Barile, Milano 1990.
Piero Calamandrei rettore dell'Universita' di Firenze. La democrazia, la cultura, il diritto, a cura di S. Merlini, Milano 2005.
F. Cipriani, Piero Calamandrei e la procedura civile, Napoli 2007, 2009 (2).
2. MAESTRI. GIORGIO PIRAS: SEBASTIANO TIMPANARO
[Dal Dizionario biografico degli italiani, Vol. 95 (2019), nel sito www.treccani.it]
Sebastiano Timpanaro nacque a Parma il 5 settembre 1923 da Sebastiano sr. (1888-1949) e da Maria Cardini (1890-1978).
Il padre, fisico con ampi interessi filosofici e artistico-letterari, fu costretto per le sue convinzioni antifasciste a interrompere la carriera universitaria cominciata a Parma; insegno' nelle scuole Pie fiorentine prima di essere nominato nel 1942, per iniziativa di Giovanni Gentile, direttore della pisana Domus Galilaeana. La madre, insegnante di materie letterarie nelle scuole medie, si era laureata in filologia classica a Napoli con Alessandro Olivieri e fu in gioventu' vicina alla poesia dadaista; ebbe incarichi amministrativi e si impegno' nella riorganizzazione del sistema scolastico pisano dell'infanzia dopo la guerra.
Timpanaro studio' all'Universita' di Firenze, dove segui' tra gli altri i corsi di Giorgio Pasquali, Giacomo Devoto e Giuseppe De Robertis, che lo indirizzo' verso i successivi studi leopardiani. Si laureo' in lettere nel 1945 con Nicola Terzaghi come relatore, con una tesi su Ennio, ma il suo vero maestro rimase Pasquali, alle cui lezioni e seminari, oltre che a Firenze, partecipo' come esterno anche presso la Scuola normale superiore di Pisa, citta' in cui la famiglia si era trasferita a seguito della nomina del padre alla direzione della Domus Galilaeana. Dal 1945 al 1959 insegno' materie letterarie in diverse scuole medie inferiori della provincia di Pisa, prima come incaricato e poi come docente di ruolo. Partecipo' sempre alle attivita' accademiche a Pisa e a Firenze, in particolare ai seminari di Eduard Fraenkel, Augusto Campana, Alessandro Perosa. La sua produzione ebbe un notevole impatto, sia quella filologica classica sia quella sul materialismo e sulla psicanalisi. Dal dopoguerra milito' nell'ala sinistra del partito socialista italiano, vicino alle posizioni di Lelio Basso e Rodolfo Morandi, e passo' poi nel Partito socialista italiano di unita' proletaria e nel Partito di unita' proletaria. Pur senza ricoprire cariche di vertice, partecipo' attivamente alla vita politica pisana, per rimanere sempre un acuto osservatore dei fenomeni politici e ideologici (fu un attento lettore di Quaderni piacentini) e un convinto sostenitore del marxismo, in particolare di ispirazione engelsiana.
A partire dai fondamentali articoli giovanili enniani, Timpanaro puo' essere considerato uno dei piu' importanti filologi classici della seconda meta' del Novecento. I suoi contributi non si limitano alla letteratura latina arcaica, ma riguardano anche Lucrezio, Virgilio, Seneca, Lucano, cosi' come autori piu' tardi (Frontone, Servio, Macrobio, Festo e i grammatici, l'Anthologia latina), arrivando fino all'umanesimo italiano. Importanti anche alcuni saggi eschilei e l'edizione divulgativa con ampio commento del De divinatione di Cicerone (Milano 1988, ed. rivista 1998). La sua filologia, prevalentemente 'formale', in quanto razionale e collegata a una lettura analitica dei testi, si esprime – come avviene anche nell'amato Giacomo Leopardi – per lo piu' in studi puntuali, in adversaria filologici (in gran parte raccolti in Contributi di filologia e di storia della lingua latina, Roma 1978; Nuovi contributi di filologia e storia della lingua latina, Bologna 1994; Contributi di filologia greca e latina, a cura di E. Narducci, Firenze 2005).
I contributi specifici costituiscono la dimensione privilegiata della sua ricerca, che mira al raggiungimento dell'oggettivo 'vero filologico' ed e' lontana dalla critica letteraria estetica e da un giudizio di valore, anche se non e' indifferente all'aspetto 'ludico' della ricerca erudita. Il percorso induttivo tipico della filologia piu' rigorosa gli consente di allargare lo sguardo dal singolo passo e dato concreto verso fenomeni o considerazioni piu' ampie. Queste caratteristiche si riflettono nello stile espositivo, sempre molto chiaro ed efficace e lontano da raffinate esibizioni linguistiche: predomina il momento 'didascalico', non privo di un valore politico-ideologico, e con i lettori si instaura un confronto franco, come si trattasse di un "seminario scritto" (Santangelo, 2014, p. 57), cui corrispose un atteggiamento personale di modestia e la grande disponibilita' nei confronti degli altri studiosi che si rivolgevano a lui, in particolare verso i piu' giovani.
Dal maestro Pasquali deriva il nesso inscindibile tra filologia e storia della lingua, che si associa anche all'interesse per la linguistica come momento di avvicinamento tra storia e scienza, natura e societa': il linguaggio e' una "formazione in qualche modo intermedia tra le formazioni naturali e le istituzioni sociali" (Sul materialismo, Pisa 1975, p. 32). La componente fortemente razionale e scientifica della linguistica permette inoltre di riconoscere gli elementi biologici e materialistici delle diverse lingue, inquadrate storicamente. Di qui l'attenzione anche per gli studi di linguistica teorica, sebbene i suoi contributi siano soprattutto di storia della disciplina (molti dei piu' rilevanti sono raccolti in Sulla linguistica dell'Ottocento, Bologna 2005): negli anni Cinquanta emerse, infatti, una forte propensione per la storia della filologia e della linguistica.
Il suo primo libro, La filologia di Giacomo Leopardi (Firenze 1955, Roma-Bari 1978, 1997), riscopri' l'attivita' di filologo e classicista del poeta, indipendente da quella letteraria e filosofica, e costituisce un importante tassello della storia della filologia classica italiana tra Sette e Ottocento. Negli studi sul pensiero di Leopardi, conseguenti a quelli di Cesare Luporini e Walter Binni che ne accentuarono i caratteri 'eroici' e progressivi, Timpanaro insiste' sul suo materialismo sensistico, coniugato a un profondo pessimismo, una posizione filosofica peraltro assai vicina a quella personale del critico, tanto da rendere possibile solo astrattamente la distinzione tra la sua attivita' di 'leopardista' e il suo spirito 'leopardiano'. La sua valutazione di Leopardi nel quadro della storia culturale dell'Ottocento non fu accolta senza polemiche per il portato politico di tale giudizio in una fase di riflessione della sinistra italiana (si veda in particolare Antileopardiani e neomoderati nella sinistra italiana, Pisa 1982).
Interrotto l'insegnamento secondario a causa delle crescenti difficolta' provate nell'affrontare gli ascoltatori ("una fobia del parlare in pubblico", scrisse di se' nel curriculum vitae presentato ai Lincei nel 1989), dal 1960 fino al pensionamento nel 1983 ebbe l'incarico di redattore presso la casa editrice fiorentina Nuova Italia di Tristano Codignola. Prese parte al seminario di Antonio Rotondo' a Firenze sulla critica neotestamentaria settecentesca (1983-85), per due anni come docente a contratto della facolta' di lettere.
Gli interessi per la storia della filologia culminarono nella ricostruzione storico-metodologica di La genesi del metodo del Lachmann (Firenze 1963, Padova 1981, 1985, rist. Torino 2003, tradotto in tedesco, inglese e francese), un volume di notevole impatto, la cui diffidenza, frutto dell'insegnamento pasqualiano, verso le rigidita' di applicazione del metodo stemmatico suscito' ulteriori interventi e discussioni e anche qualche ripensamento. Le ricerche condotte sulla storia degli studi classici e su Leopardi portarono Timpanaro al recupero e alla rivalutazione della corrente classicistica italiana di ispirazione illuminista e dei suoi aspetti progressisti e gettarono luce su molte figure ottocentesche di filologi e linguisti: si vedano soprattutto i saggi, poi raccolti in Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano (Pisa 1965, 1969, rist. Firenze 2011), Aspetti e figure della cultura ottocentesca (Pisa 1980) e Nuovi studi sul nostro Ottocento (Pisa 1994), che riguardano numerose personalita' (Pietro Giordani, Carlo Cattaneo, Graziadio Ascoli, Friedrich Schlegel, Giacomo Lignana, Theodor Gomperz, Domenico Comparetti, Angelo Mai), ma anche personaggi meno rilevanti e di altro ambito (per esempio, Pietro Canal, Francesco Cassi, Antonio Cesari, Giuseppe Fischetti, ma anche il rivoluzionario antiromantico livornese Carlo Bini, o il patriota Pietro Gioia). Da citare anche il quadro descritto in Il primo cinquantennio della "Rivista di filologia e d'istruzione classica", in Rivista di filologia e di istruzione classica, C (1972), pp. 387-441, e i vari interventi sui filologi piu' recenti (Nicola Terzaghi, Giuseppe De Robertis, Giuseppe Pacella), compresi Girolamo Vitelli e Pasquali, alla cui produzione 'stravagante' lo avvicinano la vastita' di interessi intellettuali, l'avversione per lo specialismo e la capacita' di spaziare in campi differenti da quelli di formazione, ampliati da Timpanaro in conoscenze di linguistica e storia della linguistica.
