[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 53



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 53 del 16 aprile 2021
 
In questo numero:
1. Mentre vegliavo una persona sofferente
2. Fabrizio De Andre': Girotondo
3. Fabrizio De Andre': La ballata dell'eroe
4. Fabrizio De Andre': La guerra di Piero
5. Fabrizio De Andre': Maria nella bottega del falegname
6. Fabrizio De Andre': Il testamento di Tito
7. Fabrizio De Andre': La collina
8. Fabrizio De Andre': Fila la lana
9. Fabrizio De Andre': Morire per delle idee
10. Fabrizio De Andre': Andrea
11. Fabrizio De Andre': Fiume Sand Creek
12. Giuseppe Sircana: Luigi Fabbri
13. Giuseppe Sircana: Pietro Gori
 
1. AMICIZIE. MENTRE VEGLIAVO UNA PERSONA SOFFERENTE
 
Mentre vegliavo una persona sofferente
stanotte d'un tratto mi e' tornato in mente
che presto sara' un anno che Paolo Finzi
ci ha lasciato.
 
Era il migliore degli amici e dei compagni
sempre si oppose a tutte le oppressioni
sapeva unire le persone nelle lotte
piu' necessarie.
 
Sapeva ascoltare e sapeva discutere
rispettando la dignita' delle persone
sempre schierato dalla parte delle vittime
un resistente.
 
Mi pesa che non ci sia piu'
so che dovrei essergli grato
di tutto cio' che ha fatto e seminato
ma sono triste.
 
Mentre vegliavo una persona sofferente
stanotte ho pensato che avrei voluto
poterci parlare ancora una volta
tra noi compagni.
 
2. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': GIROTONDO
[Riproponiamo i seguenti testi. "Girotondo" e' nell'album Tutti morimmo a stento (1968); "La ballata dell'eroe" e "La guerra di Piero" sono nell'album Fabrizio De Andre' volume 3 (1968); "Maria nella bottega del falegname" e "Il testamento di Tito" sono nell'album La buona novella (1970); "La collina" e' nell'album Non al denaro non all'amore ne' al cielo (1971); "Fila la lana" e "Morire per delle idee" sono nell'album Canzoni (1974); "Andrea" e' nell'album Rimini (1978); "Fiume Sand Creek" e' nell'album senza titolo detto L'indiano (1981). Li abbiamo ripresi da Fabrizio De Andre', Parole. I testi di tutte le canzoni, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2009.
Fabrizio De Andre' (Genova, 1940 - Milano, 1999), cantautore libertario, e' una delle figure piu' vive della cultura italiana del secondo Novecento]
 
Se verra' la guerra, Marcondiro'ndero
se verra' la guerra, Marcondiro'nda'
sul mare e sulla terra, Marcondiro'ndera
sul mare e sulla terra chi ci salvera'?
 
Ci salvera' il soldato che non la vorra'
ci salvera' il soldato che la guerra rifiutera'.
 
La guerra e' gia' scoppiata, Marcondiro'ndero
la guerra e' gia' scoppiata, chi ci aiutera'.
Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro'ndero
ci aiutera' il buon Dio, lui ci salvera'.
 
Buon Dio e' gia' scappato, dove non si sa
buon Dio se n'e' andato, chissa' quando ritornera'.
 
L'aeroplano vola, Marcondiro'ndera
l'aeroplano vola, Marcondiro'nda'.
Se gettera' la bomba, Marcondiro'ndero
se gettera' la bomba chi ci salvera'?
 
Ci salva l'aviatore che non lo fara'
ci salva l'aviatore che la bomba non gettera'.
 
La bomba e' gia' caduta, Marcondiro'ndero
la bomba e' gia' caduta, chi la prendera'?
La prenderanno tutti, Marcondiro'ndero
sian belli o siano brutti, Marcondiro'nda'.
 
Sian grandi o sian piccini li distruggera'
sian furbi o sian cretini li fulminera'.
 
Ci sono troppe buche, Marcondiro'ndero
ci sono troppe buche, chi le riempira'?
Non potremo piu' giocare al Marcondiro'ndero
non potremo piu' giocare al Marcondiro'nda'.
 
E voi a divertirvi andate un po' piu' in la'
andate a divertirvi dove la guerra non ci sara'.
 
La guerra e' dappertutto, Marcondiro'ndero
la terra e' tutta un lutto, chi la consolera'?
Ci penseran gli uomini, le bestie i fiori
i boschi e le stagioni con i mille colori.
 
Di gente, bestie e fiori no, non ce n'e' piu'
viventi siam rimasti noi e nulla piu'.
 
La terra e' tutta nostra, Marcondiro'ndero
ne faremo una gran giostra, Marcondiro'nda'.
Abbiam tutta la terra Marcondiro'ndero
giocheremo a far la guerra, Marcondiro'nda'...
 
3. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': LA BALLATA DELL'EROE
 
Era partito per fare la guerra
per dare il suo aiuto alla sua terra.
Gli avevano dato le mostrine e le stelle
e il consiglio di vendere cara la pelle.
 
E quando gli dissero di andare avanti
troppo lontano si spinse a cercare la verita'.
Ora che e' morto la Patria si gloria
d'un altro eroe alla memoria.
 
Ma lei che lo amava aspettava il ritorno
d'un soldato vivo, d'un eroe morto che ne fara'?
Se accanto, nel letto, le e' rimasta la gloria
d'una medaglia alla memoria.
 
4. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': LA GUERRA DI PIERO
 
Dormi sepolto in un campo di grano
non e' la rosa non e' il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
 
"Lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non piu' i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente".
 
Cosi' dicevi ed era d'inverno
e come gli altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve,
e il vento ti sputa in faccia la neve.
 
Fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po' addosso,
dei morti in battaglia ti porti la voce,
chi diede la vita ebbe in cambio una croce.
 
Ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera.
 
E mentre marciavi con l'anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore.
 
Sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue.
 
"E se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avra' per morire,
ma il tempo a me restera' per vedere,
vedere gli occhi di un uomo che muore".
 
E mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede, ha paura
ed imbracciata l'artiglieria
non ti ricambia la cortesia.
 
Cadesti a terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chieder perdono per ogni peccato.
 
Cadesti a terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato ritorno.
 
"Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio.
Ninetta bella dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno".
 
E mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi il fucile,
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole.
 
Dormi sepolto in un campo di grano
non e' la rosa non e' il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
 
5. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': MARIA NELLA BOTTEGA DEL FALEGNAME
 
Maria:
"Falegname col martello
perche' fai den den?
Con la pialla su quel legno
perche' fai fren fren?
Costruisci le stampelle
per chi in guerra ando'?
Dalla Nubia sulle mani
a casa ritorno'?".
 
Il falegname:
"Mio martello non colpisce,
pialla mia non taglia
per foggiare gambe nuove
a chi le offri' in battaglia,
ma tre croci, due per chi
diserto' per rubare,
la piu' grande per chi guerra
insegno' a disertare".
 
La gente:
"Alle tempie addormentate
di questa citta'
pulsa il cuore di un martello,
quando smettera'?
Falegname, su quel legno,
quanti colpi ormai,
quanto ancora con la pialla
lo assottiglierai?".
 
Maria:
"Alle piaghe, alle ferite
che sul legno fai,
falegname su quei tagli
manca il sangue, ormai,
perche' spieghino da soli,
con le loro voci,
quali volti sbiancheranno
sopra le tue croci".
 
Il falegname:
"Questi ceppi che han portato
perche' il mio sudore
li trasformi nell'immagine
di tre dolori,
vedran lacrime di Dimaco
e di Tito al ciglio
il piu' grande che tu guardi
abbraccera' tuo figlio".
 
La gente:
"Dalla strada alla montagna
sale il tuo den den
ogni valle di Giordania
impara il tuo fren fren;
qualche gruppo di dolore
muove il passo inquieto,
altri aspettan di far bere
a quelle seti aceto".
 
6. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': IL TESTAMENTO DI TITO
 
"Non avrai altro Dio all'infuori di me"
spesso mi han fatto pensare:
genti diverse venute dall'Est
dicevan che in fondo era uguale.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
 
"Non nominare il nome di Dio,
non nominarlo invano".
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:
ma forse era stanco, forse troppo occupato,
e non ascolto' il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano,
davvero lo nominai invano.
 
"Onora il padre, onora la madre"
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perche' le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermo' il cuore
non ho provato dolore.
Quanto a mio padre si fermo' il cuore
non ho provato dolore.
 
"Ricorda di santificare le feste".
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che rigurgitan salmi
di schiavi e dei loro padroni
senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
 
Il quinto dice: "Non devi rubare"
e forse io l'ho rispettato
vuotando, in silenzio, le tasche gia' gonfie
di quelli che avevan rubato.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.
 
"Non commettere atti che non siano puri"
cioe' non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l'ami
cosi' sarai uomo di fede:
poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore:
ma non ho creato dolore.
 
Il settimo dice "Non ammazzare"
se del cielo vuoi essere degno.
Guardatela oggi, questa legge di Dio,
tre volte inchiodata nel legno:
guardate la fine di quel Nazareno
e un ladro non muore di meno.
Guardate la fine di quel Nazzareno
e un ladro non muore di meno.
 
"Non dire falsa testimonianza"
e aiutali a uccidere un uomo.
Lo sanno a memoria il diritto divino,
e scordano sempre il perdono:
ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
 
"Non desiderare la roba degli altri,
non desiderarne la sposa".
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:
nei letti degli altri gia' caldi d'amore
non ho provato dolore.
L'invidia di ieri non e' gia' finita:
stasera vi invidio la vita.
 
Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di la' delle dune
a violentare altre notti:
io nel vedere quest'uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pieta' che non cede al rancore,
madre, ho imparato l'amore.
 
7. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': LA COLLINA
 
Dove se n'e' andato Elmer
che di febbre si lascio' morire,
Dov'e' Herman bruciato in miniera.
Dove sono Bert e Tom
il primo ucciso in una rissa
e l'altro che usci' gia' morto di galera.
E cosa ne sara' di Charley
che cadde mentre lavorava
dal ponte volo', volo' sulla strada.
 
Dormono, dormono sulla collina
dormono, dormono sulla collina.
 
Dove sono Ella e Kate
morte entrambe per errore
una di aborto, l'altra d'amore.
E Maggie uccisa in un bordello
dalle carezze di un animale
e Edith consumata da uno strano male.
E Lizzie che insegui' la vita
lontano, e dall'Inghilterra
fu riportata in questo palmo di terra.
 
Dormono, dormono sulla collina
dormono, dormono sulla collina.
 
Dove sono i generali
che si fregiarono nelle battaglie
con cimiteri di croci sul petto,
dove i figli della guerra
partiti per un ideale
per una truffa, per un amore finito male
hanno rimandato a casa
le loro spoglie nelle bandiere
legate strette perche' sembrassero intere.
 
Dormono, dormono sulla collina
dormono, dormono sulla collina.
 
Dov'e' Jones il suonatore
che fu sorpreso dai suoi novant'anni
e con la vita avrebbe ancora giocato
lui che offri' la faccia al vento
la gola al vino e mai un pensiero
non al denaro, non all'amore ne' al cielo.
Lui si', sembra di sentirlo
cianciare ancora delle porcate
mangiate in strada nelle ore sbagliate,
sembra di sentirlo ancora
dire al mercante di liquore:
"Tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore?".
 
8. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': FILA LA LANA
 
Nella guerra di Valois
il signor di Vly e' morto,
se sia stato un prode eroe
non si sa, non e' ancor certo.
Ma la dama abbandonata
lamentando la sua morte
per mill'anni e forse ancora
piangera' la triste sorte.
 
Fila la lana, fila i tuoi giorni
illuditi ancora che lui ritorni,
libro di dolci sogni d'amore
apri le pagine al suo dolore.
 
Son tornati a cento e a mille
i guerrieri di Valois,
son tornati alle famiglie,
ai palazzi, alle citta'.
Ma la dama abbandonata
non ritrovera' il suo amore
e il gran ceppo nel camino
non varra' a scaldarle il cuore.
 
Fila la lana, fila i tuoi giorni
illuditi ancora che lui ritorni,
libro di dolci sogni d'amore
apri le pagine al suo dolore.
 
Cavalieri che in battaglia
ignorate la paura,
stretta sia la vostra maglia
ben temprata l'armatura.
Al nemico che vi assalta
siate presti a dar risposta
perche' dietro a quelle mura
vi s'attende senza sosta.
 
Fila la lana, fila i tuoi giorni
illuditi ancora che lui ritorni,
libro di dolci sogni d'amore
chiudi le pagine sul suo dolore.
 
9. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': MORIRE PER DELLE IDEE
 
Morire per delle idee, l'idea e' affascinante
per poco io morivo senza averla mai avuta,
perche' chi ce l'aveva, una folla di gente,
gridando "Viva la morte" proprio addosso mi e' caduta.
Mi avevano convinto e la mia musa insolente
abiurando i suoi errori, aderi' alla loro fede
dicendomi peraltro in separata sede
moriamo per delle idee, va be', ma di morte lenta,
va be', ma di morte lenta.
 
Approfittando di non essere fragilissimi di cuore
andiamo all'altro mondo bighellonando un poco,
perche' forzando il passo succede che si muore
per delle idee che non han piu' corso il giorno dopo.
Ora se c'e' una cosa amara, desolante
e' quella di capire all'ultimo momento
che l'idea giusta era un'altra, un altro il movimento
moriamo per delle idee, va be', ma di morte lenta,
va be', ma di morte lenta.
 
Gli apostoli di turno che apprezzano il martirio
lo predicano spesso per novant'anni almeno.
Morire per delle idee sara' il caso di dirlo
e' il loro scopo di vivere, non sanno farne a meno.
E sotto ogni bandiera li vediamo superare
il buon matusalemme nella longevita'
per conto mio si dicono in tutta intimita'
moriamo per delle idee, va be', ma di morte lenta,
va be', ma di morte lenta.
 
A chi va poi cercando verita' meno fittizie
ogni tipo di setta offre moventi originali
e la scelta e' imbarazzante per le vittime novizie
morire per delle idee e' molto bello ma per quali.
E il vecchio che si porta gia' i fiori sulla tomba
vedendole venire dietro il grande stendardo
pensa "Speriamo bene che arrivino in ritardo"
moriamo per delle idee, va be', ma di morte lenta,
va be', ma di morte lenta.
 
E voi gli sputafuoco, e voi i nuovi santi,
crepate pure per primi noi vi cediamo il passo
pero' per gentilezza lasciate vivere gli altri
la vita e' grosso modo il loro unico lusso
tanto piu' che la carogna e' gia' abbastanza attenta
non c'e' nessun bisogno di reggerle la falce
basta con le garrote in nome della pace
moriamo per delle idee, va be', ma di morte lenta,
va be', ma di morte lenta.
 
10. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': ANDREA
 
Andrea s'e' perso s'e' perso e non sa tornare
Andrea s'e' perso s'e' perso e non sa tornare
Andrea aveva un amore riccioli neri
Andrea aveva un dolore riccioli neri.
 
C'era scritto sul foglio ch'era morto sulla bandiera
c'era scritto e la firma era d'oro era firma di re.
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
 
Occhi di bosco contadino del regno profilo francese
Occhi di bosco soldato del regno profilo francese
e Andrea ha perso, ha perso l'amore, la perla piu' rara
e Andrea ha in bocca, ha in bocca un dolore, la perla piu' scura.
 
Andrea raccoglieva, raccoglieva violette ai bordi del pozzo
Andrea gettava riccioli neri nel cerchio del pozzo.
Il secchio gli disse, gli disse "Signore il pozzo e' profondo
piu' fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto".
Lui disse: "Mi basta, mi basta che sia piu' profondo di me".
Lui disse: "Mi basta, mi basta che sia piu' profondo di me".
 
11. TESTI. FABRIZIO DE ANDRE': FIUME SAND CREEK
 
Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura.
Fu un generale di vent'anni
occhi turchini e giacca uguale.
Fu un generale di vent'anni
figlio d'un temporale.
 
C'e' un dollaro d'argento sul fondo del Sand Creek.
 
I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte
e quella musica distante divento' sempre più forte
chiusi gli occhi per tre volte
mi ritrovai ancora li'
chiesi a mio nonno e' solo un sogno
mio nonno disse si'.
 
A volte i pesci cantano sul fondo del Sand Creek.
 
Sognai talmente forte che mi usci' il sangue dal naso
il lampo in un orecchio, nell'altro il paradiso
le lacrime piu' piccole
le lacrime piu' grosse
quando l'albero della neve
fiori' di stelle rosse.
 
Ora i bambini dormono nel letto del Sand Creek.
 
Quando il sole alzo' la testa tra le spalle della notte
c'erano solo cani e fumo e tende capovolte
tirai una freccia in cielo
per farlo respirare
tirai una freccia al vento
per farlo sanguinare.
 
La terza freccia cercala sul fondo del Sand Creek.
 
Si son presi i nostri cuori sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura.
Fu un generale di vent'anni
occhi turchini e giacca uguale.
Fu un generale di vent'anni
figlio d'un temporale.
 
Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek.
 
12. STORIA. GIUSEPPE SIRCANA: LUIGI FABBRI
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce dal Dizionario biografico degli italiani, vol. 43 (1993)]
 
Luigi Fabbri nacque a Fabriano, in provincia di Ancona, il 22 dicembre 1877 da Curzio e da Angela Sbriccioli. Era studente delle scuole tecniche di Ancona quando la frequentazione dell'anarchico individualista recanatese Virgilio Condulmari lo avvicino' all'anarchismo. Non ancora diciassettenne, il 9 giugno 1894. il F. venne arrestato nel corso di una manifestazione ad Ancona e fu condannato a 25 giorni di reclusione.
Da allora le autorita' di polizia esercitarono un'assidua vigilanza nei confronti del F., che inizio' presto a collaborare a vari periodici anarchici, tra cui Il Pensiero di Chieti, La Protesta umana di Tunisi e L'Avvenire sociale di Messina. Il 21 giugno 1896 il F. venne nuovamente arrestato a Loreto per "misura preventiva". Il 5 giugno 1897 un rapporto di polizia lo segnalava come "noto anarchico", promotore del numero unico Primo Marzo in memoria del suo compagno di fede Argante Salucci. Sempre nel 1897 avvenne l'incontro decisivo tra il F., studente in legge all'universita' di Macerata, ed Errico Malatesta, del quale egli divenne devoto discepolo. Collaboratore e poi redattore de L'Agitazione di Ancona, il 10 maggio 1898 il F. subi' un nuovo arresto e la condanna al domicilio coatto, che sconto' nelle isole di Ponza e Favignana. Il periodo di pena - venne liberato il 17 ottobre 1900 - lo costrinse ad abbandonare gli studi.
Trasferitosi a Roma nel 1901, il F. riprese, insieme con A. Ceccarelli, la pubblicazione de L'Agitazione e, due anni dopo, fondo' con P. Gori la rivista di cultura e politica Il Pensiero. In questo periodo egli frequento' il cenacolo dei cosiddetti "filosofi di Farfa", tra i quali erano Giovanni Cena e Sem Benelli, ed inizio' a pubblicare i primi opuscoli e libri della sua consistente bibliografia, nella quale insieme con testi di propaganda si ritrovano opere di riflessione storico-politica e contributi originali al dibattito ideologico.
Il 20 settembre 1904 il F. partecipo' al congresso internazionale del Libero Pensiero, tenutosi a Roma, svolgendo una relazione su Chiesa e Stato. Nel 1906 avvio' una serie di contatti con circoli anarchici italiani e internazionali: ebbe incontri a Parigi con J. Mesnil, J. Grave, Ch. Malato, S. Faure, L. Jouhaux e P. Monatte, a Londra con E. Malatesta. Scopo di questi contatti era quello di riprendere le fila di un'organizzazione che da diversi anni si era molto sfilacciata e in questo senso l'iniziativa del F. diede i suoi frutti. Un risultato significativo fu la convocazione a Roma, dal 16 al 20 giugno 1906, del congresso nazionale anarchico.
Era infatti dal 1890, dal congresso di Capolago, che gli anarchici non trovavano un'occasione di incontro a tale livello. Tocco' proprio al F. presentare il rapporto su "L'organizzazione anarchica", una questione spinosa e lacerante che vedeva contrapporsi i fautori dell'iniziativa individuale e i sostenitori di una pur minima forma di coordinamento tra i gruppi che si richiamavano all'anarchia. Il F. propose una soluzione di compromesso che, mentre accoglieva le istanze organizzative perorate dal Malatesta, consentiva la piu' ampia liberta' al confronto tra le tendenze e la piena autonomia di ciascun gruppo.
Di li' a due mesi un altro impegnativo appuntamento per il quale il F. aveva intensamente lavorato si svolse ad Amsterdam dal 21 al 24 agosto: il congresso internazionale anarchico, a cui il F. partecipo' insieme con Malatesta e Ceccarelli in rappresentanza dell'Italia. Il 31 agosto, sempre ad Amsterdam, il F. e i suoi due compagni si ritrovarono al congresso antimilitarista. Questi congressi contribuirono ad accrescere la stima e l'autorevolezza del F., la cui fama cominciava a varcare i confini nazionali.
Nel 1908 vennero pubblicate in Spagna e in Germania due raccolte dei suoi scritti politico-ideologici, rispettivamente Sindacalismo y anarchismo e Marxismus und Anarchismus, incentrate sul confronto tra la dottrina anarchica, il socialismo marxista e il sindacalismo rivoluzionario. "Al centro della sua opera si pone[va] la tendenza a ravvivare e rianimare l'anarchismo (non esitera' a parlare di "partito anarchico" e di crisi del partito) in un piu' aperto contatto con gli ambienti internazionali e in una reciprocita' di scambio - empirico nel metodo e marcatamente umanitario nello spirito - con la cultura del suo tempo. Il punto debole di questa linea, tanto ideologica che pratica, rimaneva pero' nell'incapacita' di superare i limiti dell'impianto positivistico e di confrontarsi con il risveglio idealistico che pervadeva i piu' agguerriti circoli intellettuali del paese" (Santarelli, Diz. biogr., p. 267).
Nel 1909, insieme con la redazione de L'Agitazione, il F. si trasferi' a Bologna, dove assunse la carica di segretario del locale sindacato dei metallurgici ed entro' quindi a far parte degli organi dirigenti della Camera del lavoro.
Il movimento sindacale bolognese era allora diviso in due: da un lato i riformisti allineati con il vertice della Confederazione generale del lavoro (CGdL) e dall'altro i sindacalisti rivoluzionari che, insieme con gli anarchici, controllavano la Camera del lavoro. Situazioni analoghe si verificavano un po' in tutta Italia e portavano gli anarchici ad interrogarsi sull'opportunita' di una loro adesione dalla CGdL. Su Il Pensiero del 19 novembre 1908 il F. affronto' la questione affermando di essere stato in passato favorevole all'adesione, ma di aver poi cambiato parere. Egli si era convinto che bisognava puntare alla costituzione di un nuovo organismo o quantomeno dare vita a un patto di alleanza tra le varie organizzazioni sindacali rivoluzionarie.
Ai primi di maggio 1909 il congresso dei seguaci dell'Azione diretta, riunitosi a Bologna, delibero' in modo diverso: con 143-439 voti favorevoli, 6.214 contrari e 3.250 astensioni venne approvato un ordine del giorno in cui "i rappresentanti delle organizzazioni proletarie d'Italia seguenti la tattica dell'azione diretta, ... mentre riaffermano la loro fede nell'unita' proletaria, base di una seria e intensa azione sindacale, deliberano l'adesione alla CGdL" (Il congresso dei sindacalisti rivoluzionari a Bologna, in Avanti!, 10 maggio 1909). Un altro ordine del giorno approvato precisava pero' che l'adesione alla CGdL non avrebbe comportato la rinuncia alla tattica dell'azione diretta.
Permanevano dunque molti equivoci e ad essi intese riferirsi il F. in un commento su Il Pensiero dell'11 giugno 1909: "Per conto mio - egli scriveva - mi sono astenuto, anche perche' il dubbio in quel momento mi pungeva che ormai [sic] l'adesione alla Confederazione giungesse tardiva e non fosse, benche' desiderabile, piu' possibile". I dirigenti della CGdL, a parere del F., non avrebbero infatti "visto di buon occhio l'entrata del diavolo in una istituzione che ormai consideravano come casa propria" (Borghi, Mezzo secolo..., p. 104). La tattica della lotta all'interno risulto' infatti fallimentare. A Bologna la minoranza riformista, anziche' accettare l'egemonia rivoluzionaria, preferi' dar vita nel 1910 ad una nuova Camera del lavoro di stretta osservanza confederale.
Benche' i fatti gli dessero ragione, il F. vide ancora confermata al secondo congresso dell'Azione diretta, riunitosi a Bologna nel dicembre 1910, la scelta dell'adesione. L'inevitabile rottura istituzionale del movimento sindacale italiano si consumo' due anni dopo, il 23 novembre 1912, allorche' i sindacalisti rivoluzionari e gli anarchici, usciti dalla CGdL, diedero vita all'Unione sindacale italiana (USI). Il F. fu naturalmente tra i promotori della nuova organizzazione e diede un importante contributo teorico nella formulazione del suo programma.
Il 1913 fu un anno particolarmente intenso per il F., impegnato oltre che nell'attivita' sindacale nella campagna per la liberazione dell'anarchico Augusto Masetti. Nell'agosto di quell'anno aveva poi fatto ritorno in Italia, stabilendosi ad Ancona, Errico Malatesta: il F. lo raggiunse e insieme con lui inizio' la pubblicazione del periodico Volonta'. Sempre nel 1913 egli pubblico' il volume Lettere ad un socialista, incentrato sulla confutazione del "parlamentarismo" dei partiti che aderivano alla Seconda Internazionale. Nel 1914 si trasferi' a Fabriano, dove insegno' nelle scuole elementari e prese parte attiva ai moti della settimana rossa. Ricercato dalla polizia, il F. riusci' ad espatriare clandestinamente in Svizzera. Visse a Lugano dal luglio al dicembre 1914, allorche', essendo stato prosciolto, fece ritorno in Italia.
Riprese allora la sua tenace opera volta a ricondurre i vari segmenti dell'anarchismo nell'ambito delle organizzazioni operaie che si contrapponevano al riformismo sindacale. Al tempo stesso, ispirandosi a correnti del pensiero libertario francese e anglosassone, il F. introdusse nel dibattito tra gli anarchici italiani questioni del tutto nuove o comunque poco considerate, che investivano la sfera etica e il costume sociale. Il F. affronto', tra l'altro, il problema del controllo delle nascite nel volume La generazione cosciente. Appunti sul neo-malthusianesimo. Durante la guerra egli s'impegno', particolarmente nella lotta a quelle posizionì, di cui si erano fatti banditori alcuni noti esponenti dell'anarchismo europeo come P. A. Kropotkin, Malato, C. Cornelissen, Grave, a sostegno dell'Intesa. Con i suoi interventi su Volonta' e soprattutto con il manifesto dell'aprile 1915 su "la guerra europea e gli anarchici" contribui' ad isolare le poche voci che anche in Italia si levavano dal campo anarchico in favore dell'intervento.
Nel dopoguerra il F. si poteva ormai considerare, dopo Malatesta, la personalita' di maggiore spicco nel movimento anarchico italiano. La sua principale preoccupazione di quegli anni era di non lasciare che andasse disperso quanto era stato faticosamente costruito dagli anarchici sia sul piano della elaborazione teorica sia su quello dell'organizzazione. Si trattava soprattutto di rispondere all'offensiva ideologica del comunismo che, sull'onda della rivoluzione vittoriosa in Russia, cominciava a fare breccia anche tra gli anarchici. Con una serie di articoli su Volonta', raccolti nel 1921 nel volume Dittatura e rivoluzione, il F. confuto' l'esperienza dello Stato sovietico e il principio della dittatura del proletariato sul quale esso si fondava. Dal punto di vista organizzativo un importante passo in avanti fu la fondazione, il 12 aprile 1919 a Firenze, dell'Unione comunista anarchica italiana, prototipo dell'Unione anarchica italiana (UAI) che venne costituita al congresso di Bologna (1-4 luglio 1920) sulla base del programma voluto da Malatesta. Il F. - che aveva iniziato a collaborare anche al quotidiano Umanita' nova, uscito a Milano il 26 febbraio 1920 - diede un significativo contributo alla stesura del documento congressuale. In particolare egli traccio' le linee del programma organizzativo interno, nel quale erano stabilite le funzioni dell'UAI e le sue forme di finanziamento. Era, quello assunto dal F., "un compito ben difficile e delicato: tentare di dare una forma pratica ad un programma teorico, trovare una formula che permettesse il massimo rendimento d'ogni singolo, consentendo la maggiore autonomia e la piu' grande elasticita'" (Fedeli, L. F., p. 54).
Il paziente lavoro del F. e il compromesso raggiunto a Bologna vennero presto vanificati dall'impatto con il "biennio rosso", allorche', di fronte all'incalzare di fatti "rivoluzionari", prevalsero le spinte centrifughe. A quel punto pero' il problema di come rapportarsi ad una situazione potenzialmente rivoluzionaria non riguardava solo gli anarchici, ma investiva il movimento operaio nel suo complesso. Alla fine del 1920 il F. coglieva nell'inerzia e nell'incapacita' dei dirigenti delle organizzazioni operaie le ragioni per le quali la spinta del proletariato non avrebbe prevedibilmente avuto uno sbocco rivoluzionario: "le rivoluzioni non avvengono per forza di cose se la volonta' umana non le prevede, anzi se gli errori dei rivoluzionari le allontanano" (Fabbri, Da una rivoluzione all'altra (1848-1920), in Umanita' nova, 28 dic. 1920).
Dalla rivoluzione mancata, ma tuttavia sentita dalla borghesia come una minaccia incombente, scaturi' la reazione, "la controrivoluzione senza rivoluzione, una vera e propria controrivoluzione preventiva, di cui il fascismo e' stato il fattore piu' attivo ed impressionante" (Fabbri, La controrivoluzione preventiva, p. 26). Il succitato saggio del F., edìto nel 1922, inquadrava il fascismo "corne prodotto di un processo economico-sociale e politico maturato lungo tutto l'arco di sviluppo dello Stato liberale", entro il quale esso si era inserito "non come elemento di rottura ma di continuita'" (Lipparoni, Le origini del fascismo nel pensiero di L. F., p. 39).
L'interpretazione del fascismo come prodotto della lotta di classe, della reazione conservatrice antiproletaria anticipava l'analisi classica della storiografia marxista, ma a differenza di questa offriva del movimento di Mussolini una rappresentazione meno schematica. Analizzando il fascismo come prodotto anche della crisi spirituale e morale della societa' contemporanea, il F. giungeva alla conclusione che, una volta giunto al potere, esso si sarebbe consolidato e non sarebbe comunque morto di "morte naturale". E la capacita' d'imporsi del fascismo racchiudeva una lezione in piu', confermando che ogni rivoluzione era opera di minoranze decise a tutto, mentre la maggioranza aderiva a cose fatte.
Tra il 1924 e il 1926 il F. collaboro' a Pensiero e volonta', la rivista anarchica che si pubblicava a Roma con la direzione di Malatesta. Dopo aver rifiutato di prestare il giuramento di fedelta' al regime imposto a tutti gli insegnanti e per sfuggire alle persecuzioni fasciste, il F. fu costretto a lasciare l'Italia. Riparo' in Svizzera e si stabili' poi a Parigi, dove nel 1927 diede vita alla rivista Lotta umana. Oltre che nella lotta al fascismo e nella mobilitazione a favore di N. Sacco e B. Vanzetti, l'impegno del F. fu in quel periodo rivolto a contrastare le tendenze individualistiche diffuse tra gli anarchici dell'emigrazione e ad avviare il superamento della commistione tra anarchismo e lotta di classe. Nel 1929 egli venne espulso dalla Francia e, riparato in Belgio, fu costretto a lasciare anche questo paese.
Nel 1929 il F. si trasferi' in Uruguay, dove diresse la scuola italiana di Montevideo, ma fu presto rimosso dall'incarico su pressione del governo di Mussolini. L'ultima parte della vita del F. si svolse in questo paese e vide l'esponente anarchico italiano assumere un ruolo importante nelle vicende del movimento libertario sudamericano.
In Uruguay e ancor piu' in Argentina gli anarchici avevano un forte seguito tra i lavoratori, ma erano dilaniati da accese lotte intestine e da personalismi. Le due principali organizzazioni sindacali argentine, entrambe d'indirizzo anarchico, la Union sindical argentina e la Federacion obrera regional argentina, erano in permanente contrasto. Sollecitato a intervenire, il F. spese tutta la sua autorevolezza per superare le divisioni, anche se a questo risultato si pervenne soltanto in seguito alla dura repressione che colpi' il movimento operaio argentino. Nel settembre 1930 ci fu il colpo di Stato del generale Uriburu che instauro' un regime dittatoriale e mise fuori legge le organizzazioni operaie. Nella sconfitta comune i contrasti si appianarono e la tenace opera di mediazione del F. fu premiata.
Dal 16 gennaio 1931 il F. pubblico', prima a Buenos Aires e poi a Montevideo, il mensile di dibattito Studi sociali, la cui nascita - ha scritto U. Fedeli, che lo affianco' in quella impresa editoriale - "venne dalla necessita' sentita di mettere a punto, in un momento di calma relativa, idee e atteggiamenti. Dalla necessita', diremo, di tracciare il bilancio di tutta l'opera svolta in un periodo abbastanza movimentato di attivita' per poter meglio vedere, poi, che cosa vi fosse di piu' impellente da intraprendere" (Fedeli, L.F., p. 102).
Su una linea di continuita' con Lotta umana, la rivista sudamericana metteva a punto questioni nodali, organizzative e politiche (prima fra tutte la questione della lotta di classe), che avevano caratterizzato l'esperienza e il dibattito degli anarchici nei primi due decenni del secolo.
L'ultimo sforzo teorico del F. fu dunque teso a recuperare la dimensione umanitaria dell'anarchismo, che era sempre stata messa in secondo piano dal prevalere delle tendenze anarcosindacaliste. Nello stesso tempo il F. si impegno' in due iniziative editoriali cui teneva molto: la raccolta degli scritti di Malatesta (editi a Bruxelles tra il 1934 e il 1936) e la biografia del suo maestro, che usci' postuma a cura della figlia del F., Luce, nel 1945.
Il F. mori' a Montevideo il 24 giugno 1935.
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Opere: Agli studenti, Torino 1903; Carlo Pisacane, Firenze 1904; L'inquisizione moderna, ibid. 1904; Lettere ad una donna sull'anarchia, Chieti 1905, L'organizzazione anarchica e l'anarchia, Roma 1906; Sindacalismo y anarchismo, Madrid 1908; Marxismus und Anarchismus, Tubingen 1908; La scuola e la rivoluzione, Milano 1912; La generazione cosciente. Appunti sul neo-malthusianesimo, Firenze 1914; Lettera a un socialista, ibid. 1914; Dittatura e rivoluzione, Ancona 1921; La controrivoluzione preventiva. Riflessioni sul fascismo, Bologna 1922; Anarchia e comunismo scientifico, Milano 1922; Malatesta: su vida y su pensamiento, Buenos Aires 1945; L'organizzazione anarchica, rapporto presentato al congresso anarchico di Roma (16-20 agosto 1907) e al congresso anarchico internazionale di Amsterdam (24-31 agosto 1907), Genova 1971; L'organizzazione operaia e l'anarchia; a proposito di sindacalismo, Firenze 1975.
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Fonti e bibliografia: Roma, Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 1906, fasc. 19416; Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio, Fondo di periodici anarchici di L.F.; L. Fabbri, Appunti sulla vita di L. F., in Studi sociali (Montevideo), s. 2, X (1939), 14, p. 8; U. Fedeli, L. F., Torino 1948; Umanita' nova, numero unico speciale su L. F., giugno 1954; A. Borghi, Mezzo secolo di anarchia (1898-1945), Napoli 1954, ad Indicem; E. Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, Milano 1959, ad Indicem; A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Bari 1965, ad Indicem; R. De Felice, Il fascismo e i partiti italiani, Rocca San Casciano 1966, ad Indicem; P. C. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), Milano 1969, ad Indicem; Fondazione Luigi Einaudi, Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo, Torino 1971, ad Indicem; G. Barbalace, Fabbrica e Partito socialista negli anni Novanta. Il caso delle Marche, Urbino 1976, ad Indicem; E. Santarelli, in Diz. biogr. del movimento operaio ital., a cura di F. Andreucci - T. Detti, II, Roma 1976, pp. 265-70; N. Lipparoni, Le origini del fascismo nel pensiero di L. F., Fabriano 1979; C. Ceccuti, Mussolini nel giudizio dei primi antifascisti (1921-1925), Firenze 1983, ad Indicem; G. Sacchetti, Sovversivi in Toscana (1900-1919), Todi 1983, ad Indicem; N. Dell'Erba, Giornali e gruppi anarchici in Italia (1892-1900), Milano 1983, ad Indicem; Ente per la storia del socialismo e del movimento operaio italiano, Bibliografia del socialismo e del movimento operaio italiano, II, Libri, Roma-Torino 1964-1986, ad Indices; L. Bettini, Bibliografia dell'anarchismo, Firenze 1972-1976, ad Indices.
 
13. STORIA. GIUSEPPE SIRCANA: PIETRO GORI
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce dal Dizionario biografico degli italiani, vol. 58 (2002)]
 
Pietro Gori nacque a Messina il 14 agosto 1865 da Francesco, originario dell'isola d'Elba, cospiratore risorgimentale e comandante del presidio di artiglieria di Messina, e da Giulia Lusoni, discendente da una nobile famiglia di Rosignano Marittimo. Compiuti gli studi classici a Livorno, il G. si iscrisse alla facolta' di giurisprudenza dell'Universita' di Pisa, dove fu allievo prediletto del grande criminalista F. Ferrara.
Da studente abbraccio' le idee libertarie e nel 1887 diede alle stampe l'opuscolo Pensieri ribelli (poi in Opere complete, La Spezia 1911-12; nuova ed. Milano 1947-48, come gli altri titoli citati) che gli valse un processo, nel quale fu difeso da E. Ferri, uscendone assolto.
Nel 1889 si laureo', con il massimo dei voti e la lode, con una tesi di sociologia criminale intitolata significativamente La miseria e il delitto. Nel 1890 il G. fu arrestato a Livorno e condannato a un anno di carcere come istigatore del grande sciopero scoppiato il primo maggio; il verdetto venne poi annullato dalla Cassazione quando il G. aveva ormai scontato quasi per intero la pena. Sottoposto a uno stretto controllo di polizia, il G. decise di trasferirsi a Milano, dove F. Turati lo accolse nel suo studio e lo aiuto' nell'attivita' professionale, instaurando con lui un rapporto di stima e amicizia al di la' delle profonde divergenze politiche.
Nel 1891, dal 4 al 6 gennaio, il G. prese parte al congresso di Capolago, promosso da E. Malatesta e Amilcare Cipriani per dar vita al Partito socialista anarchico rivoluzionario, di cui divenne uno dei principali esponenti e propagandisti. Nello stesso anno tradusse e curo' la prima edizione integrale del Manifesto del partito comunista di K. Marx e F. Engels e fondo' e diresse a Milano il periodico "socialista anarchico" L'Amico del popolo: tutti i ventisette numeri del giornale vennero sequestrati procurandogli denunce e arresti. Sempre nel 1891 partecipo' al congresso operaio di Milano come rappresentante della Federazione cappellai del lago Maggiore.
In quella sede il G. presento' un ordine del giorno in favore della linea libertaria, astensionista e antiparlamentare, che si contrapponeva a quello della maggioranza, guidata da Turati, favorevole al metodo legalitario e alla partecipazione socialista alle elezioni. Era il preannuncio di quel che avvenne l'anno successivo al congresso di Genova, allorche' il G. rivendico' per gli anarchici la liberta' di svolgere la loro propaganda tra i socialisti: "Perche' - disse - ci mettete alla porta? Dove voi sarete, la' vi seguiremo". Replico' Turati: "Voi non ci seguirete. Noi non vi metteremo alla porta. Soltanto noi siamo stanchi di voi e ci separiamo" (Zangheri, p. 477).
L'esito del congresso del 1892, che sanci' la nascita del Partito socialista dei lavoratori italiani (poi Partito socialista italiano) e la sconfitta degli anarchici, amareggio' particolarmente il G., il quale, contrario alle tendenze individualiste e al metodo violento, riteneva che il vero socialismo non potesse non essere anarchico. Nell'agosto 1893 partecipo' al congresso internazionale socialista di Zurigo, al quale intervennero anche Turati, Anna Kuliscioff e Antonio Labriola e ne venne espulso, insieme con Cipriani. All'inizio del 1894 fu tra i fondatori della rivista La Lotta sociale, la cui pubblicazione venne sospesa dopo il sequestro del primo numero.
In questo periodo il G. scrisse, oltre ad alcuni opuscoli propagandistici, opere poetiche (Alla conquista dell'avvenire, Prigioni e battaglie) e drammi teatrali (Senza patria e Proximus tuus) che ottennero vasti consensi di critica e di pubblico. Al tempo stesso il G. si affermava come grande penalista dall'oratoria trascinante, protagonista di quasi tutti i principali processi politici che vedevano gli anarchici sul banco degli imputati.
Tra essi vi fu S.I. Caserio, difeso dal G. davanti al tribunale di Milano prima che, il 24 maggio 1894 a Lione, pugnalasse a morte il presidente della Repubblica francese S. Carnot. Per quella difesa giudiziaria il G., unico degli esponenti libertari piu' rappresentativi ancora in Italia, venne additato come ispiratore dell'attentato di Lione.
Per sfuggire all'ondata repressiva che investi' gli anarchici anche il G. fu costretto a riparare all'estero. Si stabili' a Lugano, dove continuo' a svolgere attivita' politica facendo della sua casa un ritrovo di altri esuli, tra i quali A. Cabrini e G. Podrecca. Dopo aver subito un misterioso attentato senza conseguenze, nel gennaio 1895 venne arrestato insieme con altri fuorusciti, trattenuto in carcere per due settimane e quindi espulso dalla Svizzera. Questa amara esperienza gli ispiro' Addio a Lugano, il piu' celebre tra gli inni da lui composti. Dopo brevi soggiorni in Germania e in Belgio raggiunse Malatesta a Londra e, al suo fianco, partecipo' alle lotte dei lavoratori inglesi.
A Londra il G. tenne conferenze e strinse amicizia con noti esponenti dell'anarchismo internazionale come P. Kropotkin, Louise Michel, S. Faure e C. Malato.
Le persistenti difficolta' a procurarsi mezzi di sostentamento lo indussero ad accogliere l'invito dell'agitatore socialista olandese D. Niewenhuis a recarsi ad Amsterdam, ma poco dopo, avendo problemi con una lingua completamente sconosciuta, decise di rientrare a Londra. Da li' s'imbarco' come semplice marinaio sulla "Neuland", navigando per i mari del Nord prima di approdare a New York, dove amici e compagni lo convinsero ad abbandonare la nave.
Inizio' allora un'intensissima attivita' di conferenziere e di propagandista politico attraverso le principali citta' degli Stati Uniti e del Canada. Tenne piu' di 400 conferenze, trattando di politica, poesia, cultura, filosofia, morale, geografia, facilitato dalla padronanza delle lingue francese, inglese e spagnola. A Paterson, roccaforte anarchica del New Jersey, contribui' alla fondazione della rivista Questione sociale, pubblico' e fece rappresentare il bozzetto sociale in un atto Primo maggio.
