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[Nonviolenza] Telegrammi. 4058
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 4058
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Sun, 28 Mar 2021 17:22:33 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4058 del 29 marzo 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. "Digiuno Di Giustizia in solidarieta' con i migranti": Fame e sete di giustizia. Un appello
2. Paul Polansky
3. Umberto Santino: Per Giuseppe Francese
4. Umberto Santino: Notizie su Palermo 2018
5. [Camera del lavoro di Milano]: Ida Rovelli
6. Fiorella Imprenti: Maria Rygier
7. Fiorella Imprenti: Ancilla Vare'
8. Roberta Fossati: Stella Vecchio in Vaia
9. Fiorella Imprenti: Ambrosina Viglezzi
10. Fiorella Imprenti: Santina Volonteri
11. Fiorella Imprenti: Abigaille Zanetta
12. Debora Migliucci: Stella Zuccolotto
13. Segnalazioni librarie
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'
1. APPELLI. "DIGIUNO DI GIUSTIZIA IN SOLIDARIETA' CON I MIGRANTI": FAME E SETE DI GIUSTIZIA. UN APPELLO
[Dalle persone amiche del "Digiuno Di Giustizia in solidarieta' con i migranti" (digiunodigiustizia at hotmail.com) riceviamo e diffondiamo]
Stiamo iniziando un tempo che i cristiani chiamano la Settimana Santa, con lo sguardo e il cuore rivolto al Crocifisso.
Su quel Crocifisso, all'entrata del Vaticano, Papa Francesco ha fatto mettere il salvagente di un migrante morto nel Mediterraneo per "ricordare a tutti l'impegno inderogabile di salvare ogni vita umana, un dovere morale che unisce credenti e non credenti". Troppi cristiani, che nella settimana santa verseranno lacrime sul Crocifisso, non riescono a versarle sui crocifissi di oggi nel loro calvario sulla rotta sahariana, asiatica, balcanica, centroamericana per trovarsi poi davanti a muri e fili spinati eretti dalle nazioni ricche. Migliaia sono torturati e le donne violentate nei lager libici. Condannati a morte nel Mediterraneo, che e' diventato il Mar "Nero", il cimitero dei volti "scuri".
Siamo indignati di fronte a queste morti nel Mediterraneo (oltre 190 da inizio anno, con una media di 3 al giorno!) che da anni continuano ininterrotamente. Molte navi delle ong bloccate nei porti dalla strategia cinica dei governi che si oppongono a progetti umanitari che salvano vite; dove migliaia arrivano da situazioni drammatiche nei loro paesi attraversando il deserto e approdando nei lager della Libia; spesso respinti dalla guardia costiera libica finanziata anche dall'Italia. La rotta Balcanica dove i profughi del campo di Lipa (Bosnia) vivono una situazione drammatica, costretti a sopravvivere nel gelo e nella neve, frutto amaro della politica migratoria italiana che respinge chi arriva a Trieste dalla Slovenia; la Slovenia li respinge nella Croazia e la Croazia in Bosnia; la rotta delle Isole greche di Lesbo e Chios dove vivono in situazioni disumane profughi provenienti dal Medio Oriente e dall'Asia proprio nei giorni in cui facciamo memoria dei dieci anni dallo scoppio dell'assurda guerra in Siria e dei 5 anni dai vergognosi accordi dell'Unione Europea con la Turchia (6 miliardi di euro!).
Davanti a questa immane tragedia, da ormai tre anni (2018), e' stata promossa l'iniziativa del Digiuno di Giustizia in Solidarieta' con i Migranti, che si ritrova ogni primo mercoledi' del mese a digiunare davanti al Parlamento. Questa giornata di digiuno e' per sottolineare la dimensione politica di questo atto, condiviso anche da parte di religiose/i nei monasteri, di cittadine/i nelle proprie abitazioni e da tanti gruppi che digiunano davanti alle Prefetture della propria citta' (Firenze, Varese, Verona, Bari...).
Il Cantiere Casa Comune, per il persistere di queste politiche migratorie razziste, sia italiane che europee, rilancia a tutti il nostro impegno a fianco delle vittime di questo Sistema.
Invitiamo tutti, credenti e laici, comunita', associazioni, movimenti, a unirsi a noi per rispondere al grido di dolore di tanti fratelli e sorelle migranti sulle rotte mondiali che, dalle periferie del mondo, si muovono verso il sogno di una vita migliore, di giustizia e di dignita'.
Chiediamo con determinazione nuove leggi in tema migratorio e di cittadinanza, in Italia e in Europa, capaci di eliminare ogni forma di discriminazione nei confronti dei migranti e dei giovani delle nuove generazioni. Dobbiamo mostrare concretamente piu' umanita' e solidarieta' con le vittime di questo Sistema!
Il Cantiere Casa Comune sostiene il Digiuno di Giustizia ogni primo mercoledi' del mese e insieme, partendo da lunedi' 29 marzo 2021, inizio della Settimana Santa per i cristiani, lanciamo un digiuno a staffetta che vuole coinvolgere tutti e tutte. Ogni persona, comunita', associazione puo' iscriversi e partecipare come gesto radicale e nonviolento di difesa della vita e della dignita' dei fratelli e sorelle migranti, in opposizione alla sazieta' e all'indifferenza di un'economia che uccide e di un mondo che non si lascia piu' toccare dal dolore e dalle lacrime vere degli "scarti".
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Per aderire all'appello come singolo o associazione, gruppo, movimento, parrocchia, famiglia e per iscriverti al tuo/vostro digiuno di solidarieta' nel giorno prescelto entra nella pagina: https://cantierecasacomune.it/fame-e-sete-di-giustizia/
Per informazioni e adesioni scrivi a: info at cantierecasacomune.it oppure chiama alla segreteria del Cantiere Casa Comune: 0458092390
Per informazioni a Digiuno di Giustizia in solidarieta' con i migranti scrivi a: digiunodigiustizia at hotmail.com
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Digiuno di Giustizia in solidarieta' con i migranti
Cantiere Casa Comune
Alex Zanotelli, Antonio Soffientini, Tarcisia Ciavarella, Mariapia Dal Zovo, Toni Scardamaglia, Daniele Moschetti, Filippo Ivardi Ganapini, Marco Colombo, Emilia Gaudio, Federico Sartori
2. LUTTI. PAUL POLANSKY
E' deceduto Paul Polansky, poeta e difensore dei diritti umani.
Con gratitudine lo ricordiamo.
3. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: PER GIUSEPPE FRANCESE
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo intervento de 2018.
