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[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 32
- Subject: [Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 32
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Fri, 26 Mar 2021 07:08:53 +0100
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo"
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 32 del 26 marzo 2021
In questo numero:
1. Marco Albeltaro: Teresa Noce
2. Saffo
3. Saffo tradotta da Salvatore Quasimodo
4. Saffo tradotta da Manara Valgimigli
1. MAESTRE. MARCO ALBELTARO: TERESA NOCE
[Dal sito www.treccani.it riproponiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani nel 2013]
Teresa Noce nacque il 29 luglio 1900 in uno dei quartieri piu' poveri di Torino, seconda dei due figli di Pietro e di Rosa Biletta.
Il padre lascio' la famiglia quando era ancora bambina, mentre la madre sbarcava il lunario con lavori saltuari. I suoi primi anni di vita furono segnati dalla poverta' e dal continuo peregrinare per la citta' alla ricerca di una casa: gli sfratti per insolvenza erano infatti all'ordine del giorno.
Curiosa e desiderosa di apprendere, dopo aver frequentato le scuole elementari ed essersi appassionata alla lettura – dapprima il quotidiano che talvolta la madre acquistava, poi i libri presi in prestito in qualche bancarella – fu costretta ad abbandonare gli studi per contribuire al bilancio familiare. Fin dalla prima elementare aveva lavorato, durante le vacanze estive, come fattorina di un fornaio, approfittando, tra l'altro, della carta di giornale con la quale si imballavano i pacchi per dare sfogo alla sua onnivora curiosita' di lettrice.
Impiegatasi come stiratrice e come sarta, cambio' spesso posto di lavoro perche' insofferente ai soprusi di cui spesso, con le sue colleghe, era vittima ("Proprio chi non ha altro deve conservare almeno la fierezza", afferma nelle sue memorie, Rivoluzionaria professionale, Milano 1974, p. 14). Nel 1911 partecipo' al suo primo sciopero assieme alle sarte che domandavano miglioramenti salariali e di orario. Segui' di li' a breve le orme del fratello operaio, andando a lavorare come tornitrice alla FIAT Brevetti. Fu il fratello ad avvicinare Teresa alle idee socialiste, oltre che all'ambiente della fabbrica.
Per ragioni generazionali attraverso' tutte le esperienze piu' significative del movimento operaio torinese nell'arco cronologico che si apri' con gli scioperi contro l'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale e si chiuse con l'occupazione delle fabbriche nel biennio rosso. La Rivoluzione d'ottobre esercito' su di lei un grande fascino, divenendo un punto di riferimento e una fonte di speranza: "Con mio fratello decidemmo che, appena finita la guerra, saremmo andati in Russia per conoscere Lenin" (ibid., p. 31).
Dopo la morte della madre nel 1914 e quella del fratello, avvenuta in guerra nel 1918, si trovo' sola a dover pensare al proprio mantenimento. Cio' non le impedi' di impegnarsi nel Partito socialista italiano (PSI), fondando nel 1919, con altri compagni, il circolo giovanile socialista torinese. "Sola, affamata e ribelle" (ibid., p. 24), cosi' fotografa la propria condizione in quei frangenti.
La scissione di Livorno (1921) la vide aderire, con gli altri membri del circolo giovanile di cui sarebbe presto divenuta segretaria, al Partito comunista d'Italia (PCd'I). Nel 1921 conobbe, durante una riunione di partito, Luigi Longo, all'epoca studente di ingegneria di origini piccolo borghesi, che sarebbe divenuto il suo compagno per molti anni. L'ingresso sulla scena torinese dello squadrismo fascista la vide impegnata nella difesa delle organizzazioni comuniste e contribui' a mutare progressivamente i connotati della sua militanza da una lotta alla luce del sole alla clandestinita'. Si impegno' molto nell'attivita' della Federazione giovanile comunista (FGCI) curando, fra l'altro, la pubblicazione della rivista Voce della gioventu', un foglio semilegale che, presentandosi come rivista genericamente giovanile, pote' continuare a uscire mentre gli altri giornali comunisti erano stati sospesi dalle autorita'.
Segui' Longo prima a Roma e poi a Milano. Rimasta incinta del primo figlio – Luigi Libero – non pote' sposare il suo compagno poiche' questi non aveva avuto il permesso della famiglia: ""Con il nostro consenso non sposerai mai quella ragazza", aveva detto il padre. "Perche'?", aveva chiesto lui. "Perche' e' brutta, povera e comunista!" aveva replicato sua madre" (ibid., p. 62). Poco dopo Longo fu arrestato e Noce si trovo' sola a Milano dove continuo' a occuparsi della rivista della FGCI fino a quando il partito non la mise "a riposo" per il suo stato di salute. Alla fine del 1923 fu arrestata per la prima volta "e Luigi Libero rischio' di nascere a San Vittore" (ibid., p. 69). Fu presto rilasciata per insufficienza di prove e, pochi giorni dopo la scarcerazione, partori'. Rientrata a Torino, si ricongiunse con Longo, scarcerato dopo che il "processo di Roma" si era risolto "in una bolla di sapone" (ibid., p. 80).
