[Nonviolenza] Telegrammi. 4130



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4130 del 9 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. "Mani Rosse Antirazziste": Un appello al Parlamento
2. Franca Fortunato: Smettete di pagare la Guardia Costiera libica
3. Il CPR di Torino e' una ferita nello stato di diritto
4. Ripetiamo ancora una volta...
5. Ugo De Siervo: Giorgio La Pira
6. Omero Dellistorti: La disobbedienza
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. APPELLI. "MANI ROSSE ANTIRAZZISTE": UN APPELLO AL PARLAMENTO
[Dalle amiche e dagli amici di "Mani Rosse Antirazziste" riceviamo e diffondiamo. Per adesioni: mauroc.zanella at gmail.com]

Onorevoli senatrici e deputate, onorevoli senatori e deputati,
nell’imminenza del  voto sul rinnovo del finanziamento previsto nel quadro della cooperazione con il Governo libico e la sua cosiddetta Guardia Costiera, i sottoscritti, membri del gruppo Mani Rosse Antirazziste, che da quasi tre anni  sfila tutti i giovedi' davanti al Viminale, Vi ricordano i crimini contro l'umanita' che vengono quotidianamente perpetrati sia nel deserto al confine Sud, che nei lager e nella cosiddetta SAR libica, ormai documentati dalla stampa e dalle stesse Nazioni Unite.
Tale nostro finanziamento si dimostra essenziale solo allo scopo di bloccare a qualunque costo l'arrivo in Italia, e quindi nell'Unione europea, dei migranti e richiedenti asilo sopravvissuti al lungo viaggio.
Per tali motivi, come cittadine e cittadini italiani, Vi chiediamo, coerentemente ai valori della nostra Costituzione e nel rispetto della legalita' internazionale, di bloccare tali ulteriori finanziamenti e di operare, al contrario, per promuovere una iniziativa unilaterale, o meglio ancora europea, che riprenda e rilanci l'esperienza di Mare Nostrum.
Cordialmente,
Mani Rosse Antirazziste
Roma, primo giugno 2021

2. RIFLESSIONE. FRANCA FORTUNATO: SMETTETE DI PAGARE LA GUARDIA COSTIERA LIBICA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Il Quotidiano del Sud" il 29 maggio 2021]

Nei prossimi giorni il Parlamento italiano dovra' votare il rifinanziamento alla Guardia Costiera libica per riportare forzatamente i migranti, imbarcati sui gommoni, in Libia. "Salvataggi in mare" li chiamano e Mario Draghi, in visita a Tripoli, ha ringraziato.
Quale sia il destino dei "salvati in mare" ce lo racconta Francesca Mannocchi sull'ultimo numero dell'Espresso. "Nella notte tra il sette e l'otto aprile scorso – scrive – un uomo e' stato ucciso e due giovani, un diciassettenne e un diciottenne, sono rimasti feriti nel centro di raccolta di Al-Mabani, Tripoli, centro di detenzione, dove e' scoppiata una rissa e le guardie hanno reagito aprendo il fuoco in modo indiscriminato. Quello di Al-Mabani e' un centro di smistamento dove le persone restano per un tempo indefinito prima di essere spostate nei centri ufficiali. E' il piu' affollato dei centri di Tripoli. A febbraio nel giro di poche settimane e' passato dalla capienza prevista – circa 300 persone – a 1500, che significa che in ogni stanzone ci sono tra le duecento e le duecentocinquanta persone e che, insieme ai migranti, sono aumentate le tensioni. Le condizioni nel centro sono invivibili: c'e' poca luce e ventilazione, non arriva abbastanza cibo ne' acqua, non ci sono bagni per tutti, solo tre o quattro ogni duecento persone".
E' per rinchiudere i "salvati in mare" in luoghi simili e mantenere gli altri in centri lager che l'Italia, negli ultimi quattro anni, ha pagato la Libia (213 milioni di euro) per "contenere i flussi migratori" e adesso il Parlamento si appresta a rifinanziare.
"Contenere", "rimpatriare", "respingere" sono le parole che da anni hanno preso il posto di "soccorrere", "salvare", "accogliere", "ospitare" e hanno trasformato il Mediterraneo da ponte tra civilta', culture, lingue diverse in "confini", "muro", "cimitero", "morte". In fondo a quel mare, naufragio dopo naufragio, continua a crescere il reame sottomarino delle/i bambine/i lasciati annegare da un'Europa che a parole parla di "approccio umano e umanitario", di "solidarieta'" e "umanita'", come ha fatto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, a cui avevo dato credito, presentando il nuovo patto per asilo e migrazione, ma che nei fatti guarda ai respingimenti e lascia i salvataggi in mare alle poche Ong ancora in condizione di effettuare recuperi.
Il Mediterraneo da tempo non e' "Mare nostrum" perché non tutti i popoli che vivono sulle due sponde lo vivono come tale. Non so se e' vero che la bellezza salvera' il mondo, come ha detto qualcuno, e se questo mondo dove dominano il profitto e il denaro, come dimostra anche la vicenda dei vaccini contro il Covid per i Paesi poveri, e' salvabile, ma rileggere in questo presente il libro del poeta "arabo-andaluso" Mohammed Bennis Il Mediterraneo e la parola. Viaggio, poesia, ospitalita', che giaceva nella mia libreria e si e' imposto al mio sguardo, e' stato un modo per restituire dignita' e umanita' alle tante vite annegate, umiliate, violentate, disprezzate giorno dopo giorno lungo le rotte dell'immigrazione di terra e di mare. Un modo per dire della bellezza di civilta', lingue e culture diverse dove accoglienza e ospitalita' sono simbolo della generosita' delle genti mediterranee.