Umberto Santino e' con Anna Puglisi il fondamentale animatore del "Centro Impastato" di Palermo, che come tutti sanno e' la testa pensante e il cuore pulsante del movimento antimafia. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000, 2010; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008; Le colombe sulla rocca, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; L'altra Sicilia, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; Don Vito a Gomorra, Editori Riuniti, Roma 2011; La mafia come soggetto politico, Di Girolamo Editore, Trapani 2013; Dalla parte di Pollicino, Di Girolamo Editore, Trapani 2015. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino", da ultimo nel supplemento "Coi piedi per terra" nei nn. 421-425 del novembre 2010. Il sito del Centro Impastato e' www.centroimpastato.com]
Un giorno compare al Centro Impastato un giovane che non ricordavo di avere incontrato prima. Ha un volto bellissimo, pensoso, intelligente Si presenta: "Sono Giuseppe Francese, figlio di Mario". Di suo padre ricordavo perfettamente gli articoli e i servizi da pioniere del giornalismo investigativo: le inchieste sulla diga Garcia, sui corleonesi, sui prodromi di quella che da li' a qualche anno sarebbe stata la guerra di mafia piu' sanguinosa della storia. Ricordavo l'intervista a Felicia, la madre di Peppino Impastato che si era presentata assieme alla sorella Fara e al figlio Giovani al Palazzo di giustizia per costituirsi parte civile. "Mio figlio – diceva Felicia – non si e' suicidato e non era un terrorista, e' stato ucciso". E Francese, che di personaggi e fatti di mafia era un archivio vivente, le aveva chiesto di Cesare Manzella, il capomafia ucciso nel 1963, marito della sorella di Luigi, il padre di Peppino. E Felicia gli aveva risposto confermando quella parentela e con un "non capisco dove vuole arrivare". I familiari di Peppino dicono a Francese che non hanno fatto alcun nome, ma qualche giorno prima, presentando un esposto alla Procura contro ignoti, avevano parlato dei Badalamenti. Felicia e' ai primi passi su un percorso che la portera' ad essere piu' che una madre coraggio, un riferimento obbligato, accanto al figlio ucciso e al figlio vivo, nell'antimafia degli ultimi decenni.
Cominciamo a parlare e Giuseppe mi dice che le indagini sull'assassinio del padre sono ferme e non sa cosa fare per farle riprendere. Gli do qualche consiglio: un avvocato che non sia soltanto un buon professionista ma che ci metta testa e cuore, perche' condivide le scelte di Francese. E tenere viva l'attenzione, raccogliendo materiali, tempestando quotidianamente il Palazzo di giustizia. In Italia la giustizia si conquista, e ha i suoi prezzi. In costanza, determinazione, rischio. E qualche volta delusione. Gli dico: "E' quello che abbiamo fatto per Peppino, ma per tuo padre il compito dovrebbe essere piu' facile, perche' nessuno nega che sia stato un delitto di mafia".
Giuseppe e' tornato altre volte e ha mostrato l'intenzione di calcare le orme del padre. Vuole scrivere, vuole essere giornalista, non fare il giornalista, tirocinante presso qualche redazione. Giornalista per passione, prima che per professione, la passione-missione per sottrarre al silenzio le persone dimenticate, dissotterrare i casi non chiusi o mai aperti. Gli parlo di Cosimo Cristina, il giornalista trovato morto a Termini Imerese il 5 maggio del 1960, e gli do qualche informazione.
Cosi' Giuseppe comincia a lavorare, instancabilmente, su due fronti: giustizia per il padre, memoria per ridare vita alle vittime dimenticate. Per suo padre otterra', oltre che la verita' storica che era gia' acclarata, la verita' giudiziaria: sono stati i boss di quella che dopo le rivelazioni di Buscetta si chiamera' "cupola" a volere la morte di Francese, perche' portava alla luce il volto coperto di quella che ora si chiamava "Cosa nostra". Come giornalista Giuseppe pubblica degli articoli che via via mostrano una maturita' raggiunta, camminando con le sue gambe: su Cosimo Cristina, "suicidato dalla mafia?", su Ugo Triolo, l'avvocato vicepretore onorario di Corleone, assassinato il 26 gennaio 1978 e totalmente dimenticato, su Leonardo Vitale, sottolineando che lo Stato le aveva sottovalutate ma Mario Francese aveva capito l'importanza delle sue dichiarazioni.
Ho tra le mani la documentazione che mi ha portato: il dossier del padre in fotocopia, e i suoi articoli, i suoi racconti. Il giornalista maturava lo scrittore. Ma a un certo punto ha deciso di andarsene. Come se avesse adempiuto il suo compito. Scriveva: "Nella mia vita non ho soltanto cazzeggiato, qualcosa di serio l'ho fatta anch'io. Ho scritto e ho scritto di mafia. Mio padre e' stato un grande giornalista investigativo. Scriveva soprattutto di mafia. Per questo lo hanno ucciso: ventidue anni fa. Che fosse il migliore lo dice un'inchiesta giudiziaria, sfociata poi in un processo. Sette le condanne. Anch'io ho scritto qualcosa, perche' lo faccio? Dato che nella vita il mio lavoro e' un altro? Boh! Forse soltanto sete di verita'. Cosi' qualche inchiesta l'ho fatta anch'io. In periodici poco conosciuti ma in cui ero libero di scrivere quello che volevo e l'ho fatto, credo di averlo fatto, bene". Un bilancio che sembrava provvisorio, ma e' stato definitivo.
4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: NOTIZIE SU PALERMO 2018
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo intervento pubblicato originariamente sulla cronaca di Palermo del quotidiano "La Repubblica" il 10 gennaio 2018 con il titolo "Le due citta' non parlano tra loro"]
L'anno e' cominciato alla grande con i festeggiamenti per l'incoronazione di Palermo capitale italiana della cultura. Poi, sbolliti i brindisi di capodanno, sono ricominciate le recitazioni delle doglianze: la cultura va bene, vanno bene le manifestazioni e gli spettacoli in programma, ma come la mettiamo con i rifiuti per strada, i trasporti pubblici indecorosi, tutto cio' che non funziona, o non c'e', e spiega perche' la citta' sia irrimediabilmente collocata negli ultimi posti nelle graduatoria della vivibilita' stilate a ogni fine d'anno? A porre queste domande sono i cittadini con i piedi per terra o gli irriducibili nemici della contentezza?
L'Ufficio statistiche del Comune nei giorni scorsi ha pubblicato un rapporto sulla citta' che ne offre un ritratto non proprio esaltante. Non e' tanto il numero degli abitanti che diminuisce, poiche' questo e' un dato comune a tante altre citta'. In tempi di crisi, che non accenna a finire, nonostante i bollettini su impercettibili tremolii del PIL, i nati sono meno dei morti perche' fare figli e' diventato un peso difficile da sostenere. A Palermo su 673.735 residenti, gli occupati sono 183mila, i disoccupati 51mila. Gli altri cosa fanno? Il numero dei disoccupati con ogni probabilita' risponde solo in parte alla realta', poiche' bisognerebbe considerare che tanti non si presentano nel mercato del lavoro, poiche' sanno che e' una porta chiusa e si rifugiano nel lavoro nero o nelle pieghe delle attivita' illegali.
