[Nonviolenza] Telegrammi. 4073



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4073 del 13 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. All'ascolto dell'appello della "Pacem in Terris"
2. Ricordando don Primo Mazzolari nell'anniversario della scomparsa
3. Franca Fortunato: Marianna, una donna contro la 'ndrangheta
4. Alcuni estratti da Sandro Mezzadra, "Un mondo da guadagnare. Per una teoria politica del presente"
5. Maria Nadotti: Neri rispettabili e vite che non contano
6. Alcuni riferimenti utili
7. Omero Dellistorti: Visto che c'ero
8. Omero Dellistorti: All'Hostaria da Tarza
9. Omero Dellistorti: Si nun ciai voja...
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'
 
1. MEMORIA. ALL'ASCOLTO DELL'APPELLO DELLA "PACEM IN TERRIS"
 
Ricorreva ieri, 11 aprile, l'anniversario della promulgazione nel 1963 della "Pacem in Terris", l'enciclica di papa Giovanini XXIII che costituisce uno dei grandi manifesti della pace e dell'umana solidarieta'.
E a questo ricordo associamo quello della cara indimenticabile figura di don Dante Bernini, costruttore di pace, testimone della nonviolenza, che ci ha lasciato il 27 settembre del 2019 e di cui tra pochi giorni, il 20 aprile, ricorre l'anniversario della nascita, ed in onore e con la partecipazione del quale i movimenti pacifisti e nonviolenti viterbesi, insieme ad altre esperienze di solidarieta' ed alle istituzioni locali, promossero anni fa due luminose e commoventi iniziative, una delle quali proprio nell'anniversario della "Pacem in Terris", che don Dante Bernini rievoco' e illustro' con parole limpide e struggenti.
La "Pacem in Terris" resta una lettura illuminante, nutriente, che convoca ogni essere umano ed ogni umano istituto all'impegno necessario e imprescindibile per il bene comune dell'umanita' intera.
Scrivevamo lo scorso anno nel farne memoria, e ripetiamo oggi:
Ricorrendone l'anniversario il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo invita ogni persona di volonta' buona a rileggere quel luminoso testo, ad accoglierne l'appello, a decidere di agire per il bene comune dell'umanita', ad opporsi a tutte le violenze, a scegliere la nonviolenza.
Cessino le guerre e le uccisioni. Cessino le oppressioni e le persecuzioni. Cessi il razzismo. Cessi il maschilismo. Cessi ogni schiavitu'.
L'umanita' si riconosca un'unica famiglia in un unico mondo vivente casa comune di tutte e tutti.
E' nella pace e nella solidarieta' che la civilta' fiorisce.
E' nella pace e nella solidarieta' che l'umanita' si umanizza.
E' nella pace e nella solidarieta' che si adempie il dovere di prendersi cura delle altre persone e dell'intero mondo vivente.
E' nella pace e nella solidarieta' che si realizza la giustizia, la liberta', la fratellanza e la sorororita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e sostiene e conforta.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
Si cessi di usare le armi, si cessi di costruire le armi.
Si agisca per salvare le vite, non per distruggerle.
Si condividano tutti i beni necessari alla vita.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
Alla scuola della "Pacem in Terris" sia rispettata, difesa, aiutata ogni persona.
Alla scuola della "Pacem in Terris" si riconosca che tutte le persone, tutti i popoli e tutte le culture fanno parte dell'unica umanita'.
Alla scuola della "Pacem in Terris" si agisca per salvare l'umanita' e la biosfera dalla catastrofe.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che cessi l'attivita' dell'industria armiera, siano fermati i mercanti di morte.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano abrogate le scellerate ed infami misure hitleriane contenute nei due "decreti sicurezza della razza" imposti dal governo razzista del 2018-2019.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano erogati immediati, immediati aiuti a tutte le persone impoverite, a tutte le persone emarginate, a tutte le persone fragili ed oppresse, a tutte le persone che piu' hanno bisogno di aiuto.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano scarcerate e mandate nelle proprie case o in alloggi adeguati tutte le persone ristrette in istituti penali sovraffollati ove altissimo e' il pericolo di contagio e di morte.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano finalmente messi a disposizione di tutte le persone tutte le protezioni sanitarie indispensabili, a cominciare dal personale sanitario ed assistenziale e da tutti coloro che svolgono servizi di pubblica utilita' per questo particolarmente a rischio.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano fatti capillarmente in tutto il paese adeguati test medici per poter circoscrivere e contrastare al meglio l'epidemia.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano tutelate le vite di tante lavoratrici e tanti lavoratori facendo cessare lo scandalo della prosecuzione (ovvero impedendo una scandalosa prematura ripresa) di attivita' produttive palesemente non necessarie (o peggio: finanche nocive) in condizioni di flagrante effettuale rischio di esposizione al contagio.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che cessino i proclami menzogneri di potenti stolidi ed irresponsabili, e tutti i pubblici poteri si adoperino finalmente per il bene comune, cosa che fin qui non hanno saputo adeguatamente fare.
Troppe persone sono gia' morte per l'imprevidenza, l'irresponsabilita', la superficialita', la scempiaggine e la tracotanza di chi governa il paese ed alcune regioni.
Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, esortiamo al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani, primo fra tutti il diritto alla vita.
Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, esortiamo al rispetto della legalita' che salva le vite.
Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, esortiamo all'impegno comune per il bene comune.
Cessi l'indifferenza dei potenti dinanzi alla sofferenza umana.
Cessi la primazia del profitto a scapito delle umane esistenze.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
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Rileggendo la "Pacem in Terris" ritroviamo le ragioni della dignita' umana.
Rileggendo la "Pacem in Terris" riascoltiamo il messaggio del discorso della montagna.
Rileggendo la "Pacem in Terris" condividiamo l'impegno di pace, di giustizia e di solidarieta' che vi si afferma.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
 