"La mia poesia – scrive Mohammed – appartiene a quella poesia araba che ha accolto gioiosamente lo straniero nella sua lingua e nella sua cultura, nel rispetto dell'ospitalita'. La mia poesia ha scelto il dialogo".
Pagare la Guardia Costiera libica contro i migranti e' l'ennesimo vergognoso tradimento di quella comune civilta' mediterranea dell'accoglienza e dell'ospitalita' che la poesia di Mohammed accoglie e che molte/i praticano, anche in Calabria.

3. DOCUMENTI. IL CPR DI TORINO E' UNA FERITA NELLO STATO DI DIRITTO
[Dal sito del Centro Studi "Sereno Regis" di Torino (www.serenoregis.org)]

La morte di Moussa Balde, il 23 maggio, nei cosi' detti "ospedaletti" del CPR di Torino, ci interroga, come cittadini e come giuristi, su alcune fondamentali questioni in merito al trattamento oggi riservato ai migranti: il CPR di Torino ' una ferita nello stato di diritto.
Moussa Balde e' stato trattenuto al CPR., e prima ancora e' stato condotto presso gli uffici di polizia di Ventimiglia, perche' cittadino straniero irregolare, subito dopo aver subito una selvaggia aggressione da parte di tre italiani, a Ventimiglia, il 9 maggio. Per quanto noto in questa fase, la sua condizione di persona offesa e' stata immediatamente dimenticata, a causa dell'irregolarita' del suo soggiorno, e non gli era stata fornita alcuna delle informazioni conseguenti, quali, tra l'altro, la facolta' di presentare denunce o querele, il diritto di chiedere di essere informato sullo stato del procedimento, la possibilita' di avvalersi dell'assistenza linguistica. Gli e' stato di fatto negato il diritto di partecipare al procedimento penale.
Moussa Balde aveva anzi riferito di non avere neppure compreso che l'aggressione avesse generato delle indagini, che i suoi aggressori fossero stati identificati, ne' tantomeno sapeva che c'era un video che aveva ripreso quella aggressione (all'ingresso nel CPR i trattenuti vengono privati dei telefoni cellulari, benche' la legge garantisca la liberta' di comunicazione anche telefonica con l'esterno, e non hanno accesso ad internet). Questa prima parte della vicenda conferma per l'ennesima volta che per lo Stato italiano la persecuzione degli stranieri privi di un permesso di soggiorno e' considerata una priorita' assoluta, da esercitare a qualunque costo, anche a scapito di diritti fondamentali (in alcuni casi, e il Mediterraneo ne e' muto testimone, anche della vita dei migranti).
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Il CPR di Torino e' una ferita nello stato di diritto.
L'altra grande questione che la tragedia di Moussa Balde solleva riguarda cio' che accade dentro i CPR italiani, e dentro il CPR di Torino in particolare.
Moussa Balde vi e' stato rinchiuso senza alcuna valutazione preliminare sulla sua idoneita' psichica al trattenimento e cio' nonostante le presumibili conseguenze di un'aggressione tanto violenta.
Appena entrato al CPR, e' stato privato del telefono cellulare ed e' stato collocato nei c.d. "ospedaletti", vere e proprie celle di isolamento non previste dalla normativa, separate dalle altre aree, lontane dagli uffici e dall'infermeria, dove e' impossibile effettuare un controllo o un'osservazione di chi vi e' rinchiuso. Luoghi in cui una patologia psichiatrica o una semplice depressione sono destinati ad aggravarsi e dove e' purtroppo molto facile, in solitudine, compiere gesti anticonservativi.
Lo stesso CPR, le medesime camere di isolamento, dove, nel luglio del 2019, era morta un'altra persona, Faisal Hussein, affetto probabilmente da problemi psichici e abbandonato per cinque mesi nella segregazione del CPR di Torino.
La vicenda di Moussa Balde ci deve ricordare quali sono le effettive priorita', che i diritti fondamentali non possono essere sacrificati e che non possono esistere luoghi di detenzione privi di regole, dove la vita delle persone e' consegnata all'arbitrio.
I CPR (che per ignoranza qualcuno continua a chiamare "centri di accoglienza") sono strutture in cui le persone trattenute vengono private della loro umanita', parcheggiate e abbandonate, in condizioni peggiori rispetto a quelle esistenti in carcere, proprio per la carenza di regole e di garanzie. Anche i pochi diritti riconosciuti vengono sistematicamente calpestati da quella stessa pubblica amministrazione che le regole e' chiamata a far osservare (e che sanziona con la privazione della liberta' personale e con l'espulsione chi ha violato la normativa sul soggiorno).