Negli anni Settanta, di fervida passione politica, prevalse l'attenzione per i fenomeni politico-sociali e di storia culturale (gli scritti politici sono raccolti in Il verde e il rosso. Scritti militanti 1966-2000, a cura di L. Cortesi, Roma 2001). I saggi del volume Sul materialismo (Pisa 1970, 1975, Milano 1997, tradotto in varie lingue) sostengono, innestandolo nella tradizione marxista, un materialismo illuministico ed edonista a cui non sara' stato estraneo l'interesse 'familiare' per la scienza e l'apprezzamento del positivismo per lo stimolo al progresso delle conoscenze scientifiche e appunto per il materialismo di fondo che lo caratterizza. Da una posizione di convinto ateismo e antiteodicea, Timpanaro vide nell'idealismo rischi di soggettivismo antimaterialista e critico' l'ispirazione idealista del marxismo storicista e dialettico e piu' in generale la tendenza 'giustificazionista' dello storicismo, fonte di innumerevoli trasformismi e opportunismi politici. Il suo pessimismo e il suo 'materialismo volgare' mostrano una chiara influenza leopardiana, tanto che piu' volte parla del suo come una sorta di 'marxismo-leopardismo' (per es. in Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano, cit., p. VIII). Questo spiega anche l'avversione per gli aspetti spiritualisti e anti-illuministi del romanticismo, senza pero' implicare una condanna generica e indifferenziata del movimento culturale e una sua identificazione con la reazione e il bigottismo contrapposti schematicamente al progressismo classicista.
Una confutazione del carattere scientifico della psicanalisi, condotta in maniera brillante, sulla base dei principi della critica testuale, mediante l'esame serrato dei suoi metodi e dei suoi procedimenti concreti, fu proposta da Timpanaro in Il lapsus freudiano. Psicanalisi e critica testuale (Firenze 1974, tradotto in inglese e spagnolo): sullo sfondo la volonta' di dimostrare l'inconciliabilita' tra psicanalisi e marxismo e la denuncia della piega psicologistica presa dalla dottrina freudiana dopo un inizio piu' decisamente positivista e materialista.
Socio corrispondente (1963) e poi effettivo residente (1986) dell'Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria, fu Corresponding fellow della British Academy dal 1975, socio corrispondente (1989) e poi nazionale dell'Accademia dei Lincei (1999). Fu inoltre socio ordinario dell'Accademia dell'Arcadia e della Societa' Torricelliana di scienze e lettere di Faenza.
Sposo' nel 1968 l'archivista e storica della cultura settecentesca Maria Augusta Morelli (nata a Pisa nel 1938).
Mori' a Firenze il 26 novembre 2000.
*
Opere. Per la bibliografia di Timpanaro: L'opera di Sebastiano Timpanaro 1923-2000, a cura di M. Feo, in Il Ponte, LVII (2001), 10-11, monografico: Per Sebastiano Timpanaro, a cura di M. Feo, aggiornata in Il filologo materialista. Studi per Sebastiano Timpanaro, editi da R. Di Donato, Pisa 2003, pp. 191-293; Bibliografia degli scritti di Sebastiano Timpanaro, a cura di E. Narducci - A. Russo, in S. Timpanaro, Contributi di filologia greca e latina, cit., pp. 473-504.
*
Fonti e bibliografia: Firenze, Biblioteca Umanistica dell'Universita' degli Studi, Lettere, Registro carriere degli studenti, vol. XXIII n. 22; Roma, Accademia nazionale dei Lincei, Archivio, Tit. IV, b. 28, f. Timpanaro Sebastiano (contiene il curriculum vitae presentato in occasione della elezione a socio corrispondente dell'Accademia nel 1989, a stampa in S. T. e la cultura del secondo Novecento, a cura di E. Ghidetti - A. Pagnini, Roma 2005, pp. 85-88).
La sua tesi di laurea, Per una nuova edizione critica di Ennio, fu pubblicata in Studi italiani di filologia classica, XXI (1946), pp. 41-81; XXII (1947), pp. 33-77, 179-297; XXIII (1948), pp. 5-58, 235; e successivamente con modifiche in S. Timpanaro, Contributi di filologia e di storia della lingua latina, cit., pp. 623-681. I suoi libri e il suo archivio sono stati donati alla Biblioteca della Scuola normale superiore di Pisa. Da segnalare il ricchissimo epistolario: dalle lettere con i numerosi corrispondenti (oltre 1500 per piu' di 10.000 missive: v. l'Elenco dei corrispondenti dell’archivio S. T. disponibile in quella biblioteca e on-line: htpp://opendlib.sns.it/ODLUI_BIBSNS/CARTEGGI/Timpanaro-Junior/corrispondenti-Timpanaro_junior.pdf, 21 giugno 2019) emerge un quadro che conferma la vastita' dei suoi interessi e il ruolo svolto nel dibattito culturale del secondo Novecento. Alcuni scambi epistolari sono stati pubblicati: S. Timpanaro - F. Orlando, Carteggio su Freud (1971-1977), Pisa 2001; C. Cases - S. Timpanaro, Un lapsus di Marx. Carteggio 1956-1990, a cura di L. Baranelli, Pisa 2004, 2005, 2015; S. Timpanaro - G. Ramires, Carteggio su Servio (1993-2000), a cura di G. Ramires, prefazione di F. Stok, Pisa 2013; M. Feo, Il carteggio tra Augusto Campana e S. T., in Campi immaginabili, LII-LIII (2015), pp. 368-452. Lettere sparse o gruppi di lettere sono stati pubblicati in miscellanee e articoli vari; in corso di pubblicazione presso la Scuola normale superiore di Pisa il consistente epistolario con l'amico fraterno Scevola Mariotti.
E. Narducci, S. T., in Belfagor, XL (1985), pp. 283-314; S. Rizzo - V. Fera - M. Feo, Per S. T., in La Rassegna della letteratura italiana, C (1996), pp. 110-122; Per S. T., in Il Ponte, cit.; Per S. T., monografico di Allegoria, XIII (2001), 39; P. Parroni, S. T. (1923-2000), in Res publica litterarum, XXIV (2001), pp. 105-108; P. Anderson, On S. T., in London Review of books, XXIII (2001), 9, pp. 8-12, poi in Id., Spectrum. From right to left in the world of ideas, London 2005, pp. 188-209 (trad. it. Su S. T., in Quaderni materialisti, XI-XII (2012-2013), monografico: Per S. T., a cura di M. Cingoli, pp. 11-23); G. Orlandi, S. T., in Maia, LIV (2002), pp. 129-152; A. Perutelli, S. T.†, in Gnomon, LXXIV (2002), pp. 649-655; S. T. e i Virgilianisti antichi, Firenze 2002; Il filologo materialista, cit.; Per S. T. Il linguaggio, le passioni, la storia, a cura di F. Gallo - G. Iorio Giannoli - P. Quintili, Milano 2003; La morte di Spinoza. Scritti di e su S. T., a cura di M. Feo, monografico di Il Ponte, LX (2004), 10-11; S. T. e la cultura del secondo Novecento, cit. (in partic. A. Rotondo', S. T. e la cultura universitaria fiorentina della seconda meta' del Novecento, pp. 1-88); M. Mazza, S. T. junior: la visione del mondo antico, in Studi romani, LIII (2005), pp. 225-254; V. Di Benedetto, Come ricordo S. T. jr. (2002), in Id., Il richiamo del testo. Contributi di filologia e letteratura, Pisa 2007, pp. 103-110; Da Tortorici alla Toscana: percorsi della famiglia Timpanaro. Atti del Convegno, Tortorici... 2003, a cura di P. de Capua - M. Feo - V. Fera, Messina 2009; La lezione di un Maestro. Omaggio a S. T., a cura di N. Ordine, Napoli 2010; G. Arrighetti, Pasquali visto da T., in Eikasmos, XXIII (2012), pp. 399-416; Per S. T., in Quaderni materialisti, cit.; Omaggio a S. T., a cura di W. Lapini, monografico di Sileno, XXXIX (2013); C. Pestelli, L'universo leopardiano di S. T. e altri saggi su Leopardi e sulla famiglia, Firenze 2013; P. Mari, Timpanariana e altri saggi di metodo filologico, Roma 2013. Al centro degli studi di Timpanaro e' stata la sua filologia, che affronta tutti gli aspetti del testo, compresi quelli piu' tecnici della storia della lingua e della metrica greca e latina, con una particolare sensibilita' alla valutazione, o rivalutazione, della tradizione manoscritta, soprattutto quella indiretta (esemplari i suoi volumi Per la storia della filologia virgiliana antica, Roma 1986, seconda ed. con una postfazione di P. Parroni, Roma 2002, e Virgilianisti antichi e tradizione indiretta, presentazione di P. Parroni, Firenze 2001). In proposito si veda in partic. V. Di Benedetto, La filologia di S. T. (2003), in Id., Il richiamo del testo, cit., pp. 111-190 e M. De Nonno, T. tra filologia e storia della lingua