La nuova dimensione di madre e donna di casa, richiusa tra le mura domestiche e impegnata soltanto nella cura della casa e del figlio, le stava stretta, quindi cerco' di ricavarsi di nuovo uno spazio politico. L'occasione furono le elezioni del giugno 1924 che la videro molto impegnata a seguire la campagna elettorale. Nel 1925 ebbe un altro bambino – Pier Giuseppe – che mori' dopo pochi mesi per un attacco di meningite. Dopo una lunga malattia che l'aveva molto debilitata, decise di sposare Longo che, ormai venticinquenne, non aveva piu' bisogno del consenso dei genitori.
Organizzatrice del congresso della FGCI del 1926, nello stesso anno espatrio' illegalmente con Longo, poco prima dell'entrata in vigore delle leggi eccezionali, per andare in Unione Sovietica, dove fra il 1927 e il 1928 frequento' i corsi della Scuola internazionale Lenin di Mosca e condusse, con altre compagne italiane, un'inchiesta sulla salute pubblica. Da Mosca Noce e Longo si spostarono a Parigi, dove il PCd'I aveva stabilito il proprio Centro estero. Quando questo fu trasferito a Lugano, anche Noce ando' in Svizzera, dove partecipo' alla Conferenza d'organizzazione di Basilea (1928). Di nuovo a Mosca, segui' i lavori del VI Congresso dell'Internazionale. Nel febbraio 1929 lascio' Mosca alla volta di Parigi, dove nacque il suo terzogenito Giuseppe.
In seguito alla nuova linea sancita dal Congresso di Colonia (1931) in sintonia con la "svolta" dell'Internazionale, Noce, che aveva ormai assunto il nome di battaglia di Estella, chiese di essere inviata in Italia per riprendere piu' direttamente la lotta antifascista. Dopo il primo viaggio in patria nel 1931, ne compi' un altro l'anno successivo, durante il quale contribui' alla ricostruzione del partito clandestino in Emilia e all'organizzazione di scioperi fra i tessili biellesi e le mondine dell'area vercellese e novarese.
Membro del Comitato centrale del PCd'I dal 1932, l'anno successivo fu inviata a Mosca per rappresentare la Confederazione generale del lavoro (CGdL) nel Profintern, l'Internazionale sindacale; trasferitasi poi a Parigi si impegno' con Giuseppe Di Vittorio nella direzione della CGdL. Fondatrice, sempre in Francia, con Xenia Sereni, della rivista Noi donne, diresse l'organo d'informazione degli emigrati italiani in Francia, Il Grido del popolo, e La Voce delle donne, mensile uscito a Parigi nel 1935 come organo del Comitato italiano femminile di lotta contro il fascismo e contro la guerra. Delegata nel 1935 al VII Congresso del Comintern, dal 1936 al 1938 ando' in Spagna con Longo e partecipo' alla guerra civile, redigendo, fra l'altro, il periodico Il volontario della liberta'. Curo' il volume Garibaldini in Ispagna (1937), dedicato ai volontari italiani nella guerra di Spagna.
Dopo la vittoria del franchismo riparo' in Francia. Si apri' cosi' uno dei periodi piu' travagliati della sua vita sia sul piano personale, con i primi segni della crisi del matrimonio con Longo, sia su quello politico, con il sempre piu' prossimo pericolo di guerra e il contemporaneo sfaldarsi dell'unita' creata con i Fronti popolari. Con l'annuncio del patto Molotov-Ribbentrop, molti dirgenti comunisti rifugiati in Francia furono arrestati, e con essi Longo, mentre Noce venne internata nel campo di Rieucros soltanto dopo l'invasione nazista della Francia e la dichiarazione di guerra da parte di Mussolini. Trasferita a Marsiglia, riusci' a fuggire e a meta' del 1941 si uni' ai francs-tireurs, avviando un periodo di lotta partigiana in Francia che duro' fino al 1943. Catturata dalla polizia francese, fu consegnata alla Gestapo nel 1944 e internata nel campo di concentramento di Ravensbrueck e poi in quello di Holleischen dal quale venne liberata dai partigiani polacchi soltanto alla fine della guerra.