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Tra le numerose violazioni rilevate, queste le piu' gravi:
- la verifica dell'idoneita' sanitaria al trattenimento viene fatta da medici interni del CPR, e non, come previsto dall'art. 3 del Regolamento CIE emanato dal Ministero dell'Interno il 2.10.2014 prot. n. 12700, da medici esterni afferenti alla ASL o alle strutture ospedaliere, prima dell'ingresso. E – come il caso di Moussa Balde dimostra con brutale evidenza – nessuna verifica di compatibilita' psichica viene effettuata;
- il sostegno psichiatrico non e' stato garantito dal marzo 2020 al febbraio 2021 e rimane comunque insufficiente e discontinuo;
- vengono trattenute persone presunte minorenni, in aperto contrasto con la normativa vigente;
- sebbene la legge non consenta l'isolamento dei trattenuti, la misura viene abitualmente e arbitrariamente utilizzata, senza obbligo di motivazione ne' possibilita' di impugnazione o riesame;
- durante l'isolamento, i trattenuti vengono ristretti in celle pollaio, che ricevono luce solare per poche ore al giorno solo nel cortile (con visuale oltretutto limitata da una tettoia), senza diritto di uscire ne' di usare un telefono;
- vengono utilizzati luoghi di trattenimento non ufficiali (le celle di sicurezza nel seminterrato), nemmeno dichiarati al Garante nazionale e scoperti casualmente da quest'ultimo in occasione della visita del 2.3.2018;
- in spregio al diritto alla liberta' di comunicazione con l'esterno sancita dall'art. 14, comma 2 del Testo Unico sull'Immigrazione e dall'art. 20, comma 3, del Regolamento di attuazione, i trattenuti vengono privati del telefono cellulare, cosi' perdendo anche l'accesso ad internet, principale strumento di comunicazione e di informazione; le telefonate possono essere effettuate solo verso l'esterno, a pagamento e con linea fissa, con la conseguenza che, in considerazione dei costi, e' estremamente difficile mantenere contatti con i parenti all'estero; i trattenuti non possono ricevere, privati del proprio apparecchio cellulare, chiamate dall'esterno, avendo sempre l'amministrazione rifiutato di fornire le utenze dei telefoni installati nel centro;
- i colloqui con i familiari e i conoscenti sono sospesi da oltre un anno e non e' stato attivato alcun sistema di colloqui in videoconferenza, pur a fronte di trattenimenti che possono protrarsi per diversi mesi;
- i trattenuti vengono costretti in moduli abitativi sovraffollati, con servizi igienici non separati dai luoghi di pernottamento e privi di porte;
- non sono presenti mediatori culturali di lingue e Paesi rappresentati nel CPR.
A cio' si aggiunge il tema della competenza a decidere in materia di liberta' personale ai giudici di pace, che tale competenza non hanno in alcun altro ambito. Si ricorda in merito il risultato delle ricerche dell'Osservatorio sulla giurisprudenza del giudice di pace in materia di immigrazione (Lexilium), che ha rilevato che il tasso di convalida dei decreti di trattenimento da parte dell'ufficio dei giudici di pace di Torino, nel 2015, e' stato del 98% e quello di proroga del 97%, all'esito di udienze che, nella maggioranza dei casi, non hanno superato i 5 minuti di durata.
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A fronte di queste gravissime violazioni, riaffermiamo con forza la necessita' di riportare questi luoghi a standard minimi di decenza e dignita', chiedendo che:
- siano immediatamente chiuse le strutture illegali di detenzione, come i c.d. Ospedaletti e le camere di sicurezza nei sotterranei;
- vengano ripristinate le condizioni di legalita' del trattenimento e, in particolare, il diritto di comunicazione anche telefonica con il proprio telefono cellulare e la ripresa dei colloqui con i familiari;
- particolare attenzione venga posta alla salute dei trattenuti, anche attraverso il previo esame da parte di medici dell'ASL sulla idoneita' al trattenimento, e che venga garantita la presenza di psichiatri e psicologi, sia al momento dell'ingresso, sia nel corso del trattenimento;
- in caso di incapacita' a rispettare gli standard minimi sopra illustrati, venga disposta la chiusura della struttura.
Ribadiamo inoltre la necessita' di rispettare i principi del processo penale e i diritti delle persone offese, siano essi cittadini italiani o stranieri, indipendentemente dal possesso di un permesso di soggiorno.
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Chiediamo infine un incontro urgente con il Ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, e con il Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, per documentare i piu' gravi episodi verificatisi negli ultimi mesi all'interno della struttura, culminati nel suicidio di Moussa Balde.
Per tutte queste ragioni, abbiamo deciso di manifestare davanti alla Prefettura di Torino, in Piazza Castello, venerdi' 4 giugno 2021, dalle ore 16.00: il CPR di Torino e' una ferita nello stato di diritto.
Per adesioni di associazioni e singoli scrivere a: giustiziapermoussa at gmail.com
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Promotori: Asgi, Antigone, Antigone Piemonte, Legal Team Italia, Giurisdi democratici, Osservatorio Carcere Piemonte e Valle d'Aosta, Unione Camere Penali Italiane, Adif-Associazione Diritti e Frontiere. A.P.I. Onlus, Strali.
Aderenti: A San Mauro Restando Umani, Associazione Casacomune, Associazione Famiglie Accoglienti, Associazione Frantz Fanon, Associazione Gruppo Abele, Associazione Libellula, BDS Torino, Carovane Migranti, Centro Studi Sereno Regis, Centro Socio Culturale Rom Sinti e Camminanti per il Futuro, CGIL Torino, Circolo Arci La Poderosa, Co.Mu.Net Officine Corsare, Cooperativa sociale le 5 stagioni, CUB Torino e Provincia, I.U.C. International University College - Torino, LasciateCIE Entrare, Mamme in piazza per la liberta' di dissenso, Mediterranea Saving Humans - Torino, MCE - Movimento di Cooperazione Educativa Torino, ReCoSol - Rete Comuni Solidali, Rete 21 Marzo - Mano nella Mano contro il Razzismo, Torino per Moria.

4. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. MAESTRI. UGO DE SIERVO: GIORGIO LA PIRA
[Da Il contributo italiano alla storia del pensiero: Diritto (2012) nel sito www.treccani.it]

Il contributo di Giorgio La Pira ai dibattiti costituenti appare rilevante, in riferimento sia a singole disposizioni sia al disegno complessivo; d'altra parte, La Pira alla Costituente e' stato relatore sui principi fondamentali e uno dei due oratori del gruppo democristiano nel dibattito generale sul progetto; proprio a lui giornali rappresentativi come "Il popolo", "L'avvenire d'Italia" e "Cronache sociali" chiesero di esprimere un primo commento sul testo costituzionale appena adottato. Si pone il problema dei motivi della sua autorevolezza, di quale sia stato il suo apporto e di come egli sia riuscito a trovare un terreno di utile confronto con le altre e diverse culture presenti alla Costituente.
