[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 860
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- Date: Thu, 5 Apr 2018 14:00:19 +0200
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 860 del 5 aprile 2018
In questo numero:
1. Per Giuseppe Tacconi, nel secondo anniversario della scomparsa
2. Nel secondo anniversario della scomparsa la sezione Anpi "Emilio Sugoni" di Nepi ricorda il presidente Giuseppe Tacconi
3. Mao Valpiana ricorda Martin Luther King
4. Novella Bellucci: Walter Binni (2015)
1. MAESTRI E COMPAGNI. PER GIUSEPPE TACCONI, NEL SECONDO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
Sono due anni che ci ha lasciato il nostro compagno Giuseppe Tacconi.
Antifascista fino all'ultimo respiro, mite costruttore di pace, generoso nel recare aiuto a chiunque di aiuto avesse bisogno.
Sempre si oppose ad ogni violenza.
Sempre si oppose ad ogni menzogna.
Non disse mai la parola disonesta.
Sempre lotto' contro tutte le ingiustizie.
*
Fu architetto, costrui' e insegno' la bellezza, il bene, la verita'.
Amo' il mondo, la vita, gli esseri viventi, le persone tutte di cui sapeva vedere luminosa l'intima scintilla.
*
Tutta la vita lotto' perche' umana divenisse l'umanita'.
Tutta la vita lotto' perche' nessun venisse piu' oppresso, sfruttato, umiliato, ferito, abbandonato, ucciso.
Tutta la vita lotto' perche' ogni bene fosse fra tutti condiviso.
*
Si rallegri chi legge queste parole che un uomo cosi' sia vissuto; e decida di voler essere - come Giuseppe essere volle - l'umanita' come dovrebbe essere.
Ne prosegua la lotta nonviolenta per la liberazione comune dell'umanita' intera.
Ne prosegua la lotta nonviolenta in difesa di quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita'.
Finche' siano abolite tutte le guerre e tutte le uccisioni.
Finche' siano abolite tutte le oppressioni e le violenze.
Fnche' da ogni persona sia donato a tutte le altre secondo le proprie capacita'; finche' ad ogni persona da tutte le altre sia donato secondo i suoi bisogni.
*
A due anni dalla scomparsa e' ancora vivo e ancora lotta insieme a noi il nostro compagno Giuseppe Tacconi.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
2. MEMORIA. NEL SECONDO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA LA SEZIONE ANPI "EMILIO SUGONI" DI NEPI RICORDA GIUSEPPE TACCONI
[Dalla sezione Anpi "Emilio Sugoni" di Nepi riceviamo e diffondiamo]
Nel secondo anniversario della sua scomparsa, la sezione Anpi "Emilio Sugoni" di Nepi ricorda il presidente Giuseppe Tacconi (15 agosto 1937 - 5 aprile 2016), architetto e docente universitario, un antifascista, un uomo buono, generoso, intelligente, un vero costruttore di pace.
Nella sua vita fin da giovane si e' sempre battuto per la difesa della democrazia, dei diritti inviolabili di tutte le persone, dei piu' poveri e degli oppressi.
Giuseppe soleva ripeterci continuamente: "Leggete e rileggete sempre le lettere dei condannati a morte della Resistenza; e' a loro che dobbiamo la nostra Costituzione da amare e difendere sempre, quella Costituzione che ripudia la guerra, ogni guerra e invoca sempre la pace".
Siamo grati a Giuseppe per la sua vita, per il suo insegnamento che cercheremo di seguire ed onorare e che indichiamo ad esempio a tutti i cittadini e in particolare ai giovani.
3. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA RICORDA MARTIN LUTHER KING
[Ringraziamo di cuore Mao Valpiana per questo intervento dal titolo originale "Lo scandalo di Martin Luther King: il potere dell'amore nero e americano".
Mao (Massimo) Valpiana e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come giornalista. E' presidente nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa per la nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del comitato scientifico della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International di Londra e dell'Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza di Bruxelles. E' stato Consigliere regionale del Veneto e consigliere comunale di Verona. Nel 2014 e' stato tra i promotori dell'evento nazionale "Arena di pace e disarmo" che ha riunito 15.000 persone nell'anfiteatro veronese. Oltre ad innumerevoli scritti, pubblicati negli anni in molte riviste e in vari libri, ha curato due volumi dedicati ad Alexander Langer: "Fare la pace" (Cierre Edizioni, 2005, riedizione aggiornata nel 2017), e "Una buona politica per riparare il mondo" (Edizioni Legambiente, Biblioteca del Cigno, 2016). Cura un blog personale: https://maovalpiana.wordpress.com/ e un blog su Huffington Post: http://www.huffingtonpost.it/author/mao-valpiana/ , per contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803]
Il 4 aprile di cinquant'anni fa, Martin Luther King si stava preparando in albergo prima di recarsi ad un comizio indetto per quel giorno. Dopo essersi annodato la cravatta usci' sul balcone. La pallottola, sparata da un fucile di precisione, lo colpi' a morte.
Aveva sempre saputo che quella sarebbe stata la sua fine. Nel discorso che aveva tenuto la sera prima, aveva detto: "Desidero soltanto compiere la volonta' di Dio. Egli mi ha concesso di salire in cima alla montagna. Io ho guardato oltre e ho visto la Terra Promessa. Forse io non arrivero' fino la' con voi. Ma voglio che voi sappiate, questa notte, che noi insieme, come popolo, giungeremo alla Terra Promessa. Per questo oggi sono felice. No, non mi preoccupa piu' niente. Non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto l'arrivo del Signore, il suo splendore".
Nella sua teoria e pratica della nonviolenza Martin Luther King si e' ispirato al mahatma Gandhi: "Se l'umanita' deve progredire, la figura di Gandhi e' imprescindibile". Per King la forza della nonviolenza era il potere dell'amore: "Ma quando parlo d'amore non parlo di una debole e sentimentale corresponsione. Parlo di quella forza che tutte le grandi religioni hanno considerato come il supremo elemento unificatore della vita. L'amore e' in qualche modo la chiave che apre la porta che conduce alla realta' ultima".