Rientrata in Italia a Liberazione avvenuta, dopo essere stata ancora arrestata in Francia a causa di un equivoco per sospetto collaborazionismo coi tedeschi, riprese immediatamente i contatti col partito e si butto' a capofitto nell'attivita' politica. Membro della Consulta nazionale, fece parte della Commissione lavoro; rieletta nel Comitato centrale del PCI e poi della Direzione dal V Congresso (1945-46) fino al 1954, diresse dal 1947 al 1955 la Federazione nazionale degli impiegati e operai tessili della CGIL. Deputata all'Assemblea costituente, fu membro del Comitato dei Settantacinque che scrisse la Costituzione. Fu eletta alla Camera nelle prime due legislature repubblicane. Di questo periodo vanno segnalati l'impegno per la parita' salariale e la promozione della legge 26 agosto 1950, n. 860 per la tutela delle lavoratrici madri. Abbandonato poi il Parlamento, si dedico' a tempo pieno al sindacato divenendo anche, dal 1949 al 1958, presidente dell'Unione internazionale dei lavoratori dell'abbigliamento. Dal 1959 fece parte per alcuni anni del Consiglio nazionale economia e lavoro (CNEL) in rappresentanza della CGIL. Successivamente si ritiro' progressivamente dalla scena pubblica.
La separazione da Longo (1953) la segno' sia sul piano personale sia su quello politico. Sul piano personale venne a sapere dalle pagine del Corriere della sera che Longo aveva ottenuto l'annullamento del matrimonio a San Marino, falsificando la sua firma. Sul piano politico fu esclusa dalla direzione del partito a causa degli attriti che si erano venuti a creare fra lei e alcuni dirigenti che non avevano apprezzato la sua scelta di rivolgersi alla Commissione centrale di controllo del PCI per denunciare il metodo usato da Longo. Questa vicenda fu per Noce un trauma: nelle sue memorie lo descrisse come "grave e doloroso piu' del carcere, piu' della deportazione" (ibid., p. 411).
Mori' a Bologna il 22 gennaio 1980.
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Opere: Oltre a quelle citate si segnalano: Gioventu' senza sole (Parigi 1937; Roma 1975; Milano 2003), romanzo ispirato al periodo di prigionia nei lager tedeschi; ... ma domani fara' giorno (con presentazione di P. Nenni, Milano 1952) e Le avventure di Laika, cagnetta spaziale (ibid. 1960). Si vedano anche le interviste-testimonianza: T. N., in Donna, privato e politico: storie personali di 21 donne del PCI, a cura di E. Scroppo, Milano 1979, pp. 38-56, e G. Gerosa, Le compagne, Milano 1979, pp. 15-33. Altri scritti politici sono firmati con il nome di battaglia Estella.
Fonti e Bibliografia: Le carte di Teresa Noce sono conservate nell’archivio personale del figlio Giuseppe Longo a Bologna e presso la Fondazione dell'Istituto Gramsci di Roma; v. anche: Roma, Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale, f. personale; per gli scritti e i documenti, si consulti http://www.regione.emilia-romagna.it/web_gest/costituente/archivi_costituenti/TeresaNoce.pdf.; R. Martinelli, N. T., in F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, III, Roma 1977, pp. 687-689; L. Melograni, Una donna, una combattente la chiamavamo Estella, in l'Unita', 23 gennaio 1980; N. T., in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, a cura di E. Nizza, IV, Milano 1984, pp. 140 s.; T. N., in I deputati piemontesi all’'Assemblea Costituente, a cura di C. Simiand, Milano 1999, pp. 365-371; R. Sandri, N. T., in Dizionario della Resistenza. Luoghi, formazioni, protagonisti, a cura di E. Collotti - R. Sandri - F. Sessi, II, Torino 2001, p. 602; M.L. Righi, L'azione delle donne nella CGIL: 1944-1962, in E' brava, ma... Donne nella CGIL: 1944-1962, a cura di S. Lunadei - L. Motti - M.L. Righi, Roma 1999, ad indicem.
2. MAESTRE. SAFFO
[Riproponiamo ancora una volta la seguente nota e i seguenti testi di Saffo nella traduzione di Salvatore Quasimodo e di Manara Valgimigli]
"Con Saffo nasce, nella poesia del mondo, l'interiorita'" (cosi' Enzo Mandruzzato, Lirici greci dell'eta' arcaica, Rizzoli, Milano 1994, 2001, p. 169). "Saffo e' tra i piu' grandi creatori di linguaggio" (cosi' Filippo Maria Pontani nella prefazione a Saffo, Alceo, Anacreonte, Liriche e frammenti, Einaudi, Torino 1965, 1997, p. 6).
Con Saffo per la prima volta nella coscienza e nella storia umana, cosi' come noi le conosciamo, affiora e prende forma l'idea e la prassi della nonviolenza.
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Saffo e' fiorita nell'isola di Lesbo, ove visse quasi sempre a Mitilene, tra il VII e il VI secolo a. C.