Ci sono due citta': quella borghese, che resiste alla crisi, affolla il centro storico finalmente liberato dal traffico, riscopre i monumenti che prima guardava di sfuggita passando in macchina, va ai concerti (in verita' abbastanza pochi) e al Teatro Massimo, partecipera' alle iniziative di Manifesta, si compiace di prender parte allo spettacolo di una nuova "primavera". E c'e' un'altra citta' che non sa niente della decisione dell'Unesco di considerare i monumenti arabo-normanni patrimonio mondiale dell'umanita' e di Palermo capitale della cultura, non va a teatro, anche se meritoriamente si e' portata la lirica nelle periferie, considera la prima citta' estranea e nemica, non ha il senso di una storia e di un destino condivisi.
Le due citta' non comunicano. Dovrebbe fare da ponte tra le nuove generazioni la scuola pubblica, ma evidentemente non ci riesce, se gli edifici scolastici sono tra i bersagli di un vandalismo endemico, in gran parte giovanile. Ci riesce in qualche modo, una volta l'anno, il festino. Ci riesce con maggiore continuita' la mafia, che coniuga l'affarismo degli strati borghesi con la cultura dell'illegalita' sottoproletaria e plebea. Se non si scava dentro questa spaccatura, Palermo sara' sempre, in gran parte, una lumpencitta', che si inventa una strategia di sopravvivenza giorno per giorno. E non c'e' da sorprendersi se le pensiline degli autobus di via Liberta' sono da anni spolpate di ogni arredo, se il degrado e l'incuria sono paesaggio continuamente riproposto. Se la movida notturna si consuma tra rovine e rifiuti.
Il sindaco Orlando, parlando delle iniziative in programma, avverte la necessita' di un salto di qualita', di passare dall'effimero e dall'episodico a un "sistema Palermo". Forse sarebbe piu' proprio parlare di un "progetto Palermo", che non puo' non passare attraverso una buona dose di realismo e una cultura fondata sul "sapere Palermo", cioe' conoscere il suo volto e i suoi problemi, al di la' delle coloriture del desiderio.
A inizio d'anno dalla Regione, a quanto pare rientrato il proposito del Micciche' di aumentare gli emolumenti dei supeburocrati, arrivano notizie sui tagli alle associazioni antimafia. Vecchia storia che non si vuole risolvere una volta per tutte, mettendo fine alla discrezionalita' con una legge che fissi dei criteri oggettivi per l'erogazione di fondi pubblici. Non e' una buona notizia sapere che, con qualche eccezione, le associazioni antimafia, senza soldi pubblici, non si reggono in piedi. Ma anche per loro non si pone il problema, coerentemente con i proclami sulla legalita', di sottrarsi alle tentazioni del clientelismo?
5. MAESTRE. [CAMERA DEL LAVORO DI MILANO]: IDA ROVELLI
[Dal sito www.biografiesindacali.it]
Ida Rovelli (1915-), militante comunista, partigiana, sindacalista, membro della Commissione interna della Innocenti, componente della Direzione del sindacato metalmeccanici Fiom.
Nasce a Milano il 2 giugno 1915 da famiglia operaia, ultima di nove figli. Il padre muore nell'aprile 1916, lasciando la madre con quattro figli piccoli.
Inizia a lavorare a dodici anni e frequenta le scuole serali fino a conseguire il diploma di scuola tecnica superiore. Il 10 giugno 1940, proprio allo scoppio della guerra, e' licenziata perche' accusata di attivita' sovversiva.
Nel settembre 1940 trova lavoro presso una ditta di trasporti. Vive con la famiglia in via Sant'Eufemio, un quartiere che assomiglia nel tenore di vita a quello descritto da Pratolini in Cronache di poveri amanti. La vita di quartiere l'avvia ala conoscenza dell'antifascismo: molti dei suoi vicini partono volontari per la Spagna, altri vengono arrestati.
L'attivita' politica inizia subito dopo la dichiarazione di guerra e Ida Rovelli viene incaricata di diffondere stampa clandestina. E' arrestata la prima volta il 13 aprile 1940 presso la ditta di trasporti dove lavora e rimane nel carcere di San Vittore fino all'agosto. Da San Vittore e' trasferita nel carcere di Parma e ne esce il 4 settembre. A Milano non trova piu' nulla di cio' che aveva lasciato; la casa e' distrutta, i parenti dispersi, vane sono le sue ricerche intese a riprendere a lavorare perche', dopo l'8 settembre e' di nuovo ricercata dalla polizia. Milita per un periodo nei Gap e inizia a fare la staffetta partigiana tra Milano e la Valtellina. Ma presto deve di nuovo trasferirsi perche' troppo conosciuta nella zona.
Torna a Milano per un breve periodo ma la polizia continua a cercarla e, non trovandola, arresta la sorella Antonietta che viene deportata in Germania.
Nel dicembre 1944 viene mandata a Pavia dove cade nelle mani della polizia assieme alla compagna che la ospita. Dal 23 dicembre 1944 all'apirle 1945 rimane nel carcere di Pavia.
Dopo la Liberazione si stabilisce a Pavia non avendo nessun interesse familiare - erano tutti dispersi - a ritornare a Milano. Lavora nella Federazione comunista di Pavia e, in seguito, fa parte del Comitato centrale.
Da Pavia nel 1947 passa a Piacenza, ma ormai le condizioni di salute sono alquanto precarie e necessita di cure mediche adeguate. Per tali motivi ritorna a Milano e, nel 1947, viene assunta come impiegata all’Innocenti.
Successivamente riprende l'attivita' sindacale e fa parte della Ci. La rappresaglia non tardera' molto e Ida Rovelli insieme con altri 120 lavoratori e' di nuovo licenziata nel dicembre 1954.
E' chiamata dalla Fiom di Milano a seguire l'attivita' delle leghe (Garibaldi, Romana, Bovisa) e in seguito all'ufficio vertenze e contratti Fiom.
Lascia la Fiom nel 1978, all'eta' della pensione.
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Riferimenti bibliografici
Fondo Ida Rovelli, Isec.
6. MAESTRE. FIORELLA IMPRENTI: MARIA RYGIER
[Dal sito www.biografiesindacali.it]
Maria Rygier (1885-1953), impiegata, giornalista, sindacalista rivoluzionaria, anarchica, antimilitarista, interventista, monarchica liberale, Commissione di controllo della Camera del Lavoro di Milano, Sezione femminile dell'Unione degli impiegati e commessi delle aziende private.