latina, in S. T. e la cultura del secondo Novecento, cit., pp. 101-121; e inoltre: P. Mari, Il contributo di S. T. al metodo critico filologico, in Per S. T. Il linguaggio, le passioni, la storia, cit., pp. 27-62, poi in Id., Timpanariana, cit., pp. 33-65; G.W. Most, Osservazioni sugli stemmi bipartiti, in Belfagor, LXI (2006), pp. 452-465 (con E. Montanari, L'abbozzo incompiuto di T. in replica a Reeve, in Omaggio a S. T., cit., pp. 303-338); P. Parroni, T. e la filologia, in La lezione di un Maestro, cit., pp. 57-70; sul metodo v. da ultimo A. Pagnini, T., la filologia, la medicina, la psicanalisi: per un'epistemologia delle 'scienze inesatte', ibid., pp. 37-56; cfr. anche R. Castellana, T. o l'etica del saggio, in Per S. T., monografico di Allegoria, cit., pp. 40-51; e ancora: F. Santangelo, "Voler 'capire tutto'". Appunti sullo stile di S. T., in Anabases, XX (2014), pp. 49-67. Per i rapporti della filologia con la storia della filologia cfr. la sua introduzione alla ristampa della Preistoria della poesia romana di Giorgio Pasquali ("in tutte le opere di Pasquali filologia e storia della filologia sono strettamente congiunte", Firenze 1981, p. 38) e G. Cambiano, Su T. e la storia degli studi classici, in S. T. e la cultura del secondo Novecento, cit., pp. 91-100. Con i suoi studi leopardiani e' da ricordare anche l'edizione degli Scritti filologici (1817-1832), a cura di G. Pacella - S. Timpanaro, Firenze 1969. Sugli studi su Leopardi cfr. L. Blasucci, Sugli studi leopardiani di T., in Il filologo materialista, cit., pp. 105-130; Id., Su T. leopardista, in La lezione di un Maestro, cit., pp. 95-112. Con il saggio sulla psicanalisi (in nuova ed. a cura di F. Stok, Torino 2002) va ricordato anche La 'fobia romana' e altri scritti su Freud e Meringer, Pisa 1992 (ristampato a cura di A. Pagnini, Pisa 2006) e Carteggio su Freud, cit.; sul tema cfr. in particolare la introduzione di F. Stok alla nuova edizione di Il lapsus freudiano, e sempre di F. Stok, T. tra Lachmann e Freud (note sul 'Lapsus freudiano'), in Per S. T. Il linguaggio, le passioni, la storia, cit., pp. 95-121; inoltre si veda G. Corlito, T. e la psicanalisi, in Per S. T., monografico di Allegoria, cit., pp. 52-72; R. Dombroski, T. in Inghilterra. Alcune considerazioni sulle letture di Charles Rycroft e Raymlond Williams, ibid., pp. 122-131; P. Anderson, T. among the Anglo-Saxons, in Il filologo materialista, cit., pp. 177-190; A. Pagnini, S. T. su psicoanalisi e scienza, in S. T. e la cultura del secondo Novecento, cit., pp. 301-315. Per completare il quadro dell'attivita' di Timpanaro sono da citare le ricerche di storia della cultura che vanno incontro all'impegno politico e ideologico: Il socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del 'Primo Maggio' (Verona 1984) e le traduzioni con commento del Buon senso di Paul Henri Thiry d'Holbach (Milano 1985, rist. 2005 e 2006), di La fortune des Rougon (Milano 1992, rist. 2017) e La conquete de Plassans di Emile Zola (Milano 1993, rist. 2011 e 2018).
***************************
LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
***************************
Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 107 del 9 giugno 2021
*
Informativa sulla privacy
E' possibile consultare l'informativa sulla privacy a questo indirizzo: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com
LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
***************************
Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 107 del 9 giugno 2021
In questo numero:
1. Nicolo' Trocker: Piero Calamandrei
2. Giorgio Piras: Sebastiano Timpanaro
1. MAESTRI. NICOLO' TROCKER: PIERO CALAMANDREI
[Da Il contributo italiano alla storia del pensiero: Diritto (2012) nel sito www.treccani.it]
"La personalita' di Piero Calamandrei", scrive Giovanni Pugliese (1979, p. VI), "era affascinante non solo per la ricchezza morale e la passione civile che l'animava ma anche per la vastita' degli orizzonti culturali, l'intensita' dei sentimenti, l'eleganza e l'arguzia della parola. Ma forse il suo valore piu' profondo stava nel suo carattere composito e multiforme. In Calamandrei, invero, convivevano l'avvocato, il giurista teorico (o, come suole impropriamente dirsi, 'dogmatico'), il letterato, lo storico del diritto, lo scrittore politico". Mauro Cappelletti (1966, p. VI) ha messo in risalto come "da Calamandrei sempre il diritto [sia] concepito come fenomeno non puramente normativo, tecnico, astratto, ma come elemento di una piu' ampia esperienza culturale, elemento essenziale della cultura dell'uomo e della societa', profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni da un lato, nelle esigenze sociali economiche ideali di evoluzione e di trasformazione dall'altro lato. Ed e' la passione politica, sociale, culturale che fa di Calamandrei giurista, forse il meno 'puro' ma, nonostante questo od anzi proprio per questo, il piu' complesso ed avvincente e certamente uno dei piu' rilevanti e significativi, sul piano interno ed internazionale tra i giuristi italiani del Novecento".
*
La vita
Calamandrei nasce a Firenze il 21 aprile 1889 da una famiglia di giuristi toscani. Il padre, Rodolfo, e' avvocato, professore di diritto commerciale all'Universita' di Siena e deputato al Parlamento per il Partito repubblicano dal 1906 al 1908. Il nonno Agostino e' magistrato. Padre e nonno sono le figure dominanti nella formazione morale e culturale del giovane Calamandrei, come egli stesso ci testimonia nell'affascinante libro di ricordi Inventario della casa di campagna (1941, 19452).
Nel 1912 Calamandrei si laurea a Pisa in giurisprudenza con una brillante tesi in diritto processuale civile discussa con Carlo Lessona. Nel 1914 una borsa per studi di perfezionamento lo porta a Roma, alla scuola di Giuseppe Chiovenda, il fondatore della moderna scienza processual-civilistica italiana, e anche colui che Calamandrei, per tutta la vita, onorera' come suo grande maestro e della cui opera sara' il piu' efficace continuatore. Nel 1915 Calamandrei ottiene la cattedra di procedura civile all'Universita' di Messina.
Interventista, partecipa alla Prima guerra mondiale come volontario, iniziandola con il grado di sottotenente e terminandola con quello di capitano e la decorazione della croce di guerra.
Dopo la fine della guerra torna all'insegnamento universitario, passando nel 1918 all'Universita' di Modena. Dal 1920 al 1924 e' professore ordinario di diritto processuale civile presso l'Universita' di Siena.
Nel 1920 crea a Firenze, insieme a Gaetano Salvemini, Carlo e Nello Rosselli, Ernesto Rossi, Alessandro Levi, Nello Tarquandi e altri il Circolo della cultura, che nel dicembre 1924 verra' devastato dai fascisti. Nel 1925 firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce ed entra a far parte dell'Unione nazionale fondata da Giovanni Amendola.
Dal 1924 e' professore all'Universita' di Firenze. Accanto al magistero universitario svolge intensamente e brillantemente la professione di avvocato ed e' impegnato in un'importante opera di organizzatore culturale, fondando, nel 1924, la "Rivista di diritto processuale civile" (di cui sara' prima redattore capo e poi direttore insieme a Chiovenda e Francesco Carnelutti), nel 1926 "Il Foro toscano" (con Enrico Finzi, Lessona e Giulio Paoli), nel 1932 la collana di Studi sul processo civile.
Nel 1941 Calamandrei aderisce al movimento Giustizia e liberta'. L'anno successivo e' tra i fondatori del Partito d'azione, ed e' espressamente indicato tra lo "sparuto gruppo di intellettuali bigi" su cui punta il dito il settimanale fascista fiorentino "Il Bargello" in un fondo dal titolo Giu' la maschera, messeri.
Nel maggio 1943, il "noto antifascista" Calamandrei viene denunciato per "offese al Duce" e, colpito da mandato di cattura, e' costretto a rifugiarsi a Colicello Umbro, un piccolo paese vicino ad Amelia, fino all'estate del 1944.