Salvatore Quasimodo, tra i maggiori poeti del Novecento, nacque nel 1901 e scomparve nel 1968. Manara Valgimigli, grecista insigne, nacque nel 1876 e scomparve nel 1965.
Alcune altre traduzioni: quelle di Gennaro Perrotta ora si possono leggere in Lirici greci, a cura di Umberto Albini, traduzione di Gennaro Perrotta, Le Monnier, Firenze 1972, Garzanti, Milano 1976, 1980; quelle di Enzo Mandruzzato in Id. (a cura di), Lirici greci dell'eta' arcaica, Rizzoli, Milano 1994, 2001; quelle di Filippo Maria Pontani in Id. (a cura di), Saffo, Alceo, Anacreonte, Liriche e frammenti, Einaudi, Torino 1965, 1997.
Tra le edizioni economiche recenti segnaliamo particolarmente: Saffo, Poesie, traduzione e note di Fanco Ferrari, con ampia ed impegnata introduzione di Vincenzo Di Benedetto, Rizzoli, Milano 1987. E ancora: Saffo, Poesie, a cura di Ilaria Dagnini, Newton Compton, Roma 1982, 1991; e naturalmente: Lirici greci. Saffo, Alceo, Anacreonte, Ibico, a cura di Giulio Guidorizzi, Mondadori, Milano 1993. Tutte con testo a fronte.
L'edizione critica oggi di riferimento e' quella curata da Eva-Maria Voigt, Sappho et Alcaeus. Fragmenta, Amsterdam 1971.
Tra innumerevoli altri trascegliendo, tre libri ancora almeno mettera' forse conto segnalare: Gennaro Perrotta, Bruno Gentili, Polinnia. Poesia greca arcaica, D'Anna, Messina-Firenze 1948 e piu' volte ristampata (e' un'antologia ad uso dei licei, ma la raccomanderemmo ad ogni lettore e lettrice); Salvatore Nicosia, Tradizione testuale diretta e indiretta dei poeti di Lesbo, Edizioni dell'ateneo, Roma 1976 (utile per farsi un'idea di alcune questioni filologiche ed esegetiche); Bruno Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, Laterza, Roma-Bari 1984.
Ovviamente chi volesse accostare la letteratura greca nel suo ampio respiro troverebbe un amico e un compagno di viaggio buono e fedele in Albin Lesky, Storia della letteratura greca, 3 voll., Il Saggiatore, Milano 1962, 1996.
3. TESTI. SAFFO TRADOTTA DA SALVATORE QUASIMODO
[Da Salvatore Quasimodo, Lirici greci, Edizioni di "Corrente", Milano 1940, poi piu' volte ristampato presso Mondadori; noi qui abbiamo utilizzato l'edizione Mondadori, Milano 1979]
Ad Afrodite
O mia Afrodite dal simulacro
colmo di fiori, tu che non hai morte,
figlia di Zeus, tu che intrecci inganni,
o dominatrice, ti supplico,
non forzare l'anima mia
con affanni ne' con dolore,
ma qui vieni. Altra volta la mia voce
udendo di lontano la preghiera
ascoltasti, e lasciata la casa del padre
sul carro d'oro venisti.
Leggiadri veloci uccelli
sulla nera terra ti portarono,
dense agitando le ali per l'aria celeste.
E subito giunsero. E tu, o beata,
sorridendo nell'immortale volto
chiedesti del mio nuovo patire,
e che cosa un'altra volta invocavo,
e che piu' desideravo
nell'inquieta anima mia.
"Chi vuoi che Peito spinga al tuo amore,
o Saffo? Chi ti offende?
Chi ora ti fugge, presto t'inseguira',
chi non accetta doni, ne offrira',
chi non ti ama, pure contro voglia,
presto ti amera'".
Vieni a me anche ora;
liberami dai tormenti,
avvenga cio' che l'anima mia vuole:
aiutami, Afrodite.
*
A me pare uguale agli dei
A me pare uguale agli dei
chi a te vicino cosi' dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.
*
Invito all'Erano
Venite al tempio sacro delle vergini
dove piu' grato e' il bosco e sulle are
fuma l'incenso.
Qui fresca l'acqua mormora tra i rami
dei meli: il luogo e' all'ombra di roseti,
dallo stormire delle foglie nasce
profonda quiete.
Qui il prato ove meriggiano i cavalli
e' tutto fiori della primavera,
e gli aneti vi odorano soavi.
E qui con impeto, dominatrice,
versa Afrodite nelle tazze d'oro
chiaro vino celeste con la gioia.
*
Plenilunio
Gli astri d'intorno alla leggiadra luna
nascondono l'immagine lucente,
quando piena piu' risplende, bianca
sopra la terra.
*
A Gongila
O mia Gongila, ti prego:
metti la tunica bianchissima
e vieni a me davanti: intorno a te
vola desiderio d'amore.
