[Nonviolenza] Telegrammi. 3027



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3027 del 6 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

Sommario di questo numero:
1. Piccolo dittico delle armi e del disarmo
2. In quanto le armi
3. Angela Dogliotti: Attualita' di Martin Luther King a cinquant'anni dalla morte
4. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
5. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
6. Angiolo Gambaro: Erasmo da Rotterdam (1932)
7. Mario Praz: Virginia Woolf (1937)
8. Mario Bendiscioli e Alda Manghi: Romano Guardini (1948)
9. Angelo Brelich: Martin Buber (1961)
10. Marco M. Olivetti: Emmanuel Levinas (1979)
11. Gianfranco Pasquino: Hannah Arendt (1991)
12. Segnalazioni librarie
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. REPETITA IUVANT. PICCOLO DITTICO DELLE ARMI E DEL DISARMO

I.

Le armi sanno a cosa servono
le armi non sbagliano la mira
le armi odiano le persone
quando le ammazzano poi vanno all'osteria
a ubriacarsi e a cantare fino all'alba

Le armi bevono il sangue
le armi mettono briglie e sella alle persone
poi le cavalcano fino a sfiancarle
affondano gli speroni per godere dei sussulti
della carne che soffre

Le armi non sentono ragione
una sola cosa desiderano: uccidere
e poi ancora uccidere
uccidere le persone
tutte le persone

Le armi la sanno lunga
fanno bella figura in televisione
sorridono sempre
parlano di cose belle
promettono miliardi di posti di lavoro
e latte e miele gratis per tutti

Le armi hanno la loro religione
hanno la scienza esatta degli orologi
hanno l'arte sottile del pennello
e del bulino e la sapienza grande
di trasformare tutto in pietra e vento
e della loro religione l'unico
articolo di fede dice: nulla
e nulla e nulla e nulla e nulla e nulla
e tutto ha da tornare ad esser nulla

Le armi ci guardano dal balcone
mentre ci affaccendiamo per le strade
ci fischiano e poi fanno finta di niente
ci gettano qualche spicciolo qualche caramella
cerini accesi mozziconi scampoli
di tela e schizzi di vernice e polpette
con dentro minuscole schegge di vetro

Sanno il francese hanno tutti i dischi
raccontano di quando in mongolfiera
e delle proprieta' nelle colonie d'oltremare
e delle ville tutte marmi e stucchi
t'invitano nel loro palco all'opera
ti portano al campo dei miracoli

Sanno le armi come farsi amare
e passo dopo passo addurti dove
hanno allestito la sala del banchetto

II.

Senza disarmo i panni stesi non si asciugano
senza disarmo la pizza diventa carbone
senza disarmo hai freddo anche con tre cappotti

Senza disarmo il fazzoletto ti strappa la mano
senza disarmo la maniglia della porta ti da' la scossa
senza disarmo le scarpe ti mangiano i piedi

Senza disarmo l'aria t'avvelena
senza disarmo il caffe' diventa sterco
senza disarmo dallo specchio uno ti spara

Senza disarmo il letto e' tutto spine
senza disarmo scordi tutte le parole
senza disarmo e' buio anche di giorno

Senza disarmo ogni casa brucia
senza disarmo quel che tocchi ghiaccia
senza disarmo tutto e' aceto e grandine

Senza disarmo la guerra non finisce

Senza disarmo finisce l'umanita'

2. REPETITA IUVANT. IN QUANTO LE ARMI

In quanto le armi servono a uccidere
le persone, l'esistenza delle armi
e' gia' una violazione dei diritti umani.

Solo il disarmo salva le vite
solo il disarmo rispetta e difende gli esseri umani
solo il disarmo riconosce e restituisce
umanita' all'umanita'.

Solo con il disarmo
la civilta' rinasce
il sole sorge ancora
fioriscono i meli
tornano umani gli esseri umani.

3. MEMORIA. ANGELA DOGLIOTTI: ATTUALITA' DI MARTIN LUTHER KING A CINQUANT'ANNI DALLA MORTE
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis di Torino" (www.serenoregis.org) riprendiamo e diffondiamo.
Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di Torino e fa parte della Commissione di educazione alla pace dell'International peace research association; studiosa e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Angela Dogliotti Marasso segnaliamo particolarmente Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003; con Elena Camino (a cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2004. Un'ampia intervista ad Angela Dogliotti Marasso e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 220; due piu' recenti interviste sono nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 345 e n. 439]