2. MEMORIA. RICORDANDO DON PRIMO MAZZOLARI NELL'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
 
Ricorre oggi, 12 aprile, l'anniversario della scomparsa di don Primo Mazzolari, indimenticabile testimone della pace, della solidarieta', della Resistenza all'inumano, della lotta per la giustizia, della nonviolenza che adempie il primo dovere di ogni essere umano: salvare le vite, condividere il bene ed i beni.
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Una breve notizia su Primo Mazzolari
Primo Mazzolari, nato il 13 gennaio 1890 a S. Maria di Boschetto (Cremona), ordinato sacerdote nel 1912, partecipo' alla prima guerra mondiale; parroco tra i poveri, antifascista e uomo della Resistenza, precursore del Concilio Vaticano II; nel 1949 fondo' la rivista "Adesso", svolse un'intensa attivita' di pubblicista e scrittore; e' morto a Cremona il 12 aprile 1959. E' una delle figure piu' vive della nonviolenza in cammino.
Tra le opere di Primo Mazzolari: naturalmente nell'ambito che particolarmente ci interessa e' fondamentale Tu non uccidere, La Lucusta, Vicenza 1955, ora anche Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991; si veda anche La chiesa, il fascismo e la guerra, Vallecchi, Firenze 1966. Presso La Locusta di Vicenza sono state pubblicate decine di opere di Mazzolari. Vari volumi sono stati pubblicati dalle Edizioni Dehoniane di Bologna. Viaggio in Sicilia e' stato ripubblicato nel 1992 da Sellerio.
Tra le opere su Primo Mazzolari: A. Bergamaschi, Mazzolari, un contestatore per tutte le stagioni, Bologna 1969; L. Bedeschi, L'ultima battaglia di don Mazzolari, Morcelliana, Brescia; AA. VV., Don Primo Mazzolari, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1999.
Per una piu' ampia nota biografica cfr. il n. 901 de "La nonviolenza e' in cammino"; per una bibliografia piu' ampia, il n. 898; molti utilissimi materiali sono reperibili naturalmente nel sito www.fondazionemazzolari.it
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Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci ancora e sempre a tutte le uccisioni, a tutte le persecuzioni, a tutte le violenze.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari difendiamo ancora e sempre i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari restiamo fedeli alla Costituzione della Repubblica italiana che riconosce e protegge la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Solo facendo il bene si contrasta il male.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
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Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci a tutte le guerre e a tutte le organizzazioni armate: sempre e solo le armi servono a uccidere, a uccidere gli esseri umani.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci alla produzione, al commercio, al possesso e all'uso di tutte le armi: sempre e solo le armi servono a uccidere, a uccidere gli esseri umani.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
*
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci alla criminale barbarie dell'omissione di soccorso nei confronti dei naufraghi in pericolo di morte.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci alla criminale barbarie delle persecuzioni razziste e dell'istigazione all'odio razzista.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci alla criminale barbarie della riduzione in schiavitu', dei lager, dei pogrom, delle "pulizie etniche" e delle deportazioni.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci alla criminale barbarie della negazione del diritto d'asilo.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
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Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci alla devastazione del mondo vivente.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci al consumismo che tutto divora, ammorba, distrugge.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci all'usurpazione, all'avidita' e allo spreco che privano tanta parte dell'umanita' del necessario per vivere una vita degna.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci ad ogni forma di potere economico, politico, ideologico e sociale che si fondi sull'oppressione, sullo sfruttamento, sulla violazione dei diritti e della dignita' di ogni essere umano.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
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Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci all'ideologia, alla prassi, al sistema di potere della violenza maschile che nega l'umanita' dell'intera umanita'.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci all'ideologia, alla prassi, al sistema di potere della violenza maschile che e' la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
*
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari opponiamoci al fascismo che torna.
Nel ricordo e alla scuola di Primo Mazzolari adempiamo al dovere di agire per il bene comune dell'umanita'.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
*
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Pace, responsabilita', convivenza, condivisione del bene e dei beni.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Il maschilismo e' un crimine contro l'umanita'.
Agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Sii tu il buon samaritano.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
* * *
Allegato. In memoria di Primo Mazzolari (breve una meditazione di una ventina d'anni fa)
 
Veniva dalla Resistenza, don Primo Mazzolari
che reca dura la scienza
del bene e del male, il conoscere insieme
il valore del pane e del vino, la fame e la morte.
 
Veniva dalla campagna, don Primo Mazzolari
che conosce il ciclo dei giorni
e dei raccolti, e la disperazione
della grandine e della fame
e come gli esseri umani fecondino la terra
e tutto e' fatica e rigoglio.
 
Veniva dalla sequela, don Primo Mazzolari
credeva nell'assurdo di un figliuolo
dell'uomo che i potenti condannarono
a vile morte e che mori' indifeso.
 
Credeva nell'assurdo: il mansueto
che accetta l'ingiustizia di morire
e che cosi' di morte l'ingiustizia
per sempre smaschera
e annienta la violenza
con l'umile suo gesto di negare
di aggiungere violenza alla violenza.
 
Sapeva lottare, don Primo Mazzolari
con le arti della volpe e del leone,
con scienza di serpente e di colomba,
il lento lavoro della goccia
che scava la pietra stilla a stilla
a scheggia a scheggia scava la pietra.
 
E sapeva le parole, don Primo
Mazzolari, le parole che sanno
girare ruote e trascinare carri
muovere le montagne.
 
E se dovessi adesso dire tutto
quel che mi pare di saper di lui
questo direi, che Primo Mazzolari
prese sul serio l'unico comando:
tu non uccidere.
 