Cosi' adorna, fai tremare chi guarda;
e io ne godo, perche' la tua bellezza
rimprovera Afrodite.
*
Tramontata e' la luna
Tramontata e' la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza gia' dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l'anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.
*
E di te nel tempo
Tu morta, finirai li'. Ne' mai di te
si avra' memoria; e di te nel tempo
mai ad alcuno nascera' amore,
poi che non curi le rose della Pieria.
E sconosciuta anche nella casa dell'Ade,
andrai qua e la' fra oscuri
morti, svolazzando.
*
Sulle belle chiome metti ghirlande
Tu, o Dice, sulle belle chiome metti ghirlande,
dalle tenere mani intrecciate con steli di aneto,
perche' le Cariti felici accolgono
chi si orna di fiori: fuggono chi e' senza ghirlande.
*
Ho parlato in sogno
Ho parlato in sogno con te, Afrodite.
*
Sulla tenera erba appena nata
Piena splendeva la luna
quando presso l'altare si fermarono:
e le Cretesi con armonia
sui piedi leggeri cominciarono spensierate a girare intorno all'ara
sulla tenera erba appena nata.
*
Vorrei veramente essere morta
Vorrei veramente essere morta.
Essa lasciandomi piangendo forte,
mi disse: "Quanto ci e' dato soffrire,
o Saffo: contro mia voglia
io devo abbandonarti".
"Allontanati felice" risposi
"ma ricorda che fui di te
sempre amorosa.
Ma se tu dimenticherai
(e tu dimentichi) io voglio ricordare
i nostri celesti patimenti:
le molte ghirlande di viole e rose
che a me vicina, sul grembo
intrecciasti col timo;
i vezzi di leggiadre corolle
che mi chiudesti intorno
al delicato collo;
e l'olio da re, forte di fiori,
che la tua mano lisciava
sulla lucida pelle;
e i molli letti
dove alle tenere fanciulle joniche
nasceva amore della tua bellezza.
Non un canto di coro,
ne' sacro, ne' inno nuziale
si levava senza le nostre voci;
E non il bosco dove a primavera
il suono..."
*
A Ermes
Ermes, io lungamente ti ho invocato.
In me e' solitudine: tu aiutami,
despota, che' morte da se' non viene;
nulla m'allieta tanto che consoli.
Io voglio morire:
voglio vedere la riva d'Acheronte
fiorita di loto fresca di rugiada.
*
Ad Attide ricordando l'amica lontana
Forse in Sardi
spesso con la memoria qui ritorna
nel tempo che fu nostro: quando
eri Afrodite per lei e al tuo canto
moltissimo godeva.
Ora fra le donne Lidie spicca
come, calato il sole,
la luna dai raggi rosa
vince tutti gli astri, e la sua luce
modula sull'acque del mare
e i campi presi d'erba:
e la rugiada illumina la rosa,
posa sul gracile timo e il trifoglio
simile a fiore.
Solitaria vagando, esita
a volte se pensa ad Attide:
di desiderio l'anima trasale,
il cuore e' aspro.
E d'improvviso: "Venite!" urla;
e questa voce non ignota
a noi per sillabe risuona
scorrendo sopra il mare.
*
Muore il tenero Adone
"Muore il tenero Adone, o Citerea:
e noi che faremo?"
"A lungo battetevi il petto, fanciulle,
e laceratevi le vesti".
*
Quale dolce mela
Quale dolce mela che su alto
ramo rosseggia, alta sul piu'
alto, la dimenticarono i coglitori;
no, non fu dimenticata: invano
tentarono di raggiungerla...
*
Come il giacinto
Come il giacinto che i pastori pestano
per i monti, e a terra il fiore purpureo
sanguina.
*
Quanto disperse la lucente Aurora
E'spero, tutto riporti
quanto disperse la lucente Aurora:
riporti la pecora,
riporti la capra,
ma non riporti la figlia alla madre.
*
Fanciullezza
"Fanciullezza, fanciullezza, mi lasci, dove vai?"
"Non tornero' piu' da te, mai piu' ritornero'".
*
Ho una bella fanciulla
Ho una bella fanciulla
simile nell'aspetto ai fiori d'oro,
la mia Cleide diletta.
Io non la darei ne' per tutta la Lidia
ne' per l'amata...
4. TESTI. SAFFO TRADOTTA DA MANARA VALGIMIGLI
[Da Manara Valgimigli, Saffo, Archiloco e altri lirici greci, Le Lettere, Firenze 1989; la prima edizione delle traduzioni da Saffo di Valgimigli era apparsa col titolo Saffo e altri lirici greci, Edizioni del Pellicano, Vicenza 1942; il testo che utilizziamo riproduce fedelmente l'edizione Mondadori, Milano 1968]
Lira divina
Orsu', lira divina,
tu parla,
sii tu la mia voce.