"Io ho un sogno, che i miei quattro figli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per cio' che sono. Io ho un sogno, oggi".
Il 4 aprile 1968 veniva ucciso a Memphis, nel Tennessee, il pastore battista Martin Luther King. Anche se il Civil Rights Act del 1964, grazie alla lotta nonviolenta del movimento per i diritti civili degli afroamericani, aveva abrogato ufficialmente ogni forma di segregazione nei luoghi pubblici, la piaga della discriminazione razziale continuava. Il sogno che M. L. King aveva espresso nel famosissimo discorso noto come "I have a dream speech", pronunciato a Washington il 28 agosto del 1963, a conclusione di una memorabile marcia di protesta per i diritti civili dei neri, non si era ancora realizzato. La societa' americana deve fare tuttora i conti con varie forme di razzismo, di cui l'ideologia del suprematismo bianco e' l'espressione piu' violenta e radicale.
Ma anche qui da noi, soprattutto in momenti di crisi e di disorientamento come quello che stiamo vivendo, compaiono forme di paura e rancore nei confronti dei "diversi". Ne sono testimonianza eventi drammatici come la caccia al "negro" di Macerata, o l'omicidio di Idy Diene del 5 marzo a Firenze (che lascia la moglie vedova per la seconda volta, dopo che il suo primo marito era gia' stato ucciso nel 2011), nonche' le allarmanti scritte sui muri dei bagni dell'Universita' Ca' Foscari a Venezia, denunciate con coraggio nella lettera aperta che la studentessa Laeticia Ouedrago ha inviato all'anonimo autore: "Vienimi a parlare prima di uccidermi, cosicche' io ti possa abbracciare e ti possa mostrare un po' di umanita'... Non devi uccidere me, devi uccidere quel mostro oscuro che si nutre delle tue paure e della tua ignoranza, ma anche della tua ingenuita'. Ti auguro sinceramente di sconfiggere questi mostri".
Sono parole che riecheggiano quelle di Martin Luther King. Tracciare qui un suo profilo biografico e culturale potrebbe forse aiutarci a riflettere su come sconfiggere anche noi, oggi, questi mostri.
M. L. King nasce ad Atlanta, in Georgia, il 15 gennaio 1929, in una famiglia da tempo impegnata per la causa dei diritti civili. Si e' da poco stabilito come pastore battista a Montgomery in Alabama, con la moglie Coretta Scott King e i quattro figli, quando, il primo dicembre 1955, una donna di colore, Rosa Parks, viene arrestata per essersi rifiutata di cedere il posto in autobus ad un bianco. M. L. King invita allora tutti i neri della citta' a boicottare il servizio degli autobus. Il boicottaggio, praticato in massa, dura 382 giorni e si conclude con l'abolizione della segregazione sugli autobus, anche se, per vendetta, la casa di M. L. King viene fatta saltare.
M. L. King ha scoperto la nonviolenza gandhiana e nel 1959 si reca in India per approfondirne il metodo.
"Come la maggior parte delle persone, avevo sentito parlare di Gandhi, ma non lo avevo mai studiato seriamente. Come procedetti nella lettura, fui profondamente affascinato dalle sue campagne di resistenza nonviolenta... Prima di leggere Gandhi, avevo quasi concluso che l'etica di Gesù fosse efficace soltanto nei rapporti individuali. La filosofia del "porgi l'altra guancia" e dell'"amate i vostri nemici" sentivo che era valida solo quando gli individui erano in conflitto con altri individui; quando invece erano in conflitto gruppi razziali e nazioni, sembrava necessario un comportamento piu' realistico... Gandhi fu probabilmente la prima persona della storia ad elevare l'etica dell'amore di Gesu' al di sopra dei rapporti individuali e a trasformarla in una forza sociale su larga scala, potente ed efficace... Fu in questa insistenza gandhiana sull'amore e la nonviolenza che scoprii il metodo per la riforma sociale, del quale ero andato alla ricerca per tanti mesi".
E ancora: "Quando mi recai a Montgomery come pastore, non avevo la minima idea che piu' tardi mi sarei trovato coinvolto in una crisi in cui la resistenza nonviolenta sarebbe stata applicabile. Non fui io a iniziare la protesta, ne' a suggerirla. Semplicemente risposi alla richiesta di un portavoce della popolazione. Quando la protesta comincio', la mia mente, consciamente o inconsciamente, fu ricondotta al Discorso della Montagna, con i suoi sublimi insegnamenti e al metodo gandhiano della resistenza nonviolenta. Col passare dei giorni, giunsi a vedere sempre piu' chiaramente il potere della nonviolenza. Vivendo attraverso la reale esperienza della protesta, la nonviolenza divenne piu' di un metodo a cui davo il mio assenso intellettualmente, essa divenne una forma di vita".
