[Nonviolenza] Telegrammi. 3731



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3731 del 6 maggio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Tutti i morti parlano ai vivi
2. Sosteniamo il Movimento Nonviolento
3. Proposta di una lettera da inviare al governo
4. Proposta di una lettera da inviare ai Comuni
5. Prima che sia troppo tardi. Un appello
6. Ai Qing
7. Gino Bartali
8. Camillo Berneri
9. Michail Botvinnik
10. Carlo Campolmi
11. Sandra Codazzi
12. Cristina Conchiglia
13. Haroldo Conti
14. Glorio Della Vecchia
15. Giuseppe Disertori
16. Irving Howe
17. Irmgard Keun
18. Sarah Kirsch
19. Mildred Loving
20. Marco Mattiucci
21. Ladislao Mittner
22. Pak Kyongni
23. Theo Pinkus
24. Angelo Romano'
25. William David Ross
26. Ferruccio Rossi-Landi
27. Theodore Ruyssen
28. Bobby Sands
29. Alberto Savinio
30. Pietro Scaglione
31. Giulietta Simionato
32. Walter Sisulu
33. Gino Tommasi
34. L'umanita' dopo Hiroshima
35. Dopo Hiroshima l'umanita'
36. Il primo e l'ultimo comandamento
37. Omero Dellistorti: 'L zi' Sciacallo
38. Segnalazioni librarie
39. La "Carta" del Movimento Nonviolento
40. Per saperne di piu'

1. REPETITA IUVANT. TUTTI I MORTI PARLANO AI VIVI

"d'aprir lo core a l'acque de la pace"
(Purg., XV, 131)

Tutti i morti parlano ai vivi
ed e' questa la loro parola:
non uccidere, e' questa la sola
buona regola finche' tu vivi.

Questo dice la voce dei morti
ai viventi che porgono ascolto:
non uccidere, non fare torti
alla carne che soffre ed al volto.

Tutti ancora scorrono i rivi
tutti ancora s'ingemmano gli ulivi.

Piu' sottile del soffio del vento
va la voce dei morti ai viventi:
reca aita a chi soffre tormento,
alla vita degli altri consenti.

Quando i vivi ascoltano i morti
solo odono questa parola:
non uccidere, e' questa la sola
buona norma dei cuori dei forti.

2. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Occorre certo sostenere finanziariamente con donazioni tutti i servizi pubblici che stanno concretamente fronteggiando l'epidemia. Dovrebbe farlo lo stato, ma e' tuttora governato da coloro che obbedienti agli ordini di Mammona (di cui "Celochiedonoimercati" e' uno degli pseudonimi) hanno smantellato anno dopo anno la sanita' e l'assistenza pubblica facendo strame del diritto alla salute.
Ed occorre aiutare anche economicamente innanzitutto le persone in condizioni di estrema poverta', estremo sfruttamento, estrema emarginazione, estrema solitudine, estrema fragilita'. Dovrebbe farlo lo stato, ma chi governa sembra piu' interessato a garantire innanzitutto i privilegi dei piu' privilegiati.
Cosi' come occorre aiutare la resistenza alla barbarie: e quindi contrastare la guerra e tutte le uccisioni, il razzismo e tutte le persecuzioni, il maschilismo e tutte le oppressioni. Ovvero aiutare l'autocoscienza e l'autorganizzazione delle oppresse e degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera. Ovvero promuovere l'universale democrazia e la legalita' che salva le vite, solidarieta', la responsabilita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e conforta e sostiene, la condivisione del bene e dei beni.
In questa situazione occorre quindi anche e innanzitutto sostenere le pratiche nonviolente e le organizzazioni e le istituzioni che la nonviolenza promuovono ed inverano, poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
E tra le organizzazioni che la nonviolenza promuovono ed inverano in Italia il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e' per molte ragioni una esperienza fondamentale.
Chi puo', nella misura in cui puo', sostenga quindi il Movimento Nonviolento, anche con una donazione.
*
Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, sezione italiana della W.R.I. (War Resisters International - Internazionale dei resistenti alla guerra)
Sede nazionale e redazione di "Azione nonviolenta": via Spagna 8, 37123 Verona (Italy)
Tel. e fax (+ 39) 0458009803 (r.a.)
E-mail: azionenonviolenta at sis.it
Siti: www.nonviolenti.org, www.azionenonviolenta.it
Per destinare il 5x1000 al Movimento Nonviolento: codice fiscale 93100500235
Per sostegno e donazioni al Movimento Nonviolento: Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455