Per la gioia delle mie compagne
questi canti
con bella voce io voglio ora cantare.
*
Amore
Scuote amore il mio cuore
come vento nei monti
si abbatte su querce.
Dolce madre,
non posso piu' tessere la tela:
desiderio di un fanciullo mi ha vinta,
e la molle Afrodite.
Fermati, caro, rimani
davanti a me; distendi
la grazia che e' nel tuo sguardo.
*
Preghiera ad Afrodite
Afrodite dal trono dipinto,
Afrodite immortale, figlia di Zeus,
tessitrice d'inganni, ti prego,
non domare con pene e con ansie d'amore,
o Regina, il mio cuore.
E qui vieni. Altra volta venisti;
pur di lontano udisti la mia voce,
e del padre lasciasti la reggia
su l'aureo cocchio aggiogato.
Te conducevano leggiadri passeri snelli
sopra la nera terra
fitte agitando giu' dal cielo le ali
per gli eterei spazi.
Rapidamente giunsero. E tu, o Beata,
sorridendo dal tuo volto immortale,
mi chiedevi che pena ancora pativo,
che cosa ancora invocavo,
e chi nel mio cuore in delirio
follemente desideravo - "Chi cerchi
che ancora Peito riporti al tuo amore?
chi ti fa male, o Saffo?
Oh, ma se ora ti fugge, presto t'inseguira',
se doni rifiuta, presto doni fara',
se gia' non ti ama, presto ti amera',
anche contro sua voglia".
Vieni a me anche ora: da cosi' triste
pena di amore mi sciogli; quanto
brama il mio cuore si compia, tu compi;
tu stessa mi assisti.
*
Gioia di amore
Beato e', come un dio,
chi davanti ti siede e ti ode,
e dolci parole tu dici e dolce-
mente sorridi.
Subito mi sobbalza, appena
ti guardo, dentro nel petto il cuore,
e voce piu' non mi viene,
e mi si spezza
la lingua, e una fiamma sottile
mi corre sotto la pelle,
con gli occhi piu' niente vedo,
romba mi fanno
gli orecchi, sudore mi bagna,
tremore tutta mi prende,
piu' verde dell'erba divento
e quasi mi sento,
o Agallide, vicina a morire.
...
*
La tua veste mi fa tremare...
Vieni, ti prego, Gongila, nel tuo
mantello di latte;
ancora a te dattorno volano
e Poto e Peito,
tanto sei bella.
Questa stessa tua veste
solo a guardarla
mi fa tremare; di gioia
rabbrividisco.
*
Gelosia
Ecco che Amore ancora
mi da' tormento:
Amore che scioglie le membra,
amore dolce e amaro,
fiera sottile e invincibile.
Attide, di volermi bene
ti venne fastidio
e corri da Andromeda.
Di me ti prese
dimenticanza
ed altri tu ami piu' di me.
*
Lontana
...
Lontana, in Sardi, ella e',
ma qui abita sempre il suo cuore.
Quando eravamo insieme
tu eri una dea per lei,
e il tuo cantare
la sua gioia piu' grande.
Ora, tra le donne di Lidia,
brilla di bellezza quale,
caduto il sole,
splende la luna dalle dita di rosa
tutte le stelle vincendo;
e la sua luce posa
sul salso mare
e sopra le campagne fiorite,
e la fresca rugiada discende,
e si aprono le rose
e i teneri timi
e il meliloto in fiore.
E sempre, lontana, la cara
Attide rammentando,
di desiderio si strugge
e tristezza le pesa sul cuore.
E alto grida che andiamo cola',
e il suo grido, attraverso il mare,
ce lo ridice
la notte dalle molte orecchie.
*
Distacco
...
"Morire vorrei, veramente".
In grande pianto ella mi lasciava.
E anche questo mi disse:
"Ahime' quale pena, Saffo, io patisco,
con quanto dolore ti lascio".
E a lei io rispondevo:
"Va', sii lieta e ricorda
quante cose dolci e belle godemmo insieme.
Molte corone di viole
e di rose e di intrecciati crochi
intorno al capo vicina a me tu cingevi,
e ghirlandette molte
al tenero collo annodavi
di fiori di primavera;
e di molto e lucido unguento
stillato da fiori e di regale
nardo la morbida chioma ti ungevi..."
...
*
Malinconia
Tramontata e' la luna;
tramontate sono le Pleiadi;
a mezzo e' la notte; l'ora
passa; io sono qui, sola.
*
La riviera di Acheronte
Gioia di vivere non ho piu':
voglia di morire mi prende
e di vedere i loti freschi di rugiada
su la riviera di Acheronte.