Il 28 agosto 1944, dopo una tappa a Roma che e' stata liberata, e' di nuovo a Firenze. Si apre cosi' un periodo particolarmente intenso e appassionato della sua vita.
Dal settembre 1944 all'ottobre 1947 guida con continuita' l'Ateneo fiorentino in veste di rettore. In qualita' di docente, tiene, presso la facolta' giuridica, il corso di procedura civile e quello di diritto costituzionale. Per otto anni, dal 1945 al 1953, e' impegnato nell'attivita' parlamentare, prima come membro della Consulta nazionale (1945-46) e dell'Assemblea costituente (1946-48), poi come deputato della prima legislatura repubblicana. Nell'aprile del 1945 fonda, insieme a Corrado Tumiati, la rivista "Il Ponte", che rappresentera' uno degli strumenti piu' incisivi della sua battaglia civile in favore del risanamento dei costumi e dell'attuazione della carta costituzionale.
Come uno dei protagonisti piu' prestigiosi dell'avvocatura italiana, nel 1947 viene eletto presidente del Consiglio nazionale forense, ruolo che ricopre fino al giorno della morte, avvenuta a Firenze il 27 settembre 1956.
*
La funzione critica e propositiva del giurista
Per Calamandrei, diritto e studio del diritto non furono mai ne' mera accettazione esegetica di testi ne' pura elaborazione dogmatica e ricostruzione di concetti. Nel discorso inaugurale dell'anno accademico 1921-22, tenuto all'Universita' di Siena il 13 novembre 1921, egli mette in guardia contro le "esagerazioni cui sono giunti di recente anche in Italia certi seguaci intransigenti del metodo tecnico-giuridico, i quali, ritenendo estranea al campo del giurista ogni indagine che non miri all'astratta costruzione dogmatica degli istituti positivi, hanno rimpicciolito la nostra scienza ad una specie di giuoco cinese altrettanto ingegnoso quanto inconcludente. Anche a voler ammettere la validita' e le benemerenze dell'indirizzo dogmatico, e' certo pero' che esso non puo' pretendere di negare che il giurista, dopo aver studiato da un punto di vista strettamente dogmatico gli istituti vigenti in iure condito non possa e non debba poi coscientemente mettere gli stessi istituti in relazione ai fini sociali che essi devono raggiungere e, ricercando in che misura essi siano in pratica mezzi adeguati al raggiungimento di questi fini, farne la critica in iure condendo. La scienza del diritto, se rinuncia ad ogni valutazione critica delle istituzioni vigenti, si condanna ad essere vuota accademia, tagliata fuori dalla vita che e' perpetuo movimento" (Governo e magistratura, "Annuario accademico della Regia Universita' di Siena", 1921-1922, poi in Opere giuridiche, II vol., 1966, p. 196).
Queste affermazioni non sono destinate a rimanere mere enunciazioni di principio, ma si traducono in un atteggiamento propositivo che proprio nella prolusione senese trova una manifestazione particolarmente significativa. E cosi' questo discorso e' una lucida e approfondita denuncia del modo in cui l'ordinamento giudiziario consente al potere politico di interferire sull'attivita' dei giudici. A questa situazione vengono contrapposti i principi, fondamentali nel moderno Stato di diritto, dell'indipendenza del giudice e dell'autonomia del potere giudiziario, intesi come condizioni essenziali per l'attuazione del principio di legalita'.
Il discorso si chiude con alcune precise rivendicazioni, come l'indipendenza del pubblico ministero dal potere esecutivo e la conseguente attuazione del principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale, la ricostituzione dell'unita' della giurisdizione mediante la trasformazione di tutte le giurisdizioni speciali in sezione specializzate della magistratura ordinaria e la realizzazione di una forma di autogoverno della magistratura.
Sono proposte che, dopo la caduta del fascismo, Calamandrei presentera', ulteriormente elaborate e precisate, prima nella Relazione preliminare (1945) alla commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato (la cosiddetta commissione Forti) e poi nella Relazione del deputato Piero Calamandrei sul potere giudiziario e sulla suprema corte costituzionale (1946) alla seconda sottocommissione della commissione per la costituzione dell'Assemblea costituente. Proposte che confluiranno in larga parte negli articoli 101, 102, 104, 106 e 110 della Costituzione repubblicana.
*
L'opera della stagione 'sistematica': Calamandrei civilprocessualista
Il periodo tra la fine della Prima guerra mondiale e la meta' degli anni Trenta e' per Calamandrei la stagione dei grandi lavori processual-civilistici di carattere sistematico-positivo, e lo vede come uno dei grandi protagonisti della nuova e prestigiosa scuola processual-civilistica italiana fondata da Chiovenda, che avverte la ristrettezza del metodo di analisi della scuola esegetica di stampo francese, volgendo la mente a una costruzione sistematica e colta del diritto.
In questo quadro di rinnovamento culturale e scientifico si inserisce il monumentale trattato in due volumi La Cassazione civile (1920; poi in Opere giuridiche, VI e VII vol., 1976), in cui la ricostruzione storica dell'istituto costituisce il presupposto della ricostruzione dogmatica, e la ricostruzione dogmatica offre i criteri teorici per una critica de iure condendo. Una grande opera, che diventa l'insostituibile punto di riferimento da cui ogni serio studio del tema deve prendere le mosse.
Anche su altri temi, un imponente complesso di saggi, studi e monografie ci consegna Calamandrei non solo 'decoratore' dell'edificio chiovendiano, ma grande autonomo maestro per le generazioni future.
Cio' vale per lo studio Il procedimento monitorio nella legislazione italiana (1926), che di uno degli aspetti fondamentali della moderna tematica della effettivita' della protezione dei diritti offre le ricostruzioni tecniche oltre che le indicazioni di un'adeguata regolamentazione, cosi' come per la splendida Introduzione allo studio sistematico dei procedimenti cautelari (1936), un insieme di concetti e di premesse che nessuno ha poi modificato.
E ancora, vale per i saggi Per la definizione del fatto notorio ("Rivista di diritto processuale civile", 1925, 4, pp. 273-304, poi in Opere giuridiche, V vol., 1972, pp. 425-52) e Verita' e verosimiglianza nel processo civile ("Rivista di diritto processuale civile", 1955, 3, pp. 164-92, poi in Opere giuridiche, V vol., cit., pp. 615-40), che diventano il vero punto di partenza per gli studi sulle prove, cosi' come vale per le indagini sulla sentenza, che aprono la strada a un nuovo settore di studi: quello della logica del giudice, punto di incontro tra la scienza del diritto e un certo settore del pensiero filosofico; un settore in cui il pensiero di Calamandrei, dopo una visione sillogistica del giudizio, approda a un dialogo con Croce e Guido Calogero.
E la sensibilita' di Calamandrei per gli aspetti che piu' incisivamente riflettono la moderna fisionomia della giustizia civile si coglie negli studi dedicati al processo sui diritti indisponibili. Nell'evoluzione successiva della legislazione questo settore ha assunto un ruolo centrale, al di la' della tradizionale area del diritto delle persone e della famiglia.
*
Calamandrei e l'elaborazione del codice di procedura civile
Dalla meta' degli anni Venti, l'attenzione di Calamandrei si dispiega con ricchezza di motivi anche verso i problemi della riforma del codice di procedura civile. Le occasioni per intervenire in modo organico in materia sono offerte prima dalla pubblicazione del progetto di Carnelutti (Progetto del codice di procedura civile presentato alla sottocommissione reale per la riforma del codice di procedura civile, 1926), che, con alcune modifiche, diventa il progetto che la commissione reale presenta al ministro della Giustizia Alfredo Rocco il 24 giugno 1926, e poi dalla presentazione del progetto preliminare del successivo ministro, Arrigo Solmi (Ministero di Grazia e giustizia, Codice di procedura civile: progetto preliminare e relazione, 1937).
La fase piu' delicata per Calamandrei si apre quando, alla fine del 1939, il nuovo guardasigilli Dino Grandi, da pochi mesi succeduto a Solmi, lo chiama, insieme agli altri due grandi maestri della scienza processual-civilistica italiana, Carnelutti ed Enrico Redenti, per fornire al regime la consulenza tecnica per la redazione di quello che diventera' il codice di procedura civile del 1940. Calamandrei svolge, nella preparazione del codice, un ruolo di primo piano. E' tuttavia difficile stabilire in quale misura e su quali istituti egli abbia direttamente influito in un codice che non nasce da un disegno unitario e coerente ma da una serie di complesse mediazioni e compromessi tecnici, nei quali si perde e si confonde il contributo individuale dei loro autori.
D'altronde, al di la' dei riferimenti retorici all'"autorita'" e agli "interessi dello Stato" o "della Nazione" che si trovano sparsi nella relazione Grandi al codice, quella che viene in realta' accolta e' una concezione del processo sostanzialmente rispettosa del principio dispositivo. L'estensione dei poteri del giudice e' ammessa entro limiti tali da non compromettere il valore fondamentale dell'autonomia delle parti, e gli spazi del processo inquisitorio sono rigorosamente definiti.