3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

6. MEMORIA. AI QING

Il 5 maggio 1996 moriva Ai Qing
poeta
con gratitudine lo ricordiamo

7. MEMORIA. GINO BARTALI

Il 5 maggio 2000 moriva Gino Bartali
campione di ciclismo e Giusto tra le nazioni
con gratitudine lo ricordiamo

8. MEMORIA. CAMILLO BERNERI

Il 5 maggio 1937 moriva Camillo Berneri
pensatore e militante anarchico
antifascista perseguitato ed esule
combattente antifascista in Spagna
assassinato dagli stalinisti
vive nel cuore dell'umanita'
con gratitudine lo ricordiamo

9. MEMORIA. MICHAIL BOTVINNIK

Il 5 maggio 1995 moriva Michail Botvinnik
illustre scacchista
con gratitudine lo ricordiamo

10. MEMORIA. CARLO CAMPOLMI

Il 5 maggio 1975 moriva Carlo Campolmi
partigiano
con gratitudine lo ricordiamo

11. MEMORIA. SANDRA CODAZZI

Il 5 maggio 2010 moriva Sandra Codazzi
partigiana sindacalista senatrice
con gratitudine la ricordiamo

12. MEMORIA. CRISTINA CONCHIGLIA

Il 5 maggio 2013 moriva Cristina Conchiglia
militante del movimento operaio e parlamentare
con gratitudine la ricordiamo

13. MEMORIA. HAROLDO CONTI

Il 5 maggio 1976 veniva sequestrato Haroldo Conti
scrittore argentino desaparecido
con gratitudine lo ricordiamo

14. MEMORIA. GLORIO DELLA VECCHIA

Il 5 maggio 1945 moriva Glorio Della Vecchia
martire della Resistenza
con gratitudine lo ricordiamo

15. MEMORIA. GIUSEPPE DISERTORI

Il 5 maggio 1992 moriva Giuseppe Disertori
psichiatra e antifascista
con gratitudine lo ricordiamo

16. MEMORIA. IRVING HOWE

Il 5 maggio 1993 moriva Irving Howe
saggista e militante socialista
con gratitudine lo ricordiamo

17. MEMORIA. IRMGARD KEUN

Il 5 maggio 1982 moriva Irmgard Keun
scrittrice e antifascista
con gratitudine la ricordiamo

18. MEMORIA. SARAH KIRSCH

Il 5 maggio 2013 moriva Sarah Kirsch
poetessa
con gratitudine la ricordiamo

19. MEMORIA. MILDRED LOVING

Il 5 maggio 2008 moriva Mildred Loving
militante antirazzista testimone della dignita' umana
con gratitudine la ricordiamo

20. MEMORIA. MARCO MATTIUCCI

Il 5 maggio 1998 Marco Mattiucci
mentre salvava vite umane
perse la vita
con gratitudine lo ricordiamo

21. MEMORIA. LADISLAO MITTNER

Il 5 maggio 1975 moriva Ladislao Mittner
insigne germanista ed uomo sapientissimo
con gratitudine lo ricordiamo

22. MEMORIA. PAK KYONGNI

Il 5 maggio 2008 moriva Pak Kyongni
scrittrice
con gratitudine la ricordiamo

23. MEMORIA. THEO PINKUS

Il 5 maggio 1991 moriva Theo Pinkus
studioso e militante del movimento operaio
con gratitudine lo ricordiamo

24. MEMORIA. ANGELO ROMANO'

Il 5 maggio 1989 moriva Angelo Romano'
studioso promotore di cultura senatore
con gratitudine lo ricordiamo

25. MEMORIA. WILLIAM DAVID ROSS

Il 5 maggio 1971 moriva William David Ross
illustre filologo e filosofo
con gratitudine lo ricordiamo

26. MEMORIA. FERRUCCIO ROSSI-LANDI

Il 5 maggio 1985 moriva Ferruccio Rossi-Landi
semiologo illustre
con gratitudine lo ricordiamo