Egli ha avuto due avversari: il razzismo del potere bianco e la violenza delle pantere nere. Ha quindi dovuto impostare sempre una strategia su due fronti e alla fine la sua nonviolenza ha vinto e convinto: "La compassione e la nonviolenza ci aiutano a considerare il punto di vista del nemico, ad ascoltare le sue domande, a conoscere il suo giudizio nei nostri confronti. Giacche' dal suo punto di vista possiamo davvero scorgere la fondamentale debolezza della nostra propria condizione, e se siamo maturi possiamo imparare, crescere e trarre profitto dalla saggezza dei fratelli che sono definiti come i nostri avversari".
La nonviolenza di Martin Luther King ha lasciato un segno indelebile su tutta l'umanita' e ci ha insegnato con i fatti che il vero amore fa bene a chi lo fa e a chi lo riceve: "L'approccio nonviolento non cambia subito il cuore dell'oppressore. Agisce prima sui cuori e le anime di coloro che vi si impegnano. Da' loro una nuova dignita'; risveglia risorse di forza e coraggio che non sapevano neppure di possedere. Infine raggiunge l'oppressore e scuote la sua coscienza al punto che la riconciliazione diventa una realta'".
Il sito dell'associazione americana "Peaceful Tomorrows" (gruppo "Per un Domani di Pace" fondato da 80 famiglie di vittime dell'11 settembre che cercano un'alternativa nonviolenta alla guerra contro il terrorismo internazionale) si apre con una significativa citazione del Rev. Martin Luther King Jr.: "Il passato e' profetico nella misura in cui afferma che le guerre sono poveri scalpelli per scolpire domani di pace. Un giorno dovremo accorgerci che la pace non e' solo un obiettivo lontano da raggiungere, ma e' il mezzo per raggiungere quell'obiettivo. Dobbiamo perseguire fini di pace con mezzi di pace. Per quanto tempo ancora dovremo continuare i nostri giochi di morte e di guerra prima di ascoltare l'appello doloroso degli innumerevoli morti e mutilati delle guerre passate?".
Per comprendere la grande influenza che il pensiero e la prassi di King hanno ancora sul movimento pacifista mondiale, confermata dalla enorme manifestazione "March for our lives" del 24 marzo scorso che ha invaso le strade di Washington contro la violenza delle armi, e' interessante capire come King sia arrivato all'opzione nonviolenta, e come la sua strategia si e' evoluta nel tempo.
Montgomery e' la capitale dell'Alabama. Martin Luther King, pastore battista, vi e' arrivato nel 1954 come guida di una delle piu' importanti chiese nere della citta', che a quell'epoca e' composta da 70.000 bianchi e da 50.000 neri; il 63 % delle donne nere sono domestiche presso i bianchi, il 94% delle case bianche ha i servizi igienici, contro il 31% di quelle dei neri; il reddito medio dei bianchi e' il doppio di quello dei neri; i tassi di alcolismo, delinquenza e disoccupazione sono molto piu' alti tra i neri che tra i bianchi; gli iscritti neri nelle liste elettorali sono solo 2.000 contro i 30.000 neri maggiorenni. Nella citta' vige il regime segregazionista: scuole, giardini pubblici, servizi sono tutti separati. I migliori sono riservati ai bianchi, i peggiori ai neri. I posti nei cinema, nei teatri, negli autobus sono separati. Nei negozi i neri vengono serviti per ultimi e devono fare la coda. Spesso vengono insultati dai bianchi.
Questo e' il contesto nel quale King ha iniziato ad agire. Ma non si puo' disgiungere l'azione di King, dalla sua fede cristiana. Una fede profonda che Aldo Capitini (in "Azione nonviolenta" del maggio 1968) ricostruisce cosi': "Gesu' Cristo come la persona piu' preziosa del mondo; Dio come Amore; l'amore per i nemici, la condizione del peccatore ed il bisogno della grazia, l'aprirsi della fede all'incontro con il Dio personale, la speranza della unita' ecumenica; il Discorso della Montagna ed il metodo gandhiano della resistenza nonviolenta".
Nato nel 1929, figlio e nipote di un pastore battista della classe media, Martin Luther ha frequentato importanti college in Pennsylvania e a Boston, ed e' stato uno dei migliori studenti. Ha conseguito due lauree: in teologia ed in filosofia. Durante gli studi ha approfondito le opere di Thoreau e di Gandhi.
Nel 1955, con un volantino ciclostilato, King organizza il famoso boicottaggio degli autobus, a seguito dell'arresto di una giovane nera di Montgomery, Rosa Parks, che si e' rifiutata di cedere il posto ad un bianco. Tutti i neri della citta' aderiscono in massa alla protesta, che dura 382 giorni. I neri non utilizzano piu' gli autobus pubblici: vanno a piedi, in taxi, si organizzano con mezzi privati. Un braccio di ferro che mette in ginocchio l'azienda del trasporto pubblico. La vittoria giunge a seguito di una sentenza della Corte Suprema del 13 novembre 1956 che dichiara illegittima la segregazione sugli autobus dell'Alabama.
Con la lotta di Montgomery King diventa un simbolo ed un leader a livello nazionale.
Nel 1958 esce il suo primo libro "In cammino verso la liberta'", che racconta la storia del boicottaggio. Mentre ne firma alcune copie in una libreria a New York, viene accoltellato quasi mortalmente.
Nel 1959, ristabilitosi, compie un viaggio in India per approfondire la conoscenza del metodo gandhiano. Al rientro dal viaggio dice: "Gesu' Cristo mi fornisce lo spirito e i motivi; Gandhi mi fornisce il metodo".
Nel 1962 ad Albany, in Georgia, organizza una campagna nonviolenta contro la segregazione nei ristoranti.
Nel 1963 a Birmingham, epicentro dell'odio razziale, da' avvio ad una vasta campagna contro la segregazione. La repressione e' durissima. Lo stesso King, insieme ad altri tremila attivisti neri, viene arrestato. La liberazione arriva per interessamento dello stesso Presidente Kennedy. Intanto l'integrazione arriva nelle scuole, nelle biblioteche e in altri luoghi pubblici.