Personalita' politica intensa e che ebbe influenza in vari ambienti culturali nella prima meta' del Novecento, Maria Rygier nacque a Cracovia il 5 dicembre 1885 in una famiglia polacca di classe media, figlia di uno scultore di fama che si trasferi' a Roma, dove Maria studio' e crebbe. Tornata con i genitori per un breve soggiorno a Cracovia nel 1898, si avvicino' qui al socialismo, osteggiata dal padre. Rientrata a Roma venne attratta dal socialismo umanitario di Giovanni Cena e dagli ambienti del femminismo riformista, che la portarono a Milano. Qui, dove si trasferi' con la madre, conobbe Ersilia Majno che la introdusse a lavorare come impiegata all'Unione Femminile, dalla quale pero' si distacco' presto, rompendo con tutto l'ambiente riformista e avvicinandosi al sindacalismo rivoluzionario che abbraccio' in pieno, rinunciando anche al mantenimento che le garantiva la sua famiglia per essere fedele all'ideale proletario. Ottenuta la maggioranza all'interno della Federazione socialista milanese, i sindacalisti rivoluzionari, appoggiati dagli ambienti del vecchio operaismo, si imposero alla guida della Camera del Lavoro nelle elezioni del 1904. Rompendo con la tradizione mantenuta dai riformisti fin dal 1891, i rivoluzionari non inserirono donne nella propria lista vittoriosa per la Commissione esecutiva, ma la giovane Maria Rygier venne delegata al Congresso nazionale delle Camere del Lavoro di quell'anno assieme a Virginio Frati e Virginio Corradi, un tornitore con cui si lego' e che sposo' due anni piu' tardi, ottenendo la cittadinanza italiana. Nel biennio 1904 e 1905 Maria Rygier venne anche nominata nella Commissione di controllo della Camera del Lavoro. Sempre nel 1904 Maria Rygier fece parte del Comitato promotore per una Sezione femminile dell'Unione degli impiegati e commessi delle aziende private, che poi venne costituita e che la vide segretaria. Nel 1905 inizio' a collaborare a "Avanguardia socialista" di Arturo Labriola, distinguendosi soprattutto per la sua intensa propaganda antimilitarista; nel dicembre 1906 divenne redattore responsabile del nuovo periodico sindacalista milanese "La Lotta di classe" e all'inizio del 1907 del quindicinale antimilitarista "Rompete le file!", con Filippo Corridoni. Il suo ruolo di responsabilita' nei giornali e la sua presenza a varie manifestazioni le procurarono arresti e condanne. Inizio' un lungo periodo in cui entro' ed usci' dal carcere e in cui utilizzo' i suoi processi come tribuna da cui esporre le sue idee antimilitariste. Maria Rygier, che rifiuto' sistematicamente le richieste di grazia presentate dal padre, divenne in breve un'eroina, le sue autodifese in tribunale vennero stampate e diffuse, la sua fotografia utilizzata come effigie. Scarcerata, si trasferi' a Bologna nel 1910, rompendo con il sindacalismo rivoluzionario e aderendo al movimento anarchico. Mise fine anche alla relazione con il marito che nel frattempo le aveva fatto perdere la dote, procurandole per il futuro continui problemi economici. Tra un arresto e l'altro, porto' anche in Francia e in Gran Bretagna le sue conferenze antimilitariste e la campagna pro Masetti (il soldato anarchico che nel 1911 sparo' e feri' il suo colonello), acquisendo notorieta' in particolare a Parigi. Fu proprio a Parigi che Maria Rygier visse nei giorni dell'attentato di Sarajevo la mobilitazione francese per la Grande guerra, interpretando progressivamente il proprio antimilitarismo nel senso di rigida opposizione al militarismo degli imperi centrali e passando all'interventismo assieme, tra gli anarchici, a Massimo Rocca. Il cambio di campo le valse frequenti contestazioni, le sue conferenze interventiste diedero piu' volte luogo a disordini nei quali venne anche ferita. Dopo la rivoluzione russa e il trasferimento a Roma si avvicino' ad ambienti liberali e monarchici, sostenendo la necessita' di difendere la borghesia. Nel 1917 fondo' la Lega femminile patriottica, il Fascio romano per la difesa nazionale e partecipo' all'Unione popolare antibolscevica. Si iscrisse anche ai Fasci di combattimento di Roma nel gennaio del 1921, ma la sua posizione rispetto al fascismo fu da subito critica, denunciandolo nel gennaio 1923 con una petizione alla Camera dei Deputati come un "momento di confusione e di terrore che attraversa il nostro paese". Temendo l'arresto nel 1926 espatrio' in Francia e visse a Parigi, grazie anche al sostegno della massoneria francese, in polemica con la Concentrazione antifascista. Furono anni di solitudine e privazioni: quando rientro' a Roma nel 1945, nella sede del Partito liberale la scambiarono per una mendicante. Ripresa la militanza nel partito, si batte' per la monarchia nel referendum del 1946, insistendo sulla necessita' di separare le colpe del fascismo da quelle di casa Savoia. Mori' a Roma il 10 febbraio 1953.
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Bibliografia
B. Montesi, Un'anarchica monarchica. Vita di Maria Rygier (1885-1953), Edizioni Scientifiche Italiane, 2013; M. Antonioli, Guerra, amore e amicizia. Tre anarchiche di fronte alla prima guerra mondiale, in E. Scaramuzza (a cura di), Politica e amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915), Milano, Franco Angeli, 2010.
7. MAESTRE. FIORELLA IMPRENTI: ANCILLA VARE'
[Dal sito www.biografiesindacali.it]
Ancilla Vare' (1883-1928), tabacchina, socialista riformista, Federazione nazionale dei Lavoratori dello Stato, Gruppo femminile socialista milanese, Unione nazionale femminile socialista.
Ancilla Vare', nata a Milano nel 1883, inizio' quindicenne a lavorare come operaia nella Manifattura Tabacchi di Milano e da subito frequento' la Lega delle tabacchine, guidata da Maria Carabelli, e la Camera del Lavoro. All'inizio del Novecento divenne una delle leader della Lega ed entro' poi nel Gruppo femminile socialista, su posizioni riformiste, scrivendo su "La Difesa delle Lavoratrici".
Rappresento' la Lega di Milano nella Federazione Nazionale dei Lavoratori dello Stato e nel 1914 guido' per la citta' di Milano un lungo sciopero nazionale che uni' le operaie di tutte le manifatture italiane. Il giornale socialista "Avanti!" diede loro grande risalto e il 24 maggio del 1914 venne pubblicata una lunga intervista ad Ancilla Vare', nominata segretaria della Lega e appena ripresasi da un brutto infortunio sul lavoro. Lo sciopero, giunto quasi al termine, venne infine revocato per dare spazio alle mobilitazioni contro l'uccisione dei manifestanti ad Ancona nel giugno 1914, creando un certo malcontento tra le operaie che in quello sciopero avevano speso soldi ed energie.