*
Cariti e muse
O pure Cariti dalle braccia di rosa,
a me venite, vergini figlie di Zeus...
Cariti delicate, Muse di belle chiome...
E me gloriosa fecero
col dono di loro canti le Muse.
*
Non e' lecito il pianto
Non e' lecito il pianto
nella casa di chi serve alle Muse:
piangere a noi non si addice.
*
A donna incolta
Mentre tu giacerai,
ne' piu' memoria sara' di te
ne' piu' rimpianto, che' non cogliesti
le rose della Pieria;
e ombra ignota anche nell'Ade
ti aggirerai
tra buie ombre di morti
via volando sperduta.
*
Collera
Quando la collera gonfia il tuo cuore
tieni in freno la lingua
che abbaia parole vane.
*
Donna rozza
E come puo' molcerti il cuore
cosi' rustica donna e goffa
che nemmeno sa alzarsi la gonna
sulle caviglie?
*
Quanta spocchia!
Sciocca,
quante arie ti dai per un anello!
*
Verginita'
Verginita', verginita',
perche' mi lasci, dove vai?
Non piu' verro' da te
non piu' verro'.
Come la dolce mela rosseggia
in alto sul ramo,
alta sul ramo piu' alto.
Se ne scordarono i coglitori;
no, non se ne scordarono,
ma non la poterono giungere.
Quale sui monti fiore di giacinto,
lo pestano coi piedi i pastori,
e a terra
il fiore purpureo giace.
*
Tu sei piu' bianca...
Tu sei piu' bianca del latte,
sei piu' sottile dell'acqua,
nella voce hai piu' canto della pectide,
se scuoti il capo
piu' baldanza hai di un polledro,
e piu' tenera sei di una rosa
e piu' morbida che una calda veste:
tu sei piu' oro dell'oro.
*
Fanciulle
Come figlio alla madre
io volo a te con le ali distese.
Fanciulla io vidi
leggera sul prato
cogliere fiori.
Ti volli bene, Attide, un tempo:
piccola bimba tu eri,
non anche tocca da grazia di amore.
*
Voglio una cosa dirti
"Voglio una cosa dirti,
ma mi trattiene pudore".
"Se di cose nobili e belle
desiderio tu avessi,
se cose brutte a dire
la tua lingua non agitasse,
non velerebbe pudore i tuoi occhi
e cio' ch'e' onesto dire diresti".
*
Eleganze e mollezze
Stanca sei:
su morbidi cuscini
lascia ch'io ti distenda.
Veli per il capo
che avevano
soffi e bagliori di porpora
le mando' da Focea
Mnaside, doni preziosi.
E intorno di dense e soffici lane
bene stretta si avvolse.
Ai piedi,
lucenti di vario colore,
calzaretti bellissimi di Lidia.
Quando tu dormi sul cuore
di una tua dolce compagna.
*
Nel giardino di Afrodite
Un boschetto di giovani meli,
sopra gli altari
fumano incensi.
Mormora fresca l'acqua tra i rami
soavemente: tutto il luogo e' ombrato
di rose.
Stormiscono le fronde e ne discende
molle sopore.
E di fiori di spigo come a festa
fiorito e' il prato, esalano gli aneti
fragranza di miele.
Questa e' la tua dimora, Cipride,
qui tu recingi
le infule sacre e in auree coppe versi,
copiosamente,
nettare e gioia.
*
Fiori e colori
Tutta incoronata di fiori e' la terra,
di fiori di ogni colore.
Ceci di oro crescevano
lungo la spiaggia del mare.
*
Vespero
Di tutte le stelle tu sei la piu' bella,
stella del vespero.
Tutto riporti
quanto disperse la lucente aurora,
riporti l'agnello,
riporti la capra,
riporti il figlio alla madre...
*
Quale nei plenilunii sereni...
Le stelle intorno alla bella luna
velano il volto lucente
quando piena, al suo colmo,
argentea,
splende su tutta la terra.
*
Mnasidica
E tu di ghirlande recingi
le belle tue chiome, o Dica,
ramoscelli di aneto intrecciando
con delicate mani;
perche' solo a fanciulle incoronate
di fiori
volgono l'occhio le Cariti beate,
dalle altre torcono il volto.
*
Eros purpureo
Ecco, scende dal cielo Eros,
avvolto in una clamide di porpora.
*
Danze notturne
Piena sorgeva la luna
e intorno all'are le fanciulle stettero.
...
Intorno all'amabile ara
fanciulle cretesi, in cadenza,
con molli piedi danzavano,
leggermente sul tenero fiore
dell'erba movendo.
*
Peito
Ha il fulgore dell'oro Peito,
l'ancella di Afrodite.
*
Colombelle
Un gelo si apprese al loro cuore,
e lasciarono cadere le ali.