27. MEMORIA. THEODORE RUYSSEN

Il 5 maggio 1967 moriva Theodore Ruyssen
pensatore e militante pacifista
con gratitudine lo ricordiamo

28. MEMORIA. BOBBY SANDS

Il 5 maggio 1981
dopo 66 giorni di sciopero della fame
moriva nel carcere di Long Kesh
Bobby Sands
con dolore e commozione lo ricordiamo

29. MEMORIA. ALBERTO SAVINIO

Il 5 maggio 1952 moriva Alberto Savinio
scrittore pittore musicista
con gratitudine lo ricordiamo

30. MEMORIA. PIETRO SCAGLIONE

Il 5 maggio 1971 moriva Pietro Scaglione
magistrato
assassinato dalla mafia
con gratitudine lo ricordiamo

31. MEMORIA. GIULIETTA SIMIONATO

Il 5 maggio 2010 moriva Giulietta Simionato
voce sublime
con gratitudine la ricordiamo

32. MEMORIA. WALTER SISULU

Il 5 maggio 2003 moriva Walter Sisulu
eroe della lotta contro l'apartheid
con gratitudine lo ricordiamo

33. MEMORIA. GINO TOMMASI

Il 5 maggio 1945 moriva Gino Tommasi
martire della Resistenza
con gratitudine lo ricordiamo

34. REPETITA IUVANT. L'UMANITA' DOPO HIROSHIMA

Ora sappiamo che ci basta il cuore
di fare cenere del mondo intero.

Ora sappiamo che l'intelligenza
sa esser piu' feroce di ogni bruto.

Ora sappiamo di avere lo strumento
che eradica ogni seme e tutti i sogni
che dell'intera umanita' sa fare
un unico falo', un silenzio immenso,
l'ultima notte senza piu' respiro:

ed e' questo strumento l'obbedienza.

35. REPETITA IUVANT. DOPO HIROSHIMA L'UMANITA'

Elenco adesso i compiti dell'ora:
sii vigile, abbiamo un solo mondo.

Sii vigile, da quell'azione astieniti
che toglie altrui la luce e la parola.

Sii vigile, alla guerra sempre opponiti
opponiti agli eserciti e alle armi.

Sii vigile, la dignita' difendi
di ogni essere umano, una e' la carne.

Sii vigile. E misericordioso.

Dopo Hiroshima ogni persona deve
sapersi responsabile di tutto.

36. REPETITA IUVANT. IL PRIMO E L'ULTIMO COMANDAMENTO

Non essere tu la lama di vento
non essere tu la frusta di sabbia.

Troppi sono gia' morti.
Tutti dovremo morire.
Troppo e' gia' breve la vita.

Non altro comando conosco che questo cogente:
tu non uccidere, tu non precipitare
nessuno nel pozzo del niente.

Non altro comando conosco che questo pietoso:
tu non uccidere, tu non annegare
nessuno nell'abisso doloroso.

Non altro comando conosco che questo benigno:
tu non uccidere, tu non schiacciare
nessuno sotto un macigno.

Troppo e' gia' breve la vita.
Tutti dovremo morire.
Troppi sono gia' morti.

Non essere tu l'artiglio nel buio
non essere tu il seme del pianto.

37. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: 'L ZI' SCIACALLO

Lo chiamavano zi' Sciacallo e uno si penserebbe che era una personaccia. Invece no. E' che ci aveva avuto la malaria da giovane e allora ci aveva sempre freddo e per sfotterlo la gente gli diceva sempre "Che callo che fa, tu nun ciai callo?". Lui non ci si impatassava per niente ma la gente continuava a dirlo. E' strano, perche' di solito le spiritosate funzionano se quello ci rosica, invece 'l zi' Sciacallo niente. Pero' il nome gli era restato. Secondo me la gente manco se lo ricordava piu' com'era venuto fuori quel nome. La gente si scorda tutto. Tutto finisce, restano solo i nomi.
A me m'era sempre piaciuto, era uno che lavorava e che ti potevi fidare, e apposta avevamo fatto quella societa', insieme a Giacchettino e Criccheccrocche. A dire il vero a me Criccaccio non m'era mai piaciuto. Pero' era chiaro che senza Criccheccrocche la societa' non si poteva fare. Cioe', fare si poteva fare, pero' poi bisognava dare comunque la parte pure a Criccotto, e allora tanto valeva che facesse qualche cosa pure lui. Giacchettino invece era un pezzo di pane, che lo chiamavano Giacchettino per via del padre che lo chiamavano Giacchettone per via del fatto che una volta aveva detto a uno mentre giocavano a carte che se non la piantava con tutta quella fortuna allora gli avrebbe fatto una giacchetta di legno, e quello ci rideva sopra, ci risero sopra tutti; pero' quello continuo' ad avere fortuna, cosi' alla fine della partita Giacchettone pago' fino all'ultimo baiocco ma il sor fortunello non fece in tempo ad arivare a casa che una botta a cannemozze gli porto' via la testa e la fortuna. Andavano cosi' le cose ai vecchi tempi. Io lo so che la gente si lamenta sempre che ai vecchi tempi si' che si stava bene, ma quelli che si lamentano sono quelli che una botta a cannemozze non gli era arrivata, e allora sono buoni tutti a dire che allora si stava bene.
La societa' nostra finche' duro' funziono' bene: dicono tutti male di Criccheccrocche, ma io posso dire solo che bene fino all'ultimo giorno della societa'. L'ultimo giorno no.
Comunque finche' duro' fu una bella cosa. Il lavoro era di andare a tempo debito con un camion e qualche palanca, caricare le bestie e portarle dove gia' ci aspettava chi le passava dal camion nostro a un altro camion, incassavamo un tot a bestia che le contavamo insieme mentre transumavano dal camion nostro al camion di quell'altri e li' finiva il lavoro nostro. Pagavano poco ma regolari, sull'unghia. Il lavoro non era una gran fatica, tranne quando i padroni delle bestie facevano problemi. C'erano diversi modi di fare problemi.
Primo: s'appostavano di notte col fucile a sorvegliare gli animali e quando arrivavamo noi prima stavano zitti zitti  e boni boni, poi mentre eravamo nel bel mezzo del lavoro cominciavano a sparare. E li' serviva 'l zi' Sciacallo, che ci aveva l'arma di precisione e ci metteva un attimo a capire da dove partivano i colpi, e ci aveva casa piena di coppe del poligono di tiro che una volta era li' li' per essere convocato nella nazionale per andare alle olimpiadi.
SecondO: la mattina dopo il lavoro chiamavano i carabinieri e dicevano che eravamo stati noi. Senza prove. Solo per chiara fama, come si dice. Ma l'appuntato faceva un salto al bar del sor Otello che noi di giorno stavamo sempre li' e ci chiedeva se eravamo stati noi, noi dicevamo di no e la storia finiva. Era che i carabinieri ci avevano paura di Criccheccrocche, o forse gli passava una mesata, o magari li ricattava con chissa' che. Ci avevano paura tutti di Criccheccrocche.
Terzo: c'erano quelli che cercavano di mettersi d'accordo prima. Venivano al bar e dicevano a Cricco che volevano mettersi sotto la sua protezione. Se lui diceva di si', loro ogni settimana lasciavano il regaletto e noi li lasciavamo in pace. Se lui diceva di no insistevano finche' il regaletto era congruo. Insomma, ando' a finire che nel paese il lavoro non c'era piu'. E siccome Criccheccrocche i regaletti se li teneva tutti per se', per noi altri tre era una micragna. Pero' per fortuna nei dintorni mica c'erano solo i paesani nostri che ci avevano le bestie. C'era pure la gente dei paesi intorno. Cosi' magari il viaggio era piu' lungo, perche' bisgnava arrivare ai poderi che magari erano a trenta, quaranta chilometri e pure meglio. Che significava che il tempo cresceva, e mentre prima in un par d'ore era tutto fatto, adesso ci voleva di partire verso mezzanotte e si finiva verso le cinque, le sei, che gia' ci si vedeva e c'era la gente in giro. Per fortuna che ci avevamo 'l zi' Sciacallo.
Poi successe il fatto di Giacchettino. Io non lo so che gli diceva la capoccia, ma un giorno venne al bar e disse che lasciava la societa'. "E perche'?", disse Criccheccrocche. "Perche' nu' lo posso piu' fa'", rispose Giacchettino. "Che e' che nun poi fa'?", chiese ancora Criccaccio. "'Sto lavoro". "E perche'?". "Perche' m'ha detto 'l zi' Barbarossa che 'l partito me vole cannita' a l'elezioni e che allora ho da smetta, perche' chi sta nel partito communista certi lavori nu' li po' fa'". "E chi lo ha detto?". "L'ha detto 'l zi' Barbarossa, te l'ho detto adesso". "E mica e' vero". "Come nun e' vero, cio' parlato mo' col zi' Barbaccia". "Nun dicevo che nun e' vero che te l'ha detto, dicevo che nun e' vero che un communista nun po' lavora'. Nun semo 'l partito de' lavoratori?". "Si', pero' 'l lavoro nostro dice 'l zi' Barbarossa che nun e' 'n lavoro da communisti". "E che ne sa lui?". "Come che ne sa? E' 'l segretario de la sezione". "De la sezione, ma ppe' ssapello uno dev'esse nun dico del comitato centrale, ma almeno almeno de la segreteria de la federazione". "E che ne sai che nun l'ha sentita la federazione?". "Si ll'eva 'ntesa lo sapevo, tu che diche?". "Mo' mica te poi creda de sape' tutto tu". "Tutto no, ma la linea del partito la conosco. Tu l'hae letto 'l Manifesto?". "Eh?". "L'opera immortale dei fondatori del socialismo scientifico, l'hae letta?". "None". "E io sine. E nel Manifesto nun c'e' scritto che 'l lavoro nostro nun e' 'n lavoro da communisti, e tutto quello che nun e' vietato vole di' che sse po' ffa'", concluse Criccheccrocche. E Giacchettino non sapeva che altro dire. Pero' la sera stessa ando' in sezione e 'l zi' Barbaccia confermo' il divieto, cosi' dovette tornare al bar e dire che non c'era niente da fare e che lasciava la societa', perche' il partito viene prima di ogni altra cosa, che il partito e' l'unica speranza della classe operaia. Cricchettone gli disse che 'l zi' Barbaccia non ne azzeccava una neanche per sbaglio e che noi eravamo tutto piu' comunisti di lui che invecchiando s'era rincoglionito mentre noi eravamo giovani e forti e da soli valevamo per trecento, e infatti quando si faceva la festa dell'Unita' chi ci stava al gioco del porcellino? Criccheccrocche. Chi ci stava in cucina a preparare i maccheroni tutte le sere per una settimana di fila? Io e 'l zi' Sciacallo. E chi - di tutto il paese - faceva la meglio sottoscrizione per la stampa comunista? Sempre noi. E quando venne la squadraccia dei fascisti per pestare proprio 'l zi' Barbarossa chi fu che mise in fuga le testedemorto e poi diede fuoco ai pezzetti ch'erano restati per terra a sporcare di sangue? Sempre noi. "E allora?", concluse Criccheccrocche. "Allora che? T'ho detto che lasso e lasso", ribatte' Giacchettino. Che poi si capi' che non era solo per via del partito, ma perche' era Ginetta che gli aveva detto che se non smetteva se lo poteva pure sognare di sposarla, e Giacchettino una cosa sola voleva: voleva sposare Ginetta. Si fanno tante chiacchiere, tanti pensieri, si fanno le guerre, le stragi, s'inventa la polvere da sparo, la dinamite, la bomba atomica, i missili che vanno sulla luna, i mondiali di pallone, si costruiscono le piramidi e i colossei, e alle fine tutto si riduce a questo: che uno vuole una cosa sola e per quella sola cosa lascia tutto. La Ginetta. E' cosi' che va.
Ma a Criccheccrocche non gi stava bene. Io gli dicevo che alla fine chi se ne frega, potevamo pure fare in tre. Ma Criccheccrocche era fatto cosi', tutto era una questione di principio. Lo diceva sempre: "E' una questione di principio". Adesso non vi dico niente, ma ve ne potrei raccontare diecimila di storie che per una questione di principio una scemenza diventava un cinema che non finiva piu'. Neno ci aveva l'abitudine di sputare per terra, a chi dava fastidio? Invece per Criccaccio era una questione di principio e gli diede fuoco alla casa. Il pizzicarolo una mattina non lo fece passare avanti agli altri clienti, ma solo perche' non se ne era accorto che c'era pure lui nel negozio che stava a tagliare il prosciutto e allora guardava solo li', ma per Criccotto era una questione di principio, e gli sgarretto' tutte le bestie che ce ne aveva tre dozzine e non le avevamo mai prelevate perche' era uno che tutte le settimane puntuale il regaletto, ma Criccotto gliele sgarretto' tutte lo stesso. Una volta che la squadra del paese giocava contro quei baronfottuti del paese vicino che noi lo chiamavamo il derbi e che finiva sempre a sassate capito' che l'arbitro ci diede un rigore che non c'era, e tutto il paese l'avrebbe portato in trionfo e gli avrebbe pure fatto il monumento, invece Cricco l'aspetto' negli spogliatoi e lo fece nero come una zampogna che a quel poveraccio dopo gli tocco' girare con le stampelle per il resto della vita, e perche'? Per una questione di principio. Era fatto cosi' Criccheccrocche, ve ne potrei raccontare diecimila di storie cosi', lasciamo perdere.
Cosi' decise che Giacchettino doveva essere punito. "E perche'?", dissi io. "Per deviazionismo ideologico piccolo-borghese", disse lui. "E che sarebbe?". "Studia i classici del marxismo cosi' ce lo sai". Rispondeva sempre cosi' quando voleva fare l'arrogante.
A me non mi stava bene che adesso Criccone seccava Giacchettino, cosi' pensai di andare a casa sua per avvisarlo, che magari neppure era necessario perche' doveva esserci arrivato pure da solo che Criccone ne avrebbe fatto una questione di principio. Ma qando arrivo a casa di Giacco vedo che c'e' gia' 'l zi' Sciacallo col foderone con dentro il cannone. 'L zi' Sciacallo e' uno che non parla mai, ma quella volta lo fece. Disse: "Questione di principio?". "Eh". "Me l'immaginavo. Giacchettino sta di sopra che prepara la valigia e io gli fo la guardia finche' non se ne va". "E la cannitatura?". "Prima vene la pelle". "Giusto". "Parte pure la Ginetta". "Bene". Intanto Giacchettino aveva riempito una valigia e tre borsoni prima di chiudere la porta di casa e buttare la chiave in mezzo a una fratta. Carico' le masserizie sul furgone, che ci aveva un bel furgone che era stato del fratello che era morto in una rissa, salto' su e per fare lo spiritoso disse "Hasta la vista, amigo", che e' un modo di salutare straniero che usavano al cinema quando eravamo maschiotti. E io e 'l zi' Sciacallo lo salutammo coi fazzoletti. proprio coi fazzoletti lo salutammo. Che a sentirmelo dire non ci credo neppure io che invece c'ero e ando' proprio cosi'. 'L zi' Sciacallo che quel giorno aveva deciso di consumare tute le parole che di solito diceva in un anno aggiunse: "Speramo bene". "Parti' e' partito", dissi io. "Gia', ma prima deve passa' a pija' la Ginetta". "Speramo bene", dissi io. E mentre lo dicevamo ci avevamo la voce triste, come se gia' lo sapessimo quello che gia' era successo e quello che sarebbe successo presto.
Era successo che Criccone era andato dalla Ginetta e le aveva tagliato il naso e le orecchie. Poi aveva aspettato che arrivasse Giacchettino perche' voleva che la vedesse cosi' prima di farlo secco. E dopo gli aveva sparato e risparato ma senza mirare a un organo vitale perche' voleva vederlo morire dissanguato. Era fatto cosi' Criccaccio.
Devo dire la verita', a me la cosa non mi era piaciuta per niente, pero' ormai era successo e allora si va avanti, e' cosi' che va la storia, mica solo la storia delle storie di paese, vanno cosi' tutte le storie e pure tutta la storia, quella che sta sui libri di storia. La gente viene ammazzata e la storia continua. E' cosi' che va.
E allora successe una cosa che non se l'aspettava nessuno: 'l zi' Barbarossa convoco' il direttivo della sezione e propose l'espulsione di Criccheccrocche dal partito per indegnita' politica e morale. Il direttivo voto' contro. Tutti al paese ci avevano paura di Criccheccrocche. 'L zi' Barbarossa no. E Criccheccrocche lo lascio' stare. La sera dopo della riunione del direttivo al bar dsse a me e a 'l zi' Sciacallo che gli era dispiaciuto, ma 'l zi' Barbaccia aveva fatto solo che il dovere suo, perche' se uno ammazza un compagno del partito il partito non e' che puo' fare finta di niente; cosi' stavolta non c'era stato nessun deviazionismo ideologico piccolo-borghese e quindi non si poneva nessuna questione di principio. Pero' la settimana dopo 'l zi' Barbarossa lo trovarono morto ammazzato lo stesso. Nel recinto dei maiali col collo aperto da orecchio a orecchio e poi la porcareccia aveva fatto il resto. Gli facemmo un bel funerale e la sezione fu commissariata dalla federazione e il tesseramento sospeso. Si salto' pure la festa dell'Unita' quell'anno. Era un bravo compagno 'l zi' Barbaccia. Era stato in galera e al confino sotto il fascismo, e con tutto che al confino aveva preso la tubercolosi poi era andato in montagna nele Brigate Garibaldi. Era uno bravo, e chi l'aveva ammazzato aveva fatto un'azionaccia. Lo sapevamo tutti chi l'aveva ammazzato.
Ecco, se c'era una cosa che non m'aspettavo era che 'l zi' Sciacallo una mattina venisse a casa mia che io ancora dormivo che la notte avevamo lavorato e mi facesse 'sto discorsetto: "La gente more", comincio', "e questa e' legge di natura, e' semrpe stato cosi' e sara' sempre cosi'". "E' vero", dissi io. "Pero' Auregliano non se lo meritava", continuo'. Auregliano era il nome del zi' Barbarossa. "E' vero", ripetei. "Allora mo' basta", aggiunse. "Mo' basta che?", dissi io. "Lo sai che". "Basta la societa'?". "Pure, ma questa e' solo una conseguenza. Basta lui". "Basta lui?", chiesi. "Basta lui". "E lo fai tu?". "Lo fo io". "Lo sai che tutti quelli che ci hano provato". "Lo so, ma io sparo meglio". "Non e' solo questione di averci una bella mira". "E io ce l'ho, una volta stavo quasi per andare alle Olimpiadi, ce lo sai". "Ce lo so, ma dicevo che non basta la mira". "Cio' la mira e cio' la decisione. E non serve altro". "Ma perche me lo sei venuto a di'?", dissi allora, e mi accorsi che la voce era come se mi si spegnesse, come se d'improvviso fossi stanco di tutta la stanchezza dell'universo. "Perche' era giusto che lo sapessi". "Ah". "E perche' siamo amici". "Eh". "Cosi' t'ho avvisato. Adesso lo sai. E dovresti pure da sape' quello ch'hai da fa'". "E ch'ho da fa'?". "Lo sai". "Aiutatte?". "Ma che frescacce stai a di'?". "No, chiedevo". "Non mi serve aiuto". "E allora?". "Nun ciarrivi? Che te ne vai prima che comincia la caciara". "Perche'?". "Perche' se tutto va bene, bene. Ma se andasse male". "Io sarei il prossimo". "Sicuro come una messa". "Sicuro come una messa. Grazie".
Non l'ho mai saputo come ando' a finire. Partii subito e non mi ha mai sfiorato il cervello l'idea di cercare di telefonare a qualcuno al paese. Quando si sparisce si sparisce, e se non sparisci bene rischi che magari ti fanno sparire, per una questione di principio o per un altro motivo, c'e' sempre un motivo.

38. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Franca D'Agostini, Analitici e continentali. Guida alla filosofia degli ultimi trent'anni, Raffaello Cortina Editore, Milano 1997, pp. XX + 556.
- Franca D'Agostini, Filosofia analitica. Analizzare, tradurre, interpretare, Paravia, Torino 1997, pp. 216.
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Riedizioni
- Richard J. B. Bosworth, MUssolini. Un dittatore italiano, Mondadori, Milano 2004, Rcs, Milano 2020, pp. 700, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Paolo Cognetti, Le otto montagne, Einaudi, Torino 2016, 2018, Il sole 24 ore, Milano 20202, pp. VIII + 208, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore).

39. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

40. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3731 del 6 maggio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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