Convinta sostenitrice della lotta per la parita' di salario tra uomini e donne, Ancilla Vare' fece parte della direzione dell'Unione nazionale femminile socialista e nell'ottobre del 1921 fu chiamata alla presidenza del Congresso delle donne socialiste. Sposata con Carlo Mambretti, anch'egli socialista, non ebbe figli e mori' a soli 45 anni nel 1928, mentre il fascismo cancellava la memoria delle lotte degli anni precedenti.
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Bibliografia
F. Imprenti, Operaie e socialismo. Milano, le leghe femminili, la Camera del Lavoro (1891-1918), Franco Angeli, 2007; R. Farina (a cura di), Dizionario biografico delle donne lombarde (568-1968), Baldini & Castoldi, Milano, 1995.
8. MAESTRE. ROBERTA FOSSATI: STELLA VECCHIO IN VAIA
[Dal sito www.biografiesindacali.it]
Stella Vecchio in Vaia (1921-2011).
Stella Vecchio nacque il 17 giugno 1921 a Milano, in una casa signorile in Corso Magenta 33, dove i nonni materni erano portinai, di famiglia molto cattolica (il nonno era anche "fabbriciere" del Duomo). Il nonno paterno era invece un mungitore del Novarese, di fede socialista. Il padre di Stella, Enrico, era tornato dalla Prima guerra mondiale con una gamba amputata; anche lui socialista, dopo la scissione di Livorno del 1921 scelse l'appartenenza comunista partecipando alle squadre di difesa contro i fascisti. Dopo un iniziale diniego dovuto alla sua condizione di mutilato, si era sposato nel 1920 con la fidanzata dell'anteguerra, Gina, poi madre di Stella, che lavorava come sarta e aveva continuato ad amarlo nonostante le vicissitudini della guerra.
Durante la Resistenza ebbe parte attiva come dirigente dei Gruppi di difesa della donna, vivendo da vicino la tragedia di Gina Galeotti Bianchi ("Lia"), che era con lei, quando fu uccisa da un agguato fascista proprio alla vigilia della Liberazione. Dopo il 25 aprile, fu nominata prima Segretaria dell'Udi milanese. Militante nel Pci, vi conobbe Alessandro Vaia, eroe della guerra di Spagna e dirigente del Cln, che sposo' e da cui ebbe due figli. Fu responsabile femminile del Pci nelle federazioni di Cremona e di Brescia; nel 1948 fu eletta deputata per il Collegio Cremona-Mantova, partecipando cosi' fino al 1953 alla I legislatura.
Ritornata a Milano, nel 1956 fu nominata Responsabile femminile della Camera del Lavoro di Milano, dopo Pina Re e Carla Acquistapace, durante la Segreteria di Gaetano Invernizzi. Nella Commissione Femminile che lei dirigeva c'erano Nori Pesce, Pina Zanaboni, Jole Bagnoli, Pinuccia Nava, Franca Magnacco e Tarelli della componente socialista. Nel 1958 fu la prima donna a essere eletta nella Segreteria della Camera del Lavoro milanese, divenendone presto vice-segretaria. Stellina seguiva le vicende di molte fabbriche specialmente tessili, concentrate nel Legnanese e a Rho. Molte operaie si mostravano determinate a entrare nelle commissioni interne anche nelle industrie in cui c'erano maestranze miste, mentre la realta' del settore tessile, in crisi e spesso frammentato in piccole imprese, richiedeva sempre piu' lotte contro la smobilitazione. Come militante sindacale, "Stellina" era capace di vedere il vecchio e il nuovo che si mescolavano nel mondo femminile in via di modernizzazione: magari le donne occupavano una fabbrica e passavano il tempo fra un'assemblea e l'altra ricamando il corredo da sposa. In quegli anni era viva la lotta per ottenere per le madri il diritto alle ore per l'allattamento e all'apertura di asili-nido: si dibatteva se dovessero essere rionali, di fabbrica o di paese.
Forse anche in seguito alla notevole attivita' sostenuta tra il 1951 e il 1962, subi' un certo logoramento delle energie fisiche: le fu diagnosticata una malattia cardiaca, che la costrinse a lasciare il lavoro sindacale. Prosegui' allora nel suo impegno lavorando come addetta stampa per il Comune di Sesto San Giovanni. Per il suo forte legame con la citta' di Milano, fu insignita nel 2009 dell'Ambrogino d'oro. Mori' nella metropoli lombarda il 24 settembre 2011, dove e' stata onorata con la sepoltura nel Famedio del Cimitero Monumentale.
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Fonti
AdL, Archivio della Camera del Lavoro confederale di Milano; AdL, Fondo Giuseppe Granelli, Progetto 9, ad nomen; Fondazione Isec, Archivio Pci Federazione milanese, Commissione federale di controllo, Biografie dei militanti, b. 52 fasc. 135 (Vecchio Stella).
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Bibliografia
Guido Gerosa, Le compagne, Rizzoli, Milano 1979, pp. 187-202; Mirella Alloisio / Giuliana Beltrami, Volontarie della liberta', Mazzotta, Milano 1981, pp. 239-240; Simona Lunadei, Lucia Motti e Maria Luisa Righi (a cura di), E' brava ma... donne nella Cgil 1944-1962, Ediesse, Roma 1999, pp. 105 e 157; Marta Boneschi, Milano, l'avventura di una citta', Mondadori, Milano 2007, p. 319; Franco Giannantoni, Ibio Paolucci, La bicicletta nella Resistenza. Storie partigiane, Arterigere, Varese 2008, pp. 184-195; Rossana Di Fazio e Margherita Marcheselli (a cura di), La signorina Kores e le altre. Donne e lavoro a Milano (1950-1970), Enciclopedia delle donne, Milano 2016; Debora Migliucci, Rappresentare il lavoro. Donne e Camera del Lavoro a Milano, in "Percorsi storici. Rivista di storia contemporanea", n. 4, 2016; Debora Migliucci e Fiorella Imprenti (a cura di), Sebben che siamo donne. Per una storia delle sindacaliste della Cgil di Milano 1891-1981, Prefazione di Luisella Inzaghi, Melissa Oliviero, Unicopli, Milano 2018, (voce a cura di Melissa Oliviero), pp. 109-113.
9. MAESTRE. FIORELLA IMPRENTI: AMBROSINA VIGLEZZI
[Dal sito www.biografiesindacali.it]
Ambrosina Viglezzi (1866 – 1947), maestra, socialista, Commissione esecutiva della Camera del Lavoro, Sezione Maestre e Maestri, Scuole popolari.