Nel 1963, da Pasqua fino a maggio, conduce una massiccia campagna contro la segregazione a Birmingham, nell'Alabama, dove in grandi manifestazioni migliaia di neri sfidano gli idranti, i manganelli, i cani della polizia, finendo in prigione in tremila, tra cui lui stesso. E' qui che scrive la sua "Lettera dal carcere di Birmingham" ai suoi "colleghi nel sacerdozio" che avevano definito "poco sagge e inopportune" le manifestazioni di piazza e le azioni dirette, sostenendo che gli afroamericani non potevano piu' aspettare e che "... ci sono leggi giuste e leggi ingiuste. Sono il primo a sostenere l'obbedienza alle leggi giuste. Ogni persona ha la responsabilita', non solo legale ma morale, di obbedire alle leggi giuste. Al contrario, ha la responsabilita' morale di disobbedire alle leggi ingiuste. Sono d'accordo con Sant'Agostino che "una legge ingiusta non e' affatto una legge... Ogni legge che eleva la persona umana e' giusta; ogni legge che degrada la persona umana e' ingiusta. Tutti gli statuti di segregazione sono ingiusti, perche' la segregazione ferisce l'anima e degrada la personalita'... Io sostengo che chi infrange una legge che la coscienza gli dice essere ingiusta, e accetta di buon grado la pena del carcere per risvegliare la coscienza della comunita' riguardo all'ingiustizia di tale legge, costui esprime in realta' il piu' alto rispetto della legge" (viene in mente l'autodifesa di don Lorenzo Milani al processo per "apologia di reato" per aver difeso l'obiezione di coscienza al servizio militare contro la presa di posizione dei cappellani militari: "In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge e' d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste...").
Il successo del movimento per i diritti civili continua ed ha una delle sue massime espressioni nella marcia di Washington dell'agosto 1963, alla quale partecipano 250.000 persone, da tutti gli Stati Uniti, suscitando una rabbiosa reazione, che porta all'uccisione di quattro bambine di colore in una scuola e all'esplosione della sede del movimento a Birmingham. Un anno dopo, nel 1964, saranno assassinati nella contea di Neshoba, Mississipi, tre attivisti per i diritti civili (la vicenda e' narrata nel bel film di Alan Parker "Mississipi burning. Le radici dell'odio", del 1988).
Nel 1964 King riceve il premio Nobel per la Pace e l'anno dopo guida le marce di Selma (anche queste narrate da un bel film, "Selma. La strada per la liberta'", della regista afroamericana Ave DuVernay) per il riconoscimento effettivo del diritto di voto ai neri, che sara' sancito dal Voting Rights Act del 1965.
Per King diventa sempre piu' chiaro che la battaglia per i diritti civili si sposa con quella contro la poverta' e contro la guerra. Nel 1966 vive a Chicago fra i baraccati neri e conduce una campagna in difesa dei loro diritti civili, sociali ed economici. Il 4 aprile del 1967 in un discorso alla Riverside Church, condanna con fermezza la guerra del Vietnam (Oltre il Vietnam: e' tempo di rompere il silenzio), affermando che "siamo dalla parte dei ricchi e della sicurezza, mentre creiamo un inferno per i poveri" ed esortando a "una radicale rivoluzione di valori". La risposta sulla stampa statunitense e' in gran parte negativa.
Esattamente un anno dopo, il 4 aprile 1968, M. L. King muore a Memphis assassinato da un colpo di fucile mentre e' sul balcone dell'albergo nel quale si trovava per organizzare  manifestazioni in favore degli spazzini neri della citta'.
"La tensione in questa citta' (Montgomery) non e' tra la gente bianca e quella nera. La tensione e', in fondo, tra giustizia e ingiustizia, fra le forze della luce e le forze delle tenebre. E se ci sara' una vittoria, sara' una vittoria non semplicemente per cinquantamila neri, ma una vittoria per la giustizia e le forze della luce... Al centro della nonviolenza sta il principio dell'amore. Il resistente nonviolento sostiene che, nella lotta per la dignita' umana, i popoli oppressi del mondo non devono soccombere alla tentazione di divenire pieni di rabbia o di indulgere a campagne di odio. Reagire nella stessa maniera non farebbe altro che intensificare l'esistenza dell'odio nell'universo" (Etty Hillesum scriveva quasi lo stesso concetto dal campo di Westerbork: "... e convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor piu' inospitale").
Anche Laeticia Ouedrago concorderebbe.
*
Nota
Lo scorso 10 marzo, a Monteleone di Puglia, Bernice Albertine King, figlia minore di M. L. King, ha ricevuto il Premio internazionale per la pace e la nonviolenza, assegnato dal Centro Internazionale per la Nonviolenza di Monteleone di Puglia per il suo impegno nel M. L. King jr. Center for Nonviolent Change, nel quale guida il programma Beloved Community with Nonviolence 365.

4. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

5. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. MAESTRI. ANGIOLO GAMBARO: ERASMO DA ROTTERDAM (1932)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguetne voce estratta dall'Enciclopedia Italiana (1932)]

Erasmo da Rotterdam. - Geert Geertsz (che doveva poi tradurre il suo nome in quello umanistico di Desiderio Erasmo) nacque a Rotterdam la notte fra il 27 e il 28 ottobre probabilmente del 1466; era figlio naturale di un certo Gerardo, che pare fosse gia' costituito negli ordini sacri, e della figlia di un medico, Margherita. Fanciullo, fu mandato alla scuola dei Fratelli della vita comune, a Deventer; e, divenuto orfano di padre e di madre, entro' nel 1487 nel monastero degli agostiniani di Emmaus o Steyn presso Ter-Gouw in Olanda, dove rimase cinque anni, spesi nello studio febbrile dei classici pagani e dell'umanista Lorenzo Valla, il quale divenne uno dei suoi modelli e una delle sue guide. Nello stesso tempo fece la sua professione religiosa e fu ordinato sacerdote. Ma la mancanza di vocazione monastica gli converti' in prigione il convento, da cui lo libero' un caso insperato, l'essere stato assunto al servizio del vescovo di Cambrai in qualita' di segretario (1494). Allora comincia la sua vita errabonda, in cerca d'istruzione e di celebrita', di protezioni e di pensioni: Cambrai, Parigi e Orleans furono le sue prime tappe. Passa poi in Inghilterra (1499-1500) dove contrae preziose amicizie con Giovanni Colet, con Tommaso Moro; vi ritorna nel 1505, e conosce allora l'arcivescovo di Canterbury, Wharam. Nel settembre del 1506 viene in Italia e vi resta tre anni.
Quel soggiorno, che il De Nolhac chiama uno dei fatti piu' importanti del Rinascimento, gli porse occasione di ricevere il dottorato in teologia nell'universita' di Torino, di visitare le principali citta' del Nord e del Sud fino a Napoli, di approfondire nei contatti con Giovanni Lascaris e con Marco Musuro la sua conoscenza del greco, di mettere a profitto per i suoi lavori personali ricche biblioteche e preziosi manoscritti, di preparare edizioni latine uscite dalla stamperia d'Aldo Manuzio, e soprattutto di annodare feconde relazioni coi dotti piu' reputati della penisola, fra i quali Paolo Bombasio, Andrea Navagero, Scipione Forteguerri, G. B. Egnazio, Bernardo Rucellai, Girolamo Aleandro, Celio Calcagnini, Egidio da Viterbo, Urbano Bolzani.
Lasciata con rammarico l'Italia, E. fa una nuova lunga dimora in Inghilterra; e ritornato sul continente soggiorna parte a Lovanio, parte a Bruxelles e ad Anversa, non tralasciando viaggi nella Germania Renana, sempre infaticabile nel comporre le sue opere e nel diffondere la conoscenza dei monumenti letterari antichi. Infine nel 1521 si stabilisce a Basilea, vicino al libraio Froben suo amico. Era all'apogeo della sua gloria: invitato a gara da Francesco I di Francia, dall'arciduca Ferdinando d'Austria, dal re Sigismondo di Polonia, trattato con riguardi dall'imperatore Carlo V e dal papa Leone X, familiare e corrispondente con cardinali e con principi tedeschi e italiani, consultato dai dotti, era il re intellettuale del suo tempo, come Voltaire del sec. XVIII. Nel 1529 per i torbidi scoppiati a Basilea si rifugia a Friburgo in Brisgovia; ma sei anni dopo riprende la via di Basilea ove muore nella notte dall'11 al 12 luglio 1536.
La sua immensa attivita' letteraria si spiego' in piu' campi. Critico di razza, addestratosi nello studio del Valla, curo' edizioni di classici antichi, di santi Padri (quali S. Cipriano, S. Girolamo, S. Agostino, S. Ambrogio, S. Ilario), del testo greco del Nuovo Testamento, del quale pure pubblico' un'elegante traduzione latina e commenti e parafrasi, seguendo un criterio filologico che, se non di rado offre il fianco a gravi rilievi, rappresenta tuttavia per quei tempi un considerevole progresso. Erudito incomparabile, diede prova della sua profonda cultura classica specialmente nella vasta opera degli Adagia, che inizio' la sua grande riputazione in Italia. Scrittore di bella letteratura, compose l'Encomium morias o Elogio della pazzia, il piu' celebre dei suoi lavori, pensato nel viaggio di ritorno dall'Italia nel 1509, ma scritto in Inghilterra poco dopo, vivacissima satira delle condizioni religiose e sociali del tempo, che, pur non essendo un capolavoro, ha notevolissima importanza come prologo della grande tragedia teologica del sec. XVI; e ottantacinque Colloquia, vere e proprie conversazioni scoppiettanti d'arguzie, in cui si rivela un'arte spontanea. Educatore e pedagogista, contribui' potentemente con parecchi scritti (tra cui la Prima educazione liberale dei fanciulli, la Urbanita' dei costumi puerili, alcuni Colloqui, il Metodo degli studi, l'Abbondanza dei vocaboli, il Modo di scrivere le lettere, il Ciceroniano, ecc.) a trasformare l'educazione e i suoi metodi: ne espunge l'imitazione servile, segno di schiavitu' intellettuale; celebra la liberta' e in funzione di essa concepisce la filologia stessa; ristabilisce la cura del corpo nei suoi naturali diritti; vuole avviato il fanciullo fin dai primi anni nell'istruzione generale, specie nello studio delle lingue; condanna i sistemi costrittivi vigenti nelle scuole d'allora; insiste sui molti riguardi dovuti alla giovane eta', alla quale non si dovrebbe imporre ne' troppo lavoro ne' studi ripugnanti; reclama per la donna i medesimi diritti all'istruzione che per l'uomo.
Teologo, fu nemico della teologia scolastica tanto nella sua ossatura quanto nei suoi procedimenti e in altre sopravvivenze del Medioevo, e fece del suo meglio per imprimere alle scienze ecclesiastiche una tendenza umanistica. Dell'Antico Testamento tiene si' poco conto, che lo vedrebbe perire senza rimpianto, purche' rimanga il Nuovo: e per l'interpretazione del Nuovo, intesa a ritrovare il vero insegnamento di Cristo, specifica e sviluppa con modernita' di vedute le norme esegetiche nella Ratio verae theologiae o Metodo degli studi teologici. Quivi, senza negare i diritti della tradizione, pone in guardia l'esegeta contro le interpretazioni legate alle scuole filosofiche, ree, secondo lui, d'avere trasformato le lezioni divine del Vangelo in fredde e astratte speculazioni. Tale diffidenza, istintiva verso la filosofia e la metafisica si rivela anche nell'Enchiridion militis christiani o Manuale del soldato cristiano (1502), dove predica l'utilita' degli studi letterari per la formazione del cristiano e del teologo, e proclama la necessita' di restaurare la religione del puro spirito, lungi dai labirinti delle dispute e fuori dai lacci delle elaborate formule razionali. Da una mentalita' siffatta non poteva risultare che una teologia stranamente elastica e umbratile.