Chi vuol rendergli onore
questo ricordi, a questo apprenda tutto
il cuor gentile suo:
tu non uccidere.
 
3. TESTIMONIANZE. FRANCA FORTUNATO: MARIANNA, UNA DONNA CONTRO LA 'NDRANGHETA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Il Quotidiano del Sud" il 23 luglio 2020]
 
Negli ultimi dieci anni molte/i hanno scritto, io stessa l'ho fatto, delle testimoni e collaboratrici di giustizia di famiglie di 'ndrangheta, che hanno denunciato e mandato in galera i loro uomini per rendere libere se stesse e le figlie e i figli, alcune hanno pagato con la vita. Si e' scritto anche delle madri che sempre piu' affidano i figli e le figlie al Tribunale di Reggio Calabria per sottrarle/i a un destino certo, mafiosi i primi, mogli di mafiosi le seconde. Qualcosa di imprevisto e imprevedibile per gli uomini di 'ndrangheta, che hanno visto distrutti i legami di sangue su cui hanno sempre contato per garantirsi omerta' e complicita'.
Si e' scritto anche di testimoni di giustizia non appartenenti a famiglie mafiose ma, che io sappia, non di donne e in particolare di Marianna F., probabilmente la prima testimone di giustizia, la cui storia e' diventata un libro, da poco in libreria, Testimone di ingiustizia, edito presso San Paolo, scritto insieme al giornalista Eugenio Arcidiacono. Marianna e' nata e cresciuta in un paesino del crotonese dove negli anni della sua infanzia felice "nessuno parlava di mafia o di 'ndrangheta (...) era un'oasi felice", come lo erano altri paesi e citta' della Calabria, compresa la Vibo Valentia della mia infanzia. Poi tutto cambia, con l'emergere di due boss locali che in guerra con un suo zio mafioso lo ammazzano. Ignara del cambiamento che questo portera' anche nella sua vita, si diploma e si trasferisce a Pisa per frequentare l'universita' dove si laurea in lingue. Trova lavoro a Parigi, e' felice, quando le ammazzano i fratelli, Francesco che "frequentava brutte compagnie" e Luigi, per paura che un giorno potessero vendicare la morte dello zio. E' a questo punto che la sua vita prende una strada irreversibile, almeno fino ad oggi. Erano i primi anni Novanta. Assieme ai genitori e alla sorella diventa testimone di giustizia ed entra nel programma di protezione. Da allora vive/vivono lontano dalla Calabria, sotto falsa identita', senza amici e amiche e senza un lavoro. Marianna e' orgogliosa di se' e dei suoi per aver fatto condannare l'assassino e i mandanti anche se del solo fratello Luigi. Scrive e racconta la sua storia di "fantasma per aver denunciato la 'ndrangheta" perche' si sente tradita e disillusa da uno Stato che non ha mantenuto le sue promesse. Lei sa che la 'ndrangheta, invece, le sue di promesse le mantiene, anche a distanza di anni, ed e' per questo che, ancora oggi, uscita con la madre e la sorella dal programma di protezione – il padre e' morto, il fratello piccolo e' chiuso in una clinica –, vive nel terrore di essere scoperta/e e ammazzata/e, come le ha gridato dalle sbarre uno dei boss condannati. Dopo 25 anni non e' libera di tornare nella sua casa per "ritrovare le vecchie foto, la mia tesi conservata in un cassetto e soprattutto toccare e ammirare il corredo che con tanto amore la mamma aveva preparato per me (...) e poi correre in spiaggia e farmi una lunghissima nuotata, finalmente libera".
Se le donne di famiglie di 'ndrangheta hanno trovato nel programma di protezione la strada della loro liberazione e l'inizio di una nuova vita, Marianna, invece, ha perso la sua liberta' e la sua felice "vita vissuta". "Era finito tutto, le passeggiate per i vicoli del mio paese, le vacanze al mare, i raduni nel pomeriggio attorno alla piccola villa nel centro storico, le corse al bar a mangiare un gelato". Se oggi le condizioni di vita delle/i testimoni di giustizia sono migliorate e' grazie anche alle battaglie sue e della sorella, ed oggi non chiede che una vita da vivere, per se' e i suoi familiari.
 
4. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA SANDRO MEZZADRA, "UN MONDO DA GUADAGNARE. PER UNA TEORIA POLITICA DEL PRESENTE"
[Dal sito www.tecalibri.info]
 