*
Il pensiero in materia costituzionale
Come scrittore politico, nota Norberto Bobbio nell'Introduzione al primo volume (1966) degli Scritti e discorsi politici di Calamandrei, con la sua opera egli ci ha lasciato in poco piu' di due lustri, dal 1944 al 1956, "una testimonianza della battaglia per il rinnovamento democratico del nostro Paese, non solo tra le piu' alte per nobilta' di ispirazione, ma pur tra le piu' ampie, documentate, illuminanti per la continuita' e tempestivita' degli interventi, per la ricchezza sostanziale dei contenuti, per l'importanza storica dei problemi suscitati e discussi" (Bobbio 1966, p. XI).
In un primo periodo, che va dalla liberazione di Firenze (1944) alla proclamazione della Repubblica (1946), i due temi dominanti dei suoi scritti sono la polemica contro i sostenitori della continuita' costituzionale dello Stato italiano e la difesa della sovranita' della Costituente.
Dopo la caduta del fascismo, il patto di Salerno, la Resistenza e il 25 aprile, la ricostruzione della democrazia in Italia non poteva che fondarsi, per Calamandrei, su di una rottura netta, 'rivoluzionaria', con il regime fascista e monarchico. La discontinuita' rivoluzionaria doveva manifestarsi attraverso l'affermazione di due principi fondamentali: la sovranita' popolare, intesa come principio fondante del nuovo ordinamento democratico, e l'Assemblea costituente, definita come organo straordinario e sovrano in quanto rappresentante diretto della volonta' politica del popolo. All'Assemblea costituente doveva essere riservata anche la scelta istituzionale fra monarchia e repubblica. Per questo, egli si oppose vivacemente all'idea di ricorrere al referendum istituzionale. Piu' tardi, peraltro, riconoscera' che, con il responso del referendum favorevole alla repubblica, ogni pretesto di continuita' del nuovo Stato con il precedente ordinamento statutario era definitivamente troncata.
Quale membro dell'Assemblea costituente e della cosiddetta commissione dei 75, incaricata di redigere il progetto della Costituzione, Calamandrei dara' un contributo ricchissimo, in cui a un rigore culturale e scientifico di alto livello si uniscono una spiccata passione politica e un forte desiderio di rinnovamento sociale.
Per quanto riguarda la parte organizzativa della Costituzione, Calamandrei si fa assertore di una forma di governo presidenziale che cumuli nel capo dello Stato, eletto direttamente dal popolo, l'ufficio del capo del governo, in modo da assicurare quella continuita' e stabilita' della politica essenziale per garantire la permanenza della democrazia: "se un regime democratico non riesce a darsi un governo che governi, esso e' condannato" (La Costituzione della Repubblica italiana nei lavori preparatori della Assemblea costituente, VII col., 1970, p. 933).
Assai nota e' la posizione di Calamandrei sul tema della laicita' dello Stato, che lo porta a opporsi con forza all'inserimento nella Costituzione di quello che sara' poi l'art. 7, contenente, da un lato, l'affermazione della 'pari sovranita'' dello Stato e della Chiesa cattolica, e, dall'altro, il richiamo acritico ai Patti lateranensi. Calamandrei parla di "innesto confessionale" incompatibile con lo spirito della Costituzione, e individua con chiarezza il problema giuridico che sembrera' poi insolubile negli anni successivi, vale a dire quello della prevalenza o meno delle norme costituzionali su quelle concordatarie. Strettamente connessa alla critica dell'art. 7 e' la posizione assunta di fronte alla disposizione del progetto che prevedeva l'indissolubilita' del matrimonio, poi respinta anche per effetto del suo intervento.
Determinante fu l'apporto di Calamandrei in tema di ordinamento giudiziario e di formazione della Corte costituzionale come organo supremo di supervisione e di limitazione anche del potere legislativo. Basta la semplice lettura delle sue proposte, formulate sotto forma di articoli di legge nella citata Relazione del 1946 alla commissione Forti, e il loro confronto con i titoli IV e VI della seconda parte della Costituzione repubblicana (che si riferiscono all'autogoverno della magistratura, all'indipendenza e inamovibilita' dei magistrati, al controllo sulla legittimita' costituzionale delle leggi), per rendersi conto del contributo da lui offerto al rinnovamento delle istituzioni.
Piu' complessa e' la posizione che egli assume in ordine all'introduzione nella Costituzione dei diritti sociali, accanto e oltre ai diritti classici di liberta'. In L'avvenire dei diritti di liberta', la sua ampia introduzione alla seconda edizione (1946) dei Diritti di liberta' (1926) di Francesco Ruffini, Calamandrei illustra lucidamente la ragion d'essere e la giustificazione storica dell'affacciarsi nelle costituzioni di una nuova categoria di diritti denominati 'diritti sociali', la cui caratteristica e' quella di impegnare "lo Stato a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono alla libera espansione morale e politica della persona umana" (in Opere giuridiche, III vol., 1968, p. 199).E' una formula che anticipa, in larga misura, quella che sara' adottata nell'art. 3, comma 2, della futura Costituzione. Ma all'Assemblea costituente rinascono i dubbi di Calamandrei sull'azionabilita' dei diritti sociali e, con cio' stesso, sull'opportunita' di introdurli nella Costituzione, in quanto "in Italia, al momento attuale, non si ha ne' l'intenzione ne' la possibilita' di accompagnare la loro affermazione con l'enunciazione dei mezzi pratici posti a disposizione del cittadino per farli valere" (cit. in P. Barile, Piero Calamandrei all'Assemblea Costituente, in Piero Calamandrei. Ventidue saggi su un grande maestro, a cura di P. Barile, 1990, pp. 343-44).
La scelta poi adottata dai costituenti, ovvero di affermare nella carta costituzionale un ampio catalogo di 'nuovi' diritti, verra' definita da Calamandrei con la frase, diventata famosa, in cui si dice che "per compensare le forze di sinistra della rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa" (Cenni introduttivi sulla Costituente e sui suoi lavori, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana, diretto da P. Calamandrei, A. Levi, I vol., 1950, p. XXXV).
*
La nuova legalita' costituzionale
Uno degli aspetti piu' significativi nell'itinerario culturale e politico di Calamandrei e' rappresentato dal suo costante riferimento al principio di legalita'.
Nel ventennio del regime il richiamo alla legalita' acquista per lui il significato di una lotta tenace contro il tiranno, di un tentativo di porre dall'interno del sistema un argine concettuale e morale contro l'invadenza accentratrice del potere esecutivo.
Il periodo della riconquistata liberta' diventa il momento di un riesame, nutrito di forte tensione morale, del passato culto della legalita' in senso formale, "dello sconsolato ossequio alle leggi" ancora professato in La certezza del diritto e la responsabilita' della dottrina ("Rivista di diritto commerciale", 1942, prima parte, p. 341-58, poi in Opere giuiridiche, I vol., 1965, pp. 504-511), elogio del coevo libro di Flavio Lopez de Onate La certezza del diritto. Questo riesame viene espresso in numerosi scritti, in cui egli denuncia con insistenza il pericolo del giudice legislatore e condanna il 'diritto libero'.
Negli Appunti sulla legalita', stesi nel 1944 per il corso di integrazione di diritto costituzionale, prende corpo una concezione della "legalita' in senso sostanziale" che si ha quando sia negata la "incontrollata onnipotenza del legislatore" e siano tracciati "limiti e procedimenti agli stessi poteri di questo in modo da ottenere che anche la funzione legislativa si 'legalizzi', ossia si svolga essa stessa secondo i dettami delle leggi precostituite" (in Opere giuiridiche, III vol., cit., p. 90).
Negli anni successivi Calamandrei confessera' di avere il sospetto che la pretesa indifferenza del giurista rispetto alla giustizia intrinseca della legge sia "un'illusione", mentre la battaglia per l'attuazione della Costituzione lo portera' a denunciare l'"ostentata immobilita'" di certi giudici di fronte al dettato normativo e l'"applicazione alla lettera" di vecchie leggi non piu' corrispondenti alle mutate esigenze della societa' (La crisi della giustizia, in La crisi del diritto, a cura della Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Padova, 1953, pp. 157-76, poi in Opere giuridiche, I vol., cit., pp. 579, 584).
E in uno dei suoi ultimo scritti, La funzione della giurisprudenza nel tempo presente (1955), riferendosi alla tendenza di certi giudici a considerare le norme costituzionali come "meri programmi" non dotati di efficacia immediata, censurera' "l'atteggiamento agnostico [...], questa specie di ironico gusto, che si intravede tra le righe di certe tendenze della giurisprudenza, di mettere in evidenza la manchevolezza delle leggi e di far ricadere tutte le colpe sull'inerzia del legislatore che non provvede, [atteggiamento che] non corrisponde piu' ai doveri costituzionali dell'ordine giudiziario, il quale, per accorgersi della Costituzione e delle mete che essa segna, non ha piu' bisogno di passare attraverso il tramite del legislatore" (La funzione della giurisprudenza nel tempo presente, "Rivista trimestrale di diritto e procedura civile", 1955, pp. 252-72, poi in Opere giuridiche, I vol., cit., pp. 00-01, 612).