*
Il rosignolo
Messaggero di primavera,
verde usignolo dal canto soave.
*
Canti nuziali
Coro di vergini, allo sposo:
Sposo felice, le nozze
che tu bramavi
sono compiute; la vergine
che tu bramavi
ora e' con te.
Coro di giovani, alla sposa:
Di grazia il tuo aspetto,
di miele i tuoi occhi,
spande amore il tuo volto soave;
a te sopra tutte le altre
diede suoi doni Afrodite.
Coro di vergini, allo sposo:
A chi, dolce sposo,
ti posso paragonare?
A ramoscello snello
ti posso paragonare.
Giovani e vergini insieme:
Salve a te, sposa,
e a te,
sposo gentile,
piu' volte salve.
*
Hymenaon
In alto l'architrave,
Imeneo!
Su in alto levatelo, amici,
Imeneo!
E' qui lo sposo simile ad Ares,
Imeneo!
Di un uomo grande piu' grande,
Imeneo!
*
Veglia nuziale
E noi, fanciulle,
tutta la notte cantiamo il tuo amore
e della sposa dal seno di viola.
*
Il guardiano della porta nuziale
Piedi di sette spanne
ha il portiere;
cinque pelli ci vollero di bovi
per le sue scarpe,
dieci calzolai
ci lavorarono.
*
Nozze in Olimpo
Quivi di ambrosia gia' colmo
era il cratere.
Prese Ermes il ciato
e verso' bere agli dei.
E tutti gli dei tenevano in mano
le larghe coppe e libavano
augurando allo sposo
felicita'.
*
Le nozze di Ettore e Andromaca
Venne l'araldo correndo,
Idao messaggero veloce,
e disse:
"Ettore e i suoi compagni,
su navi e navi per il salso mare,
da Tebe sacra e dalle irrigue fonti
della Placia perenni,
la dolce Andromaca scortano
dagli occhi splendenti.
E molte recano armille d'oro,
e molte
trascoloranti vesti di porpora,
e molti
di vario lume gioielli
e tazze di argento e di avorio
innumerevoli".
Cosi' disse l'araldo. Prontamente
si levo' il padre. La novella corse
per le ampie vie della citta', giunse
agli amici.
Or ecco le donne di Ilio
a carri di agili ruote
aggiogano i muli. Vi salgono in folla
e madri e vergini di snelle caviglie.
Avanzano anche a lor volta,
su carri distinti,
le figlie del re.
E ai cocchi ricurvi di guerra
sospingono i loro cavalli
giovani in arme.
Ora con grande corteggio muovono insieme
verso la sacra Ilio. Si odono cetre
e flauti di dolce suono e strepito
di crotali; con acute voci le vergini
cantano un puro canto: eco di giubilo
ineffabile sale fino al cielo.
E ovunque per le vie sono crateri
e fiale; e bruciano e si mescono profumi
di mirra di casia di olibano, e tutti,
uomini e donne, levano grida e inni.
E alto su tutti squilla il peana ad Apollo,
ad Apollo arciere, ad Apollo dalla bella lira:
e tutti cantano in coro Ettore e Andromaca,
Ettore e Andromaca simili agli dei.
*
Preghiera per il fratello Carasso
O dea di Cipro, e voi Nereidi, fate
che incolume ritorni
qui mio fratello,
e che quanto nel cuore e' a lui piu' caro
tutto si compia. Fate
che quanti nel passato
commise errori tutti li disperda,
e sia di gioia a chi l'ama, e a chi non l'ama
perturbamento;
ne' piu' ci siano nemici tra di noi.
E alla sorella voglia degli onori
suoi fare parte, le doglianze amare
dimenticando ed i rimbrotti
che lui stesso facevano soffrire
e me con lui.
*
La cosa piu' bella
Chi dice un esercito
di cavalieri, e chi di fanti,
e chi di navi schierate
presso la terra nera:
io dico chi uno ama.
...
...
E vedere vorrei di Anactoria
l'amabile passo
e il raggiante splendore del volto.
*
La figlia di Saffo
Una figlietta bella io ho:
pare nel volto un fiorellino d'oro
la mia Cleide.
Per lei
tutta darei la Lidia
e anche l'amata Lesbo.
*
Alla figlia Cleide
Mi diceva mia madre che al suo tempo
se taluna si fosse
con un nodo di porpora legati
giovinetta, i capelli,
gia' questo era per lei grande ornamento;
e cosi' di tal altra se al suo capo,
di un color biondo acceso come fiamma,
avesse sovrapposto una ghirlanda
di fiori appena colti.
Ma tu vuoi che da Sardi un diadema,
o Cleide, io ti procuri,
un lavorato diadema quali
ci venivano allora
delle citta' della Meonia.
...
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 32 del 26 marzo 2021
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