La rivoluzione nonviolenta nera si estende a tutto il paese. Il 28 agosto King guida la marcia dei 250.000 su Washington. La reazione dei conservatori e' brutale: scoppiano le bombe nei luoghi frequentati dai neri, con molti morti.
Nel 1964 King riceve il Premio Nobel per la Pace e, divenuto un leader mondiale, alza il tiro.
Nel 1965 in Alabama avvia la campagna per il diritto del voto ai neri.
Nel 1966 si trasferisce a Chicago fra i baraccati neri, e conduce una campagna per i loro diritti sociali, civili, economici. Mentre fa un comizio subisce un altro attentato.
Nel 1967 si schiera con il movimento pacifista contro la guerra del Vietnam.
Nel 1968 e' a Memphis, nel Tennessee, per organizzare manifestazioni di appoggio agli spazzini neri della citta' che rivendicano il diritto di iscriversi ad un sindacato. Il 4 aprile viene assassinato. Giusto in tempo per impedirgli di dare vita alla "Grande marcia di emancipazione dei poveri attraverso l'America" che aveva organizzato per l'estate a Washington: come atto provocatorio proprio davanti alla Casa Bianca avrebbe fatto costruire una baraccopoli: che il Presidente veda come vivono milioni di americani! Si era convinto che era giunto il tempo di trasformare la lotta per i diritti civili dei neri, in lotta per l'emancipazione economica di tutti, bianchi e neri.
In dieci anni di campagne nonviolente, King ha trasformato l'America e se stesso.
Da nero che rivendica dei diritti e' divenuto un americano che lotta per migliorare il proprio paese. Non parla piu' a nome dei neri, ma parla da americano. Nel suo ultimo articolo, dice: "Le condizioni dei poveri peggiorano; i posti di lavoro diminuiscono; le scuole si rivelano sempre piu' inadeguate; le cure mediche sono inaccessibili per milioni di poveri... Gli americani sono infettati dal razzismo, ecco il pericolo. Ma paradossalmente essi sono anche contagiati dagli ideali democratici, e questa e' la speranza. Mentre essi fanno del male, hanno anche il potenziale per fare del bene. Por fine alla miseria, estirpare il pregiudizio, liberare una coscienza tormentata, creare un domani di giustizia, tutto cio' e' degno dell'ideale americano".
Fra i tanti insegnamenti, a me pare che King ci lasci soprattutto una scrupolosa attenzione al metodo usato nelle lotte. Per educare i neri a viaggiare sugli autobus integrati, senza accettare le provocazioni, King organizza un capillare lavoro nelle scuole, facendo distribuire un volantino contenente "Suggerimenti per gli autobus integrati": "Non tutti i bianchi sono contro gli autobus integrati. Accetta la buona volonta' che possa venire dalla parte di questi; sii calmo e amichevole; orgoglioso, ma non arrogante; gioioso, ma non turbolento; parla il meno possibile e sempre con tono calmo; sii abbastanza amabile da assorbire la cattiveria e la incomprensione al punto da volgere il nemico in amico".
La disobbedienza civile del movimento di King e' dettata dall'amore, non dall'odio.
Per King e' importante che il rigore nel metodo nonviolento sia mantenuto anche dopo l'abolizione della segregazione. La sua preoccupazione e' che "noi non dobbiamo considerare questa come una vittoria sui bianchi, ma una vittoria per la giustizia e la democrazia".
Ma la sua nonviolenza non e' solo una tecnica. E' insieme mezzo e fine.
"E' probabilmente vero che molti dei neri non credevano nella nonviolenza come filosofia di vita, ma a causa della loro fiducia nei propri dirigenti e del fatto che la nonviolenza era loro presentata come pura espressione di cristianesimo in atto, essi erano disposti ad usarla come tecnica. Certo, la nonviolenza nel suo vero senso non e' una strategia che si possa usare semplicemente come espediente del momento; la nonviolenza e' in prima istanza un modo di vita che l'uomo assume per la netta moralita' delle sue esigenze. Ma pur ammesso cio', la volonta' di usare la nonviolenza come una tecnica e' un passo in avanti. Per chi e' andato cosi' avanti in questo passo, e' piu' probabile che adotti poi la nonviolenza come modo di vita".
Pur mantenendo gli stessi principi e la stessa fede, King ha saputo contestualizzare la nonviolenza gandhiana, applicandola alla moderna societa' americana.
In un'America che ha perso l'anima, impaurita e paralizzata dalla guerra infinita iniziata con Bush e che prosegue con Trump, dove "America first!" e' diventata la politica di un fortino che si rinchiude costruendo muri che lo imprigionano, la speranza occidentale puo' ripartire da Martin Luther King.
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Bibliografia essenziale in italiano
M.L. King, T. Merton, La rivoluzione negra, La Locusta, Vicenza 1965.
M.L. King, La forza di amare, Sei, Torino, 1967.
M.L. King, Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968.
M.L. King, Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968.
M.L. King, Oltre il Vietnam, La Locusta, Vicenza 1968.
M.L. King, La misura dell'uomo, Morcelliana, Brescia 1969.
M.L. King, Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970.
M.L. King, Dove stiamo andando: verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970.
M.L. King, Pregare con Martin Luther King, a cura di Silvia Albini, Dall'Oglio, Milano 1982.
M.L. King, Lettera dal carcere di Birmingham, Quaderni di Azione nonviolenta, Verona 1993.
M.L. King, Io ho un sogno, scritti e discorsi che hanno cambiato il mondo, Sei, Torino 1993.
4. MAESTRI. NOVELLA BELLUCCI: WALTER BINNI
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario Biografico degli Italiani (2015)]
Walter Binni nacque a Perugia il 4 maggio 1913, unico figlio di una famiglia di origini in parte aristocratiche, in parte borghesi-terriere. Il padre Renato, come il nonno, era farmacista ed esercitava la professione nella propria farmacia, situata nella piazza del Duomo. La madre, Celestina Agabiti, sorella dello scrittore Augusto Agabiti, fu figura centrale nella vita del figlio, che le rimase sempre profondamente legato.