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La vita
La Pira nasce il 9 gennaio 1904 a Pozzallo presso Ragusa, in una famiglia di modeste condizioni economiche. Nel 1913, per proseguire negli studi medi, e' affidato a uno zio di Messina, Luigi Occhipinti. Consegue un brillante diploma da ragioniere, aiutando la piccola azienda dello zio e partecipando alle iniziative di un vivace gruppo di coetanei (qui nascono le sue amicizie con Salvatore Pugliatti e Salvatore Quasimodo). Nel 1922 supera l'esame di maturita' classica e si iscrive alla facolta' di Giurisprudenza, dove consegue eccellenti risultati. In quest'ultima fase torna alla fede religiosa, mentre vengono meno alcune acerbe aperture verso il dannunzianesimo e il fascismo. Nel 1926 e' a Firenze per laurearsi in diritto romano con Emilio Betti, gia' suo docente a Messina. Dopo la tesi (pubblicata nel 1930), e' incaricato dell'insegnamento di istituzioni di diritto romano; dopo studi anche all'estero, nel 1930 e' libero docente, nel 1933 vince il concorso a cattedra e viene chiamato dalla facolta' di Giurisprudenza di Firenze. La Pira si distingue per l'intensa fede religiosa, e in questo periodo frequenta vari ambienti ecclesiali e partecipa a movimenti cattolici. Frequenta anche monsignor Giovanni Battista Montini e padre Mariano Cordovani.
Dal 1937 si impegna contro le tendenze razziste e belliciste del fascismo e rompe con l'ambiente de "Il frontespizio", rivista letteraria diretta tra gli altri da Giovanni Papini. Fra il 1939 e il 1940 pubblica "Principi", una scarna rivista che, rivisitando il pensiero classico e teologico, indica i principi ineludibili per una convivenza fondata sui valori personalisti. Dopo l'8 settembre 1943, essendo ricercato, deve trasferirsi a Roma. In questa fase e' autore di scritti per l'impegno in politica dei cattolici e che individuano il fondamento del nuovo Stato nel personalismo e in mutati rapporti sociali.
Eletto alla Costituente, e' relatore sui principi fondamentali e protagonista di molti confronti che si svolgono nella commissione dei 75 e nell'assemblea plenaria. Collaboratore di "Cronache sociali", che esprime le posizioni piu' riformiste del cattolicesimo politico italiano, non segue Giuseppe Dossetti, allora vicesegretario della Democrazia cristiana, nel suo ritiro dall'impegno parlamentare, e nel 1948-49 e' sottosegretario al ministero del Lavoro, di cui e' titolare Amintore Fanfani, il politico a lui piu' vicino.
Nel 1951 diviene sindaco di Firenze, alla guida di una giunta centrista, dove porta una forte carica di innovazione e di interventismo dinanzi ai gravi problemi economici e sociali. Malgrado i risultati amministrativi e l'innovativa politica culturale, non mancano polemiche giornalistiche e politiche.
Nonostante il successo nelle elezioni del 1956, il nuovo sistema elettorale e l'impossibilita' di formare una giunta di centro-sinistra rendono fragile la sua seconda amministrazione. D'altra parte, motivo di attacchi sono le iniziative di dialogo e di tono pacifista che La Pira continua ad assumere. Nel 1961, in un mutato contesto politico ed ecclesiale, viene rieletto sindaco: i risultati conseguiti vengono pero' messi in ombra dalle polemiche, e La Pira appare sempre piu' isolato dal dominante sistema dei partiti.
Dimessosi nel 1965, La Pira esce dalla politica nelle istituzioni; peraltro, continua i suoi interventi a livello internazionale e nazionale. Rieletto deputato nel 1976, muore a Firenze il 5 novembre 1977.
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Come fondare un moderno Stato democratico
Gia' subito dopo la caduta del fascismo, La Pira, intervenendo pubblicamente sulla situazione del Paese (Responsabilita' del pensiero, "La nazione", 8 agosto 1943), afferma che la rifondazione dello Stato dovra' necessariamente recuperare dalla "tradizione giuridica latina e cristiana" il principio fondamentale che "non la persona per lo Stato, ma lo Stato per la persona e per tutti gli sviluppi naturali e soprannaturali della persona". Cio' mentre condanna il "tradimento degli intellettuali" nell'affermazione dei totalitarismi, avendo contribuito a porne le premesse filosofiche allorche' hanno "intaccato in radice tutto il tessuto delle verita' cristiane".
D'altra parte, concetti analoghi aveva sviluppato, seppur evidentemente in forma meno esplicita, in "Principi", il singolare supplemento di "Vita cristiana" (edita dai domenicani del convento di San Marco a Firenze): una piccola rivista di "ascetica e mistica" che gli aveva permesso di far circolare per oltre un anno, in pieno regime fascista, idee allora assai eterodosse. Basti qui ricordare che nell'ultimo numero pubblicato, dedicato al "desiderio della liberta'", aveva scritto dell'importanza "del fondamento solido di una limitazione giuridica apportata all'azione di coloro che in una data societa' detengono il governo della medesima" (Premessa, "Principi", 1940, 1-2). Non a caso, in occasione della forzata chiusura della "rivistina bimestrale", essa fu accusata di aver sostenuto "principi della piu' bell'acqua liberale e democratica", e nelle successive polemiche fu imputato dai fascisti fiorentini a La Pira di parlare di "eterni valori" e di "primato della legge".