Il messaggio che egli consegna alla nuova generazione di studiosi e di pratici del diritto e' quello di battersi per una nuova legalita': una legalita' attenta ai valori costituzionali.
*
La collocazione del processo entro una generale visione dello Stato
In questo stesso periodo, in cui il Calamandrei processualista non e' disgiungibile dal costituzionalista e l'esperienza dello studioso si unisce a quella del costituente, egli illumina un aspetto del diritto processuale fino ad allora del tutto trascurato, cioe' l'aspetto di ordine pubblico (si potrebbe dire di ordine costituzionale) che si scopre nelle norme del processo.
Calamandrei colloca il processo civile nella struttura dello Stato democratico, indicandone la funzione e delineandone le garanzie fondamentali: il processo diventa un capitolo del piu' generale tema dei rapporti tra cittadino e Stato. Poiche' il processo e' strumento per un comando, esso deve trovare la sua giustizia nel metodo con il quale il comando e' posto, nella struttura prescelta per la sua affermazione. Nel processo, come nella democrazia, la comune occorrenza di un dibattito – il rispetto del contraddittorio – e' conseguenza e manifestazione di una comune esigenza: la giustificazione della norma. E una garanzia e' la stessa giurisdizione, come da lui presentata gia' nelle Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo codice (2 voll., 1941-43), una delle opere di maggiore impegno nella sua produzione scientifica.
Ma e' nel celebre volume Processo e democrazia (1954), che raccoglie le famose 'conferenze messicane' – tenute nel 1952 alla facolta' di Diritto dell'Universita' nazionale del Messico, e che sono una delle testimonianze piu' vive della risonanza mondiale del suo insegnamento e della sua visione universale del compito della scienza processuale –, che i problemi delle garanzie costituzionali del processo, oggi diremmo i problemi delle garanzie del 'giusto processo', acquistano una profondita' e un'ampiezza di prospettive prima sconosciute. A quelle conferenze si deve anche la prima accentuazione 'sociale' del diritto di azione e di difesa con il prepotente imporsi, al centro dell'attenzione, dei problemi della parita' delle armi e dell'eguaglianza sostanziale delle parti nel processo.
Meriterebbero di essere ricordate molte altre opere, che testimoniano l'attualita' del pensiero di Calamandrei, interprete del suo tempo ma gia' disegnatore del futuro. Tra queste, sicuramente gli scritti importantissimi La illegittimita' costituzionale delle leggi nel processo civile (1950) e Corte costituzionale e autorita' giudiziaria (1956), dedicati a una nuova forma di giustizia, quella costituzionale, che nei decenni successivi avra' una grandissima espansione in Italia, in Europa, nel mondo. Questi scritti sono ancora oggi il punto di inizio di ogni meditazione sul tema. Anche in questo campo a Calamandrei va riconosciuto il ruolo di un indiscutibile e indiscusso fondatore.
*
Opere
Opere giuridiche, a cura di M. Cappelletti, 10 voll., Napoli 1965-1985.
Scritti e discorsi politici, a cura di N. Bobbio, 2 voll., 3 tt., Firenze 1966.
Lettere 1915-1956, a cura di G. Agosti, A. Galante Garrone, 2 voll., Firenze 1968.
Diario 1939-1945, a cura di G. Agosti, 2 voll., Firenze 1982.
*
Bibliografia
M. Cappelletti, In memoria di Piero Calamandrei, Padova 1957.
"Il Ponte", 1958, supplemento al nr. 11: Piero Calamandrei.
N. Bobbio, Introduzione a P. Calamandrei, Scritti e discorsi politici, I vol., Firenze 1966, pp. I-LX.
M. Cappelletti, Presentazione a P. Calamandrei, Opere giuridiche, II vol., Napoli 1966, pp. V-XXI.
S. Rodota', Calamandrei Piero, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, XVI vol., Roma 1973, ad vocem.
G. Pugliese, Presentazione a P. Calamandrei, Opere giuridiche, VIII vol., Napoli 1979, pp.V-XIII.
A. Galante Garrone, Calamandrei, Milano 1987.
Piero Calamandrei. Ventidue saggi su un grande maestro, a cura di P. Barile, Milano 1990.
Piero Calamandrei rettore dell'Universita' di Firenze. La democrazia, la cultura, il diritto, a cura di S. Merlini, Milano 2005.
F. Cipriani, Piero Calamandrei e la procedura civile, Napoli 2007, 2009 (2).
2. MAESTRI. GIORGIO PIRAS: SEBASTIANO TIMPANARO
[Dal Dizionario biografico degli italiani, Vol. 95 (2019), nel sito www.treccani.it]
Sebastiano Timpanaro nacque a Parma il 5 settembre 1923 da Sebastiano sr. (1888-1949) e da Maria Cardini (1890-1978).
Il padre, fisico con ampi interessi filosofici e artistico-letterari, fu costretto per le sue convinzioni antifasciste a interrompere la carriera universitaria cominciata a Parma; insegno' nelle scuole Pie fiorentine prima di essere nominato nel 1942, per iniziativa di Giovanni Gentile, direttore della pisana Domus Galilaeana. La madre, insegnante di materie letterarie nelle scuole medie, si era laureata in filologia classica a Napoli con Alessandro Olivieri e fu in gioventu' vicina alla poesia dadaista; ebbe incarichi amministrativi e si impegno' nella riorganizzazione del sistema scolastico pisano dell'infanzia dopo la guerra.
Timpanaro studio' all'Universita' di Firenze, dove segui' tra gli altri i corsi di Giorgio Pasquali, Giacomo Devoto e Giuseppe De Robertis, che lo indirizzo' verso i successivi studi leopardiani. Si laureo' in lettere nel 1945 con Nicola Terzaghi come relatore, con una tesi su Ennio, ma il suo vero maestro rimase Pasquali, alle cui lezioni e seminari, oltre che a Firenze, partecipo' come esterno anche presso la Scuola normale superiore di Pisa, citta' in cui la famiglia si era trasferita a seguito della nomina del padre alla direzione della Domus Galilaeana. Dal 1945 al 1959 insegno' materie letterarie in diverse scuole medie inferiori della provincia di Pisa, prima come incaricato e poi come docente di ruolo. Partecipo' sempre alle attivita' accademiche a Pisa e a Firenze, in particolare ai seminari di Eduard Fraenkel, Augusto Campana, Alessandro Perosa. La sua produzione ebbe un notevole impatto, sia quella filologica classica sia quella sul materialismo e sulla psicanalisi. Dal dopoguerra milito' nell'ala sinistra del partito socialista italiano, vicino alle posizioni di Lelio Basso e Rodolfo Morandi, e passo' poi nel Partito socialista italiano di unita' proletaria e nel Partito di unita' proletaria. Pur senza ricoprire cariche di vertice, partecipo' attivamente alla vita politica pisana, per rimanere sempre un acuto osservatore dei fenomeni politici e ideologici (fu un attento lettore di Quaderni piacentini) e un convinto sostenitore del marxismo, in particolare di ispirazione engelsiana.
A partire dai fondamentali articoli giovanili enniani, Timpanaro puo' essere considerato uno dei piu' importanti filologi classici della seconda meta' del Novecento. I suoi contributi non si limitano alla letteratura latina arcaica, ma riguardano anche Lucrezio, Virgilio, Seneca, Lucano, cosi' come autori piu' tardi (Frontone, Servio, Macrobio, Festo e i grammatici, l'Anthologia latina), arrivando fino all'umanesimo italiano. Importanti anche alcuni saggi eschilei e l'edizione divulgativa con ampio commento del De divinatione di Cicerone (Milano 1988, ed. rivista 1998). La sua filologia, prevalentemente 'formale', in quanto razionale e collegata a una lettura analitica dei testi, si esprime – come avviene anche nell'amato Giacomo Leopardi – per lo piu' in studi puntuali, in adversaria filologici (in gran parte raccolti in Contributi di filologia e di storia della lingua latina, Roma 1978; Nuovi contributi di filologia e storia della lingua latina, Bologna 1994; Contributi di filologia greca e latina, a cura di E. Narducci, Firenze 2005).
I contributi specifici costituiscono la dimensione privilegiata della sua ricerca, che mira al raggiungimento dell'oggettivo 'vero filologico' ed e' lontana dalla critica letteraria estetica e da un giudizio di valore, anche se non e' indifferente all'aspetto 'ludico' della ricerca erudita. Il percorso induttivo tipico della filologia piu' rigorosa gli consente di allargare lo sguardo dal singolo passo e dato concreto verso fenomeni o considerazioni piu' ampie. Queste caratteristiche si riflettono nello stile espositivo, sempre molto chiaro ed efficace e lontano da raffinate esibizioni linguistiche: predomina il momento 'didascalico', non privo di un valore politico-ideologico, e con i lettori si instaura un confronto franco, come si trattasse di un "seminario scritto" (Santangelo, 2014, p. 57), cui corrispose un atteggiamento personale di modestia e la grande disponibilita' nei confronti degli altri studiosi che si rivolgevano a lui, in particolare verso i piu' giovani.