Fino a diciotto anni Walter visse e studio' a Perugia, ispiratrice di molte pagine autobiografiche che posero la citta' al centro delle proprie piu' significative esperienze. Ricevette fin da bambino un'educazione mirata all'inserimento presso la classe dirigente locale frequentando una scuola elementare privata con pochissimi e scelti scolari. Attraverso' i primi anni del fascismo respirando in casa un'atmosfera di consenso nei confronti del regime, soprattutto da parte del padre che lo iscrisse ai balilla.
Gia' negli inquieti anni dell'adolescenza, turbati da dissapori familiari, si manifesto' la sua netta propensione per gli studi. Trascorreva molto tempo nelle sale di lettura della Biblioteca Augusta a consultare volumi di antiche cronache perugine e leggere classici del pensiero storico, romanzi e poeti italiani e stranieri, in particolare Carlo Michelstaedter e i vociani, esercitandosi anche in scritture personali, poetiche e narrative.
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Binni normalista
Il 1931 va considerato, per sua stessa ammissione, l'anno 'decisivo' per il futuro critico militante: nel momento conclusivo dei suoi studi liceali, l'italianista Guido Mazzoni, presidente della commissione d'esame, lo esorto' a partecipare al concorso nazionale per l'ammissione alla Scuola Normale di Pisa. Il giovane accetto' il suggerimento in contrasto con il padre che lo avrebbe voluto farmacista al proprio fianco. Risulto' primo al concorso e la comunicazione gli arrivo' in forma di telegramma firmato dal segretario della Scuola, il perugino Aldo Capitini, destinato ad assumere una funzione centrale nello sviluppo del concittadino diciottenne.
Ebbe inizio, cosi', per il giovane Binni un'esperienza di vita autonoma, arricchita da conoscenze sia di natura privata (e' a Pisa che, nel 1932, conobbe la compagna di studi Elena Benvenuti, lucchese, alla quale fu legato da un sentimento destinato a durare tutta la vita) e intellettuale (dai maestri, gli italianisti Attilio Momigliano e Luigi Russo, lo storico dell'arte Matteo Marangoni, il linguista Giorgio Pasquali, ai compagni di studi e amici Vittore Branca, Giuseppe Dessi', Delio Cantimori, Carlo Ludovico Ragghianti, Claudio Varese).
L'ambiente pisano si rivelo' ricco di occasioni e di stimoli: la Scuola Normale, diretta da Giovanni Gentile, costituiva un crogiuolo di intelligenze e di idee. Capitini ne era uno degli elementi piu' attivi e, intorno a lui, si ritrovavano molti giovani insofferenti della retorica fascista. Nei primi mesi del 1933, uno di essi, brillante studioso di filosofia, Claudio Baglietto, compi' un atto di disobbedienza al regime che costo' il posto di segretario della Scuola a Capitini, costretto a far ritorno nella dimora della famiglia paterna, ubicata presso la torre campanaria del palazzo dei Priori: luogo che divenne meta di innumerevoli pellegrinaggi da parte del giovane Binni, sempre piu' legato al pensiero e alla personalita' di Capitini. Come testimonia la loro corrispondenza e soprattutto la loro vita, il rapporto tra i due si consolido' negli anni nonostante le diversita' di alcuni aspetti (l'uno, Aldo, piu' vecchio di quindici anni, credente, se pur di una religione libera; Walter ateo fino alla fine dei suoi giorni), ma ugualmente impegnati nella ricerca di una dimensione morale dell'esistenza ("maestro adatto al mio spasimo per la virtu' e per il coraggio delle idee", scrisse di Capitini il piu' giovane amico) e interessati alle manifestazioni della poesia e dell'arte con passioni comuni, come quella che li univa a Michelstaedter e soprattutto a Leopardi.
*
Dall''afascismo' all'antifascismo. I primi saggi critici
L'allontanamento di Capitini dalla Normale provoco' un cambiamento negli atteggiamenti di numerosi studenti nei confronti del regime, sempre piu' mal tollerato. Binni a posteriori defini' questo come un periodo di sostanziale 'afascismo', in cui rapidamente avvenne per lui il distacco dalla cultura dominante. Furono mesi importanti per la sua formazione di studioso: nel 1932 si dedico' alla lettura integrale di Leopardi; l'anno successivo si impegno' nella lettura di classici francesi e tedeschi, dedicandosi anche allo studio delle due lingue.
A ventun anni, nel 1934, scrisse come tesina di letteratura italiana un testo che venne pubblicato con il titolo Linea e momenti della poesia leopardiana (in Sviluppi delle celebrazioni marchigiane: uomini insigni del Maceratese, Macerata 1935, pp. 77-97), primo della lunga serie di interventi critici che nel corso della vita Binni dedico' all'interpretazione di Leopardi. Se molte delle idee critiche che animano questa lettura del ventunenne allievo normalista oggi risultano superate e furono poi accantonate dallo stesso critico nei suoi successivi interventi; se il saggio appare schematico nel presentare una vicenda intellettuale e creativa ricca e multiforme come quella leopardiana, stretta nella rigida opposizione fra fase idillica e fase eroica, manifestava pero' un'originale interpretazione, che spostava l'attenzione critica verso gli ultimi canti (la zona fino ad allora meno accettata della produzione leopardiana), insistendo sulla forza di quella poesia rispetto alla precedente: elementi, questi, che divennero categorie critiche generatrici dell'innovativo libro del 1947, La nuova poetica leopardiana.
Nel 1936, Binni, che veniva definendo il suo profilo di intellettuale anche tramite la collaborazione al periodico del Gruppo universitario fascista (GUF) pisano, il Campano, con articoli di carattere politico e letterario, pubblico' presso Sansoni la tesi con cui si era laureato nel giugno del 1935, La poetica del decadentismo italiano (Firenze 1936). Il libro venne accolto con interesse negli ambienti antifascisti, per la sua prospettiva europea e per l'attenzione alla stagione letteraria recente, guardata con atteggiamento polemico dalla cultura di regime. Binni leggeva la produzione italiana ed europea riconducibile alla categoria del decadentismo entro l'ottica metodologica della 'poetica', che, mutuata in parte dal maestro Luigi Russo (anche come strumento critico antagonistico all'idealismo crociano) e approfondita teoricamente e affinata negli anni a venire, costitui' lo strumento piu' originale del suo fare critico.
In questi anni decisivi ando' definendosi il suo radicale antifascismo, sostenuto dalla collaborazione sempre piu' intensa con Capitini, grazie al quale Perugia divenne un centro importante della cospirazione contro il regime: a ogni suo ritorno nella citta' natale, Binni era vicino a Capitini con il quale non interruppe mai i rapporti. Nel 1936 era ormai inserito pienamente nelle attivita' clandestine non solo a Perugia, ma nelle reti nazionali.
La sua vita procedette, dunque, sul doppio binario della militanza antifascista e dell'affermazione del percorso professionale: nel 1936 ottenne un posto di perfezionamento alla Normale, supplendo Luigi Russo con corsi di letteratura e critica; concluse brillantemente l'iter normalistico, sostenendo l'esame finale con Gentile e con Gaetano Chiavacci; vinse il concorso per l'insegnamento di italiano e storia presso gli istituti tecnici superiori e ottempero' all'obbligo del servizio militare. Dopo il successo della Poetica del decadentismo, alcune tra le piu' importanti riviste letterarie, quali La Nuova Italia, Leonardo, Letteratura, accettarono la sua collaborazione. Nel 1938 insegno' all'istituto tecnico A. Bordoni di Pavia. Nel frattempo veniva ampliandosi la mappa delle sue relazioni grazie alla conoscenza di alcune tra le figure di maggior spicco della politica e della cultura di quegli anni. Nei suoi spostamenti tra Firenze, Torino, Milano, Bologna, Padova, Roma conobbe, tra gli altri, Eugenio Montale, Elio Vittorini, Tristano Codignola, Cesare Luporini, Franco Fortini, Leone Ginzburg, Cesare Pavese, Ferruccio Parri, Giuseppe Raimondi, Concetto Marchesi, Manara Valgimigli, Guido Calogero, Pietro Ingrao, Ugo La Malfa.
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Gli anni perugini tra l'Universita' per stranieri e la politica
Dal 1939 fu chiamato presso l'Universita' per stranieri di Perugia (dove insegno' fino al 1945). Il ritorno nella citta' natale coincise con alcuni eventi personali: il matrimonio con Elena (dalla quale ebbe due figli: Francesco e Lanfranco, che si sarebbe in seguito dedicato alla valorizzazione dell'opera paterna) e la morte precoce della madre. Binni aveva ventisei anni e aveva gia' definito le linee essenziali della sua vita, destinate a rimanere coerenti in una dialettica continua fra aspetti personali, professionali, tensioni civili. Fu lo stesso Capitini a riconoscere che dal suo piu' giovane amico Walter gli era venuto l'invito a formare un vero e proprio movimento politico che, con la partecipazione di Guido Calogero, si tradusse nel liberalsocialismo, il cui primo manifesto programmatico venne pubblicato nel 1940, anno in cui Binni fu richiamato alle armi e inviato sul fronte francese e jugoslavo. Dopo il congedo, ritorno' a insegnare a Perugia presso l'Universita' per stranieri e nel 1942 consegui' la libera docenza.
In questo periodo riusci' a lavorare a un saggio alfieriano (Vita interiore dell'Alfieri, Bologna 1942), in cui applicava il suo metodo storico-critico, ispirato alla poetica, manifestando con decisione la propria propensione a lavorare su autori a lui particolarmente congeniali: di Alfieri (cui avrebbe dedicato altri studi negli anni a venire) affermava di condividere la passione politica, antitirannica, anticlericale, anticattolica.
Tra il 1942 e il 1945, senza mai abbandonare gli studi e gli interventi di critica letteraria, rivolse il suo impegno soprattutto all'azione politica vissuta con il rigore e l'entusiasmo dettato dalle speranze di quegli anni 'indimenticabili'. Definito, in un'informativa del prefetto, soggetto "del tutto scalmanato", sovversivo e violento, partecipo' alla Resistenza aderendo al Partito socialista italiano di unita' proletaria (PSIUP), il partito socialista ricostituito nel 1942. Come rappresentante di tale partito fu nella prima giunta comunale nominata dal Comitato di liberazione nazionale (CLN) di Perugia, alla vigilia della liberazione della citta' da parte delle truppe alleate; e dette il proprio contributo intellettuale, in veste di redattore, al Corriere di Perugia, settimanale di informazione politica del CNL del quale Capitini era direttore. Nel giornale, ampio spazio era occupato dall'esperienza politica e sociale attuata da Capitini a Perugia dopo la liberazione, i Centri di orientamento sociale (COS); si trattava di un movimento, o piu' propriamente di un laboratorio politico, ispirato a una forma di democrazia diretta, aperta ai partiti ma soprattutto al ceto popolare. A questa esperienza, che lo mise in contatto con gente appartenente a uno strato sociale cosi' diverso da quello aristocratico-borghese delle sue origini, Binni riconobbe poi un grande valore formativo, affermando con fermezza la propria posizione di "pertinace e volontario alleato della classe proletaria". Fino al 1946 fu quasi interamente occupato nell'impegno militante nelle complicate vicende della sinistra: il suo lavoro politico all'interno del PSIUP andava nella direzione, condivisa con la corrente romana di 'Iniziativa socialista', di autonomia rispetto ai comunisti, in una prospettiva volta a costruire un socialismo radicale, coerente con la formazione liberalsocialista. Per queste sue posizioni, che si opponevano, tra l'altro, alla commistione fra vecchio gruppo socialista e massoneria, Binni fu duramente attaccato e fu addirittura privato dell'incarico di insegnamento presso l'Universita' per Stranieri (poi riattivato grazie all'intervento del sottosegretario alla Pubblica Istruzione, Carlo Ludovico Ragghianti). Gli ostacoli non attenuarono la passione civile di Binni che in ogni occasione, sia scrivendo (in particolare su Il Socialista e poi su Europa socialista, la rivista diretta da Ignazio Silone) sia intervenendo nelle sezioni di partito con grande efficacia oratoria, difendeva la sua idea di socialismo integrale.
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Il 1947: L'Assemblea Costituente e La nuova poetica leopardiana
Eletto deputato per la circoscrizione Perugia-Terni-Rieti, visse la grande stagione dell'Assemblea Costituente. Il suo impegno fu rivolto in primo luogo alla difesa della scuola pubblica. Nel ricordare il discorso tenuto nella seduta del 17 aprile 1947, e' opportuno sottolineare la qualita' letteraria della gran parte degli interventi politici di Binni, autore non solo di saggi critici ma anche di prose di ispirazione etico-civile, che, insieme con quelle di altri intellettuali della sua generazione, possono essere considerate parte di un vero e proprio genere letterario novecentesco. Come pagina di vibrante forza letteraria puo' leggersi il breve intervento con cui, nell'ultima seduta della Costituente, Binni commemoro' la morte di Gandhi, "grande anima", in cui era manifesta, ancora una volta, la condivisione ideale con Capitini.
In un periodo cosi' impegnativo nella vita pubblica e politica (nel febbraio del '47, a seguito del duro scontro all'interno del PSIUP e alla conseguente scissione, decise di rimanere fuori dai due Partiti socialisti, entrando da indipendente nel Gruppo parlamentare del nuovo partito di Saragat), e tanto faticoso per gli spostamenti settimanali da Roma a Perugia, Binni riusci' comunque a produrre numerosi saggi letterari in riviste e ben tre libri di critica letteraria, pubblicati tutti nel 1947: Preromanticismo italiano (Napoli), La nuova poetica leopardiana (Firenze), Metodo e poesia di Ludovico Ariosto (Messina-Firenze).
I tre libri sono apparentati da un orientamento metodologico antipositivistico e anticrociano e dall'applicazione del concetto di poetica, messo alla prova sia nella ricostruzione di grandi scenari culturali (e' il caso della rilettura delle manifestazioni letterarie del secondo Settecento tramite la categoria storiografica del preromanticismo), sia nella definizione della personalita' di un grande autore interrogato criticamente nella globalita' della sua produzione (e' il caso del volume ariostesco), sia nella lettura di una stagione poetica essenziale di Giacomo Leopardi. Ne La nuova poetica leopardiana, Binni riprese l'idea critica del suo primo saggio del 1935, in forma piu' distesa, piu' organica e piu' elaborata. All'interno del panorama critico il volume fu un intervento dirompente, di cui non si comprende la portata se non lo si connette al clima storico entro il quale prese forma, segnato dall'esperienza tragica del fascismo, della guerra, degli stermini e, al tempo stesso, dalla potente speranza di una rinascita civile. Il 1947, nella storia complessa e tormentata della ricezione di Leopardi, segno', grazie a questo libro (in sintonia con altre letture coeve, la piu' significativa delle quali rimane quella di Cesare Luporini) una vera e propria svolta.
Con il 1947 si concluse anche l'esperienza parlamentare di Binni che scelse di non ripresentare la propria candidatura alle elezioni politiche del 1948, sottolineando l'inconciliabilita' fra l'impegno politico e il lavoro universitario. Tale rinuncia non significo', peraltro, l'abbandono delle posizioni ideali del socialismo cui Binni dichiarava che non sarebbe mai venuta a mancare la propria adesione attiva e disinteressata.
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Gli anni genovesi
Nel 1948, vinto il concorso di professore ordinario, ebbe inizio la vera e propria vita universitaria dello studioso perugino: la prima tappa fu Genova dove venne chiamato a insegnare letteratura italiana presso la facolta' di lettere e filosofia, e dove rimase fino al 1956, anno del trasferimento presso il magistero di Firenze. Furono anni in cui si dispiego' la sua energia intellettuale, con i corsi su figure e temi sette-ottocenteschi e numerose pubblicazioni (tra le quali deve essere ricordata la cura della monografia desanctisiana dedicata a Leopardi, che andava a inserirsi nel dibattito, apertosi nelle fila della sinistra, sul 'ritorno a De Sanctis') e i progetti editoriali (tra cui la collana I classici italiani nella storia della critica per i tipi della Nuova Italia).
Si andava contemporaneamente delineando il suo metodo didattico, aperto a favorire le potenzialita' degli allievi piu' meritevoli, chiamati subito a feconde collaborazioni, tra le quali va ricordata l'organizzazione, dal 1953, di una rivista letteraria, diretta dallo stesso Binni, la Rassegna della letteratura italiana (ancora oggi tra le piu' autorevoli riviste di italianistica): obiettivo della rivista era quello di fornire un'informazione rigorosa (tramite le sezioni bibliografiche) e al tempo stesso promuovere un confronto aperto sulle questioni di metodo. Grazie a queste sue attivita' si formo' a Genova una scuola, destinata ad ampliarsi con i trasferimenti successivi nelle universita' di Firenze e di Roma: tra i primi allievi, Franco Croce, Riccardo Scrivano, Giovanni Ponte.
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Gli anni fiorentini
L'anno della chiamata a Firenze segno' per Binni anche la ripresa dell'attivita' politica. Se a Genova la tensione civile si era tradotta in una vivace partecipazione alla vita culturale e politica della citta', il periodo fiorentino, apertosi con avvenimenti di grande impatto nella compagine variegata della Sinistra in seguito ai fatti di Ungheria, lo riporto' a proposte e azioni dirette che si tradussero nella formazione di un movimento di 'socialisti senza tessera', destinato a suscitare un vivo interesse presso molti intellettuali (nel 1959, Binni aderi' al Partito socialista italiano - PSI).
Firenze era del resto un centro culturale di grande vitalita' e gli anni che Binni vi trascorse furono arricchiti da rapporti con gruppi legati a riviste (Letteratura e soprattutto il Ponte) e istituzioni (il Gabinetto Vieusseux) e, soprattutto, dall'incontro con figure quali Eugenio Garin, Piero Calamandrei, Delio Cantimori, Cesare Luporini, Giacomo Devoto, Giorgio Spini e numerosi altri. Con molti di loro Binni condivise, di la' dalle inevitabili divergenze di posizioni, la passione intellettuale che coniugava politica, cultura, etica, riversandosi nell'attività didattica. Anche gli anni fiorentini furono estremamente produttivi sul piano scientifico; nel 1963 uscirono tre volumi i cui argomenti erano stati approfonditi durante lo svolgimento dei corsi universitari: Poetica, critica e storia letteraria (Bari), Classicismo e neoclassicismo nella letteratura del Settecento (Firenze), L'Arcadia e il Metastasio (Firenze); e venne avviata (per l'editore Principato, in collaborazione con Riccardo Scrivano), un'originale Antologia della critica letteraria. Il saggio metodologico, Poetica, critica e storia letteraria, fondato sulla nozione di poetica e ispirato al superamento del tecnicismo e dei residui di crocianesimo, esprimeva compiutamente la convinta e appassionata rivendicazione del compito fondamentale del critico volto a ricostruire il profondo legame che ogni grande poeta ha con la realta', alla quale non manca di 'collaborare'. Questo libro suscito', fin dal suo primo apparire, un grande interesse e un fecondo dibattito all'interno del quale si inseri' anche un episodio di intolleranza accademica che ebbe come centro la rivista Paragone-Letteratura, diretta da Anna Banti, moglie di Roberto Longhi, che ne fu protagonista (la polemica si trasferi' poi sulle pagine del quotidiano Paese sera). Binni, tenace e combattivo, era del resto persona tutt'altro che accomodante: a Firenze, aveva preso posizione, con azioni e con scritti, nei conflitti universitari contro il rettore a difesa delle lotte studentesche che erano scoppiate nel 1961; e in questo stesso anno appoggiò la marcia per la pace Perugia-Assisi, organizzata da Capitini.
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Gli anni romani. Il "professore" tra militanza politica e impegno didattico
Nel gennaio del 1964, Binni venne chiamato a insegnare alla facolta' di lettere e filosofia dell'Universita' di Roma, dove rimase fino alla conclusione del suo itinerario universitario e della sua stessa vita. Anche i primi anni romani furono fervidi e fecondi. I corsi universitari leopardiani (raccolti piu' tardi nel volume Lezioni leopardiane) suscitarono entusiasmo nei giovani, affascinati dalle lezioni del nuovo professore dotato di rara capacita' comunicativa. I seminari per studenti e laureandi costituirono nuovi modelli di studio che avrebbero portarono alla formazione di un folto gruppo di allievi (fra cui Giulio Ferroni, Amedeo Quondam, Guido Baldassarri, Pino Fasano, Biancamaria Frabotta, per citare solo i piu' noti). Ma i primi anni romani di Binni furono segnati anche dalle vicende che agitarono l'Ateneo culminanti il 27 aprile del 1966 con la morte dello studente socialista Paolo Rossi, precipitato dalla scalinata della facolta' di lettere in seguito a un tafferuglio provocato da un manipolo di studenti di destra.
Fu Binni a tenere, sulla scalinata del Rettorato, l'orazione funebre, durissimo atto di accusa contro il rettore Ugo Papi il quale fu costretto a dimettersi. Nell'esplosione della protesta studentesca che occupo' i mesi successivi culminando nel 1968, Binni, pur fatto segno di attacchi dalle Destre, fu tra i docenti maggiormente impegnati, scrivendo e firmando documenti di forte coerenza politica e soprattutto moltiplicando il lavoro didattico con seminari aperti alle richieste studentesche. L'impegno politico, fuori e dentro l'Universita', non pregiudico' il lavoro scientifico; in questi anni la sua produzione venne arricchendosi di altri testi: con l'allievo fiorentino che lo aveva seguito a Roma, Enrico Ghidetti, dette vita ai due volumi dell'edizione di Tutte le opere leopardiane (Firenze 1969), la cui introduzione, da lui firmata (Leopardi poeta delle generose illusioni e dell'eroica persuasione: ibid., pp. XI-CXX), costituisce un ulteriore sviluppo della sua interpretazione del poeta recanatese (poi confluita nel volume del 1973, La protesta di Leopardi); nel 1968 i suoi studi settecenteschi furono organizzati in Il Settecento letterario, sesto volume della garzantiana Storia della letteratura italiana, diretta da Emilio Cecchi e Natalino Sapegno (con il quale realizzo' anche a una Storia letteraria delle Regioni d'Italia). Pubblico', inoltre, il volume di Saggi alfieriani (Firenze 1969), nel quale Binni ripresento' il primo suo libro sul tragico astigiano, arricchendolo di nuovi saggi. Nell'Introduzione, il critico tornava a sottolineare la propria affinita' con alcune caratteristiche dell'Alfieri, in particolare con la sua disorganicita' rispetto al potere e alla societa'. Intanto, nel corso del 1968, si era maturato l'allontanamento definitivo di Binni dal PSI. Non aderi' piu' ad alcuna formazione partitica fino al 1994, quando prese la tessera di Rifondazione comunista.
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La stagione dell'amarezza
Gli anni Settanta lo videro, schierato su posizioni di adesione, pur critica, ai movimenti della Sinistra, sempre partecipe alle vicende politiche internazionali e italiane, tragicamente segnate dalla strategia della tensione e dal brigatismo. Binni prosegui' la sua opera di docente e studioso senza mai separarsi dalla realta' del Paese che si faceva minacciosa soprattutto agli occhi di coloro che avevano lottato per la difesa dei valori democratici e per una societa' piu' equa. Nel 1977 divenne socio dell'Accademia nazionale dei Lincei, che prese a frequentare con assiduita'. L'anno successivo fu nominato presidente del Comitato nazionale per le celebrazioni foscoliane (nomina seguita pochi anni dopo dal volume Ugo Foscolo. Storia e poesia, Torino 1982).
Mentre si dedicava alla risistemazione degli studi che avevano ispirato corsi universitari (Monti poeta del consenso, Firenze 1981; Incontri con Dante, Ravenna 1983) e continuava la sua attivita' di recensore per la Rassegna della letteratura italiana, giungeva a conclusione il ciclo attivo del suo lavoro di docente universitario (nel 1983 venne collocato fuori ruolo e nel 1989, terminata definitivamente l'intensa stagione accademica, venne nominato professore emerito).
Nel 1984 usci' il volume La tramontana a Porta Sole. Scritti perugini e umbri (Perugia), nel quale Binni raccoglieva scritti perlopiu' autobiografici, ispirati alla sua citta' e alle esperienze umane, politiche, sociali in essa vissute. Perugia rimase sempre al centro della vena autobiografica che condusse Binni a ricostruire le proprie radici familiari e a tracciare un bilancio della sua esistenza: al 1982 risale lo scritto autobiografico Perugia nella mia vita. Quasi un racconto, ripreso e concluso, molti anni più tardi, a poche settimane dalla morte.
Al vecchio professore l'Italia sembrava avere subito mutamenti sociali e politici che l'avevano allontanata dagli ideali della Resistenza: anni degradati e ignobili gli apparivano gli anni Ottanta (e i successivi) nel loro scorrere segnato da scandali, poteri occulti e da un mutato senso del vivere civile. In questo orizzonte che gli sembrava tetro, la parola leopardiana divenne per Binni sempre piu' vitale, un vero messaggio etico, altamente umano. A Leopardi continuo' a dedicare studi e lezioni pubbliche: nel 1993, in occasione dei suoi ottanta anni, tenne alla Sapienza, nella facolta' dove aveva insegnato tanto a lungo, l'ultima lezione sulla Ginestra.
Al 'suo' poeta dedico' le ultime parole: eletto presidente del Consiglio scientifico per le celebrazioni leopardiane organizzate a Roma nel secondo centenario della nascita (1998), peggiorate nel novembre del 1997 le sue condizioni di salute e comprendendo che non avrebbe potuto partecipare all'apertura dell'anno leopardiano in Campidoglio, detto' a sua moglie Elena, pochi giorni prima di morire, un testo che venne letto a suo nome il 19 gennaio 1998, nella sala della Protomoteca.
Mori' il 27 novembre 1997. Le sue spoglie sono sepolte nella tomba di famiglia del cimitero di Perugia.
Alla citta' Binni aveva donato, quale segno tangibile del profondo rapporto che ad essa lo aveva legato, la propria biblioteca e le proprie carte, oggi conservate presso la Biblioteca Augusta.
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Opere
Fra le opere non citate nel testo: Amore del concreto e situazione nella prima critica desanctisiana, in La Nuova Italia, XIII (1942), 3-4, pp. 49-55; V. Alfieri, Giornali e lettere scelte, introd. e cura di W. Binni, Torino 1949; Tre liriche del Leopardi, Lucca 1950; Storia della critica ariostesca, Lucca 1951; Critici e poeti dal Cinquecento al Novecento, Firenze 1951; F. De Sanctis, Giacomo Leopardi, ed. critica e commento a cura di W. Binni, Bari 1953; I classici italiani nella storia della critica, opera diretta da W. Binni, I, Firenze 1954 (II, ibid. 1955 ; III, ibid. 1977); Foscolo e la critica. Storia e antologia della critica, Firenze 1957; Carducci e altri saggi, Torino 1960; La poesia eroica di Giacomo Leopardi, in Il Ponte, XVI (1960), 12, pp. 729-751; Michelangelo scrittore, Roma 1965; Ludovico Ariosto, Torino 1968; Storia letteraria delle Regioni d'Italia, in collab. con N. Sapegno, Firenze 1968; Il Settecento letterario, in Storia della letteratura italiana (Garzanti), diretta da E. Cecchi - N. Sapegno, VI, Il Settecento, Milano 1968, pp. 309-1024; La protesta di Leopardi, Firenze 1973; Due studi critici: Ariosto e Foscolo, Roma 1978; Settecento maggiore. Analisi della poetica e della poesia di Goldoni, Parini e Alfieri, Milano 1978; Lettura delle Operette Morali, Genova 1987; Pensiero e poesia dell'ultimo Leopardi, Napoli 1988; Lezioni leopardiane, a cura di N. Bellucci - M. Dondero, Firenze 1994; Studi alfieriani, a cura di M. Dondero, Modena 1995; Metodo e poesia di Ludovico Ariosto e altri studi ariosteschi, a cura di R. Alhaique Pettinelli, Firenze 1996; Perugia nella mia vita. Quasi un racconto, Pisa-Roma 1998; Poetica e poesia. Lezioni novecentesche, a cura di F. Binni - L. Binni, introd. di G. Ferroni, Milano 1999; La disperata tensione. Scritti politici (1934-1997), a cura di L. Binni, Firenze 2011.
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Fonti e bibliografia
La bibliografia completa delle opere di e su Binni fino al 2011, curata da Chiara Biagioli, e' consultabile in W. Binni, Bibliografia generale (1930-2011), in Il Ponte, LXVII (2011), Supplemento al n. 7-8.
Su Binni si vedano almeno: M. Costanzo, Estetica senza soggetto e altri studi sul metodo storico-critico, Roma 1979, pp. 71-88; Poetica e metodo storico-critico nell'opera di W. B., a cura di M. Costanzo et al., Roma 1985; A. L. De Castris, La critica dal dopoguerra ad oggi, Bari 1991, pp. 24-26; Walter Binni 1913-1997, a cura di L. Binni, in Il Ponte, LXVII (2011), 7-8; L. Binni, La protesta di W. B. Una biografia, Firenze 2013; B. Alfonzetti, Il "Settecento letterario" di W. B. tra Alfieri e Foscolo, in I maestri e la memoria, a cura di B. Alfonzetti - N. Bellucci, Roma 2014, pp. 15-30; N. Bellucci, "Il poeta della mia vita". Il Leopardi di W. B., ibid., pp. 31-42. Va segnalato infine il sito www.fondowalterbinni.it, a cura di Francesco e Lanfranco Binni, con la collab. di Chiara Biagioli.
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 860 del 5 aprile 2018
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