Sandro Mezzadra, Un mondo da guadagnare. Per una teoria politica del presente, Meltemi, Milano 2020, pp. 346.
*
Da pagina 9
Introduzione
Raccolgo in questo libro un insieme di saggi che ho scritto negli ultimi anni. Per quanto debbano la loro origine a diverse occasioni, sono parte di una riflessione comune e il mio auspicio e' che la raccolta non risulti meramente occasionale. Organizzati attorno a tre assi tematici - "politica", "migrazioni", "mondi" -, i testi qui presentati sono per me altrettanti capitoli di un'approssimazione alla comprensione critica del presente, che costituisce il modo specifico in cui pratico la teoria politica. Un insieme di temi trasversali alle tre parti in cui il volume e' suddiviso puo' essere immediatamente indicato: la crisi della moderna forma stato a fronte dei processi globali contemporanei, le tensioni a cui vengono sottoposti concetti politici fondamentali (per esempio quello di cittadinanza), il rilievo costitutivo dei movimenti migratori e piu' in generale delle pratiche di mobilita' per il mondo in cui viviamo, l'esigenza di ripensare la categoria marxiana di forza lavoro (e il problema della sua produzione), lo spiazzamento dello sguardo rispetto alla centralita' indiscussa dell'Europa e dell'Occidente, alimentato dal confronto con la critica postcoloniale. Questi e altri temi sono indagati con un metodo che punta a far emergere le formidabili tensioni che segnano l'attuale congiuntura a livello mondiale, la violenza che ne deriva e al tempo stesso l'insieme delle pratiche e delle lotte con cui i soggetti dominati e sfruttati si contrappongono a quella violenza, indicando - in modo del tutto concreto - la possibilita' di un suo superamento. Il mondo viene cosi' pensato dal punto di vista dei processi materiali che ne intessono la trama e da quello della sua possibile trasformazione. Un mondo da guadagnare, per riprendere una suggestione classica.
Il riferimento al mondo non e' per me metaforico. Consapevole della difficolta' del compito, cerco piuttosto di assumere la dimensione mondiale come sfondo della mia riflessione su ciascuno dei temi affrontati in questo libro - dal ripensamento critico del federalismo alle migrazioni, dal dialogo a distanza tra Marx e Foucault a quello tra Du Bois e Fanon, per limitarmi a qualche esempio. La questione dello spazio, e dunque delle coordinate spaziali dei concetti con cui si tenta di pensare il presente, ha acquisito per me un rilievo fondamentale nel corso del tempo, in particolare sulla base del lavoro sui confini e sui processi globali che ho sviluppato con Brett Neilson (di cui danno conto in particolare il capitolo 3 della seconda parte e il capitolo 3 della terza). La "globalizzazione" non e', secondo la nostra prospettiva, un processo di livellamento delle differenze e di progressiva costituzione di uno spazio planetario "liscio": al contrario (e per questa ragione occorre guardare con cautela a ogni frettolosa dichiarazione della sua crisi o della sua fine), e' un insieme di processi complessi e contraddittori, in cui la riorganizzazione del mercato mondiale come ambito di riferimento delle operazioni fondamentali del capitale (caratterizzate da una specifica omogeneita') e' costretta a misurarsi con molteplici resistenze e attriti, che danno luogo a una profonda eterogeneita' di formazioni spaziali, economiche, politiche, sociali e culturali. E' una situazione che nel libro viene studiata dal punto di vista sia delle migrazioni (in particolare nel capitolo 2 della seconda parte) sia di un'analisi critica del capitalismo contemporaneo (in particolare nel capitolo 3 della terza parte) e delle sue implicazioni politiche.
In queste condizioni, assumere il mondo come scala geografica fondamentale di ogni riflessione sul presente non ha nulla di astratto: fa piuttosto riferimento alla necessita' di incorporare all'interno degli stessi concetti che utilizziamo l'insieme delle rotture geografiche e della turbolenza geopolitica determinate dai processi globali contemporanei. Sullo sfondo di questi processi, lo stesso senso del luogo si modifica profondamente - e per esempio l'Europa (al centro dell'analisi proposta nel capitolo 2 della prima parte) assume una posizione ben diversa da quella (egemonica) che per secoli si e' costruita entro una storia di espansione, dominazione e conquista. La decolonizzazione si carica in questo quadro di nuovi significati e guadagna una nuova rilevanza (come si mostra nel capitolo 3 della terza parte), mentre la condizione postcoloniale, al centro del capitolo 1 della terza parte, rende possibile far risuonare contesti come quelli latinoamericani o asiatici nell'analisi degli sviluppi e dei conflitti europei contemporanei. Cosi' inteso, il mondo diviene un criterio di metodo, determina un insieme di dislocazioni che investono lo stesso piano della riflessione teorica e apre quest'ultima alla ricerca di concetti che siano in grado di cogliere le dimensioni comuni di un'esperienza che assume tratti planetari e al tempo stesso di articolare la profonda variabilita' di quella esperienza in diversi contesti materiali. Sotto il profilo politico, il compito che ne deriva (su cui si conclude il capitolo 3 della terza parte) e' in primo luogo la reinvenzione dell'internazionalismo - o l'invenzione di un nuovo linguaggio in grado di affrontare il problema che storicamente l'internazionalismo aveva affrontato: quello di dare espressione a una comune realta' di oppressione e a un comune desiderio di liberazione.
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Da pagina 99
Autonomia delle migrazioni. Lineamenti di un approccio teorico