Dal maestro Pasquali deriva il nesso inscindibile tra filologia e storia della lingua, che si associa anche all'interesse per la linguistica come momento di avvicinamento tra storia e scienza, natura e societa': il linguaggio e' una "formazione in qualche modo intermedia tra le formazioni naturali e le istituzioni sociali" (Sul materialismo, Pisa 1975, p. 32). La componente fortemente razionale e scientifica della linguistica permette inoltre di riconoscere gli elementi biologici e materialistici delle diverse lingue, inquadrate storicamente. Di qui l'attenzione anche per gli studi di linguistica teorica, sebbene i suoi contributi siano soprattutto di storia della disciplina (molti dei piu' rilevanti sono raccolti in Sulla linguistica dell'Ottocento, Bologna 2005): negli anni Cinquanta emerse, infatti, una forte propensione per la storia della filologia e della linguistica.
Il suo primo libro, La filologia di Giacomo Leopardi (Firenze 1955, Roma-Bari 1978, 1997), riscopri' l'attivita' di filologo e classicista del poeta, indipendente da quella letteraria e filosofica, e costituisce un importante tassello della storia della filologia classica italiana tra Sette e Ottocento. Negli studi sul pensiero di Leopardi, conseguenti a quelli di Cesare Luporini e Walter Binni che ne accentuarono i caratteri 'eroici' e progressivi, Timpanaro insiste' sul suo materialismo sensistico, coniugato a un profondo pessimismo, una posizione filosofica peraltro assai vicina a quella personale del critico, tanto da rendere possibile solo astrattamente la distinzione tra la sua attivita' di 'leopardista' e il suo spirito 'leopardiano'. La sua valutazione di Leopardi nel quadro della storia culturale dell'Ottocento non fu accolta senza polemiche per il portato politico di tale giudizio in una fase di riflessione della sinistra italiana (si veda in particolare Antileopardiani e neomoderati nella sinistra italiana, Pisa 1982).
Interrotto l'insegnamento secondario a causa delle crescenti difficolta' provate nell'affrontare gli ascoltatori ("una fobia del parlare in pubblico", scrisse di se' nel curriculum vitae presentato ai Lincei nel 1989), dal 1960 fino al pensionamento nel 1983 ebbe l'incarico di redattore presso la casa editrice fiorentina Nuova Italia di Tristano Codignola. Prese parte al seminario di Antonio Rotondo' a Firenze sulla critica neotestamentaria settecentesca (1983-85), per due anni come docente a contratto della facolta' di lettere.
Gli interessi per la storia della filologia culminarono nella ricostruzione storico-metodologica di La genesi del metodo del Lachmann (Firenze 1963, Padova 1981, 1985, rist. Torino 2003, tradotto in tedesco, inglese e francese), un volume di notevole impatto, la cui diffidenza, frutto dell'insegnamento pasqualiano, verso le rigidita' di applicazione del metodo stemmatico suscito' ulteriori interventi e discussioni e anche qualche ripensamento. Le ricerche condotte sulla storia degli studi classici e su Leopardi portarono Timpanaro al recupero e alla rivalutazione della corrente classicistica italiana di ispirazione illuminista e dei suoi aspetti progressisti e gettarono luce su molte figure ottocentesche di filologi e linguisti: si vedano soprattutto i saggi, poi raccolti in Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano (Pisa 1965, 1969, rist. Firenze 2011), Aspetti e figure della cultura ottocentesca (Pisa 1980) e Nuovi studi sul nostro Ottocento (Pisa 1994), che riguardano numerose personalita' (Pietro Giordani, Carlo Cattaneo, Graziadio Ascoli, Friedrich Schlegel, Giacomo Lignana, Theodor Gomperz, Domenico Comparetti, Angelo Mai), ma anche personaggi meno rilevanti e di altro ambito (per esempio, Pietro Canal, Francesco Cassi, Antonio Cesari, Giuseppe Fischetti, ma anche il rivoluzionario antiromantico livornese Carlo Bini, o il patriota Pietro Gioia). Da citare anche il quadro descritto in Il primo cinquantennio della "Rivista di filologia e d'istruzione classica", in Rivista di filologia e di istruzione classica, C (1972), pp. 387-441, e i vari interventi sui filologi piu' recenti (Nicola Terzaghi, Giuseppe De Robertis, Giuseppe Pacella), compresi Girolamo Vitelli e Pasquali, alla cui produzione 'stravagante' lo avvicinano la vastita' di interessi intellettuali, l'avversione per lo specialismo e la capacita' di spaziare in campi differenti da quelli di formazione, ampliati da Timpanaro in conoscenze di linguistica e storia della linguistica.
Negli anni Settanta, di fervida passione politica, prevalse l'attenzione per i fenomeni politico-sociali e di storia culturale (gli scritti politici sono raccolti in Il verde e il rosso. Scritti militanti 1966-2000, a cura di L. Cortesi, Roma 2001). I saggi del volume Sul materialismo (Pisa 1970, 1975, Milano 1997, tradotto in varie lingue) sostengono, innestandolo nella tradizione marxista, un materialismo illuministico ed edonista a cui non sara' stato estraneo l'interesse 'familiare' per la scienza e l'apprezzamento del positivismo per lo stimolo al progresso delle conoscenze scientifiche e appunto per il materialismo di fondo che lo caratterizza. Da una posizione di convinto ateismo e antiteodicea, Timpanaro vide nell'idealismo rischi di soggettivismo antimaterialista e critico' l'ispirazione idealista del marxismo storicista e dialettico e piu' in generale la tendenza 'giustificazionista' dello storicismo, fonte di innumerevoli trasformismi e opportunismi politici. Il suo pessimismo e il suo 'materialismo volgare' mostrano una chiara influenza leopardiana, tanto che piu' volte parla del suo come una sorta di 'marxismo-leopardismo' (per es. in Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano, cit., p. VIII). Questo spiega anche l'avversione per gli aspetti spiritualisti e anti-illuministi del romanticismo, senza pero' implicare una condanna generica e indifferenziata del movimento culturale e una sua identificazione con la reazione e il bigottismo contrapposti schematicamente al progressismo classicista.
Una confutazione del carattere scientifico della psicanalisi, condotta in maniera brillante, sulla base dei principi della critica testuale, mediante l'esame serrato dei suoi metodi e dei suoi procedimenti concreti, fu proposta da Timpanaro in Il lapsus freudiano. Psicanalisi e critica testuale (Firenze 1974, tradotto in inglese e spagnolo): sullo sfondo la volonta' di dimostrare l'inconciliabilita' tra psicanalisi e marxismo e la denuncia della piega psicologistica presa dalla dottrina freudiana dopo un inizio piu' decisamente positivista e materialista.
Socio corrispondente (1963) e poi effettivo residente (1986) dell'Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria, fu Corresponding fellow della British Academy dal 1975, socio corrispondente (1989) e poi nazionale dell'Accademia dei Lincei (1999). Fu inoltre socio ordinario dell'Accademia dell'Arcadia e della Societa' Torricelliana di scienze e lettere di Faenza.
Sposo' nel 1968 l'archivista e storica della cultura settecentesca Maria Augusta Morelli (nata a Pisa nel 1938).
Mori' a Firenze il 26 novembre 2000.
*
Opere. Per la bibliografia di Timpanaro: L'opera di Sebastiano Timpanaro 1923-2000, a cura di M. Feo, in Il Ponte, LVII (2001), 10-11, monografico: Per Sebastiano Timpanaro, a cura di M. Feo, aggiornata in Il filologo materialista. Studi per Sebastiano Timpanaro, editi da R. Di Donato, Pisa 2003, pp. 191-293; Bibliografia degli scritti di Sebastiano Timpanaro, a cura di E. Narducci - A. Russo, in S. Timpanaro, Contributi di filologia greca e latina, cit., pp. 473-504.
*
Fonti e bibliografia: Firenze, Biblioteca Umanistica dell'Universita' degli Studi, Lettere, Registro carriere degli studenti, vol. XXIII n. 22; Roma, Accademia nazionale dei Lincei, Archivio, Tit. IV, b. 28, f. Timpanaro Sebastiano (contiene il curriculum vitae presentato in occasione della elezione a socio corrispondente dell'Accademia nel 1989, a stampa in S. T. e la cultura del secondo Novecento, a cura di E. Ghidetti - A. Pagnini, Roma 2005, pp. 85-88).