La preoccupazione di E. era invece di natura schiettamente etica. "Non occorre sempre trovare dottrine chiare: importa soprattutto accertare dottrine utili", dira' nella polemica con Lutero. Lo stesso suo atteggiamento nei riguardi della Chiesa non tende a colpire direttamente il dogma, ma gli uomini; a restaurare la purezza della fede, e con cio' della vita morale. Il concetto di humanitas, quale e' tratteggiata gia' nell'opera giovanile - ripresa piu' tardi - Antibarbari, in cui si fondono due diverse correnti, la devotio moderna dei Paesi Bassi e gli aristocratici ideali di cultura dell'Umanesimo italiano; che e' quindi una humanitas, intellettualmente ricca, ma a un tempo moralmente forte, sintetizza le aspirazioni di E. Il quale non puo' cosi' amare la riforma violenta: e, pur ponendo in ridicolo gli ecclesiastici, e' lontanissimo da ogni idea di violento rivolgimento, lontanissimo dal voler attentare al dogma e propugna invece una riforma pacifica, graduale, frutto di persuasione e di ragionevolezza.
Con cio' si spiega l'atteggiamento ch'egli assume di fronte a Lutero e alla Riforma. Nei primi tempi, E. non s'era dimostrato contrario al monaco di Wittemberg: nel 1518, anzi, gli aveva inviato i suoi saluti e, perfino, aveva commentato non sfavorevolmente le 95 tesi. E ancora piu' tardi, nel 1519, in una lettera a Federico di Sassonia, esortava il duca a non permettere che un innocente, come Lutero "sub praetextu pietatis aliquorum impietati dedatur", esprimendo cosi' la sua simpatia per l'uomo, seppure non per la dottrina (quo minus ad me pertinet causa lutheriana). Ma quando vide per l'apostasia del frate sassone la rottura dell'unita' spirituale d'Europa e lo scatenarsi delle passioni popolari e lo sconvolgimento del suo vecchio mondo letterario, allora inizio' e condusse intorno alla liberta' e natura dell'uomo un serrato duello teologico con Lutero.
Nel settembre del 1524 usciva la De libero arbitrio collatio, alla quale Lutero rispondeva con il De servo arbitrio; Erasmo controbatteva con l'Hyperaspistes. Difendendo il libero arbitrio, la capacita' di autodecisione dell'uomo, E. difendeva tutti i suoi ideali di rinnovamento morale con l'opera lenta e graduale dell'educazione, cristiana e umanistica a un tempo. Il dibattito ebbe ripercussioni enormi, data la celebrita' di cui godeva E. e quella di cui cominciava a godere Lutero; e segno', non solo il distacco netto fra le due personalita', d'altronde diversissime anche come indole e carattere - lucido, equilibrato, pacato E.; violento, rozzo anche e intransigente Lutero - ma altresi' fra il riformismo umanistico e le correnti rivoluzionarie che alla Riforma facevano capo.
Tuttavia l'atteggiamento generale di E., quel suo incipiente razionalismo, le critiche mosse agli ecclesiastici, non potevano conciliargli, anche dopo la polemica con Lutero, il favore dei cattolici ortodossi; e questi videro invece in lui il precursore della Riforma. Ubi Erasmus innuit, ibi Lutherus irruit, fu detto. Cosi' gli scrittori della Controriforma piu' che gli evangelici ebbero in orrore la sua memoria (testimoni Ignazio di Loiola e il Bellarmino); la Chiesa poi condanno' i suoi libri. Solo nel sec. XVIII si formularono anche nel campo cattolico giudizi piu' sereni: J. Le Clerc, il De Burigny, J. Richard e il Tiraboschi cercarono di comprenderlo e ne rivendicarono con qualche riserva l'ortodossia.
In verita' E., com'ebbe a qualificarlo il suo contemporaneo Ludovico Vives, fu un cristiano indipendente; e malgrado le sue ombre, si puo' aggiungere, precursore e iniziatore dello spirito moderno.
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Opere: Per ogni ragguaglio bibliografico su E. cfr. il ricchissimo Repertoire des oeuvres d'Erasme, diviso in tre serie (Gand 1897 segg.). Le principali edizioni delle Opera omnia sono quelle di Basilea 1540, 9 tomi in-folio (edizione di Beathus Rhenanus) e di Lione 1703-1706, voll. 10, t. 9 in-folio (edizione Le Clerc). D'importanza fondamentale per lo conoscenza dell'uomo e dei suoi ideali e' l'Opus Epistolarum denuo recognitum et auctum per P. S. Allen, tomi I-VII (abbraccianti gli anni 1484-1528), Oxford 1906-1928. - Traduzioni italiane: Institutione del principe christiano di Erasmo Roterodamo tradotta a la lingua volgare, Venezia 1538. Per le traduzioni della Stultitiae laus e dei Colloquia familiaria, cfr. l'introduzione di B. Croce al volume: Erasmo da Rotterdam, Elogio della pazzia e dialoghi, Bari 1914; L. Pietrobono, Elogio della pazzia, cicalata di Erasmo di Rotterdam, nel vol.: L'Encomium morias, ecc., a cura di M. Besso, Roma 1918.
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Bibliografia: H. Durand De Laur, Erasme precurseur et intitiateur de l'esprit moderne, Parigi 1872, voll. 2; F. Polese, Erasmo maestro, Livorno 1885; P. S. Allen, The age of Erasmus, Oxford 1914; B. Croce, Pref. e intr. all'ed. it. di Elogio della pazzia e dialoghi, Bari 1914; M. Besso, Introd. al vol. L'Encomium morias, con l'iconografia dell'opera e dell'uomo, ecc., Roma 1918; P. Kalkoff, Erasmus, Luther und Friedrich der Weise, Lipsia 1919; J. B. Pineau, E., sa pensee religieuse, Parigi 1925; id., E. et la Papaute', Parigi 1925; J. Huizinga, Erasmus, II ed. olandese, Haarlem 1925; trad. ted. con bibl., Basilea 1928; P. De Nolhac, E. et l'Italie, Parigi 1925; A. Renaudet, E., sa pensee religieuse et son action d'apres sa correspondance, Parigi 1926; P. Smith, A key to the Colloquies of E., Cambridge Mass. 1927; E. Maior, E. v. R., Basilea s. a.; H. Schlingensiepen, E. als. Exeget, in Zeitschr. Kirchengesch., XLVIII (1929), p. 16 segg.; G. De Ruggiero, Rinascimento, Riforma e Controriforma, I, Bari 1930, p. 142 segg.; R. Pfeiffer, Humanitas erasmiana, Lipsia-Berlino 1931.

7. MAESTRE. MARIO PRAZ: VIRGINIA WOOLF (1937)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce estratta dall'Enciclopedia Italiana (1937)]

Woolf, Virginia. - Scrittrice inglese nata a Londra nel 1882, figlia del critico sir Leslie Stephen; sposatasi nel 1912 con Leonard Woolf col quale dirige una casa editoriale londinese (The Hogarth Press).
I suoi due primi romanzi, The Voyage Out (1915) e Night and Day (1919) rivelano doni di esperta e complessa narratrice, ma sono ancora troppo ancorati alla tecnica ordinaria del romanzo per poter riuscire conformi alle intenzioni della W. quali si sono venute manifestando nelle opere successive: di far si' che anime ed eventi cospirino a un disegno musicale che li sottende e li trascende. Un radicale mutamento di tecnica appare in Jacob's Room (1922), Mrs. Dalloway (1925), To the Lighthouse (1927), i due ultimi certo i capolavori della scrittrice: al mutamento dovette contribuire non poco l'influsso di James Joyce, ma nella W. l'intellettualismo dell'analisi si tempera in soliloquio lirico, con una ben articolata struttura musicale che gli conferisce una qualita' classica la quale lo distingue dai caotici balbettamenti di certe trascrizioni joyciane del subcosciente. I titoli stessi dei romanzi bandiscono il programma della W., che e' quello di mostrare con una complessa orchestrazione assai analoga alla musicale l'enorme potenza di significazione simbolica di persone e cose in apparenza cotidiane: Mrs. Dalloway, una signora qualunque, la stanza di Jacob, la triste camera di ogni studente, la gita al faro, episodio che si direbbe insignificante, e che invece si scopre essere tutt'una cosa col ritmo centrale della vita d'una famiglia. Joyciana e' certo l'impostazione di Mrs. Dalloway, il cui argomento e' la giornata d'una signora anziana, o meglio, cio' che passa nella mente di lei in questo scorcio di tempo. Squisita indagatrice di anime femminili, la W. si e' andata orientando verso il lirismo di The Waves (1931), dove la scrittrice compone in una specie di poema sinfonico le vite di sei personaggi. Il senso paradossale della continuita' e discontinuita' insieme della coscienza nel tempo, senso che nella W. assume acuita' ossessiva, ha trovato potenti espressioni in Orlando (1929), dove l'anima del personaggio principale si rincarna in varie forme dal secolo di Elisabetta al nostro, e in The Years (1937), storia d'una famiglia in tre rami per tre generazioni. Meno impegnativi altri libri della W., la curiosa biografia del cane di Elizabeth Barrett Browning, Flush (1933), e i saggi A Room of One's Own (1929), The Common Reader (2 serie, rispettiv. 1925 e 1932; questi ultimi di critica letteraria).
Versioni italiane: Gita al faro, a cura di G. Celenza, Milano 1934; Orlando, a cura di A. Scalero, ivi; Flush, Vita di un cane, ivi.
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Bibliografia: W. Holtby, V. W., Londra 1932; R. Gruber, V. W., a study, Koelner anglist. Arbeit., 1935; E. M. Forster, The Novels of V. W., in The New Criterion, aprile 1926; J.-J. Mayoux, Sur un livre de V. W. (To the Lighthouse), in Revue anglo-amer., V (1928); id., Le roman de l'espace et du temps, V. W., ibid., VII (1930); id., A' propos d'Orlando de V. W., in Europe, gennaio 1930; F. Delattre, La duree bergsonienne dans le roman de V. W., in Revue anglo-amer., IX (1931); U. Morra, Il nuovo romanzo inglese: V. W., in La Cultura, 1931; saggi di E. Cecchi, in Scrittori inglesi e americani, Lanciano 1935, di C. Linati, in Scrittori anglo-americani d'oggi, Milano 1932; M. Praz, Le onde, in La Stampa, 5 novembre 1931.

8. MAESTRI. MARIO BENDISCIOLI E ALDA MANGHI: ROMANO GUARDINI (1948)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce estratta dall'Enciclopedia Italiana, II Appendice (1948)]

Guardini, Romano. - Filosofo della religione, cattolico, nato a Verona il 17 febbraio 1885, educato in Germania (dove il padre, console d'Italia a Magonza, risiedeva); tento' diversi studi dall'economia alla medicina, avviandosi poi al sacerdozio. Ordinato nel 1911, divenne libero docente nel 1914, professore a Breslavia nel 1921, quindi "professore ospite" di "filosofia cattolica" (Katholische Weltanschauung) a Berlino; destituito nel 1940, reintegrato nel 1945 professo' a Tubinga, e, dal 1948, a Monaco.
Il ministerio, che esercito' particolarmente nei gruppi del movimento giovanile - d'uno dei quali, Quickborn, fu l'animatore - costitui' la sua base d'osservazione per quei tentativi tipologici su cui poggia la sua teoria dell'azione liturgica. Il suo orientamento e' agostiniano-pascaliano; la sua forza nella caratterizzazione psicologica delle posizioni spirituali, dal Vangelo a S. Bonaventura, a Pascal e a Dostoevskij, nel rilievo del significato delle realta' religiose per l'uomo, nella sua capacita' di educare l'uomo d'oggi a intendere personalita', concetti e simboli del cristianesimo.
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Sue opere principali: Gegensatz und Gegensatze, Entwurf eines Systems der Typenlehre, 1914; Vom Geist der Liturgie, Friburgo in Br. 1918 (trad. ital. Lo spirito della liturgia, 1930); Quickborn, Tatsachen und Grundsätze, Miagonza 1920; Die Lehre des hl. Bonaventura von der Erlosung, Dusseldorf 1921; Vom Sinn der Kirche, Magonza 1922; Von heiligen Zeichen, ivi, II ed. 1928-30 (trad. ital. Segni, Brescia 1931); Liturgische Bildung, Versuche, ivi 1923; Briefe uber Selbstbildung, II ed., ivi 1930; Der Gegensatz, Versuche zu einer Philosophie des Lebendig-Konkreten, ivi 1925; Das Gute, das Gewissen und die Sammlung, ivi 1930 (trad. ital. La coscienza, Brescia 1933), Wille und Wahrheit, Geistliche Uebungen, ivi 1933; Der Mensch und der Glaube, Versuche uber die religiose Existenz in Dostojewskijs grossen Romanen, Lipsia 1933; Christliches Bewusstsein, Versuche uber Pascal, ivi 1934; Der Herr, ivi 1940 (trad. franc., Parigi 1946); Vorschule des Betens, Ratisbona 1943; (trad. it., Brescia 1948); Der Tod des Sokrates, Berlino 1945; molti saggi nella rivista Schildgenossen, 1920. Avvincenti, anche se non facili, sono i suoi saggi di critica letteraria (oltre quelli citati cfr.: Der Engel in Dames Gottlicher Komodie, Lipsia 1937; Weltbild und Frommigkeit, ivi 1939, (saggio di esegesi hoelderliniana); Spiegel und Gleichnis, ivi 1940; Form und Sinn der Landschaft in den Dichtungen Hoelderlins, Tubinga 1946; Zu Rainer Maria Rilkes Deutung des Daseins, ivi 1946, nei quali egli, lontanissimo da ogni storicismo, vuole solo interpretare i testi, aderendo alla parola, sempre pronto a sentire e a rilevare (specialmente nei saggi su Rilke e su Hoelderlin) la voce delle "potenze" che per tramite dei poeti parlano all'inconscio, piu' che al sentimento o alla ragione.
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Bibliografia: Christliche Verwirklichung R. G., Rothenfels 1935; M. Bendiscioli, pref. a Lo spirito della liturgia, Brescia 1931.