Nel luglio 1896 si reco' a Londra per partecipare, quale rappresentante delle Trade Unions nordamericane, al congresso operaio internazionale che ripropose il duro scontro tra socialisti e anarchici e sanci' la definitiva sconfitta di questi ultimi. Le amarezze politiche e il peso della frenetica attivita' concorsero al peggioramento della salute del G., minata dalla tisi. Subito dopo la conclusione del congresso venne colto da un grave esaurimento nervoso e ricoverato in un ospedale londinese. Grazie all'interessamento dei deputati G. Bovio e M.R. Imbriani pote' rientrare in Italia per curarsi, ottenendo la commutazione della condanna al domicilio coatto, ancora pendente su di lui, nell'obbligo di risiedere all'isola d'Elba. Dopo una breve convalescenza, nel 1897 il G. si trasferi' a Milano dove riapri' lo studio legale.
Torno' nelle aule di giustizia a difendere i suoi compagni di fede, tra i quali Malatesta, e riprese a collaborare con i giornali anarchici.
Nel 1898, all'inaugurazione del monumento ai martiri delle Cinque giornate di Milano, il G., acclamato dalla folla, improvviso' un discorso non autorizzato; tale intervento figuro' fra i principali capi d'accusa nel processo che segui' i moti popolari scoppiati nel corso di quello stesso anno. Il G. venne condannato a 12 anni di carcere, in contumacia, dal momento che aveva gia' provveduto a espatriare. Raggiunta Marsiglia s'imbarco' per Madera e successivamente per il Sudamerica, soggiornando a Santos, a Rio de Janeiro e infine a Buenos Aires.
Qui tenne corsi di sociologia criminale all'universita', fondo' e diresse la rivista Criminologia moderna, alla quale collaborarono tra gli altri C. Lombroso, G. Ferrero ed E. Ferri. Fu tra i promotori della Federacion obrera regional argentina e, grazie al suo impulso, l'anarchismo argentino usci' dalla fase individualistica e venne definendosi come socialismo anarchico per volgersi infine verso il comunismo anarchico. Dopo aver tenuto acclamate conferenze anche in Uruguay, Paraguay e Cile, il G., per incarico della Sociedad cientifica argentina, effettuo', insieme con il pittore A. Tommasi e il poeta C. Pascarella, una vasta esplorazione dell'Estremo australe, con esiti di grande interesse antropologico e geografico. Il G. continuava intanto a interessarsi alle vicende italiane e quando, dopo il regicidio compiuto da G. Bresci, montò una nuova ondata antianarchica scrisse l'opuscolo La nostra utopia, nel quale giustificava l'attentato.
Nel 1903, grazie all'amnistia che cancellava la pena del 1898, fece ritorno in Italia. Nello stesso anno fondo' con L. Fabbri la rivista Il Pensiero, sulla quale ebbe modo di esprimere in modo organico la sua concezione del socialismo, dell'anarchismo e della lotta sindacale. Dopo aver compiuto nuovi viaggi in Egitto e in Palestina, sui quali riferi' in un nuovo giro di conferenze, il G., colpito anche da un malattia tropicale, si ritiro' nuovamente all'isola d'Elba dove fu l'animatore dello sciopero dei minatori e tra i promotori della Camera del lavoro aderente all'Unione sindacale italiana.
Il G. mori' a Portoferraio l'8 gennaio 1911.
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Oltre al gia' ricordato volume delle Opere complete, si veda ancora: Scritti scelti, a cura di G. Rose, Cesena 1968.
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Fonti e bibliografia: V. Mazzoni, Pensieri. Ricordi ed opere di P. G., Pisa 1922; La vita e l'opera di P. G. nei ricordi di Sandro Foresi, Milano 1948 (il volume comprende Ultime battaglie. Lettere e scritti inediti di P. Gori e Notizie biografiche sul G. di L. Fabbri); Commemorando P. G. nel 40mo della morte, Roma 1950; G. Manacorda, Il movimento operaio italiano attraverso i suoi congressi (1853-1892), Roma 1953, ad indicem; A. Borghi, Mezzo secolo di anarchia, Napoli 1954, ad indicem; C. Molaschi, P. G., Milano 1959 (nuova ed. Pescara 1999); E. Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, Milano 1959, ad indicem; Rosignano a P. G., Cecina 1960; L. Cortesi, La costituzione del Partito socialista italiano, Milano 1962, ad indicem; La corrispondenza di Marx e Engels con italiani 1848-1895, a cura di G. Del Bo, Milano 1964, ad indicem; A. Asor Rosa, Scrittori e popolo, Roma 1965, ad indicem; A. Angiolini, Socialismo e socialisti in Italia, Roma 1966, ad indicem; G. Dinucci, P. G. e il sindacalismo anarchico in Italia all'inizio del secolo, in Movimento operaio e socialista, XIII (1967), 3-4, pp. 289-301; L. Briguglio, Il Partito operaio italiano e gli anarchici, Roma 1969, ad indicem; Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo, Torino 1971, ad indicem; D. Perli, I congressi del Partito operaio italiano, Padova 1972, ad indicem; V. Emiliani, Gli anarchici, Milano 1973, ad indicem; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), Milano 1974, ad indicem; R. Paris, L'Italia fuori d'Italia, in Storia d'Italia (Einaudi), IV, Dall'Unita' a oggi, 1, Torino 1975, ad indicem; P.C. Masini, I leaders del movimento anarchico, Bergamo 1980, pp. 115-125; Centro studi P. Gobetti - Istituto stor. della Resistenza in Piemonte, Un'altra Italia nelle bandiere dei lavoratori, Torino 1980, ad indicem; O. Bayer, L'influenza dell'emigrazione italiana nel movimento anarchico argentino, in Gli Italiani fuori d'Italia, a cura di B. Bezza, Milano 1983, pp. 531 s., 537, 541 ss.; M. Antonioli, P. G. o la breve stagione del cavaliere errante, in Annali dell'Istituto di storia della Facolta' di magistero dell'Universita' di Firenze, III (1982-84), pp. 109-133; A. Dada', L'anarchismo in Italia: fra movimento e partito, Milano 1984, ad indicem; G. Ferro, Protagonisti del movimento socialista in Italia, Roma 1992, s.v.; M. Antonioli, P. G. il cavaliere errante dell'anarchia, Pisa 1995; R. Zangheri, Storia del socialismo italiano, II, Dalle prime lotte nella Valle Padana ai fasci siciliani, Torino 1997, ad indicem; Il movimento operaio italiano. Diz. biografico, II, ad vocem; L. Bettini, Bibliografia dell'anarchismo, I, 1-2, Firenze 1972-76, ad indicem.
 
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Numero 53 del 16 aprile 2021
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