La sua tesi di laurea, Per una nuova edizione critica di Ennio, fu pubblicata in Studi italiani di filologia classica, XXI (1946), pp. 41-81; XXII (1947), pp. 33-77, 179-297; XXIII (1948), pp. 5-58, 235; e successivamente con modifiche in S. Timpanaro, Contributi di filologia e di storia della lingua latina, cit., pp. 623-681. I suoi libri e il suo archivio sono stati donati alla Biblioteca della Scuola normale superiore di Pisa. Da segnalare il ricchissimo epistolario: dalle lettere con i numerosi corrispondenti (oltre 1500 per piu' di 10.000 missive: v. l'Elenco dei corrispondenti dell’archivio S. T. disponibile in quella biblioteca e on-line: htpp://opendlib.sns.it/ODLUI_BIBSNS/CARTEGGI/Timpanaro-Junior/corrispondenti-Timpanaro_junior.pdf, 21 giugno 2019) emerge un quadro che conferma la vastita' dei suoi interessi e il ruolo svolto nel dibattito culturale del secondo Novecento. Alcuni scambi epistolari sono stati pubblicati: S. Timpanaro - F. Orlando, Carteggio su Freud (1971-1977), Pisa 2001; C. Cases - S. Timpanaro, Un lapsus di Marx. Carteggio 1956-1990, a cura di L. Baranelli, Pisa 2004, 2005, 2015; S. Timpanaro - G. Ramires, Carteggio su Servio (1993-2000), a cura di G. Ramires, prefazione di F. Stok, Pisa 2013; M. Feo, Il carteggio tra Augusto Campana e S. T., in Campi immaginabili, LII-LIII (2015), pp. 368-452. Lettere sparse o gruppi di lettere sono stati pubblicati in miscellanee e articoli vari; in corso di pubblicazione presso la Scuola normale superiore di Pisa il consistente epistolario con l'amico fraterno Scevola Mariotti.
E. Narducci, S. T., in Belfagor, XL (1985), pp. 283-314; S. Rizzo - V. Fera - M. Feo, Per S. T., in La Rassegna della letteratura italiana, C (1996), pp. 110-122; Per S. T., in Il Ponte, cit.; Per S. T., monografico di Allegoria, XIII (2001), 39; P. Parroni, S. T. (1923-2000), in Res publica litterarum, XXIV (2001), pp. 105-108; P. Anderson, On S. T., in London Review of books, XXIII (2001), 9, pp. 8-12, poi in Id., Spectrum. From right to left in the world of ideas, London 2005, pp. 188-209 (trad. it. Su S. T., in Quaderni materialisti, XI-XII (2012-2013), monografico: Per S. T., a cura di M. Cingoli, pp. 11-23); G. Orlandi, S. T., in Maia, LIV (2002), pp. 129-152; A. Perutelli, S. T.†, in Gnomon, LXXIV (2002), pp. 649-655; S. T. e i Virgilianisti antichi, Firenze 2002; Il filologo materialista, cit.; Per S. T. Il linguaggio, le passioni, la storia, a cura di F. Gallo - G. Iorio Giannoli - P. Quintili, Milano 2003; La morte di Spinoza. Scritti di e su S. T., a cura di M. Feo, monografico di Il Ponte, LX (2004), 10-11; S. T. e la cultura del secondo Novecento, cit. (in partic. A. Rotondo', S. T. e la cultura universitaria fiorentina della seconda meta' del Novecento, pp. 1-88); M. Mazza, S. T. junior: la visione del mondo antico, in Studi romani, LIII (2005), pp. 225-254; V. Di Benedetto, Come ricordo S. T. jr. (2002), in Id., Il richiamo del testo. Contributi di filologia e letteratura, Pisa 2007, pp. 103-110; Da Tortorici alla Toscana: percorsi della famiglia Timpanaro. Atti del Convegno, Tortorici... 2003, a cura di P. de Capua - M. Feo - V. Fera, Messina 2009; La lezione di un Maestro. Omaggio a S. T., a cura di N. Ordine, Napoli 2010; G. Arrighetti, Pasquali visto da T., in Eikasmos, XXIII (2012), pp. 399-416; Per S. T., in Quaderni materialisti, cit.; Omaggio a S. T., a cura di W. Lapini, monografico di Sileno, XXXIX (2013); C. Pestelli, L'universo leopardiano di S. T. e altri saggi su Leopardi e sulla famiglia, Firenze 2013; P. Mari, Timpanariana e altri saggi di metodo filologico, Roma 2013. Al centro degli studi di Timpanaro e' stata la sua filologia, che affronta tutti gli aspetti del testo, compresi quelli piu' tecnici della storia della lingua e della metrica greca e latina, con una particolare sensibilita' alla valutazione, o rivalutazione, della tradizione manoscritta, soprattutto quella indiretta (esemplari i suoi volumi Per la storia della filologia virgiliana antica, Roma 1986, seconda ed. con una postfazione di P. Parroni, Roma 2002, e Virgilianisti antichi e tradizione indiretta, presentazione di P. Parroni, Firenze 2001). In proposito si veda in partic. V. Di Benedetto, La filologia di S. T. (2003), in Id., Il richiamo del testo, cit., pp. 111-190 e M. De Nonno, T. tra filologia e storia della lingua latina, in S. T. e la cultura del secondo Novecento, cit., pp. 101-121; e inoltre: P. Mari, Il contributo di S. T. al metodo critico filologico, in Per S. T. Il linguaggio, le passioni, la storia, cit., pp. 27-62, poi in Id., Timpanariana, cit., pp. 33-65; G.W. Most, Osservazioni sugli stemmi bipartiti, in Belfagor, LXI (2006), pp. 452-465 (con E. Montanari, L'abbozzo incompiuto di T. in replica a Reeve, in Omaggio a S. T., cit., pp. 303-338); P. Parroni, T. e la filologia, in La lezione di un Maestro, cit., pp. 57-70; sul metodo v. da ultimo A. Pagnini, T., la filologia, la medicina, la psicanalisi: per un'epistemologia delle 'scienze inesatte', ibid., pp. 37-56; cfr. anche R. Castellana, T. o l'etica del saggio, in Per S. T., monografico di Allegoria, cit., pp. 40-51; e ancora: F. Santangelo, "Voler 'capire tutto'". Appunti sullo stile di S. T., in Anabases, XX (2014), pp. 49-67. Per i rapporti della filologia con la storia della filologia cfr. la sua introduzione alla ristampa della Preistoria della poesia romana di Giorgio Pasquali ("in tutte le opere di Pasquali filologia e storia della filologia sono strettamente congiunte", Firenze 1981, p. 38) e G. Cambiano, Su T. e la storia degli studi classici, in S. T. e la cultura del secondo Novecento, cit., pp. 91-100. Con i suoi studi leopardiani e' da ricordare anche l'edizione degli Scritti filologici (1817-1832), a cura di G. Pacella - S. Timpanaro, Firenze 1969. Sugli studi su Leopardi cfr. L. Blasucci, Sugli studi leopardiani di T., in Il filologo materialista, cit., pp. 105-130; Id., Su T. leopardista, in La lezione di un Maestro, cit., pp. 95-112. Con il saggio sulla psicanalisi (in nuova ed. a cura di F. Stok, Torino 2002) va ricordato anche La 'fobia romana' e altri scritti su Freud e Meringer, Pisa 1992 (ristampato a cura di A. Pagnini, Pisa 2006) e Carteggio su Freud, cit.; sul tema cfr. in particolare la introduzione di F. Stok alla nuova edizione di Il lapsus freudiano, e sempre di F. Stok, T. tra Lachmann e Freud (note sul 'Lapsus freudiano'), in Per S. T. Il linguaggio, le passioni, la storia, cit., pp. 95-121; inoltre si veda G. Corlito, T. e la psicanalisi, in Per S. T., monografico di Allegoria, cit., pp. 52-72; R. Dombroski, T. in Inghilterra. Alcune considerazioni sulle letture di Charles Rycroft e Raymlond Williams, ibid., pp. 122-131; P. Anderson, T. among the Anglo-Saxons, in Il filologo materialista, cit., pp. 177-190; A. Pagnini, S. T. su psicoanalisi e scienza, in S. T. e la cultura del secondo Novecento, cit., pp. 301-315. Per completare il quadro dell'attivita' di Timpanaro sono da citare le ricerche di storia della cultura che vanno incontro all'impegno politico e ideologico: Il socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del 'Primo Maggio' (Verona 1984) e le traduzioni con commento del Buon senso di Paul Henri Thiry d'Holbach (Milano 1985, rist. 2005 e 2006), di La fortune des Rougon (Milano 1992, rist. 2017) e La conquete de Plassans di Emile Zola (Milano 1993, rist. 2011 e 2018).
***************************
LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
***************************
Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 107 del 9 giugno 2021
*
Informativa sulla privacy
E' possibile consultare l'informativa sulla privacy a questo indirizzo: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com
- Prev by Date: [Nonviolenza] Telegrammi. 4130
- Next by Date: [Nonviolenza] Telegrammi. 4131
- Previous by thread: [Nonviolenza] Telegrammi. 4130
- Next by thread: [Nonviolenza] Telegrammi. 4131
- Indice: