[Nonviolenza] Telegrammi. 3851



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3851 del 3 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Luciano Bonfrate: Montesquieu contro Jack lo squartatore. Cinque volte NO alla mutilazione del parlamento
2. Ancora una volta chiediamo
3. "L'Italia aderisca al Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari". Una lettera aperta alla Presidente del Senato e al Presidente della Camera
4. Per sostenere "A. Rivista anarchica", ricordando Paolo Finzi
5. Alfonso Celotto: Perche' votero' NO al referendum sul taglio dei parlamentari
6. ALfiero Grandi: "Peggio il tacon del buso"
7. Claudia Mancina: Un cedimento alle pulsioni populiste
8. Francesco Nicodemo: Basta derive populiste
9. Gianfranco Pasquino: Al referendum dico "NO" per difendere la carta costituzionale
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. L'ORA. LUCIANO BONFRATE: MONTESQUIEU CONTRO JACK LO SQUARTATORE. CINQUE VOLTE NO ALLA MUTILAZIONE DEL PARLAMENTO

Tengo per ferme queste opinioni.
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Primo: pensaci, Giacomino
Che prima di prendere una decisione e' meglio pensarci.
Che dovendo decidere qualcosa che riguarda tutti, e' meglio pensarci tutti.
Che prima di fare uno sbaglio e' meglio pensarci due volte.
Che tutti possiamo sbagliare, perche' tutti siamo fallibili.
La democrazia e' quella procedura per cui le decisioni che riguardano tutti si prendono tutti insieme dopo averle discusse e ridiscusse.
Piu' tempo si discute, e meglio e'.
Piu' persone partecipano alla discussione, e meglio e'.
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Secondo: grazie, signor Montesquieu
Nel nostro ordinamento giuridico democratico e costituzionale il parlamento e' l'organo che fa le leggi.
Quando il governo si sostituisce al parlamento, usurpa un potere che non gli appartiene: il governo ha il potere esecutivo, non quello legislativo.
Il parlamento e' eletto dall'intera popolazione. Gli organi che esercitano gli altri due poteri dello stato, il potere esecutivo e il potere giudiziario, non li elegge il popolo.
I poteri devono essere separati, e devono essere sottoposti a controllo; altrimenti e' la dittatura.
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Terzo: Jack lo squartatore for President
Chi vuole mutilare il parlamento vuole prostituirlo alla volonta' del governo e dei padroni.
Chi vuole mutilare il parlamento vuole  escludere dalle istituzioni tutte le opposizioni rappresentative delle oppresse e degli oppressi.
Chi vuole mutilare il parlamento vuole continuare ad aggredire la democrazia e procedere lungo la via che porta al totalitarismo.
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Quarto: repetita iuvant
I sostenitori del si' alla mutilazione del parlamento governano dal 2018; hanno dato prova di quale sia la loro politica: persecuzioni razziste, omissione di soccorso, crimini contro l'umanita'.
Ripetiamolo: i sostenitori del si' alla mutilazione del parlamento governano dal 2018; hanno dato prova di quale sia la loro politica: persecuzioni razziste, omissione di soccorso, crimini contro l'umanita'.
E ripetiamolo una volta ancora, e che nessuno lo dimentichi: i sostenitori del si' alla mutilazione del parlamento governano dal 2018; hanno dato prova di quale sia la loro politica: persecuzioni razziste, omissione di soccorso, crimini contro l'umanita'.
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Quinto: l'inventore in camicia nera
Il piano di mutilare, imbavagliare ed infine annichilire il parlamento non l'hanno inventato i grillini-casaleggiani adesso, ne' Renzi nel 2016, ne' Berlusconi nel 2006; e neppure Licio Gelli con il piano della P2 dai signori riformatori costituzionali "antipolitici" ed "antiparlamentari" attuali scopiazzato a piene mani: lo invento' Mussolini, e lo mise in atto. Conseguenze di quella presa di potere fascista furono le guerre e i campi di sterminio: soltanto tra il 1939 e il 1945 cinquanta milioni di morti.
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Conclusione: cinque volte NO
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votero' NO all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie.
Votero' NO perche' la mutilazione del parlamento italiano lo renderebbe ancor piu' subalterno al governo e ai padroni, procedendo lungo la china che annientando la divisione e il controllo dei poteri porta alla dittatura.
Votero' NO perche' la mutilazione del parlamento italiano lo renderebbe ancora meno rappresentativo del popolo italiano, che vedrebbe cosi' ancor piu' lesa la sua sovranita' sancita dall'art. 1 della Costituzione repubblicana (e' bizzarro che chi vuole mutilare la sovranita' popolare si autoproclami "sovranista": forse fa riferimento a quei "soprani der monno vecchio" di un celebre sonetto del Belli).
Votero' NO perche' la mutilazione del parlamento italiano rende meno democratico, quindi piu' oligarchico, e quindi piu' oppressivo l'ordinamento e il governo del nostro paese.
Votero' NO perche' la mutilazione del parlamento italiano e' un'aggressione alla Costituzione repubblicana, e chi disprezza e aggredisce la Costituzione repubblicana opera per il ritorno del fascismo.
Votero' NO perche' la mutilazione del parlamento italiano e' parte di un'ideologia e di un progetto che alla ragione ed alla convivenza sostituisce l'odio e la demenza, alla civilta' la barbarie, al rispetto per gli esseri umani la violenza razzista.
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In calce allego due appelli tra i molti che circolano e che meritano di essere letti: il nostro "appello nonviolento per il NO" e l'"appello per il NO di 183 costituzionalisti".
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Allegato primo: Un appello nonviolento per il NO al referendum
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".
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Allegato secondo: L'appello di 183 costituzionalisti per il NO al referendum
Le ragioni del nostro NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari
In risposta all'appello del Direttore della testata online "Huffington Post" Mattia Feltri, pubblicato lo scorso 8 agosto, le sottoscritte e i sottoscritti, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale, intendono spiegare le ragioni tecniche per le quali si oppongono alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.
Si precisa che il presente documento scaturisce da un'iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, cosi' come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell'elaborazione collettiva dei sottoscrittori.
Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica.
I fautori della riforma adducono, a sostegno del "SI'" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, pero', di un argomento inaccettabile non soltanto per l'entita' irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perche' gli strumenti democratici basilari (come appunto l'istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.
La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.
Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non puo' correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.
I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentativita' perche' sarebbero gia' tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un'espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali. A prescindere, pero', da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si puo' ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che "solo il Parlamento e' sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile".
Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l'interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un'idea dell'importanza delle Camere.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Cosi', ad esempio, l'Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se e' spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere piu' efficiente l'istituzione parlamentare).
Come si e' gia' detto, l'attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo cosi' incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l'aggravare, anziche' ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.
5) La riforma appare ispirata da una logica "punitiva" nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento "punitivo" nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una "casta" parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed e' il segno di una diffusa confusione del problema della qualita' dei rappresentanti con il ruolo dell'organo parlamentare. Non e' dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacita' di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.
Non puo' trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentativita' delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.
E' illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l'evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non e' meglio di nessuna riforma. Semmai e' vero il contrario. Respingendo questa riforma perche' monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe piu' difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticita' e della rappresentativita' delle istituzioni.
Per queste ragioni i sottoscritti voteranno convintamente "NO"!

2. REPETITA IUVANT. ANCORA UNA VOLTA CHIEDIAMO

Ancora una volta chiediamo che  si realizzino immediatamente quattro semplici indispensabili cose:
1. riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e' l'unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani;
2. abolire la schiavitu' e l'apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto": un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
*
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. REPETITA IUVANT. "L'ITALIA ADERISCA AL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI". UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL SENATO E AL PRESIDENTE DELLA CAMERA

Gentilissima Presidente del Senato della Repubblica,
gentilissimo Presidente della Camera dei Deputati,
ricorrendo nei giorni scorsi il LXXV anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, tanto il Presidente della Repubblica, quanto Lei, Presidente del Senato, e Lei, Presidente della Camera, ha e avete diffuso messaggi di cordoglio per le vittime e di esortazione all'impegno affinche' simili orrori non abbiano a ripetersi mai piu' e si proceda quindi verso il disarmo, la pace, la cooperazione fra tutti i popoli nel riconoscimento della comune umanita' di tutti gli esseri umani; nella consapevolezza che le armi atomiche mettono in pericolo l'esistenza stessa dell'umanita' nel suo insieme.
Orbene, come e' noto, il 7 luglio 2017 una conferenza ad hoc dell'Onu ha adottato il necessario e non piu' rinviabile "Trattato per la proibizione delle armi nucleari", che entrera' in vigore dopo che almeno cinquanta Stati lo avranno sottoscritto e ratificato.
L'Italia e' tra i paesi che questo fondamentale Trattato ancora non lo hanno ne' sottoscritto, ne' ratificato.
In mancanza di questa firma ogni dichiarazione da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese di cordoglio per le vittime e di apprensione per le sorti dell'umanita', ogni appello da parte dei piu' autorevoli rappresentanti istituzionali del nostro paese all'impegno altrui in assenza del nostro, rischia di apparire - ahinoi - come un vaniloquio, un esercizio di retorica, un atto di ipocrisia. E siamo certi che non erano questi il sentimento e l'intenzione vostra e del Presidente della Repubblica.
Come gia' innumerevoli associazioni umanitarie ed innumerevoli cittadine e cittadini, vi esortiamo pertanto anche noi ad assumere un impegno concreto, preciso e non piu' rinviabile: adoperarvi affinche' l'Italia sottoscriva e ratifichi nel piu' breve tempo possibile il Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari.
E' in vostro potere convocare le Conferenze dei capigruppo di entrambi i rami del Parlamento affinche' l'organo legislativo del nostro ordinamento giuridico deliberi un documento in tal senso che impegni e vincoli l'esecutivo.
E' in vostro potere promuovere il pronunciamento del Parlamento italiano.
E' in vostro potere far si' che l'Italia finalmente si esprima con un atto giuridico cogente in pro del bene comune dell'umanita' aderendo al Trattato che impedisca alle armi atomiche di tenere sotto ricatto e minacciare di distruzione l'intera famiglia umana.
Le ragioni per farlo le avete enunciate voi stessi, cosi' come il Presidente della Repubblica, pochi giorni fa. A quelle vostre sentite parole date effettuale seguito, date autentico inveramento.
Ve lo chiedono tutte le associazioni umanitarie, l'intera comunita' scientifica, tutte le cittadine e tutti i cittadini di volonta' buona; ve lo chiede una lettura avvertita della nostra Costituzione, della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani; ve lo chiede l'umanita' intera; ve lo chiedono le generazioni future.
Augurandovi ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 12 agosto 2020

4. INIZIATIVE. PER SOSTENERE "A. RIVISTA ANARCHICA", RICORDANDO PAOLO FINZI

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5. DOCUMENTAZIONE. ALFONSO CELOTTO: PERCHE' VOTERO' NO SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI
[Dal sito formiche.net col titolo "Perche' votero' no al referendum sul taglio dei parlamentari" e il sommario "Se il 20 e 21 settembre voteremo si' al taglio dei parlamentari e' come se decidessimo noi stessi di amputare un pezzo della nostra democrazia. E' un atto di demagogia"]

Flavio Ezio e' quel generale romano passato alla storia per aver sconfitto gli Unni di Attila nella battaglia dei Campi Catalaunici. Forse l'ultima grande vittoria dell'impero romano.
Ma dopo quella vittoria Ezio divenne cosi' potente che l'imperatore Valentiniano III arrivo' ad ucciderlo con le sue proprie mani in una imboscata. Valentiniano era uno di quegli imperatori molto deboli e si racconta che il giorno dopo Petronio Massimo, suo consigliere, gli abbia detto "Augusto, ieri hai tagliato la tua mano sinistra con la tua mano destra".
Io penso che se il 20 e 21 settembre voteremo "si'" al taglio dei parlamentari e' come se facessimo la stessa cosa. Cioe' decidessimo noi stessi di amputare un pezzo della nostra democrazia.
Apparentemente si tratta di un voto referendario semplice e quasi banale. Ci si chiede di confermare la riforma costituzionale che porta da 945 a 600 i parlamentari. Una riforma a favore del popolo e anti-casta, perche' diminuisce le "poltrone" e fa risparmiare parecchi milioni al bilancio dello Stato.
Invece, a me sembra invece piuttosto un atto di demagogia.
Da anni tutti diciamo che il nostro parlamento funziona male. Soprattutto a causa del bicameralismo perfetto e della perdita di centralita' delle Camere.
Da un lato, le decisioni parlamentari sono complicate e farraginose, per cui sempre piu' spesso e' il Governo a decidere le linee politiche. Dall'altro, sappiamo bene che fino a 50 anni fa il dibattito politico era tutto svolto in parlamento, mentre ora con lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione la politica si e' spostata in televisione e sui social network.
Non e' certo riducendo il numero dei parlamentari che riusciamo a restituire al Parlamento centralita' politica e anche decisionale.
Anzi. Perche' la democrazia rappresentativa perdera' ulteriormente il canale di collegamento con i territori, visto che in molte regioni, ad esempio, si eleggeranno soltanto 3 senatori, quindi a scapito di minoranze e piccoli partiti.
Anche la questione del risparmio di spesa non mi sembra decisiva. A seconda dei calcoli ridurre a 600 i parlamentari ci fara' risparmiare dai 20 ai 40 milioni di euro ogni anno. Sembrano molti, ma invece sono soltanto una briciola rispetto agli 800 miliardi annui della spesa pubblica. Cioe' con il taglio lo stato risparmia lo 0,002 del suo bilancio. E' come se ciascun italiano per risparmiare prendesse un caffe' in meno ogni anno...
Insomma, mi pare che la nostra democrazia sia gia' in crisi di suo e non vale certo la pena perdere un ulteriore pezzo di rappresentanza politica, che puo' e deve essere recuperata con riforme piu' utili e incisive.
Percio' votero' "no", per non tagliare un pezzo della mia mano sinistra con la mano destra...

6. DOCUMENTAZIONE. ALFIERO GRANDI: "PEGGIO IL TACON DEL BUSO"
[Dal sito www.noaltagliodelparlamento.it]

Il Pd si sta rendendo conto che acconsentire al taglio del parlamento e' stata una decisione sbagliata: per ragioni di principio, avendo ridotto la Costituzione ad argomento di accordo politico per fare il governo Conte 2, per ragioni di merito, perche' ha avallato un grave attacco populista al parlamento che invece dovrebbe rappresentare i cittadini e perche' si creera' un divario tra le rappresentanze dei territori, avendo fatto l'errore di accettare per i cosiddetti correttivi (altre modifiche della Costituzione e nuova legge elettorale) un percorso separato che li ha fatti finire su un binario morto.
Ora c'e' un tentativo disperato di rimettere in moto la legge elettorale, ma e' un rimedio peggiore della malattia che vorrebbe curare perche' non ammette gli errori e quindi non dice con chiarezza che l'unico rimedio e' votare NO per bocciare il taglio del parlamento, che porterebbe la Basilicata – come altre regioni piccole – ad avere la meta' dei senatori del Trentino Alto Adige con piu' o meno gli stessi abitanti e che non si risolve con la legge elettorale che avrebbe spazi regionali obbligati nel caso passasse il taglio del parlamento.
Per di piu' questo colpo al ruolo del parlamento apre la strada ad altre modifiche costituzionali come il presidenzialismo, vecchio ronzino della destra, per il quale Giorgia Meloni sta raccogliendo le firme che rendono concreto l'obiettivo di ottenere quei pieni poteri gia' reclamati da Salvini.
Cosi' facendo e' peggio il tacon del buso.

7. DOCUMENTAZIONE. CLAUDIA MANCINA: UN CEDIMENTO ALLE PULSIONI POPULISTE
[Dal sito www.linkiesta.it col titolo "Ridurre per andare dove? Chi pensa che questa riforma sia un primo passo per superare il bicameralismo si illude" e il sommario "Il Si' non sara' la fine della democrazia, ma un ulteriore ed evitabile cedimento alle pulsioni populiste che trovano spazio non soltanto tra i grillini, ma purtroppo in tutta la politica italiana"]

Nella vicenda del referendum costituzionale ci sono tre diversi protagonisti, che partecipano con diversi gradi di impegno e di presenza.
Uno e' quello costituito dai partiti, che in teoria sono tutti per il Si', ma non si puo' dire che si stiano scaldando molto per la campagna referendaria. La destra, in particolare, sembra avere qualche dubbio, avendo capito che la vittoria del Si' non potrebbe che rafforzare il governo. E questo si capisce bene.
Il secondo protagonista e' il variegato gruppo di intellettuali e commentatori, non necessariamente giuristi, che stanno animando in queste settimane un dibattito abbastanza vivace. In questo gruppo, a parte la posizione singolare e spiritosa di Gustavo Zagrebelsky sull'asino di Buridano, si sommano e si incrociano, com'e' inevitabile, motivazioni e argomenti diversi e a volte contraddittori. Accade nei referendum. Intanto non si puo' non notare che la posizione del No stia crescendo, e certo non soltanto tra i costituzionalisti conservatori; ma anche tra molti che si sono battuti per i precedenti progetti di riforma.
Il terzo protagonista, silente, e' il popolo elettore. Si fa presto a immaginare che, se andra' a votare, votera' per il taglio dell'odiata casta. Ma in qual numero e con quali percentuali e' tutto da vedere.
Due partiti, pero', sono obbligati a prendere posizione: il Movimento 5 stelle, che e' il padre ideologico e l'autore pratico della legge, e il Partito democratico, che e' il principale partner dell'alleanza.
Tuttavia il Partito democratico, come si sa, parte da una situazione difficile: ha votato no per tre volte e infine si', per evidenti ragioni politiche, in cambio di impegni (i famosi "correttivi") che sono stati del tutto disattesi. Cosi' quello che e', o dovrebbe essere, il piu' solido sostegno dell'attuale governo oscilla dalla tesi che la riduzione del numero dei parlamentari senza correttivi e' un vulnus per la democrazia, a quella che tale riduzione e' nel suo Dna.
Una bella confusione, dunque, che a volte sfiora i toni della disperazione, a volte produce, anche da parte di esponenti illustri, un poco decoroso arrampicarsi sugli specchi. Intanto nel partito monta la ribellione a un voto positivo che appare come un cedimento clamoroso alla politica, peggio, alla cultura grillina. E' da presumere che la prossima Direzione, grazie a qualche salvagente lanciato dai 5 stelle o da Italia viva (leggasi promessa di legge elettorale, che vale quanto puo' valere una promessa dell'ultimo momento), decidera' per il Si', salvo lasciare liberi, come e' inevitabile, militanti e dirigenti di votare come gli pare.
Il risultato sara' che, in ogni caso, la vittoria sara' dei 5 stelle; e il Pd fara', non per la prima volta, la parte di chi regge la coda.
Il principale argomento per il Si', da parte dei piddini,  sembrerebbe essere quello che "siamo sempre stati per la riduzione del numero dei parlamentari". E' stata rispolverata perfino una breve intervista di Nilde Iotti alla Carra' che difende il taglio. Ma la Iotti dovrebbe piuttosto essere ricordata per aver sempre sostenuto, senza farsi accecare dal tabu' della Costituzione cosi' forte tra i comunisti, la necessita' di superare il bicameralismo paritario trasformando il Senato in una Camera delle regioni. E per non aver esitato a riconoscere la debolezza della parte ordinamentale della nostra legge fondamentale: "la parte relativa all'organizzazione dei poteri, la seconda parte della Costituzione, risentiva troppo di impostazioni del passato, di un influsso del sistema liberale prefascista...", diceva in sede di discussione della Bicamerale D'Alema.
Ridurre queste posizioni al taglio dei parlamentari e' una vera e propria alterazione del suo pensiero. E' vero: dal Pds in poi il partito di centrosinistra e' sempre stato a favore di una riduzione del numero dei parlamentari, ma sempre nel quadro di una riforma complessiva del bicameralismo e conseguentemente del rapporto tra governo e Parlamento.
La pura e semplice riduzione del numero, senza toccare il funzionamento delle istituzioni rappresentative, non ha altro significato possibile se non quello di una riduzione del ruolo del Parlamento. Si inquadra in modo esplicito nel ridimensionamento della democrazia rappresentativa sempre teorizzato dal Movimento, che infatti ha presentato anche altre proposte di legge che vanno nella stessa direzione, come quella che introduce il vincolo di mandato (che, in parole chiare, significa che il parlamentare e' responsabile verso il suo partito e non verso i suoi elettori).
Certo, siamo oggi circondati dalle macerie di tutti i tentativi di riforma organica fatti negli ultimi trent'anni. Si illuderebbe chi pensasse che si possa, nel prossimo futuro, realizzare un obiettivo tante volte mancato. Solo una nuova e diversa fase politica, con diversi soggetti in campo, potra' forse consentire di affrontare di nuovo il tema. Ma si illude altrettanto chi ritiene che intanto si fa un primo passo, poi si continuera' con gli altri. Davvero qualcuno puo' pensare che la riduzione dei parlamentari apra la strada a una seria riforma del bicameralismo? O che meno parlamentari siano piu' efficienti, o piu' qualificati? Suvvia, non prendiamoci in giro.
Questa riforma e' semplicemente inutile, se non nel quadro strategico del Movimento 5 stelle. I "correttivi" a cui si pensa non fanno che confermarlo. Pensare che la legge elettorale, che e' una legge ordinaria, quindi modificabile in qualunque momento, possa fare da garanzia democratica a una legge costituzionale, e' assurdo, come ha sottolineato Nadia Urbinati. E rendere il Senato ancora piu' identico alla Camera rende il bicameralismo paritario se possibile ancora piu' insensato. Non sara' la fine della democrazia; ma sara' un ulteriore ed evitabile cedimento alle pulsioni populiste che trovano spazio non soltanto tra i grillini, ma, ahime', in tutta la politica italiana.

8. DOCUMENTAZIONE. FRANCESCO NICODEMO: BASTA DERIVE POPULISTE
[Dal sito formiche.net col titolo "Basta derive populiste" e il sommario "Il taglio dei parlamentari e' figlio della narrativa anti-casta che vuole la politica piu' debole e quindi maggiormente subordinata ad altri soggetti. E' tempo di invertire questo processo. Votare NO significa dare scacco matto alle derive populiste di questi anni che Dio solo sa quanti danni hanno fatto all'Italia"]

Al referendum costituzionale votero' No. Altri e piu' autorevoli di me hanno spiegato in queste settimane perche' nel merito e metodo questa riforma e' sbagliata. Non ripeto le loro argomentazioni, i miei motivi sono piu' semplici ed essenzialmente due, entrambi squisitamente politici.
Prima pero' faccio una premessa. Non appartengo a quelli che considerano la Costituzione intoccabile, ne' a quelli che ci raccontano della deriva autoritaria ogni volta che si prova a riformare il testo costituzionale. Sono a favore di una modifica sostanziale del bicameralismo perfetto, di una semplificazione del quadro istituzionale e del ritorno di una serie di competenze allo Stato centrale. Nel 2016 ho infatti votato Si', non me ne pento e anzi penso che sia stata una grande occasione sciupata a causa di errori macroscopici e per miopia politica.
Questa pero' non e' una riforma, e' solo il taglio del numero dei parlamentari. Se dovesse vincere il Si', avremmo 600 parlamentari. Cosa abbia a che fare il numero di deputati e senatori con l'efficacia e l'efficienza di un sistema istituzionale, nessuno lo sa dire. Oggi o il giorno dopo l'eventuale vittoria del Si', avremmo meno parlamentari ma con le medesime funzioni. Nei fatti non cambierebbe nulla, come anche vicino allo zero sarebbe il risparmio in termini di riduzione dei costi della politica.
Vi confesso, ero orientato all'astensione. Non volevo prendere parte a un referendum costituzionale inutile, i cui effetti nella vita del Paese saranno uguali al resto di niente. Ma le condizioni generali, la data del voto, la scarsa presa del referendum nell'opinione pubblica mi hanno convinto che non potevo astenermi e, peggio ancora, restare indifferente.
E qui arriviamo al primo motivo politico per cui votero' No. E' infatti facile scommettere che la partecipazione al voto sara' bassissima. Per il poco interesse generale sul tema, per la ripresa dei contagi e le preoccupazioni da essi generati nel Paese reale, per la poca confidenza degli italiani con il voto in autunno. Questo significa – non essendo necessario alcun quorum – che pochi milioni di italiani potrebbero decidere per tutti i 50 milioni di elettori. Seppur legittimo, lo trovo politicamente dannoso per il Paese. Per me votare No e' quindi un atto di – etimologicamente – resistenza e significa per me che la Costituzione si puo' cambiare, si' ma non cosi'.
Il secondo motivo e' ancora piu' semplice. Il taglio dei parlamentari, in assenza di un quadro organico di riforma costituzionale, e' semplicistico, e' uno slogan, e' intimamente anti-politica. Dall'inizio degli anni '90 assistiamo all'indebolimento dei soggetti politici e di partito e contemporaneamente al rafforzamento di altri poteri, spesso totalmente slegati dal controllo popolare. La continua delegittimazione politica ci ha consegnato un Paese piu' debole, incapace di uscire da quasi trent'anni da una transizione verso un sistema moderno e funzionale. Il taglio dei parlamentari e' anch’esso figlio della narrativa anti-casta che vuole la politica piu' debole e quindi maggiormente subordinata ad altri soggetti. E' tempo, invece, di invertire questo processo. Votare No significa dare scacco matto alle derive populiste di questi anni che Dio solo sa quanti danni hanno fatto all'Italia.

9. DOCUMENTAZIONE. GIANFRANCO PASQUINO: AL REFERENDUM DICO "NO" PER DIFENDERE LA CARTA COSTITUZIONALE
[Dal sito www.libertaegiustizia.it riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente su "Il fatto quotidiano" il 26 agosto 2020]

Un'abbondante maggioranza assoluta di deputati e senatori, ma non i due terzi, ha votato a favore della riduzione di un terzo del numero di parlamentari in entrambe le Camere. Non importa sapere chi ha votato per convinzione e chi per convenienza, ma e' legittimo chiedere ai parlamentari del Partito democratico perche', dopo tre voti contrari, hanno deciso di passare al voto favorevole.
La risposta puo' benissimo essere che il governo e' piu' importante di quel particolare elemento costituzionale che e' il numero dei parlamentari. Potrebbero anche dire che si sono convinti che e' opportuno risparmiare i soldi del contribuente. Motivazione rispettabile anche se, naturalmente, criticabile: meno parlamentari non significa automaticamente parlamentari migliori. Potrebbero dire che meno parlamentari saranno piu' efficienti. Approveranno piu' leggi in tempi piu' brevi. Anche questa motivazione mostra la corda per due ragioni.
Da un lato, tutti si lamentano che le leggi in Italia sono troppe. Dunque, non si capisce perche' dovremmo volere un Parlamento snello che approvi piu' leggi. Dall'altro, e' noto, o dovrebbe esserlo, che quasi il 90 per cento delle leggi approvate sono di origine governativa. Elevato o ridotto che sia, il numero dei parlamentari non fa differenza anche perche', comunque, il governo otterra' quello che vuole attraverso il ricorso alla deprecabile e deprecata decretazione d'urgenza sulla quale la riforma che procede alla riduzione del numero dei parlamentari non ha niente da dire. In effetti, la semplice riduzione del numero dei parlamentari non implica praticamente nulla se non, ma qui il discorso diventa piu' complesso, qualche problema per due compiti che i "buoni" parlamentari dovrebbero svolgere: dare rappresentanza politica agli elettori, alle loro preferenze e esigenze, interessi e ideali, e controllare quello che il governo fa, non fa, fa male.
Soltanto in piccola parte questi due compiti dipendono dal numero dei parlamentari, ma, certamente, un numero ridotto implica che molti parlamentari saranno piu' oberati da compiti che richiedono presenza, preparazione, tempo. Ci saranno aggiustamenti, annunciano i sostenitori della riforma. Dopo l'approvazione definitiva seguira' una nuova legge elettorale che consentira', ma questo non lo dice nessuno, migliori modalita' di elezione dei parlamentari. Di per se', deve subito essere chiarito, non e' affatto vero che qualsiasi legge elettorale risolva il rebus di una buona equilibrata capillare rappresentanza politica.
Da quel che so non e' la versione, cioe', lo stravolgimento, della legge elettorale tedesca di cui si discute, che produrra' rapporti migliori in termini di ascolto, di presa in considerazione, di apprendimento e, soprattutto, di responsabilizzazione (accountability) degli eletti e, di conseguenza, di aumento del potere degli elettori. Incidentalmente, la quantita' e la qualita' di questo potere dovrebbe essere il criterio dominante per valutare la bonta' di una legge elettorale. Infine, non e' vero che siamo insoddisfatti soprattutto dal cattivo funzionamento del Parlamento italiano.
Dovremmo, comunque, rinunciando all'antiparlamentarismo preconcetto, stilare dei criteri condivisi per dare sostanza al nostro scontento. Quello che ci preoccupa o dovrebbe preoccupare sono i cruciali rapporti fra Parlamento e governo (e viceversa). Se la riduzione del numero dei parlamentari avesse un senso forte, volesse davvero incidere sullo snodo piu' importante, decisivo delle democrazie parlamentari i suoi sostenitori dovrebbero affermare che con meno parlamentari quei rapporti migliorerebbero da tutti, o quasi, i punti di vista, in particolare: lealta', disciplina, trasparenza, valorizzazione del ruolo dell'opposizione. Il silenzio su questi aspetti mi sembra molto inquietante.
Ancora piu' inquietante, mi e', pero', parsa la motivazione del deputato del Partito democratico Stefano Ceccanti. Non ne ricordo il dissenso quando il suo gruppo parlamentare per tre volte voto' "no". Avendo acrobaticamente espresso il suo "si'" alla quarta votazione, Ceccanti ha prodotto come argomentazione dominante quella che, dopo tanto immobilismo costituzionale, la riduzione del numero dei parlamentari, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, aprirebbe una breccia (nella Costituzione). Piu' di trent'anni fa, fu il grande giurista e storico delle istituzioni, anche senatore della Lega Nord per l'Indipendenza della Padania, Gianfranco Miglio, a sostenere la necessita' di uno sbrego alla Costituzione italiana. Poiche' non gradisco gli sbreghi e non credo che sia opportuno sbrecciare la Costituzione italiana, meglio votare No.

10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Herman Melville, Napoli al tempo di Re Bomba, Alessandro Polidoro Editore, Napoli 2019, pp. 96, euro 12.
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Riletture
- Annie Cohen-Solal, Sartre, Il Saggiatore, Milano 1986, pp. X + 676.
- Bianca Guidetti Serra, Compagne, Einaudi, Torino 1977, 2 volumi, pp. XX + 662.
- Françoise Sironi, Persecutori e vittime. Strategie di violenza, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 212.
- Anna-Vera Sullam Calimani, I nomi dello sterminio, Einaudi, Torino 2001, pp. 166.
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Riedizioni
- Giacomo Matteotti, Un anno di dominazione fascista, Mondadori, Milano 2019, Rcs, Milano 2020, pp. 272, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3851 del 3 settembre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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