Ricollegandomi idealmente alla politicizzazione delle pratiche di mobilita' da parte di Foucault, su cui mi sono soffermato nel precedente capitolo, introduco nelle pagine seguenti l'approccio teorico dell'"autonomia delle migrazioni", che ho contribuito a definire negli scorsi anni all'interno di una fitta trama di scambi e relazioni transnazionali. Lo "sguardo dell'autonomia", come si intitolava una precedente versione di questo capitolo, investe e rinnova una serie di concetti relativi allo studio delle migrazioni ma anche di carattere più generale, come, per esempio, quello di cittadinanza (gia' al centro del capitolo 2 della prima parte). L'affermazione della priorita' del movimento e della necessita' di assumere come punto di vista dirimente la soggettivita' dei migranti qualifica in generale la teoria dell'autonomia delle migrazioni. In questo capitolo, insisto su quel che a me pare un aspetto decisivo, ossia la necessita' di collegare l'autonomia delle migrazioni con un'analisi della mobilita' del lavoro e delle trasformazioni del capitalismo. Lavorare sulle migrazioni nel nostro tempo costituisce cosi' un modo particolare per lavorare sul capitalismo contemporaneo. Un'attenzione particolare, da questo punto di vista, e' riservata ai mutamenti delle politiche migratorie, nel quadro dell'egemonia neoliberale: assumendo come riferimento fondamentale gli sviluppi (in Europa e non solo) nel primo decennio del secolo, il capitolo sottolinea la produttivita' del concetto di "inclusione differenziale", che negli ultimi anni - come mostra il capitolo 4 di questa parte del libro - ha subito significative torsioni a fronte di tendenze sempre piu' restrittive e di vera e propria chiusura nella gestione dei confini e delle migrazioni.
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Da pagina 129
Che cosa e' in gioco nella mobilita' del lavoro? Migrazioni, confini, capitalismo contemporaneo
Questo capitolo riprende molti temi affrontati in quello precedente e si concentra in particolare sul rapporto tra la mobilita' del lavoro e il suo contenimento come chiave per analizzare il rapporto tra capitalismo e migrazioni. Muovendo da una rapida considerazione del modo in cui questo rapporto si e' venuto svolgendo nella storia, il capitolo affronta poi la specificita' del capitalismo contemporaneo, ricondotta al ruolo essenziale giocato nella sua dinamica da una serie di "operazioni estrattive", tra cui rientrano quelle finanziarie. A fronte di una logica per molti versi nuova di funzionamento del capitalismo, il management delle migrazioni (gia' analizzato nel precedente capitolo) si riorganizza attorno al concetto di "capitale umano" e a quella che viene qui definita una "razionalita' logistica". Le migrazioni, contraddistinte da crescenti elementi di eterogeneita' e "turbolenza", si presentano da questo punto di vista come un terreno di sperimentazione per la mobilitazione generale delle capacita' umane e per l'estrazione di skills piu' o meno codificate come funzionali alla valorizzazione del capitale. Muovendosi tra l'America Latina e l'Europa, tra i paesi del Golfo e l'Asia orientale, il capitolo punta a fare emergere la migrazione contemporanea come sintomatica di un piu' generale processo di "moltiplicazione del lavoro". E a mostrare il suo carattere imprescindibile per ogni analisi dei processi di formazione di classe.
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Da pagina 257
Nei territori dell'estrazione. Continuita' coloniali, assemblaggi postcolonialí di potere, lotte anticoloniali
Questo capitolo assume come cornice generale le trasformazioni che stanno terremotando l'ordine mondiale e, in particolare, la tesi secondo cui stiamo vivendo l'esaurimento dell'egemonia statunitense su scala globale. All'interno di questa cornice discute il tema della decolonizzazione, facendo riferimento a una serie di approcci teorici che hanno affrontato la questione negli ultimi anni (attraverso concetti come "neocolonialismo", "postcolonialismo" e "decoloniale"). Se questa discussione consente di riprendere e ampliare il tema della soggettivita' e delle lotte anticoloniali affrontato nel capitolo precedente, e' anche l'occasione per porre il problema del rapporto fra trasformazioni dell'ordine globale, decolonizzazione (in senso lato) e capitalismo. Muovendo da un'analisi dell'approfondimento dei processi estrattivi in molte parti del mondo (e in particolare in America Latina), propongo qui - sulla base del mio piu' recente lavoro con Brett Neilson (gia' introdotto supra, parte II, capitolo 2) - un concetto allargato di estrazione per interpretare alcuni degli aspetti piu' significativi del capitalismo contemporaneo (per esempio, in riferimento agli sviluppi della logistica e della finanza). L'analisi qui proposta si muove tra critica dell'economia politica e critica postcoloniale (non senza segnalare i limiti degli sviluppi di quest'ultima negli anni piu' recenti), e si conclude con una riflessione sulla necessita' di ripensare l'internazionalismo.
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Da pagina 289
Per la critica del capitalismo globale: un progetto "marxiano"?
Marx e' stato una presenza costante in questo libro, punto di riferimento per la critica della politica, per l'analisi delle migrazioni e per il confronto con le teorie postcoloniali. Questo epilogo segue la traccia del suo pensiero per delineare un programma di critica del capitalismo globale contemporaneo al cui interno si collocano tutti i capitoli del libro. Lungi dall'invocare una lineare attualita' delle categorie (del "sistema") di Marx, si indicano qui alcuni aspetti dell'atteggiamento critico necessario per riattivare nel nostro presente la portata sovversiva del suo pensiero. La definizione marxiana del capitalismo e la sua peculiare politica della liberazione ruotano attorno all'individuazione di un soggetto capace di porsi come rivoluzionario - il "lavoro vivo", la classe operaia. Nell'ultima parte di questo epilogo, proprio la categoria di classe viene saggiata a fronte dello sviluppo dei movimenti degli ultimi anni (in particolare di quelli femministi). L'individuazione in Marx - al di la' delle sue intenzioni - di tre diversi modelli di soggettivazione degli sfruttati (proletario, operaio e "subalterno") conduce a ripensare la classe a partire dalla differenza. Il libro si conclude su questo tema della soggettivita' e della lotta, attorno a cui si trattera' di continuare a lavorare in futuro.
 
5. RIFLESSIONE. MARIA NADOTTI: NERI RISPETTABILI E VITE CHE NON CONTANO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso su www.tamuedizioni.com il 4 novembre 2020]
 
Questo testo e' un estratto da Sensibilita' condivise. Leggere bell hooks pensando a noi, l'introduzione al libro Elogio del margine / Scrivere al buio di bell hooks e Maria Nadotti, in uscita per Tamu Edizioni il 16 novembre, proposto in anteprima dal sito della casa editrice.
*
[...] Come si guarda e cosa si vede quando si guarda? Che effetti ha lo sguardo egemone sulla percezione che ha di se' colui/colei che viene osservato ma non visto, alla lettera "allucinato"?
Sono domande piu' che mai attuali, che si ripropongono con forza alla vigilia delle prossime elezioni presidenziali statunitensi. Marcata da un'inquietudine sociale esplosiva, da un'irrespirabilita' di cui la pandemia in corso e' una lugubre letteralizzazione, la campagna che vede Donald Trump/Mike Pence contrapposti a Joe Biden/Kamala Harris, e' improntata a una vis propagandistica bilaterale dalle conseguenze potenzialmente nefaste. Se i repubblicani hanno scelto di confermare i propri candidati e la loro chiassosa volubile linea, i democratici hanno optato per un abbinamento che ha i tratti dell'audacia e la sostanza della convenienza: un bianco anziano e moderato, l'uomo in seconda del quasi-nero Obama, e una donna di colore, anche se non proprio africana-americana, attualmente senatrice per lo stato della California, un passato da ex-procuratrice distrettuale di San Francisco che ha indotto alcune aree dei movimenti neri nordamericani a ribattezzarla Copmala.
Ma, come scrive Keeanga-Yamahtta Taylor, ricercatrice presso l'Universita' di Princeton nel dipartimento di African American Studies: "dopo otto anni di Obama, una faccia nera in una posizione elevata non basta piu'".
Ed e' qui che l'analisi di bell hooks si rivela oggi piu' preziosa che mai: la sua passione di verita', che non e' mai un fatto astratto e/o ideologico, una teoria dai piedi freddi, si traduce in un invito pressante ad andare al di la' di quel che sembra, a mettere in discussione proprio la rappresentanza e i suoi seducenti inganni figurali, a ragionare su quella nuova tecnica di sterminio razziale e di classe che consiste nel contrapporre i neri "rispettabili" ai neri "cattivi", gli African-American ai nigger. I primi/le prime, ormai armoniosamente parte del sistema, ne garantiscono il funzionamento, intonacandolo quanto basta per evitarne il collasso. La loro ammissione alle cariche piu' alte dello Stato, inimmaginabile anche solo vent'anni fa, non si e' tradotta in politiche interne e estere piu' eque, in minore disparita' sociale, in piu' diffusa giustizia. Il teorema delle quote – rosa, nere, verdi o blu che siano – ha dimostrato anche in questo caso di non essere cio' che afferma, ma cio' che produce: ridistribuire le carte invitando al tavolo da gioco alcuni "identici" dissimili (per sesso o razza, mai per classe) non migliora necessariamente la vita di tutte e di tutti ne' modifica l'immagine e la coscienza che essi hanno di se'.
La sottomissione dei neri americani al dominio dello sguardo dei bianchi permane e lo stordimento indotto dalle immagini del consumo coniugate con un potere d'acquisto per i piu' pari a zero si traduce in invidia sociale, rabbia e depressione, raramente in rivolta. E la rivolta, come hanno dimostrato i moti degli ultimi mesi, scatenati dall'ennesima uccisione intenzionale di un nero per mano della polizia, puo' assumere la forma ibrida e vassalla del saccheggio e della devastazione e consumarsi in un fuoco di paglia.
Slogan magnifici come "Black Lives Matter" – il movimento fondato da tre donne nere, Alicia Garza, Patrice Cullors e Opal Tometi nel 2013 (si', sette anni prima dell'assassinio di George Floyd) – sono pure petizioni di principio in un'economia di scambio in cui non tutte le vite contano, perche' alcune non hanno valore alcuno, anzi rappresentano un ingombro, una voce di spesa in piu', un disagio sociale.
Ecco perche' bell hooks non riduce il suo discorso ai diritti, all'eguaglianza, e tantomeno alla "discriminazione positiva" e alla "correttezza politica". Con tutta evidenza la condizione catastrofica dei neri non e' un errore del sistema bensi' una sua struttura portante. In America, come in molti paesi d'Europa che si pensano democratici, i nigger non sono necessariamente di pelle nera: corpi a perdere ridondanti e precariamente indispensabili, vanno, vengono, scompaiono in mare o nelle periferie urbane, si impigliano nelle false burocrazie assistenziali, non lasciano traccia di se' e sembrano non averne del proprio passato.
Li vogliamo cosi', ci servono cosi'.
C'e' nelle politiche in materia (negli USA la si chiama "questione razziale", da noi "migratoria", in Francia o Portogallo "postcoloniale") una surreale continuita' tra visioni che si dicono diverse, tra posizioni teoriche che si presumono opposte. Nigger e migranti sembrano aver messo d'accordo democratici e conservatori, destre e sinistre. O forse ne hanno semplicemente smascherato l'identica adesione al monocromo copione neoliberista, rivelando una societa' dove gli argini sono saltati, dove i piu' (e non solo gli esseri umani) sono obiettivamente a rischio, dove si fa un'enorme fatica anche solo a coltivare la speranza.
E' essenziale, ci ricorda bell, non abboccare alle esche di quella che negli anni sessanta e settanta fu definita senza giri di parole Blaxploitation e che oggi si manifesta nella bizzarra rivendicazione di una nerezza/africanita'/alterita' ricalcata sui cliche' razziali e sessuali piu' classici. A guardare le pubblicita' imbandite negli ultimi tempi da marchi quali Nike, Reebok, Adidas, blockbuster come Black Panther (si', avete letto bene) diretto nel 2018 da Ryan Coogler, o il trailer di Black Is King, il nuovo "album visivo" della pop star Beyonce', si nota con crescente disagio che la superiorita' razziale nera esibita in maniera piu' o meno rozza in ognuno di questi testi visivi sembra frutto di neuroni specchio pigri o malandrini. Tra quelle rappresentazioni e la realta' durissima degli ultimi vent'anni – grosso modo dai primordi della crisi dei mutui subprime a oggi – non c'e' neppure ombra di simbolico. Si tratta di immaginario allo stato puro.
"Nel mondo attuale", come scrive Alain Badiou ne Il nostro male viene da più lontano, "ci sono poco piu' di due miliardi di persone delle quali si puo' dire che contano zero. Cosa vuol dire che contano zero? Vuol dire che non sono ne' consumatori, ne' forza lavoro".
A loro e' destinato lo "spettacolo del benessere", di cui il narcotico corpo nero-gadget (merce di lusso/fulgida guerriera/mitico antenato) non e' altro che il nuovo veicolo e la rivisitata forma.
The business must go on e le vite nere continuano a contare zero.
Eppure il tema della violenza agita, non subita, seguita a essere un tabu'. Per trovare testi attuali che lo affrontino nella sua complessita', senza ipocrisie e con spregiudicata radicalita', non bisogna certo rivolgersi a uno dei nuovi "neri di servizio" amati da chi ha ancora troppo da perdere, ma all'abrasivo Childish Gambino di This Is America o al primo Jordan Peele, autore di Get Out, un film manifesto uscito nel febbraio del 2017, a un mese dalla conclusione del secondo mandato presidenziale di Barack Obama.
"Vattene", un'intimazione a doppio senso, non e' solo l'esortazione a scappare finche' si e' in tempo o un verdetto di esclusione: e' il suggello di un'asimmetria e di un'incompatibilita'. Nella casa bianca c'e' posto per chi ha la pelle nera solo se e' disposto a "prestare" il suo corpo, il suo cervello, il suo appeal ai bianchi, senza porre condizioni che divergano dalle loro. E' una storia che va avanti da quattro secoli e che Peele porta con ironica brutalita' alla ribalta: niente mediazioni e niente patti. Tu o io. Il pacificato noi collettivo invocato da chi ha scambiato il razzismo per conflitto tra pari e creduto in una possibile riconciliazione non puo' esistere. Unica, pragmatica risposta da parte dei neri: difendersi.
 
6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
 
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
 
7. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: VISTO CHE C'ERO
 
Era una litigata continua.
Mica solo con la mogliaccia mia. Con la suocera pure. E con la figliaccia grande e quella piccola.
E' tutta colpa dell'ateismo. Le donne non ci hanno piu' rispetto del'autorita'. Una volta non era cosi', una volta c'era rispetto per l'uomo, poi e' finita la religione e le donacce si sono credute di essere uguali agli uomini e non hanno piu' voluto essere sottomesse. E' tutta colpa dell'ateismo.
A me della religione non me ne frega niente, sono tutte panzane inventate dai preti, figuriamoci se uno col cervello ci puo' credere. Pero' serviva, io dico che servire serviva, per tenere sottomesse le femmine. Pure le botte. Che se uno non e' manco libero di menare la moglie sua a casa sua allora e' finita la liberta', allora c'e' la dittatura comunista.
Un uomo ci ha diritto alla sua liberta'. Sono i diritti dell'uomo: perche' si chiamano i diritti dell'uomo? Perche' sono dell'uomo. Se erano pure delle donne si chiamavano i diritti dell'uomo e delle donne. Invece sono i diritti dell'uomo. Le donne non ce li hanno i diritti. Non e' per cattiveria, e' legge di natura. Come i popoli inferiori che devono essere guidati dai popoli superiori. Ci sara' un motivo per cui Roma ha fatto l'impero, che se erano buoni tutti allora l'impero lo faceva pure, che ne sono, la Nuova Zelanda, invece no. D'impero ce n'e' stato uno, il sacro romano impero. Lo dice pure Dante Alighieri, che ci ha fatto un libro apposta. L'ho sentito in televisione, io il tmepo di leggere non ce l'ho, io lavoro. Certo, piglio pure il reddito di cittadinanza, mica sono un affricano, sono un italiano vero, e quindi piglio il reddito di cittadinanza che a lavorare ci devono pensare gli schiavi, che non sono cittadini, perche' sono di razza inferiore.
Io sono democratico, ma quello che e' giusto e' giusto, la schiavitu' ci vuole, senno' non lavorerebbe nessuno. E le donne pure devono stare sottomesse che qualcuno sottomesso ci deve stare senno' l'italiano vero a chi comanda?
Pero' era una litigata continua dentro casa. Con la moglie, con la suocera, con la figlia grande e con quella piccola che pure le pulci ci hanno la tosse.
Cosi' ho preso l'accetta e ho deciso di dare un esempio. Una punizione esemplare.
Volevo ammazzare solo la moglie. Poi visto che c'ero.
Era una litigata continua.
 
