[Nonviolenza] No. 30



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NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 30 del 12 settembre 2020

In questo numero:
1. No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
2. Il testo del quesito referendario
3. Siti utili per l'informazione e l'impegno
4. "Noi per il NO". Un incontro di studio a Viterbo sull'appello promosso da Rosy Bindi, Pietro Grasso, don Luigi Ciotti, Carla Nespolo, Susanna Camusso ed altre autorevoli figure della vita democratica
5. Daniele Camilli intervista Enrico Mezzetti
6. Documento dei Cristiano Sociali: Noi vi chiediamo di andare a votare e votare NO
7. L'appello di 183 costituzionalisti per il NO al referendum
8. "Area democratica per la giustizia": Il taglio dei parlamentari e' un vulnus per la democrazia

1. APPELLI. NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE MUTILA LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E MIRA AD IMPORRE UN REGIME TOTALITARIO NEL NOSTRO PAESE

Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza.

2. MATERIALI. IL TESTO DEL QUESITO REFERENDARIO

Il testo del quesito referendario e' il seguente: "Approvate il testo della legge costituzionale concernente 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 240 del 12 ottobre 2019?".

3. RIFERIMENTI. SITI UTILI PER L'INFORMAZIONE E L'IMPEGNO

- Comitato nazionale per il NO al taglio del parlamento: sito: www.noaltagliodelparlamento.it
- Coordinamento per la democrazia costituzionale, sito: www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it
- Noi per il NO, sito: https://noiperilno.it

4. REPETITA IUVANT. "NOI PER IL NO". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO SULL'APPELLO PROMOSSO DA ROSY BINDI, PIETRO GRASSO, DON LUIGI CIOTTI, CARLA NESPOLO, SUSANNA CAMUSSO ED ALTRE AUTOREVOLI FIGURE DELLA VITA DEMOCRATICA

La mattina di venerdi' 11 settembre 2020 si e' svolto a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" un incontro di studio sull'appello "Noi per il NO" promosso da Rosy Bindi, Pietro Grasso, don Luigi Ciotti, Carla Nespolo, Susanna Camusso ed altre autorevoli figure della vita democratica.
L'incontro e' stato aperto dalla lettura integrale dell'appello.
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Il testo integrale dell'appello "Noi per il NO"
Al referendum costituzionale del 20-21 settembre voteremo convintamente NO e vi invitiamo a fare altrettanto
Per difendere i principi della democrazia parlamentare, i valori della rappresentanza popolare e il libero confronto fra tutte le forze politiche
Respingere la riduzione dei parlamentari significa dire NO alle derive populiste e alle tentazioni decisioniste che si celano dietro una proposta semplicistica e solo apparentemente accattivante.
La proposta di tagliare drasticamente il numero dei deputati e dei senatori elettivi non rafforza affatto la nostra democrazia; anzi, la indebolisce parecchio, anche perche' lascia intatti tutti i problemi dell'attuale sistema parlamentare.
In passato, ci siamo sempre dichiarati favorevoli alla riduzione del numero dei parlamentari nel quadro di un progetto complessivo di riforma costituzionale volta a rendere piu' efficiente la democrazia parlamentare, anche superando il carattere perfetto del nostro bicameralismo, distinguendo le funzioni e le competenze della Camera dei deputati da quelle del Senato della Repubblica. Ma la revisione costituzionale sottoposta oggi a referendum non si propone affatto di rendere piu' efficiente la nostra democrazia.
Chi sostiene la riduzione dei parlamentari infatti ha sempre guardato con scherno alla democrazia rappresentativa, illudendosi di poterla quasi integralmente sostituire con forme alternative di democrazia diretta.
Nelle grandi societa' complesse dell'eta' contemporanea la democrazia non puo' che basarsi sulla rappresentanza e sulle formazioni sociali capaci di promuovere la partecipazione politica. Il combinarsi di rappresentanza e di partecipazione rende infatti possibili i momenti di dialogo e confronto, vero antidoto rispetto agli sterili conflitti frontali tipici di tutti i populismi.
La democrazia diretta puo' soltanto affiancare, nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione, la democrazia rappresentativa, insostituibile testata d'angolo delle istituzioni repubblicane.
Se la democrazia e' necessariamente rappresentativa, contrapporre corpo elettorale e parlamentari, rappresentati e rappresentanti – come si propongono di fare i sostenitori del si' al referendum – costituisce un gioco estremamente pericoloso che soffia sul fuoco del populismo. La storia del nostro paese dovrebbe averci dolorosamente insegnato che la delegittimazione del Parlamento apre rapidamente la strada a soluzioni autoritarie, vale a dire alla morte della democrazia.
Un Parlamento rimpicciolito risultera' non soltanto piu' inefficiente, ma anche meno rappresentativo, soprattutto delle aree periferiche e meno popolate del paese. Ancora, con l'attuale sistema elettorale, le forze politiche minori avranno piu' difficolta' a far sentire la propria voce nelle aule parlamentari, mentre i collegi uninominali diventeranno assai piu' ampi, rendendo cosi' piu' dispendiose le campagne elettorali e attenuando il legame tra l'eletto e il territorio che l'ha espresso. Si rafforzera' cosi' il controllo oligarchico dei vertici dei partiti sulla scelta dei candidati e sull'individuazione degli eletti. Ridurre drasticamente il numero dei parlamentari senza introdurre una nuova legge elettorale piu' rispettosa delle minoranze politiche costituisce un vero e proprio salto nel buio. Prima del referendum, ci sarebbe stato tutto il tempo per adottare una nuova legge elettorale che consentisse agli elettori di scegliere realmente i propri rappresentanti. E' estremamente significativo che non si sia voluto procedere speditamente in tal senso.
Indebolire il Parlamento significa anche ritornare indietro, ancora una volta, rispetto alla parita' fra i generi nella rappresentanza politica e alla partecipazione paritaria delle donne alle decisioni politiche fondamentali.
Inoltre il taglio dei parlamentari ridurra' la rappresentanza degli italiani all'estero.
La situazione che stiamo vivendo negli ultimi mesi, cosi' fortemente segnata dall'emergenza virale e dal conseguente massiccio ricorso ad atti normativi del Governo, richiede, per mantenere un equilibrio fra i poteri, un rafforzamento del ruolo parlamentare di indirizzo e di controllo; dunque un potenziamento dello stesso Parlamento.
Ridurre il numero dei parlamentari finisce invece per indebolire la capacita' di lavoro delle Camere, non solo nelle rispettive aule, ma anche nelle commissioni, dove oggi si svolge tanta parte dell'attivita' parlamentare.
Tanto piu' che al taglio dei deputati e dei senatori non si accompagna l'introduzione di alcuna incompatibilita' fra la carica parlamentare e quelle governative in specie e politiche in genere.
Di conseguenza, non pochi parlamentari continueranno a non poter partecipare attivamente ai lavori delle Camere, in quanto impegnati prevalentemente altrove.
Si finira' cosi' per rafforzare eccessivamente l'esecutivo, liberato dal controllo parlamentare, per inseguire sterili mitologie decisioniste.
Per quanto riguarda infine l'argomento piu' demagogico proposto dai sostenitori del referendum, se il loro obiettivo fosse veramente quello di ridurre la spesa pubblica, ci sarebbero tante altre vie per conseguirlo, piu' efficaci e tali da non danneggiare la nostra democrazia.
Tanto piu' che i costi del Parlamento rappresentano una minima parte dei costi della politica. A tutto voler concedere, se proprio si volessero tagliare i costi del Parlamento, basterebbe ridurre i privilegi.
A ben vedere, la volonta' di tagliare i costi della politica nasconde quella di ridurre i costi della democrazia e, per tal via, purtroppo, quest'ultima.
Tra i primi firmatari segnaliamo in particolare: Rosy Bindi, Pietro Grasso, Luigi Ciotti, Carla Federica Nespolo, Guido Bodrato, Marisa Rodano, Silvia Calamandrei, Marianna Scalfaro, Carlo Zaccagnini, Rossella Muroni, Susanna Camusso, Enzo Balboni, Matteo Cosulich, Giorgio Pagliari, Nando Dalla Chiesa, Livia Turco, Rosa Russo Jervolino, Giorgio Merlo, Silvia Prodi, Mario Primicerio, Luciano Silvestri, Nerina Dirindin, Luisa Bossa, Anna Margherita Miotto, Daniela Mazzuconi, Mario Pepe, Marina Magistrelli, Giampiero Scanu, Riccardo Rossi, Mimmo Luca', Giuliano Pisapia
Per adesioni: sito: https://noiperilno.it, email: noiperilno at gmail.com
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Un appello a un impegno plurale e corale in difesa della democrazia, della Costituzione, del bene comune
Concludendo l'incontro il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha sottolineato il valore dell'appello e come esso sia adeguato a rivolgersi ad una vasta parte dell'opinione pubblica che in esso trovera' argomenti intimamente sentiti e profondamente persuasivi per votare NO e per impegnarsi in prima persona a diffondere l'informazione e la coscientizzazione affinche' il NO possa prevalere nel referendum e cosi' impedire una sciagurata riforma costituzionale.
Naturalmente, ha evidenzato Peppe Sini, le posizioni espresse in questo appello solo in parte coincidono con quelle che anche la struttura nonviolenta viterbese sostiene, mentre in parte se ne differenziano considerevolmente.
Il fatto che su alcuni argomenti abbiamo opinioni anche sensibilmente diverse, e fin opposte, e' un esempio  della preziosa varieta', della significativa ampiezza e dell'articolata composizione delle posizioni che convergono verso il medesimo NO all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie.
Muovendo da ragioni e da collocazioni anche assai diverse, tante esperienze e tante persone sovente particolarmente rappresentative della riflessione morale, della ricerca intellettuale, dell'impegno civile e della militanza politica convengono alla stessa conclusione: che occorre opporre un meditato e deciso NO alla manomissione della Costituzione, alla mutilazione del parlamento, all'estromissione delle minoranze dalle istituzioni rappresentative, alla negazione della separazione e del controllo dei poteri, allo svuotamento della democrazia.
Da diversi ambiti della societa' civile, cosi' come dell'impegno istituzionale, si leva plurale e corale l'appello per il NO referendario al golpe oligarchico.
All'appello di "Noi per il NO" si affiancano, ciascuno con le sue specifiche argomentazioni, molti altri appelli, tra cui particolarmente prestigiosi e significativi quelli dei 183 illustri costituzionalisti, dei magistrati associati nell'Area democratica per la giustizia, dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, del Movimento Nonviolento, delle donne impegnate contro la violenza alle donne.
E tra questi diversi appelli ricordiamo ancora una volta anche il nostro che recita: "Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".
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Ogni persona, ogni associazione, ogni movimento democratico s'impegni
Le persone partecipanti all'incontro hanno espresso apprezzamento per l'appello di "Noi per il NO", pur nella ovvia - e talora profonda - diversita' di opinioni su alcuni temi particolari, ed hanno assunto l'impegno a diffonderlo come gia' hanno diffuso nei giorni scorsi altri appelli di altre esperienze.
Che ogni persona di volonta' buona, che ogni associazione sollecita del bene comune, che ogni movimento democratico s'impegni.
Ripetiamolo ancora una volta:
- NO al taglio del Parlamento, alla strozzatura della rappresentanza democratica, all'estromissione delle minoranze dalle Camere, al compiuto asservimento dell'organo legislativo all'esecutivo e a centri di potere extraistituzionali ed antidemocratici.
- NO alla manomissione della Costituzione e alla compressione ed imprigionamento della sovranita' popolare.
- NO alla negazione del principio su cui si fonda lo stato di diritto: la separazione, l'equilibrio ed il controllo dei poteri.
- NO al disegno di sostituire alla democrazia rappresentativa un potere oligarchico e opaco, abusivo e tracotante, effettualmente violento e tendenzialmente totalitario.
La democrazia, la liberta', la giustizia, il diritto alla vita, alla salute e alla dignita' sono beni troppo preziosi per permettere che siano "tagliati per risparmiare".
Il 20-21 settembre 2020 votiamo NO.
Possa vincere il NO come in Cile nel 1988.
Possano essere i giorni dell'arcobaleno.

5. DOCUMENTAZIONE. DANIELE CAMILLI INTERVISTA ENRICO MEZZETTI
[Dal sito www.tusciaweb.eu col titolo ""Enrico Mezzetti (Anpi): Il taglio dei parlamentari e' un attacco alla democrazia rappresentativa" e l'occhiello "Intervista al presidente dell'associazione nazionale partigiani - Il 20 e 21 settembre gli italiani saranno chiamati a votare la proposta di riforma della Costituzione che prevede la riduzione del numero di deputati e senatori"]

Viterbo – "Il taglio dei parlamentari e' un attacco alla democrazia rappresentativa". Il presidente dell'Anpi provnciale di Viterbo, l'associazione nazionale partigiani, Enrico Mezzetti, non ha dubbi. Il 20 e 21 settembre gli italiani saranno chiamati a votare per il referendum costituzionale che prevede il taglio di deputati e senatori. Ad oggi i parlamentari sono 945. In caso di approvazione del referendum diventerebbero 600, ossia 400 deputati e 200 senatori. Un referendum nato con una proposta di legge del Movimento 5 Stelle. Non solo, ma per Mezzetti, cosi' come per molti altri, il taglio dei parlamentari "non comportera' alcun risparmio per le tasche degli italiani". Anzi, secondo un fact-checking di pagella politica per Agi, che considera gli ultimi bilanci di Camera e Senato, il risparmio totale annuale sarebbe di circa un'ottantina di milioni. 52,9 milioni di euro all'anno deriverebbero dal taglio dei deputati e 28,7 milioni da quello dei senatori, rappresentando appena lo 0,005% del debito pubblico italiano.
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- Daniele Camilli: Presidente Enrico Mezzetti, il taglio dei parlamentari aiutera' a rilanciare la democrazia rappresentativa oppure no?
- Enrico Mezzetti: Il taglio dei parlamentari non risolve alcun problema. Semmai aggrava il problema della rappresentativita'. Il parlamento, da sempre, nelle sue articolazioni, e' l'espressione della democrazia. Fare un taglio lineare significa solo indebolire un organismo essenziale per la democrazia. Teniamo pero' presente che nella storia del nostro paese c'e' un filone che da sempre tende a screditare il parlamento in Italia fino al punto che i fascisti lo chiusero definendolo, per bocca di Benito Mussolini, "un'aula sorda e grigia"...
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- Daniele Camilli: E il parlamento, secondo lei, agli occhi delle persone, non e' diventato una specie di casta?
- Enrico Mezzetti: Il parlamento non e' la casta. La casta sono i paradisi fiscali, le grandi ricchezze, i grandi patrimoni che nessuno, in qualche modo, ha intaccato. Questa e' la casta, se uno vuole poi colpire la casta. Colpire invece il parlamento peggiora la democrazia dando credito al discorso che la rappresentanza e' solo un costo.
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- Daniele Camilli: Secondo le forze politiche che hanno proposto la riforma, il taglio dei parlamentari fara' risparmiare un sacco di soldi contribuendo anche alla riduzione del debito pubblico. E' cosi'?
- Enrico Mezzetti: E' stato dimostrato che il risparmio per ogni italiano, derivante dal taglio dei parlamentari, sara' pari a 95 centesimi l'anno. Quindi, non cambia assolutamente niente ai fini economici. E semplicemente un attacco al sistema democratico.
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- Daniele Camilli: Quindi, secondo lei, il taglio dei parlamentari e' solo un attacco alla democrazia...
- Enrico Mezzetti: Il taglio dei parlamentari e' un attacco alla democrazia rappresentativa. Il parlamento e' l'espressione massima della sovranita' popolare. Dunque il taglio dei parlamentari, senza che ci sia nessun tipo di riforma globale, penalizza l'organismo massimo della rappresentanza sociale.
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- Daniele Camilli: Uno svuotamento di senso del parlamento che sembra andare avanti da 30 anni almeno...
- Enrico Mezzetti: Infatti dovremmo andare nella direzione opposta. Quella di ridare dignita' al parlamento. Tante volte la Corte costituzionale e il Presidente della Repubblica hanno puntato il dito contro l'abuso dei decreti legge e il ruolo del parlamento che diventa semplicemente di ratifica delle decisioni prese dal governo. Dobbiamo invece rafforzare il ruolo delle camere facendolo ritornare ai principi dei padri costituenti.
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- Daniele Camilli: Altrimenti, se questo non dovesse avvenire, cosa potrebbe succedere?
- Enrico Mezzetti: Rischiamo di scivolare sempre piu' verso un sistema autoritario dove le persone decidono sempre meno. Un sistema che invoca poi l'uomo forte al comando chiamato a decidere per tutti. Pero' la storia del nostro paese dimostra chiaramente a quali disastri siamo andati incontro quando a decidere e' stato l'uomo forte. Come accaduto durante il fascismo, il cui esito finale fu la tragedia della guerra.
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- Daniele Camilli: Perche' secondo lei in tutti questi anni non si e' potuto valorizzare e sviluppare i principi contenuti nella Costituzione come invece avrebbero voluto i padri costituenti e come la stessa carta costituzionale impone a tutti i cittadini come vero e proprio dovere?
- Enrico Mezzetti: Si e' andati sempre piu' nel senso di un pensiero unico. Come se il mercato fosse l'unico regolatore delle dinamiche sociali e dei rapporti tra le persone. Quasi fosse una sorta di pilota automatico. Con la democrazia presentata come una specie di perdita di tempo. Il problema vero del nostro paese sono le differenze sociali tra ricchi e poveri, che fra l'altro dopo il Coronavirus stanno diventando enormi. Differenze che non risolvi solo in termini di logiche economiche tagliando la rappresentanza parlamentare. Vanno colpite invece le grandi rendite parassitarie.
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- Daniele Camilli: Non crede che anche la generale restrizione delle liberta' dovuta alla normativa anti-Covid contribuisca anch'essa al progressivo svuotamento di senso della rappresentanza democratica in Italia?
- Enrico Mezzetti: No, non credo. Non ho nulla da obiettare sulle misure adottate contro questo virus e la pandemia che stiamo affrontando. E non sono affatto sulla linea di quei signori che bruciano le immagini del Presidente della Repubblica o del Papa. Ritengo questi signori degli irresponsabili. Certo, una volta finita la pandemia dovranno cessare le limitazioni che sono state introdotte.
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- Daniele Camilli: Tenuto conto anche di quanto lei ha detto nel corso dell'intervista, l'Italia, ad oggi, puo' essere considerato ancora un paese a democrazia rappresentativa cosi' come lo avevano immaginato i padri costituenti tra il 1946 e il 1948?
- Enrico Mezzetti: L'Italia e' stato un paese sconfitto in guerra e che ha dovuto subire molti condizionamenti che subisce ancora. Certo, nel contesto che stiamo vivendo, il discredito della democrazia significa una perdita di rappresentanza del popolo e una perdita di democrazia. Nel momento in cui si ritiene che la politica sia solo una perdita di tempo, questo comporta un impoverimento della democrazia. Da questo punto di vista ci stiamo rimpicciolendo senza avere piu' avere la capacita' di guardare al di la' del proprio naso. Vedo pero' anche molti fermenti di giovani che vogliono partecipare e incidere. Ci sono anche tantissime forme di volontariato che stanno ad indicare una volonta' forte di partecipazione.
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- Daniele Camilli: Qual e' secondo lei l'elemento essenziale e vitale a partire dal quale rilanciare la democrazia nel paese?
- Enrico Mezzetti: E' la politica. Solo che adesso i politici pensano solo alla tattica. Uno squallore. Ad esempio i politici non parlano affatto del referendum, aspettano solo il risultato finale per poi poter dire "ha vinto questo e perso quell'altro". Eppure stiamo parlando della riforma della Costituzione, il patto fondamentale su cui si regge la nostra societa'.
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- Daniele Camilli: Una riforma che, laddove dovesse passare, produrra' anche conseguenze a catena su tutto l'impianto parlamentare...
- Enrico Mezzetti: Certo. Le commissioni, i rapporti con le Regioni per quanto riguarda la nomina del presidente della Repubblica. Di tutto questo nessuna forza politica sta discutendo. L'impressione e' che un politico oggi possa dire tutto e il contrario di tutto. A discapito della politica, con l'ulteriore impoverimento della democrazia.
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- Daniele Camilli: Considerando le condizioni in cui versa la scuola dopo il Covid, e' stato giusto utilizzare gli istituti comprensivi e superiori per svolgere il referendum? Non sarebbe stato piu' opportuno pensare ad una soluzione alternativa?
- Enrico Mezzetti: Non sono un tecnico, ma visto dall'esterno forse si sarebbe potuta trovare un'altra soluzione.
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- Daniele Camilli: E fare il referendum in coincidenza con le elezioni regionali?
- Enrico Mezzetti: Ecco, questo e' decisamente inopportuno, perche' contribuisce a distrarre gli elettori, quando invece la problematica posta dal referendum e' decisiva per la vita e la storia del paese.

6. DOCUMENTAZIONE. DOCUMENTO DEI CRISTIANO SOCIALI: NOI VI CHIEDIAMO DI ANDARE A VOTARE E VOTARE NO
[Dal sito noiperilno.it]

Il 20/21 settembre si svolgera' il referendum sul taglio dei parlamentari.
Il referendum chiedera' al popolo italiano di "tagliare" la rappresentanza dei parlamentari portandola dagli attuali 945 (630 deputati e 315 senatori) a 600 (400 deputati e 200 senatori), mentre resterebbero in vigore i 5 senatori a vita.
Noi vi chiediamo di andare a votare e votare NO (attenzione: non esiste il quorum, l'astensione non ha alcun significato e favorisce la conferma della legge) per queste importanti ragioni:
1. Il taglio non ha senso fuori da un contesto di riforme (nuova legge elettorale, differenziazione delle funzioni di Camera e Senato, modifica dei Regolamenti parlamentari, Riforma dell'assetto regionale, ecc.) che lo renda funzionale sia in termini di efficienza che di rappresentanza.
2. Con il taglio non si risparmieranno 500 milioni di euro a legislatura, come si dice, ma 57 milioni l'anno che per 5 anni fanno 285 milioni, lo 0,007% della spesa pubblica italiana. Si pensa di risolvere per questa via il problema del debito pubblico? Se e' per questo basterebbe sopprimere un paio di enti inutili tra le migliaia di societa' partecipate a livello locale per risparmiare la stessa cifra.
3. Il contenuto di molte normative prodotte dal Parlamento negli ultimi anni e le cronache della politica segnalano che i problemi che si pensa di risolvere con il taglio sono piu' da ascrivere alla piu' bassa qualita' piuttosto che all'eccessivo numero di degli eletti. Dunque diventa piu' urgente una legge sui partiti per assicurare una migliore selezione dei candidati da mettere in lista secondo regole che ne garantiscano rappresentativita', rettitudine, competenza, orientamento al bene comune, autorevolezza, responsabilita' istituzionale.
4. Il taglio riduce la rappresentanza nel senso che si allargheranno a dismisura i collegi elettorali e, giocoforza, ci saranno piccole regioni in cui molti partiti non saranno rappresentati, si ridurra' il pluralismo e, a causa dei territori piu' vasti, aumenteranno i costi delle campagne elettorali e soltanto chi potra' sostenerli sara' piu' facilmente eletto.
5. Per un Senato composto da 200 componenti e che continuera' a svolgere le stesse funzioni di prima, sara' molto piu' difficile reggere il confronto con la Camera. Si allungheranno i tempi e diventera' piu' tortuoso l'iter parlamentare dei testi di legge. Aumentera' inevitabilmente l'iniziativa del Governo con decreti di varia natura e il ruolo del Parlamento sara' ulteriormente mortificato. Senza contare che su platee cosi' ridotte di parlamentari crescera' il peso delle lobby di interessi privati e di categorie particolari, che potranno condizionare il contenuto della legislazione utilizzando l'accresciuto potere di interdizione di ogni singolo parlamentare.
Una legge indigeribile e del tutto inutile, la cui volonta' si deve soltanto al populismo e all'antiparlamentarismo dei 5Stelle e della destra sovranista. Lo stesso Pd aveva votato contro per ben tre volte, salvo poi approvare il testo nella votazione definitiva nell'ambito di un accordo di Governo con il M5S che prevedeva un piu' vasto insieme di riforme e di garanzie rimasto lettera morta.
L'annunciato taglio dei parlamentari, raccontato all'opinione pubblica come un "taglio delle poltrone", si inserisce perfettamente in tale contesto.
Stiamo parlando, infatti, di un provvedimento non urgente e su cui permangono molti dubbi di natura giuridica e politica, che meriterebbero maggiore considerazione e non una riduzione in slogan semplicistici.
Una razionalizzazione nei rapporti tra i vari poteri dello Stato non puo' essere affrontata con la secca riduzione della rappresentanza parlamentare. Senza adeguate garanzie cio' puo' comportare il rischio di una riduzione degli spazi di democrazia. Infatti, con la giustificazione del risparmio di risorse pubbliche, si potrebbe procedere successivamente alla riduzione di tutte le assemblee a tutti i livelli, dai Comuni alle Assemblee regionali.
Mantenere viva la nostra Costituzione e' nella responsabilita' di tutti noi. La riduzione del dialogo, la demagogia, le tentazioni plebiscitarie hanno sempre favorito i regimi autoritari.
C'e' un disegno antiparlamentare che puo' diventare pericoloso e come sottolinea P. Bartolomeo Sorge : "Tagliare i parlamentari, senza riforma elettorale, vuol dire mutilare la nostra bella Costituzione".
Noi vi chiediamo di votare NO.

7. REPETITA IUVANT. L'APPELLO DI 183 COSTITUZIONALISTI PER IL NO AL REFERENDUM
[Dal sito www.huffingtonpost.it riprendiamo questo appello sottoscritto da 183 costituzionalisti pubblicato il 24 agosto 2020]

Le ragioni del nostro NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari
In risposta all'appello del Direttore della testata online "Huffington Post" Mattia Feltri, pubblicato lo scorso 8 agosto, le sottoscritte e i sottoscritti, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale, intendono spiegare le ragioni tecniche per le quali si oppongono alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.
Si precisa che il presente documento scaturisce da un'iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, cosi' come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell'elaborazione collettiva dei sottoscrittori.
Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica.
I fautori della riforma adducono, a sostegno del "SI'" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, pero', di un argomento inaccettabile non soltanto per l'entita' irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perche' gli strumenti democratici basilari (come appunto l'istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.
La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.
Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non puo' correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.
I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentativita' perche' sarebbero gia' tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un'espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali. A prescindere, pero', da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si puo' ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che "solo il Parlamento e' sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile".
Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l'interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un'idea dell'importanza delle Camere.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Cosi', ad esempio, l'Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se e' spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere piu' efficiente l'istituzione parlamentare).
Come si e' gia' detto, l'attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo cosi' incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l'aggravare, anziche' ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.
5) La riforma appare ispirata da una logica "punitiva" nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento "punitivo" nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una "casta" parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed e' il segno di una diffusa confusione del problema della qualita' dei rappresentanti con il ruolo dell'organo parlamentare. Non e' dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacita' di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.
Non puo' trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentativita' delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.
E' illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l'evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non e' meglio di nessuna riforma. Semmai e' vero il contrario. Respingendo questa riforma perche' monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe piu' difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticita' e della rappresentativita' delle istituzioni.
Per queste ragioni i sottoscritti voteranno convintamente "NO"!
[Seguono le firme]

8. REPETITA IUVANT. "AREA DEMOCRATICA PER LA GIUSTIZIA": IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI E' UN VULNUS PER LA DEMOCRAZIA
[Dal sito www.noaltagliodelparlamento.it riprendiamo il seguente intervento del primo settembre 2020 dal titolo "Taglio dei parlamentari: un vulnus per la democrazia" e il sommario "Si rischia un Parlamento meno rappresentativo, meno efficiente, meno pluralista, perche' privo dei contributi di tanti territori e delle minoranze", apparso originariamente nel sito www.areadg.it]