Ambrosina Viglezzi nacque a Milano il 18 dicembre 1866. Maestra milanese, inizio' la sua attivita' sindacale nella Sezione Maestre e Maestri della Camera del Lavoro di Milano, eletta nel direttivo nel 1894. Negli anni successivi fu eletta nella Commissione esecutiva della Camera del Lavoro dal 1895 per quattro anni, fino allo scioglimento del 1898.
All'inizio del Novecento si impegno' nell'organizzazione delle Scuole Popolari, eletta nel direttivo nel marzo 1903.
Sposata con il socialista Enrico Besana, visse sempre a Milano in via Eustachi 2, dove mori' il 5 settembre 1947.
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Fonti
E. Gianni, Un socialismo di rito ambrosiano-emiliano. Congressi costituenti del Partito Socialista Italiano (1891-1893), Pantarei, 2013; F. Imprenti, Operaie e socialismo. Milano, le leghe femminili, la Camera del Lavoro (1891-1918), Franco Angeli, 2007.
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Sitografia
Abmo in www.archiviobiograficomovimentooperaio.org/it/ consultato il 2 luglio 2018.
10. MAESTRE. FIORELLA IMPRENTI: SANTINA VOLONTERI
[Dal sito www.biografiesindacali.it]
Santina Volonteri (1876-1964), sarta socialista, esponente della Commissione esecutiva della Camera del Lavoro di Milano, attiva per l'emancipazione delle donne, Consigliera della Societa' Umanitaria, fu la prima Ispettrice del Lavoro donna, assunta dal Ministero nel 1907.
Nata a Milano nel 1876, Santina Volonteri comincio' a lavorare giovanissima come cucitrice e poi come sarta, riprendendo in seguito gli studi in corsi serali. Inizio' a frequentare la Lega sarte da donna di Milano di cui era segretaria Ida Fontana, che le aveva impresso un'impronta socialista ed emancipazionista. Ida Fontana aveva infatti partecipato al Congresso di Genova del 1892 era stata la prima donna ad entrare nella commissione esecutiva della Camera del Lavoro di Milano ed era al contempo dirigente della Lega per la tutela degli interessi femminili di Milano.
Santina Volonteri si formo' a questa scuola. Nella Lega sarte da donna si mise rapidamente in luce e nel 1895, nel comizio di ricostituzione della Lega dopo la repressione crispina seguita ai fasci siciliani, venne nominata segretaria. Conservo' la carica fino al 1903, quando la Lega sarte da donna conflui' in una lega mista sarti e sarte, con l'obiettivo di unire le forze e nel generale contesto del passaggio dal sindacato di mestiere a quello di massa.
Nei primissimi anni del secolo affianco' Nina Rignano Sullam, esponente di primo piano dell'Unione Femminile, che stava preparando un progetto di legge per l'istituzione di un Ispettorato femminile del Lavoro (presentato al Ministro Rava nel 1902). Santina Volonteri inizio' quindi la sua scuola pratica come ispettrice di fabbrica e il suo impegno in tal senso rimase celebre nel movimento operaio milanese.
Esponente del socialismo riformista, fu eletta nel 1900, nel 1901 e nel 1902 nella Commissione esecutiva della Camera del Lavoro, mentre nel 1904 entro' a far parte del Collegio dei delegati della Societa' umanitaria, nella lista vittoriosa proposta dalla Camera del Lavoro.
Nel 1905, assieme alla cucitrice in biancheria Virginia Bianchi, venne eletta come membro operaio nel Collegio dei Probiviri per l'industria del vestiario di Milano, costituitosi allora per la prima volta.
Santina Volonteri tento' ancora di entrare nella Commissione esecutiva della Camera del Lavoro nel 1905, ma in quell'anno la lista riformista, della quale lei faceva parte, venne sconfitta da quella rivoluzionaria, anche se attorno al suo nome si catalizzo' il maggior numero di consensi fra i riformisti: una grande soddisfazione per una donna in una lista di uomini, dovuta certamente alla sua notorieta' come ispettrice. Santina Volonteri era inoltre molto attiva nel partito socialista, convinta sostenitrice delle tesi riformiste, ed era molto apprezzata come collaboratrice di vari giornali e riviste, in particolare sulle tematiche del lavoro e della legislazione sociale.
All'inizio del 1907, nella sua attivita' di delegata per la Societa' umanitaria (per la quale condusse un'importante inchiesta sul lavoro a domicilio, insieme a Laura Casartelli), Santina Volonteri fece un'ispezione al consorzio degli Uffici Indicazioni e Assistenza, formato da Societa' Umanitaria e Unione femminile. In seguito a quell'ispezione, Fausto Pagliari dell'Umanitaria (futuro marito di Santina Volonteri) ed Elisa Boschetti dell'Unione femminile sollevarono alcune critiche al consorzio, denunciando la "concorrenza" che le ispettrici volontarie, spesso esponenti della classe media, portavano al lavoro delle delegate stipendiate. Fausto Pagliari, gia' autore di uno sprezzante articolo, "Beneficenza rossa", in cui attaccava le istituzioni del femminismo socialista e in particolare l'Unione femminile, per quanto mai nominata, venne rimosso dal consorzio e trasferito ad altro incarico, mentre Elisa Boschetti lascio' l'Unione femminile e passo' alle dipendenze della Societa' umanitaria.
Poco dopo, Santina Volonteri sali' alla ribalta nelle cronache nazionali, con la nomina, nell'agosto del 1907, a Ispettrice del lavoro per il Circolo di Milano, alle dipendenze del ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio. La nomina, salutata dai giornali come un trionfo del femminismo operaio, venne resa effettiva con Regio decreto dopo che Santina Volonteri era arrivata prima al concorso, seguito alla frequentazione della Scuola pratica di legislazione sociale della Societa' Umanitaria. La Scuola pratica di legislazione sociale, in tutto quarantacinque ore di lezione in aula, prevedeva cinque corsi: Malattie ed igiene del lavoro; Nozioni di tecnica industriale in relazione alla prevenzione degli infortuni sul lavoro; Legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli; Istituto dei probiviri; Contratto di lavoro. A questo si aggiungeva l'esperienza teorica e pratica accumulata negli anni precedenti da Santina Volonteri al fianco di Nina Rignano Sullam e nelle fabbriche del milanese, in particolare in quelle a prevalente manodopera femminile.
Perche' la legge di tutela del lavoro femminile e minorile del 1902 avesse efficacia era necessario che un corpo di ispettori ne controllasse l'applicazione, ma ancora piu' efficace sarebbe stato prevedere l'assunzione di ispettrici che fossero in grado di comprendere le esigenze e le difficolta' delle operaie e che potessero raccoglierne piu' facilmente le confidenze. Nel 1907 invece non solo Santina Volonteri era la prima donna ad avere tale nomina, m a in assoluto era il quarto ispettore a prendere servizio in Italia, dopo i primi tre nominati nel 1902 (il censimento industriale del 1911 segnalava la presenza in Italia di 243.926 fabbriche attive).
Negli anni successivi Santina Volonteri assunse altre cariche pubbliche: nel 1909 e 1910 venne infatti nominata nel Consiglio di amministrazione dell'Opera Pia Cucine Economiche di Milano, assieme ad Alessandro Schiavi (la possibilita' per le donne di accedere ai consigli di amministrazione delle IPAB - Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza - era stata introdotta con la legge Crispi del 1890).
Nel 1910 Santina Volonteri si sposo' con Fausto Pagliari, vicesegretario dell'Umanitaria, dal quale ebbe due figlie.
Fu ancora attiva negli anni successivi in particolare nella campagna per l'istituzione di una Cassa Nazionale di Maternita', ottenuta con regolamento del 1912. Messa a tacere dal fascismo, mori' a Milano nel 1964.
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Fonti
F. Imprenti, Operaie e socialismo. Milano, le leghe femminili, la Camera del Lavoro (1891-1918), Franco Angeli, 2007; R. Farina (a cura di), Dizionario biografico delle donne lombarde (568-1968), Baldini & Castoldi, Milano, 1995.
11. MAESTRE. FIORELLA IMPRENTI: ABIGAILLE ZANETTA
[Dal sito www.biografiesindacali.it]
Abigaille Zanetta (1875-1945), maestra, socialista, Commissione esecutiva della Camera del Lavoro, Sezione Maestre e Maestri, Unione magistrale nazionale, Sindacato Magistrale Italiano, Internazionale dell'Insegnamento.
Abigaille Zanetta nacque il 18 maggio 1875 a Suno Novarese. Restata presto orfana di madre, ebbe su di lei grande influenza il padre, segretario comunale di idee democratiche e risorgimentali. Fu la sorella Erminia, di tre anni piu' grande, a spingerla sulla strada dell'insegnamento: le prime esperienze da maestra la portarono a Torino e a Ginevra, in un convitto internazionale, per poi farla approdare a Milano, dove si ricongiunse con la sorella e dove ottenne a inizio Novecento la nomina nelle scuole elementari comunali.
Nella capitale lombarda, fremente di innovazioni sociali, si lascio' coinvolgere in un turbinio di iniziative, collaboro' con riviste cattoliche, per poi maturare l'adesione alla causa socialista.
Fu la scuola il luogo in cui perfeziono' il suo pensiero e dove incontro' figure iconiche come le maestre socialiste Linda Malnati e Carlotta Clerici. Zanetta si dedico' all'organizzazione sindacale di maestre e maestri all'interno dell'Unione magistrale nazionale, scrisse su giornali e periodici operai, fu abile conferenziera e animo' il Gruppo femminile socialista.
Fece una rapida carriera politica nel partito, entrando nella Federazione provinciale milanese e assumendo incarichi in molti organismi, tra cui la Lega delle cooperative e l'Universita' Popolare. Alla Camera del Lavoro di Milano venne chiamata nella Com missione di propaganda e dal 1912 nella Commissione esecutiva. Allo scoppio della guerra di Libia, nel 1911, Abigaille Zanetta mise tutta la sua dedizione al servizio della pace e di un'educazione antimilitarista per le giovani generazioni. Fu principalmente attorno a questi temi che si sviluppo' il sodalizio tra gli esponenti che avrebbero dato vita alla sinistra socialista milanese, tra i piu' noti, oltre ad Abigaille Zanetta, Bruno Fortichiari e Luigi Repossi.
Durante il primo conflitto mondiale l'impegno di Zanetta contro la guerra fu totale, nei comizi di piazza, nelle riunioni di donne, nei quartieri. Dall'inizio del 1915 la sinistra socialista ottenne la maggioranza nella sezione socialista milanese e Abigaille Zanetta entro' nel direttivo. Il 31 marzo 1915 due cortei, uno socialista con alla testa Abigaille Zanetta e Giacinto Menotti Serrati, e uno interventista guidato da Mussolini, si scontrarono duramente. In maggio, di fronte all'escalation interventista, la sinistra socialista chiese senza successo lo sciopero generale, mentre la linea del partito si riassumeva nel motto "non aderire, non sabotare". Per segnare in modo netto la distanza tra queste posizioni, Zanetta rifiuto' di prendere parte alle iniziative di assistenza organizzate dalla giunta socialista di Caldara e smise di scrivere su "La difesa delle lavoratrici" per dedicarsi all'allestimento di una tipografia clandestina dalla quale continuo' la propaganda irriducibile contro la guerra, diffondendo i manifesti di Zimmerwald e di Kienthal, oltre che volantini e numeri unici.