8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: ALL'HOSTARIA DA TARZA
 
Alla fine mi sono deciso ad aprire 'st'osteria.
Fu dopo l'incidente che quasi mi ci sciancai. E' che ero ingrassato e le liane oltretutto erano tutte infracicate, secondo me per via delle piogge acide. Certo che lo so delle piogge acide, la guardo pure io la televisione.
*
Il costume? Io mi volevo vestire con il costume da bagno leopardato, che quello si' che era il vero costume di quando ero giovane, ma l'ufficio d'igiene - o la buoncostume, adesso non mi ricordo - ha detto che non si poteva, cosi' ho optato come seconda scelta per il costume da moschettiere, che non e' male, da' un tocco di classe al locale. Ho pure preso lezioni per fare la riverenza, e mi sono fatti crescere i baffi, ero indeciso tra il pizzo e la mosca cosi' solo i baffi, pero' all'insu'.
Tutta roba genuina, cucina mia moglie. Jane, certo, Jane, che lei e' di Posillipo e fa certi piatti di pesce che sono un biggiu'.
*
No, la scimmia non l'ho potuta tenere nel locale, sempre per via della buoncostume - o dell'ufficio d'igiene, chi si ricorda piu' -, sta a casa. Che poi e' al piano di sopra, casa e bottega come si dice. No, ci sono le scale, le scale, sono finiti i tempi che m'arrampicavo, e' che ci ebbi quell'incidente che ci restai quasi sciancato.
No, non ho aperto subito questo locale, prima ce ne avevo un altro, mi facevo chiamare Long John Silver, che a quei tempi andavano di moda i nomi stranieri. E ci tenevo lo stereo a palla con i Led Zeppelin.
No, Tarza mica e' un nome straniero, Tarza e' Tarza, come Staglio e Oglio, come Topolino, io sono per l'autarchia, l'autarchia e l'orbace, eh? I vecchi bei tempi, con Cino e Franco, Starace e Farinacci. Ne combinavamo di certe.
No, e che c'entra, ma quale nostalgia, a me mi piace la vita moderna, la giungla e' per i giovani, ma dopo un po', insomma, ecco, dopo un po' stucca. Stucca. Come dite da voi? Annoia, ecco, annoia. L'ennui, lo spleen. Eh?
Per esempio: il servizio postale. Nella giungla non funziona per niente. Neanche Amazon. Tu ordini una pizza e te la portano sei mesi dopo. Dico, una pizza sei mesi dopo: e' fredda, non la mangiano neanche le scimmie.
Oppure le partite: provateci voi a prendere a calci una noce di cocco, e poi non fai in tempo a spianare un pezzo di terra per farci un campetto e piantarci quattro pali per le porte che la giungla gia' e' ricresciuta a centrocampo. Cosi' si gioca solo a poker. E si perde, perche' si sa che se giochi a poker non vinci mai, che le scimmie qui li sanno tutti i trucchi e non c'e' verso di farle giocare corretto. Glielo dicevo sempre a Curzio, che poi ci si ammazzo'. O mori' di febbre, mica mi ricordo piu' bene.
No, la giungla e' per quando uno e' giovane, anzi giovanissimo, diciamo fino all'adolescenza. Dopo, insomma, ci sono quei bisogni che parlando tra adulti ci siamo capiti, e io per fortuna che ho incontrato Jane, perche' senno' era la disperazione, rischi di diventarci cieco.
*
Ci abbiamo pure i tavoli all'aperto, oggi no che fa freddo, ma con la buona stagione. Con la vista sulla bella campagna romana, eh.
Alle dieci, alle dieci lo faccio l'urlo di Tarza. La gente ci viene apposta a mangiare qui. Pure per le fritture, eh.
*
Ma pensa, ma pensa, pure io, pure io. Per un po', come no, finita la guerra; magari ci siamo pure incontrati, eravamo tutti li' in Argentina. Io mi facevo chiamare Fernando, come quello degli Abba. Poi siamo tornati un po' tutti alla spicciolata che c'e' ancora parecchio da fare qui in Europa per farla tornare ariana. Per ora ci ho l'osteria, pero' lo vedo pure io che la gente ferve, ferve, e dappertutto si chiedono quand'e' che lo rifondiamo il partito, il sangue non e' acqua, e lo spazio vitale e' sempre meno.
No, no, offre la casa, e se giovedi' sera verso le dieci siete liberi, ci si vede con un po' d'amici - amici di fede, eh, mica il mosciume panciafichista - e poi si va a fare un po' di pulizia. Di pulizia, si'; ci siamo capiti, no? Portatevi gli strumenti che c'e' da divertirsi.
 
9. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: SI NUN CIAI VOJA...
 
Si nun ciai voja allora dillo, no?
Ah, cosi' nun ciavresti voja?
Pero' quann'ho pagato da beva bevevi e nun dicevi gnente, eh?
Ah, si'? Cio' da essa cavajere? Ma io so' cavajere, e 'nfatti che fa' 'l cavajere? Cia' voja da cavalca', senno' che cavajere ade'?
Magara doppo te fo pure 'n regaletto se ssi bbona.
Aho', e mmo' m'hae stufato, eh? Mo' mme voi propio fa pija' li cinqueminuti ma stacce attenta stacce, che li cinqueminuti mia 'ndo cojo cojo, eh?
Hae visto? Hae visto che m'e' toccato fa'? Sse' contenta mo'? Ne voi 'n'antro? Guarda che cce vole 'n gnente a sfiguratte pe' ssempre, eh.
Ah, ll'hae capita mo', mo' ssi' che l'hae capita. Brava.
E vvedi de fa' la graziosa che a mme nnu mme piace de fa' ll'amore co' una 'ngrugnata.
Io si' che lo so come se fa' cco' vvoi. E' che ve piace fa le smorfiose, cosi' 'l maschio cia' mmodo de fa' vveda chi comanna, eh? eh?
Mo' ciai voja, eh? Lo sapevo io.
 
10. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- Zygmunt Bauman, Lineamenti di una sociologia marxista, Editori Riuniti, Roma 1971, Pgreco Edizioni, Milano 2017, pp. X + 540.
- Zygmunt Bauman, Cultura come prassi, Il Mulino, Bologna 1976, pp. 282.
- Zygmunt Bauman, Socialismo utopia attiva, Castelvecchi, Roma 2018, pp. 190.
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Riedizioni
- Filippo Cappellano e Basilio Di Martino, Un esercito forgiato nelle trincee, Gasperi editore, Udine 2008, Rcs, Milano 2019, pp. 304, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Giovanni Fasanella, Antonella Grippo, 1861. La storia del Risorgimento che non c'e' sui libri di storia, Sperling & Kupfer, Milano 2010, Societa' Europea di Edizioni, Milano 2021, pp. XII + 274, euro 8,50.
- Marco Scardigli, Le grandi battaglie del Risorgimento, Rcs, Milano 2010, 2020, pp. 464, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Marco Valle, Suez. Il canale, l'Egitto e l'Italia, Historica Edizioni, 2018, Il giornale, Milano 2019, pp. XVI + 334, euro 8,50.
 
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
12. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4073 del 13 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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