A breve i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi con referendum confermativo sulla legge di revisione costituzionale dal titolo: "Modifiche agli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari". La legge n. 249/2019 prevede un drastico taglio, pari a 36,5%, dei componenti di Camera e Senato (che passano rispettivamente da 630 a 400 e da 315 a 200), fissa a cinque il numero dei senatori a vita, riduce da sei a quattro il numero dei senatori eleggibili nella Circoscrizione Estero, abbassa a tre il numero minimo di senatori assegnato ad ogni regione, con l'eccezione del Molise e della Valle d'Aosta per le quali il numero minimo di senatori e' fissato rispettivamente a due e ad uno, mentre le province autonome di Trento e Bolzano sono equiparate alle regioni e per esse il numero minimo e' fissato a tre per ciascuna provincia.
Si tratta di un referendum confermativo per il quale non e' previsto un quorum: a prescindere dalla partecipazione al voto, se dovessero prevalere i "si'", con le prossime elezioni le rappresentanze parlamentari saranno ridotte di oltre un terzo e cio' in assenza della riforma della legge elettorale.
Secondo i sostenitori della legge, questa dovrebbe portare tre risultati: allineare il numero dei nostri rappresentati in Parlamento alle medie degli altri Parlamenti, in particolare di quelli europei, sull'assunto che quello italiano sia eccessivo; ridurre i costi della politica; assicurare maggiore efficienza al nostro Parlamento. Ma molti autorevoli costituzionalisti hanno assunto posizioni fortemente critiche, osservando che si tratta di una riforma che non realizza gli obiettivi prefissati e rischia, invece, di produrre effetti distorsivi sulla qualita' della nostra democrazia. La riforma, comportando un taglio lineare di oltre un terzo dei parlamentari, non assicura un recupero di efficienza del Parlamento, specie in assenza di riforma dei Regolamenti parlamentari e delle procedure di approvazione delle leggi; determinera', invece, un sensibile rallentamento, se non la paralisi, del lavoro parlamentare e delle Commissioni, aggravandone l'inefficienza.
Quanto ai costi, affrontando il tema senza inseguire le spinte populiste dell'antipolitica, si deve riconoscere che la democrazia ha costi che occorre sostenere per assicurare il funzionamento delle istituzioni repubblicane da cui dipende la garanzia delle liberta' fondamentali, il cui valore non e' comparabile con il declamato risparmio. Sul quale, peraltro, nessuno e' stato in grado, finora, di fornire dati affidabili: i sostenitori della legge parlano di un risparmio di 500 milioni a legislatura; i detrattori lo stimano in 50 milioni o poco piu'. Nessuno e' in grado di fornire dati certi e verificabili. Quale che sia l'entita' del risparmio, esso non incidera' realmente sui costi del Parlamento. Il taglio ridurra' solo le indennita' di mandato, ma non le spese, certo piu' cospicue, di funzionamento delle camere; soprattutto non incidera' sui costi realmente inutili della politica, sugli enti superflui, sulle spese fuori controllo, sugli sprechi e sui privilegi, sulle pratiche degenerative ed illegali.
Quanto all'allineamento del numero dei nostri parlamentari alle medie di quelli europei, le comparazioni hanno dimostrato che l'argomento e' suggestivo e demagogico; certo e' che, invece, se la riforma andra' a regime, l'Italia sara' tra i paesi europei con il minor numero di rappresentanti eletti in Parlamento.
Occorre allora, molto seriamente, domandarsi se un risparmio di spesa incerto, e scarsamente incidente sui costi della politica, costituisca un vantaggio tanto significativo da giustificare gli effetti distorsivi che la riforma rischia di determinare sulla democrazia, sulla rappresentanza politica e sul pluralismo. Effetti che rischiano di aggravarsi in assenza della riforma della legge elettorale, aumentando la distanza tra la politica e i cittadini elettori; perche' in presenza della legge elettorale attuale, nelle quale la composizione delle liste e' decisa dalle segreterie dei partiti, la riduzione del numero degli eleggibili accresce il ruolo di queste ultime, che finiranno con l'occupare ogni spazio di rappresentanza, e determina una marcata marginalizzazione delle minoranze, se non la loro espulsione dal Parlamento. Ne' potranno trovare adeguata rappresentanza tutte le differenti realtà territoriali del nostro Paese, perche' la riforma penalizza i territori piu' fragili che non potranno piu' portare in Parlamento le loro istanze e bisogni, ma anche la ricchezza di idee e visioni che le periferie del nostro Paese spesso sono capaci di esprimere.
Cio' si inserirebbe in un quadro istituzionale che gia' registra un progressivo e preoccupante svilimento del ruolo del Parlamento rispetto al Governo, attuato attraverso l'irrigidimento della disciplina di partito, fino alla sostanziale imposizione del vincolo di mandato, il costante ricorso alla decretazione d'urgenza, alla legge delega e al voto di fiducia, il sistematico accantonamento delle proposte di legge di iniziativa parlamentare per dare corso piu' rapido a quelle governative.
Il risultato sara' un Parlamento meno rappresentativo, meno efficiente, meno pluralista, perche' privo dei contributi di tanti territori e delle minoranze, ed omologato alle direttive del Governo. Un vulnus per la democrazia rappresentativa voluta dalla Costituzione che rischia di aggravare la crisi di credibilita' nella quale da tempo versano le istituzioni del nostro Parlamento, sempre piu' distanti dai cittadini.

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NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 30 del 12 settembre 2020
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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