All'interno dell'Unione magistrale nazionale, Abigaille Zanetta fu vicina al segretario socialista Giuseppe Soglio, che sostenne anche nella candidatura alle elezioni politiche del 1913, per le quali si reco' nel Polesine dove conobbe e divenne amica di Giacomo Matteotti. La competizione, persa dai socialisti, per il controllo delle associazioni di categoria degli insegnanti fu in questi anni uno dei momenti di maggiore sforzo - e delusione - per Zanetta. La scuola elementare fu infatti uno dei luoghi in cui si espresse piu' diffusamente l'attivita' nazionale per il sostegno alla patria e ai soldati al fronte. L'Unione magistrale nazionale, come quella milanese, inizialmente con posizioni neutraliste, fini' per appoggiare senza riserve lo sforzo bellico, determinando una crisi interna che porto' nel 1916 alle dimissioni di Soglio. Abigaille Zanetta, gia' sorvegliata, subi' la svolta repressiva seguita alla disfatta di Caporetto: nel marzo 1918, assieme a Bruno Fortichiari, venne inviata al confino a San Demetrio dei Vestini, in provincia dell'Aquila, e in maggio venne inoltre condannata per tradimento a 500 lire di multa e a 6 mesi di prigione che sconto' a San Vittore. Il Gruppo femminile socialista milanese le si strinse attorno: come avvocato la assistette Alfredo Podreider, compagno della sarta e stilista pacifista Rosa Genoni, e tra le compagne che maggiormente la supportarono durante il confino e la detenzione vi furono le maestre Luisa Barosi e Giuseppina Moro Landoni. Tornata in liberta' alla fine del 1918 Zanetta riprese il suo impegno per l'organizzazione degli insegnanti, abbandonando l'Unione magistrale nazionale a favore del Sindacato Magistrale Italiano aderente alla CGdL, che si costitui' nei primi mesi del 1919 e che ebbe come organo il periodico "L'Avanguardia magistrale". In questi anni Zanetta guardo' con crescente speranza alla dimensione sovranazionale e fu tra i sostenitori dell'Esperanto, assumendo nel 1922 una cattedra presso l'Istituto lombardo di Esperanto, vedendovi la possibilita' di promuovere una cultura internazionale accessibile a tutti, rispettosa delle differenze dei diversi popoli e contraria al dominio economico e culturale dei paesi piu' forti. Contemporaneamente Abigaille Zanetta strinse relazioni con un gruppo di insegnanti provenienti da tutta Europa ma con una solida base francese che nel 1919 iniziarono ad organizzare la costituzione di una Internazionale dell'Insegnamento, fondata poi nel Congresso di Bordeaux dell'11-15 agosto 1920, con l'auspicio di potersi collegare fin da subito con l'Unione Sovietica attraverso Anatolij Lunacarskij, commissario per l'istruzione pubblica nella Russia della rivoluzione. Il tentativo di Zanetta di saldare l'impegno all'interno del nuovo Sindacato magistrale italiano con l'anima terzinternazionalista dell'esperienza europea la porto' ad aderire nel 1922 al Partito socialista unitario di Matteotti, separando la propria strada da quella del resto della sinistra socialista milanese che contribui' alla nascita del Partito comunista, dove lei stessa conflui' nel 1924 dopo l'assassinio di Matteotti. La volonta' di confrontarsi in modo diretto con le istituzioni educative e pedagogiche della Russia rivoluzionaria portarono Abigaille Zanetta e un folto gruppo di esponenti dell'Internazionale dell'Insegnamento (dal 1924, col prevalere della fazione comunista rispetto a quella socialista e libertaria, era diventata Internazionale dei Lavoratori dell'Insegnamento) a organizzare un viaggio in Unione Sovietica nell'estate del 1925. Abigaille Zanetta, unica italiana, per sfuggire ai divieti del fascismo parti' con un passaporto falso e con lo pseudonimo di Zuccheri. Tra i suoi compagni di viaggio i piu' noti furono i francesi Celestine Freinet, pedagogo rivoluzionario, e Maurice Wullens, direttore della rivista "Les Humbles" ed esponente de "L'Ecole emancipee". Ad accogliere il gruppo di insegnanti in Russia fu in particolare Zlata Lilina, a capo del dipartimento dell'istruzione di Leningrado, con un ruolo di rilievo nell'organizzazione di istituti educativi sperimentali, e la moglie di Lenin, Nadezda Krupskaja. Rientrata in Italia, Zanetta nel 1926 venne sospesa dall'insegnamento, accusata di non aver manifestato "sufficiente adattamento alle direttive politiche del Regime". Nel 1927 venne poi arrestata e rinchiusa a San Vittore, uscendone questa volta, piu' che cinquantenne, estremamente provata nel fisico e nel morale. Malata e senza possibilita' di lavorare, sostenne fin che riusci' la rete antifascista, ritirandosi poi con la sorella a Borgosesia dove mori' nel marzo 1945, senza aver potuto vedere la Liberazione dal fascismo.
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Fonti
Istituto Nazionale Ferruccio Parri di Milano, Fondo Abigaille Zanetta.
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Bibliografia
C. A. Barberini, A. Stevani Colantoni, Una figura di militante internazionalista. Abigaille Zanetta maestra a Milano tra guerra e fascismo, Milano, Pantarei, 2016; F. Imprenti, Internazionalismo e nuova pedagogia. Il viaggio in URSS di Abigaille Zanetta, in "Itineris. Rivista di storia dei viaggi in eta' contemporanea", giugno 2017; F. Imprenti, Spunti per una pedagogia antimilitarista. Abigaille Zanetta, una maestra tra carcere, confino e internazionalismo, in C. De Maria (a cura di), L'Italia nella Grande Guerra Nuove ricerche e bilanci storiografici, Roma, BraDypUS, 2017; A. Vecchi, Abigaille Zanetta, Unicopli, 2017.
12. MAESTRE. DEBORA MIGLIUCCI: STELLA ZUCCOLOTTO
[Dal sito www.biografiesindacali.it]
Stella Zuccolotto (1911-1946), antifascista, Lega portieri.
Stella Zuccolotto nacque a Lentiai, nel bellunese, nel 1911, da Luigi e Delfina Cerruti.
Nel 1931 si sposo' con Francesco Alaino Guerra da cui ebbe nel 1937 la sua unica figlia, Silvana.
Mori' a Milano il 28 aprile 1946 in seguito alle ferite riportate al petto, causate da alcuni colpi di pistola sparati probabilmente da un gruppo di fascisti, mentre partecipava a una riunione della Lega dei portinai in Camera del Lavoro.
Ai suoi funerali partecipo' una folta folla, lungo tutto il percorso che andava da corso di Porta Vittoria al Cimitero monumentale. Nelle fabbriche risuono' la sirena e furono osservati due minuti di silenzio. Al corteo intervennero i corpi armati municipali, i rappresentanti dei partiti, tutta la Camera del Lavoro e il corpo musicale tranvieri.
Una lapide sul piazzale della Camera del Lavoro ricorda la morte di Stella Zuccolotto, inizialmente fatta risalire al 1945 e poi corretta con la data esatta. Fanno da corredo i versi di Sirena Operaia, a lei dedicati da Alberto Bellocchio.
In occasione del LXX anniversario della Resistenza e della riapertura della Camera del Lavoro di Milano si e' deciso di omaggiare il sacrificio di Stella Zuccolotto dedicandole una targa che ricostruisse l'esatta vicenda.
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Fonti
AdL, Archivio della Camera del Lavoro confederale di Milano (1945-1981); "Battaglie del Lavoro", 25 aprile 1945 e 1 maggio 1946; "Avanti!", 25 aprile 1946; "l'Unita'", 26 aprile e 4 maggio 1946.
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Bibliografia
C. Bermani, Storia e mito della Volante rossa, Jaca Book, Milano, 1996; J. Torre Santos, Il sindacato unitario. La Camera del Lavoro di Milano nel periodo dell'unita' sindacale (1945-1948), Guerini e associati, Milano, 2005; D. Migliucci, "La lapide sbagliata", in Filcams Cgil Milano e Lombardia, "Dalla Resistenza alla conquista dei diritti. Le donne nella grande stagione di lotte per le liberta'", Filcams Lombardia, Milano, 2005.
13. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Renata Gili, Malattie sessuali. Una storia di prevenzione e successi, Rcs, Milano 2021, pp. 140, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riedizioni
- Gianrico Carofiglio, L'arte del dubbio, Sellerio, Palermo 2007, Rcs, Milano 2020, pp. 242, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
15. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4058 del 29 marzo 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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