La Pira, uomo di fede molto intensa, aderisce al tomismo su molteplici e fondamentali aspetti della propria vita personale e religiosa e, nei difficili anni della contrapposizione al fascismo, trova in questa concezione filosofica anche le basi per una teoria politica adeguata alle sue coraggiose polemiche con le concezioni totalitarie dominanti. Peraltro la continua utilizzazione che La Pira fa del pensiero tomista non significa che egli ignori i nuovi problemi posti dagli Stati pluralisti e democratici, caratterizzati dalle moderne fonti costituzionali, cosi' come reso evidente dai testi citati nei suoi scritti.
Semmai, ricorrente negli anni precedenti alla fase costituente e' l'affermazione della sufficienza della riflessione tomista, integrata da alcuni esiti della sociologia cristiana, per la risoluzione dei problemi posti dal moderno costituzionalismo: in questo senso assai significativo appare il suo ampio intervento (Il nostro esame di coscienza di fronte alla Costituente) alla XIX Settimana sociale dei cattolici d'Italia  su "Costituzione e Costituente" (Firenze, 22-28 ottobre 1945). Qui La Pira appare pienamente consapevole che le costituzioni moderne non contengono solo la disciplina degli organi statali, ma anche la determinazione dei "criteri fondamentali cui deve ispirarsi" l'attivita' legislativa dello Stato; al tempo stesso polemizza fortemente con il costituzionalismo degli Stati totalitari, ma pure con quello delle costituzioni "di tipo individualista" e "di tipo socialista", imputate di essere profondamente errate in quanto traduzioni giuridiche di "errate metafisiche" (La casa comune, 1979, 1996 (2), p. 131).
Peraltro, al di la' delle molteplici polemiche contro le costituzioni di tipo liberalborghese, e' su questo modello storico che poi si ipotizza di poter lavorare, seppure mediante l'inserimento di notevoli innovazioni, dall'effettiva garanzia del primato della persona e delle strutture sociali e associative, alla piena valorizzazione del lavoro, a un vasto pluralismo istituzionale; al tempo stesso, non mancano anche alcune proposte di tipo organicistico, derivanti da risalenti progettazioni di intellettuali cattolici all'epoca delle prime reazioni al manifestarsi della questione sociale.
D'altra parte, nella citata Settimana sociale si confrontano due linee di fondo diverse, rappresentate da coloro che progettano di caratterizzare in senso clericale lo Stato e la Costituzione (tesi allora forte, specie in parti dell'ambiente ecclesiastico), e da coloro che, invece, sostengono che la democrazia pluralista dev'essere non solo piena ed effettiva, ma anche integrata da significativi diritti sociali. In questa polarizzazione, La Pira, pur attraverso un andamento argomentativo tutto interno al neotomismo e alle sensibilita' cattoliche, si colloca accanto a relatori (come, per es., Antonio Amorth, Fanfani, Ferruccio Pergolesi, Egidio Tosato) che ipotizzano di recuperare le tecniche giuridiche e alcuni valori dalle costituzioni liberaldemocratiche, pur innovandole radicalmente in modo da dare risposte soddisfacenti a tutti coloro che condividono la critica allo Stato "borghese capitalista".
In questa fase La Pira partecipa alle molteplici iniziative poste in essere da Dossetti, che coinvolgono molti intellettuali e docenti, ed e' lui a spiegare che "una costituzione cristianamente ispirata" non dipende da privilegi da riconoscere al cattolicesimo, ma dal fatto "che l''oggetto' della costituzione, il suo fine, sia la persona umana quale il cattolicesimo la definisce e la mostra. E dipende di conseguenza dall'altro fatto che tutte le strutture dell'edificio costituzionale siano ordinate a questo fine" (La casa comune, cit., p. 141).
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I principi fondamentali della Costituzione
L'impegno nell'Assemblea costituente non fu voluto da La Pira, che si riteneva semmai adatto a un ruolo di sollecitatore culturale, ma le pressioni per coinvolgere questo intellettuale cosi' caratterizzato furono evidentemente forti, e d'altra parte fondate su quanto egli stesso aveva scritto circa la doverosita' dell'impegno politico per "preparare le nuove strutture sociali nelle quali – come dice Maritain – siano rifratte quelle esigenze di interiorita', liberta' e fraternita' che sono le esigenze insopprimibili della persona umana" (Premesse della politica, 1945, p. 186).
La sua larga notorieta' a livello nazionale spiega anche come, una volta eletto, egli sia nominato componente della commissione che deve proporre il progetto di costituzione, e qui sia incaricato di redigere una delle due relazioni iniziali sui principi fondamentali e sui diritti e doveri.
Le proposte contenute in questa sua relazione appaiono omogenee a quanto da lui sostenuto da almeno un decennio nel filone delle riflessioni sui diritti fondamentali dell'uomo alla luce dell'attualizzazione del pensiero tomista, ma sul piano propositivo sono anche fortemente arricchite e tributarie del moderno costituzionalismo democratico, ivi compresi i recentissimi confronti che si erano svolti in Francia.
In particolare, se soprattutto tramite la mediazione delle proposte di Costantino Mortati (Relazione sui diritti pubblici subiettivi, in Ministero per la Costituente, Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, Relazione all'Assemblea costituente, I vol., 1946, pp. 79 e segg.) entrano nell'articolato di La Pira le tecniche costituzionalistiche piu' adeguate di tutela delle diverse posizioni soggettive, con il testo del 1945 di Emmanuel Mounier (in origine elaborato per un auspicato accordo internazionale: cfr. Progetto di una "Dichiarazione dei diritti", 1942-45, ora in Mounier in Italia 1935-1949, testi e documenti, a cura di G. Campanini, 1986, pp. 79 e segg.) trova piena conferma, in un contesto contemporaneo, la visione dello Stato come strumentale alla tutela dei valori personalistici e comunitari e l'ineludibile rispetto da parte degli Stati delle liberta' fondamentali tramite costituzioni di tipo rigido.
Malgrado questi riferimenti anche al piu' recente costituzionalismo, le proposte di La Pira sollevano non poche obiezioni, specie per la loro esplicita derivazione dalla tradizione culturale cattolica, ma forse anche per il tipo di scelte, sia politiche sia tecniche, che veicolavano in una fase di grande incertezza nelle progettazioni istituzionali da parte dei vari partiti (U. De Siervo, Scelte e confronti costituzionali nel periodo costituente: il progetto democratico cristiano e le altre proposte, "Jus", 1979, 2, pp. 127 e segg.).
In realta', allorche' si giungera', dopo un primo difficile e tesissimo confronto (De Siervo 1979, pp. 46 e segg.), a un'intesa su quelli che sono gli attuali articoli 2 e 3 della Costituzione (che in estrema sintesi esprimono le scelte personaliste e comunitarie, il recupero del principio di eguaglianza dinanzi alla legge, ma anche l'impegno dello Stato a farsi carico della rimozione delle disuguaglianze di fatto), non verra' in tal modo solo trovato il nucleo di accordo fondamentale su quello che sara' poi denominato come il 'compromesso costituzionale' fra i 'partiti di massa' (democristiani, socialisti e comunisti), ma implicitamente si scegliera' anche di adottare una Costituzione analitica, finalizzata e rigida. Evidentemente si era conseguito un reciproco riconoscimento di serieta' e di credibilita' nei tentativi di edificazione di un rinnovato Stato democratico.
Su quest'iniziale base di accordo si sviluppera' poi tutta la dialettica del confronto costituente, durante il quale, certo, accanto a tanti momenti di intesa non mancheranno anche forti attriti e aspri conflitti sia su alcuni profili in cui vengono in gioco sensibilita' diverse sui valori della convivenza, sia su modelli diversi di tipo istituzionale. Relativamente alla parte organizzativa dello Stato, per es., la scelta per un ordinamento democratico bilanciato, caratterizzato dalla creazione delle Regioni e garantito da una Corte costituzionale, e' voluta da democristiani e dai movimenti politici della tradizione repubblicana e liberale, mentre deve superare fortissime resistenze dei partiti d'ispirazione marxista, prigionieri di una visione semplicistica dell'assetto istituzionale (se addirittura non affascinati, almeno in parte, da prospettive di trasformazione rivoluzionaria).
Cio' che peraltro appare significativo e' che La Pira, nel dibattito generale sul complessivo progetto di costituzione elaborato dalla commissione, esprima un giudizio complessivamente positivo, rivendicando in modo esplicito ai valori cristiani, interpretati secondo la tradizione tomista, la capacita' di fornire a tutti un quadro costituzionale pienamente accettabile.
D'altra parte, gli elementi per lui assolutamente caratterizzanti del nuovo patto costituzionale per una solida democrazia appaiono fondamentalmente solo il riconoscimento del valore assoluto della persona, vista nella sua concretezza, e la necessita' che a una naturale "struttura sociale pluralista" corrisponda "un assetto giuridico conforme" (La casa comune, cit., pp. 255 e segg.).
Anche da questo punto di vista egli motiva il necessario richiamo nella Costituzione dei Patti lateranensi ("anche se vi e' qualche punto che potrebbe essere sottoposto a revisione bilaterale"), con anzi la rivendicazione di aver svolto un ruolo significativo nella formulazione finale dell'art. 7 della Costituzione. Quanto poi alle ricorrenti polemiche sulla necessaria laicita' dello Stato, la risposta e' che se "non dobbiamo fare uno Stato confessionale", non e' neanche accettabile uno Stato che non prenda atto dell'orientazione religiosa dell'uomo e degli organismi sociali in cui si manifesta questa realta' (La casa comune, cit., pp. 242 e segg.).
Ma La Pira, da acuto giurista, coglie anche la necessita' dell'adozione di norme organizzative coerenti con il nuovo sistema di principi e di valori che si viene definendo: per es., motiva la decisa richiesta di un'autorevole e autonoma Corte costituzionale perche' in tal modo si induce il futuro legislatore ad attuare le nuove disposizioni costituzionali e si garantisce l'effettiva superiorita' delle disposizioni costituzionali sulla volonta' delle forze politiche temporaneamente maggioritarie.
Quanto al notissimo (ma spesso deformato) episodio della proposta di La Pira di far precedere il testo costituzionale dalla premessa "In nome di Dio il popolo italiano si da' la presente Costituzione", e' bene ricordare anzitutto che questa proposta viene presentata solo dopo la fine delle votazioni sugli articoli della Costituzione, che non contiene riferimenti a una specifica religione e soprattutto che La Pira vorrebbe che fosse adottata "per acclamazione o unanimemente", poiche' a suo parere su di essa potrebbero ritrovarsi tutti, credenti e non credenti: peraltro, dinanzi a diverse obiezioni, malgrado il proprio profondo convincimento sulla sua opportunita' ("ho compiuto secondo la mia coscienza il gesto che dovevo compiere"), ritira la proposta, poiche' ritiene che non si possa mettere ai voti un richiamo del genere (La casa comune, cit., pp. 271 e segg.).
D'altra parte, se La Pira alla Costituente svolge incontestabilmente un ruolo di assoluto rilievo, tuttavia non si rende omogeneo alla classe politica che viene formandosi nei partiti e nelle istituzioni repubblicane, restando fortemente caratterizzato dalle sue tipicita' di uomo di cultura dalla fortissima religiosita', 'prestato' alla politica, e che quindi utilizza linguaggi e assume comportamenti fortemente caratterizzati dalla sua fede, cosi' 'scandalizzando' molti, abituati a forme espressive assai piu' neutre.
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Uno strumento giuridico storicamente adeguato
Nei primi commenti di La Pira sulla nuova Costituzione si coglie l'assenza di ogni intento celebrativo, pur nell'espressione di un complessivo giudizio certamente favorevole. Pesa pero' molto la preoccupazione, particolarmente forte proprio nel 1948 fra i componenti del cosiddetto 'gruppo dossettiano', che le concrete modalita' della ricostruzione economica in corso e i relativi interventi sociali non siano coerenti con principi e valori codificati nel nuovo patto costituzionale. Non a caso, egli si pone un duplice interrogativo: se esista nella nuova Costituzione un nuovo principio caratterizzante, che la distingua positivamente e se questa costituzione sia "uno strumento giuridico storicamente vitale" e cioe' "adeguato a quelle riforme di struttura che vanno operate nell'attuale ordinamento sociale, economico e politico" (La casa comune, cit., p. 277).
Il "principio basilare che da' fondamento a tutta la costituzione" viene individuato proprio nell'art. 2, alla cui formulazione e adozione La Pira aveva tanto contribuito e che ispira tanta parte dei principi e dello stesso assetto organizzativo determinati dalla Costituzione.
Al di la' della piena condivisione dei principi affermati e del modello istituzionale largamente articolato e pluralistico che si era (pur faticosamente) affermato nei lavori della Costituente, egli sembra pero' sostenere che l'opzione pluralistica avrebbe dovuto comportare pure la trasformazione delle imprese per garantirvi un ruolo attivo dei lavoratori, l'inserimento nel Senato della rappresentanza delle "comunita' di lavoro" (senza peraltro cadere nel corporativismo) e delle realta' territoriali, la disciplina giuridica dei partiti politici, la garanzia del pluralismo scolastico, se non l'indissolubilita' del matrimonio. Ma, al di la' di alcune "deficienze ed incoerenze, [...] la Costituzione si presenta come uno strumento giuridico storicamente adeguato: cioe' come uno strumento proporzionato a quella costituzione di un ordine sociale nuovo al quale dovra' tendere, con tutte le sue energie, il Parlamento futuro" (La casa comune, cit., p. 286).
In realta', se negli anni immediatamente seguenti, caratterizzati dal suo intenso impegno amministrativo, la Costituzione gli sembrera' un testo un po' troppo astratto rispetto alle tante impellenze sociali, ben presto ne utilizzera' a fondo le potenzialita' in tante occasioni politiche e culturali.
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Opere
La nostra vocazione sociale, Roma 1945.
Premesse della politica, Firenze 1945.
Il valore della persona umana, Milano 1947.
Architettura di uno Stato democratico, Roma 1948.
Principi, a cura di A. Scivoletto, Firenze 1955.
La casa comune. Una costituzione per l'uomo, a cura di U. De Siervo, Firenze 1979, 1996 (2).
Altri scritti sono citati in G. Conticelli, L. Artusi, Bibliografia degli scritti di Giorgio La Pira, Firenze 1998, I vol. dell'Edizione nazionale delle opere di Giorgio La Pira.
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Bibliografia
U. De Siervo, Introduzione a G. La Pira, La casa comune. Una costituzione per l'uomo, a cura di U. De Siervo, Firenze 1979, 1996 (2), pp. 7-77.
G. Campanini, Cristianesimo e democrazia: studi sul pensiero politico cattolico del '900, Brescia 1980.
S. Grassi, Il contributo di Giorgio La Pira ai lavori dell'Assemblea costituente, in Scelte della Costituente e cultura giuridica, a cura di U. De Siervo, Bologna 1980, II vol., Protagonisti e momenti del dibattito costituzionale, pp. 179 e segg.
F. Mazzei, La Pira: cose viste e ascoltate, Firenze 1980.
Fondazione Giorgio La Pira, La Pira oggi, Atti del I Convegno di studi sul messaggio di Giorgio La Pira nella presente epoca storica, Firenze 1983 (in partic.: S. Nistri, La Pira, Papini e il "Frontespizio", pp. 249-70).
U. De Siervo, Giorgio La Pira, in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica dell'Italia, 1861-1988, sotto la direzione di P. Buccomino, XVIII vol., 1959-1963. Una difficile transizione: verso il centro-sinistra, Milano 1991, pp. 366 e segg.
Fondazione Giorgio La Pira, La Pira e gli anni di "Principi", Firenze 1993 (in partic.: P.L. Ballini, Vicende di cattolici fiorentini durante il regime, pp. 51-92; U. De Siervo, I rapporti fra padre Cordovani e La Pira negli anni trenta, pp. 110-14).
G. Miligi, Gli anni messinesi e le 'parole di vita' di Giorgio La Pira, Messina 1995 (2).
I cattolici democratici e la Costituzione, Ricerca dell'Istituto Luigi Sturzo, a cura di N. Antonetti, U. De Siervo, F. Malgeri, 3 voll., Bologna 1998.
P.A. Carnemolla, Un cristiano siciliano: rassegna degli studi su Giorgio La Pira, 1978-1998, Caltanisetta-Roma 1999.
V. Peri, Giorgio La Pira: spazi storici, frontiere evangeliche, Caltanisetta-Roma 2001.
V. Possenti, La Pira tra storia e profezia. Con Tommaso maestro, Genova-Milano 2004.
B. Bocchini Camaiani, La Pira Giorgio, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, LXIII vol., Roma 2004, ad vocem.
Giorgio La Pira. Un San Francesco nel Novecento, a cura di C. Vigna, E. Zambruno, Roma 2008.

6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: LA DISOBBEDIENZA

- Io dico che va punita.
- Chi?
- Non chi, che.
- Allora che?
- La disobbedienza.
- La disobbedienza?
- Si', la disobbedienza.
- La disobbedienza a che?
- Qualunque disobbedienza.
- Dipende.
- No che non dipende, va punita e basta. Sempre.
- Sempre sempre?
- Sempre sempre.
- Va bene.
- Bene.
- E come?
- Ci penso io.
- No, dicevo come va punita.
- Ci penso io.
- Non c'e' bisogno, ci posso pensare io.
- Tu ci dovevi pensare prima.
- Prima di che?
- Prima che disobbedisse.
- No, dico, a punirla.
- A punirla ci penso io.
- Ci posso pensare pure io.
- Si', pero' e' meglio ce ci penso io.
- E perche'?
- Perche' a te gia' ti ha disobbedito.
- E allora?
- Lo sai.
- Lo so che?
- Lo sai.
- Non capisco mica.
- E che c'e' da capire? Ci penso io e basta.
- No, ci penso io, tocchera' a me, no?
- Toccava a te, ma non l'hai fatto.
- Lo fo adesso.
- Ma lo sai fare? Io dico che e' meglio che ci penso io.
- Che vorresti dire?
- Niente, solo che ci penso io.
- Perche', io non sarei capace?
- Non lo so, lo sai tu.
- E allora se lo so io io dico che sono capace.
- Sara'.
- Si' che sono capace.
- Sara'.
- E mo' basta.
- Va bene. Pero' e' meglio se ci penso io.
- No, ho detto che ci penso io e ci penso io.
- Va bene, va bene, pensaci tu. E quando lo fai?
- Che?
- Quando lo fai quello che devi fare.
- Stasera, direi.
- Stasera va bene.
- Magari bisogna decidere la punizione.
- E' gia' decisa.
- Come sarebbe a dire che e' gia' decisa?
- Ha disobbedito, e la punizione per la disobbedienza e' quella. Lo sanno tutti.
- Mica ce ne e' una sola.
- Per le donne che disobbediscono si', ce n'e' una sola, lo sanno tutti.
- E sarebbe?
- Lo sai.
- Cioe'?
- Lo sai, la punizione per le donne che disobbediscono.
- Quella?
- Quella.
- Vabbe', mo' non mi pare una cosa cosi' grave.
- Non e' grave la disobbedienza?
- Si' che e' grave, pero'...
- Pero' che?
- Non lo so, mi pare sproporzionato.
- Come, sproporzionato?
- Sproporzionato.
- Non e' sproporzionato, ha disobbedito e va punita e la punizione e' quella. Non fa una grinza.
- Non fa una grinza.
- E io che dicevo? Non fa una grinza.
- Ma io non lo so se me la sento.
- Lo vedi? Ci penso io.
- Se si potesse...
- No che non si puo', e' una femmina, ha disobbedito, la punizione e' quella. Ci penso io, tu non ti preoccupare.
- Non lo so se e' una cosa giusta.
- Certo che e' una cosa giusta: ha disobbedito.
- Non lo so.
- Lo so io. Per questo ci penso io, tu non ti devi preoccupare di niente.
- E se non fosse una cosa giusta?
- Ma e' giusta. Ha disobbedito o no?
- Si' che ha disobbedito.
- Bravo. Va punita o no?
- Penso di si'.
- Ecco. E la punizione e' quella.
- E la misericordia?
- Quale misericordia? E chi ti credi di essere, l'Altissimo? L'Altissimo ci ha la misericordia, noi siamo uomini, dobbiamo stare al posto nostro.
- Non ce la faccio.
- Per questo ci penso io.
- Non ce la faccio.
- Coraggio.
- Non ce la faccio.
- Tu la dai a me e ci penso io. Se non ci si aiuta tra di noi... mica siamo bestie.
- Grazie.
- E di che? Se una cosa va fatta va fatta.
- Grazie, grazie.
- Adesso piantala, su, a che serve la famiglia se non ci si da' una mano?
- Lo so che non dovrei dirlo, pero' mi fa pena lo stesso.
- Mi fa pena pure a me, ma ha disobbedito, e' femmina, e la punizione e' quella.
- Certe volte me lo chiedo, lo sai, me lo chiedo perche' le donne le trattiamo cosi', peggio che gli animali.
- Non c'e' da farsi tante domande, e' l'ordine naturale del mondo. Pure io mi ci appeno certe volte ma se non ci fosse un ordine, se non ci fossero le leggi, allora saremmo dei selvaggi, dei barbari, no?
- Certo, e' cosi'.
- Invece ci abbiamo l'anima razionale e l'ordine sociale e la forza delle leggi. Per non dire della fede.
- Certo, la fede viene prima di tutto.
- Giusto, e la fede che dice? Dice che la donna deve stare sottomessa all'uomo.
- La fede, e la legge.
- E' l'ordine naturale delle cose, che e' ordinato al bene.
- Senza dubbio.
- Senza dubbio.
- Allora ci pensi tu?
- Ci penso io.
- Siamo intesi cosi'?
- Siamo intesi, siamo intesi.
- Allora grazie, eh?
- E di che? Se si puo' fare un piacere...

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Roberta De Monticelli, Agostino, Tommaso e la filosofia medievale, Gedi, Roma 2019, pp. 126.
- Roberta De Monticelli, Husserl e la fenomenologia, Gedi, Roma 2019, pp. 142.
- Roberta De Monticelli, La novita' di ognuno. Persona e liberta', Garzanti, Milano 2009, 2012, pp. 400.
- Roberta De Monticelli, L'ordine del cuore. Etica e teoria del sentire, Garzanti, Milano 2003, 2012, pp. X + 318.
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Riedizioni
- Alessandro Barbero, 9 agosto 378. Il giorno dei barbari, Laterza, Roma-Bari 2005, Gedi, Roma 2021, pp. VIII + 248, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica" ed altri quotidiani).
- David Herlihy, La famiglia nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari 1987, Rcs, Milano 2021, pp. 252, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4130 del 9 giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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