9. MAESTRI. ANGELO BRELICH: MARTIN BUBER (1961)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce estratta dall'Enciclopedia Italiana, III Appendice (1961)]

Buber, Martin. - Storico della religione ebraica, nato a Vienna l'8 febbraio 1878. Religiosamente impegnato, il Buber cerco', sin dagli anni giovanili, di interpretare al livello del pensiero moderno la tradizione ebraica dai tempi biblici attraverso varie correnti rabbiniche fino al movimento sionistico contemporaneo. Mentre la sua preparazione scientifica gli permise di occupare sin dal 1924 una cattedra all'universita' di Francoforte s. M., che tenne fino al 1933, e un'altra, dal 1938, all'universita' ebraica di Gerusalemme, nel complesso della sua opera prevalgono, tuttavia, sugli aspetti scientifici in senso tecnico ed accademico, quelli ideologici, morali e religiosi, in virtu' dei quali B. si inserisce attivamente nella stessa tradizione che studia, diventando uno dei rappresentanti piu' eminenti dell'ebraismo contemporaneo.
Pur nella diversita' degli argomenti, le sue numerose opere di carattere ora piu' storico ora piu' filosofico o religioso, sono testimonianze coerenti di una forte e singolare personalita'. Tra queste opere siano menzionate: Die judische Bewegung, Berlino 1920; Ich und Du, Lipsia 1923; Die chassidimhen Bucher, Hellerau 1928; Konigtum Gottes, Berlino 1932 (II ed. 1936); Die Frage an den Einzelnen, Berlino 1936; Il problema dell'uomo (in ebr.), 1942 (trad. ted. Das Problem des Menschen, Heidelberg 1948); Mose' (in ebr.), 1945 (trad. ted., Moses, Zurigo 1948); Dialogisches Leben, Zurigo 1947; Der Glaube der Propheten, Zurigo 1950; Israel und Palaestina, Zurigo 1950; Zwei Glaubensweisen, Zurigo 1950; Die chassidische Botschaft, Heidelberg 1952; Die Legende des Baalschem, Zurigo 1955; Schuld und Schuldgefuhle, 1958.
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Bibliografia: H. Kohn, M. B. Sein Werk und seine Zeit, Hellerau 1930; S. Maringer, M. B.s Metaphysik der Dialogik, Colonia 1936; W. Nigg, M. B.s Weg in unserer Zeit, Berna 1940; W. Aalders, M. B., Utrecht 155; M.S. Friedman, M. B. The life of dialogue, Londra-Chicago 1955; A.A. Cohen, M. B., New York 1957; H. Urs von Balthasar, Einsame Zwiesprache. M. B. u. d. Christentum, Colonia 1958.

10. MAESTRI. MARCO M. OLIVETTI: EMMANUEL LEVINAS (1979)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce estratta dall'Enciclopedia Italiana, IV Appendice (1979)]

Levinas, Emmanuel. - Filosofo francese, nato il 30 dicembre 1905 a Kaunas, in Lituania, dove visse l'esperienza della rivoluzione russa. Ha compiuto gli studi universitari a Strasburgo (dal 1923) e a Frigurbo i.B. (1928-29). Professore, successivamente, a l'Ecole normale israelite orientale, all'universita' di Poitiers, all'universita' di Parigi-Nanterre e alla Sorbona (fino al 1975), e' attualmente emerito di questa universita'.
Partito da studi husserliani (Theorie de l'intuition dans la phenomenologie de Husserl, Parigi 1930, 19632), L., pur nell'originalita' del cammino successivo, ha mantenuto legami profondi con la fenomenologia. Questa gli fornisce gli strumenti metodici per un pensiero che considera l'etica come filosofia prima, inglobante in se' ogni ontologia. Il pensiero predicativo non e' rispettoso dell'"altro" (autrui), perche' tende a identificarlo e ad appropriarsene, riportando la sua esteriorita' infinita all'interno dello "stesso" (meme). In Totalite' et infini. Essai sur l'exteriorite' (L'Aia 1961), L. elabora la nozione di "volto" come esprimente un significato irriducibile al per se' della coscienza rappresentativa; il volto dell'altro e' la mia condizione etica e la mia responsabilita' per lui. "Eccomi" e' la prima parola, l'originario "Detto" del "Dire". Questa visione, onde il linguaggio e' coestensivo all'etica, viene modificata, o quanto meno diversamente accentuata in Autrement qu'etre, ou au-dela' de l'essence (L'Aia 1974); qui l'etica sembra arretrare al di qua del linguaggio, apparendo piuttosto come un Dire senza Detto, ed evitando cosi' di soggiacere essa stessa alla violenza predicativa del discorso. La diacronia non sincronizzabile tra Dire non tematizzabile e Detto tematizzabile corrisponde, in qualche modo, alla "differenza ontologica" heideggeriana: mostrare la "traccia" del Dire nel Detto e' discernere l'ambiguita' per cui l'essere che tematizza gli enti nella proposizione, ergendosi cosi' in totalita', resta aperto alla "prossimita'" dell'altro, instauratrice del senso. Tra le altre opere: De l'existence a' l'existant, Parigi 1947; Le temps et l'Autre, in Le choix, le monde, l'existence, Grenoble-Parigi 1947, pp. 125-96; Difficile liberte'. Essai sur le judaisme, Parigi 1963; L'humanisme de l'autre homme, Montpellier 1972.
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Bibliografia: J. Derrida, Violence et metaphisyque. Essai sur la pensee d'E. Levinas, in Rev. Met. Mor., 1964, pp. 322-54 e 425-73 (poi in L'ecriture et la difference, Parigi 1967; trad. it. in La scrittura e la differenza, Torino 1971, pp. 99-198); J. De Greef, Ethique, reflexion et histoire chez Levinas, in Rev. phil. Louv., 1969, pp. 431-60; T. J. de Jong, Het gelaat en het onzichtbare bij E. Levinas, dissertaz. univ. di Nimega, 1971; R. Burggraeve, De bijdrage van E. Levinas tot het sociaal personalisme, in Bijdragen, 1974, pp. 148-85; S. Strasser, Antiphenomenologie et phenomenologie dans la philosophie d'E. Levinas, in Rev. phil. Louv., 1975, pp. 101-25; E. Feron, Ethique, langage et ontologie chez E. Levinas, in Rev. Met. Mor., 1977, pp. 63-86.

11. MAESTRE. GIANFRANCO PASQUINO: HANNAH ARENDT (1991)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce estratta dall'Enciclopedia Italiana, V Appendice (1991)]

Arendt, Hannah. - Studiosa tedesca di teoria della politica, nata ad Hannover il 14 ottobre 1906, morta a New York il 4 dicembre 1975. Laureatasi in filosofia con K. Jaspers a Heidelberg nel 1928, abbandono', in quanto ebrea, la Germania nel 1933. Lavoro' a Parigi per un'organizzazione sionista fino al 1940, quando emigro' definitivamente negli Stati Uniti ove partecipo' all'attivita' di diverse organizzazioni ebraiche, fra le quali la Jewish Cultural Reconstruction.
La sua vita accademica si svolse in special modo come professore di Teoria politica nell'universita' di Chicago dal 1962 al 1967, e poi nella New School for Social Research di New York dal 1967 alla morte. Significativo esempio di studiosa impegnata, A. ha lasciato una vasta e originale produzione scientifica che intreccia contributi filosofici (in un continuo confronto con i classici e, fra i contemporanei, con M. Heidegger), politologici e sociologici.
Il problema dell'agire umano nella storia e della sua politicita' (vale a dire del rapporto dell'uomo con gli altri uomini in comunita' organizzate) viene analizzato in The origins of totalitarianism (1951; trad. it., 1967), nel quale il totalitarismo viene definito come "una forma di governo la cui essenza e' il terrore e il cui principio d'azione e' la logicita' del pensiero ideologico". Problemi ripresi in The human condition (1958; trad. it. Vita activa, 1964), nel quale si afferma l'importanza della sfera pubblica come luogo privilegiato della vita activa; nel celebre e controverso rapporto sulla banalita' del male come prodotto di un'organizzazione burocratica e dell'acquiescenza degli individui: Eichmann in Jerusalem (1963; trad. it. La banalita' del male, 1964); nell'analisi della rivoluzione come fenomeno essenzialmente moderno inteso a liberare e a produrre liberta': On revolution (1963; trad. it. 1983); nella riflessione sulle funzioni e sull'ubiquita' della violenza: On violence (1970; trad. it. 1971).
Il pensiero della A. - il cui filo unificante e' costituito dalla ricerca delle condizioni della liberta' di fronte all'erosione della distinzione fra sfera privata e sfera pubblica - e' presentato in forma sistematica nei due volumi (Pensare e Volere) di un'incompiuta trilogia (manca Giudicare): The life of the mind (pubblicata postuma nel 1978; trad. it. 1987).
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Bibliografia: E. Young-Bruehl, Hannah Arendt: for love of the world, New Haven-Londra 1982 (trad. it., Torino 1990); D. May, Hannah Arendt, Harmondsworth 1986.

12. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Kalevala, Sansoni, Firenze 1935, 1984, pp. XII + 264. A cura di Paolo Emilio Pavolini.
- Kalevala, Mondadori, Milano 1988, pp. 462. A cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini.
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Riedizioni
- Charles Seife, Zero. La storia di un'idea pericolosa, Bollati Boringhieri, Torino 2013, Rcs, Milano 2018, pp. 240, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3027 del 6 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

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