[Nonviolenza] Telegrammi. 3024



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3024 del 3 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

Sommario di questo numero:
1. Gianfranco Pasquino: Norberto Bobbio (2013)
2. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
3. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. GIANFRANCO PASQUINO: NORBERTO BOBBIO (2013)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la voce "Norberto Bobbio" apparsa ne Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Storia e Politica (2013)]

Norberto Bobbio e' stato uno dei piu' influenti intellettuali italiani del XX secolo. Per piu' di cinquant'anni, i suoi scritti sono stati oggetto di dibattiti, controversie, analisi critiche, elogi diffusi. L'arco dei suoi interessi accademici e culturali e della sua produzione scientifica e' stato amplissimo, spaziando dai primi originari studi di diritto alla storia del pensiero politico, dalla filosofia politica alla scienza politica. Oltre che dai suoi contributi scientifici, la sua fama deriva dall'intensa presenza nel dibattito culturale e delle idee, ma anche politico. Le sue lucide prese di posizione su una pluralita' di temi ne fecero la coscienza civile dell'Italia repubblicana. In quanto tale fu fortemente contrastato, ma non emerse mai un interlocutore all'altezza della sua cultura e della sua statura morale e intellettuale.
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La vita
Norberto Bobbio nacque il 18 ottobre 1909 a Torino, in una famiglia benestante della borghesia conservatrice della citta'. Frequento' il molto prestigioso liceo classico Massimo D'Azeglio, dove ebbe professori importanti, fra i quali, Augusto Monti (1881-1966), Umberto Cosmo (1868-1944), Zino Zini (1868-1937) e il giovane supplente Franco Antonicelli (1902-1974), e compagni, culturalmente e politicamente gia' molto attivi, che sarebbero diventati ugualmente famosi, come Vittorio Foa, Leone Ginzburg, Massimo Mila e Giancarlo Pajetta.
Giovanissimo si laureo' in giurisprudenza nel 1931 con Gioele Solari e in filosofia nel 1933 con Annibale Pastore. Inizio' la carriera accademica nel 1935 a Camerino. La prosegui' a Siena per approdare come professore ordinario di filosofia del diritto nel 1940 a Padova. In quegli anni si avvicino' al movimento Giustizia e Liberta' dando il suo contributo alla guerra di Resistenza. Entro' nel Partito d'azione accettandone la candidatura al Parlamento nel 1946. Fu quella la sua unica, fallita, esperienza di politica attiva. Risalgono a quel periodo le sue prime elaborazioni teoriche del liberalsocialismo che improntarono tutta la sua successiva riflessione politica.
Nel 1948 venne chiamato alla facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Torino dove insegno' filosofia del diritto, e negli anni Sessanta anche scienza della politica, fino al 1972, quando si trasferi' alla cattedra di filosofia della politica nella neonata facolta' di Scienze politiche della quale divenne anche preside. Professore emerito a partire dal 1979, si dichiaro' sempre orgoglioso di avere praticato il "mestiere dell'insegnante". A lungo direttore, unitamente a Nicola Abbagnano, della "Rivista di filosofia", nel 1976 inizio' un'intensa attivita' di editorialista per "La Stampa", il quotidiano della sua citta'. Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, insignito di numerose lauree honoris causa, vincitore del prestigioso premio Balzan, nel luglio 1984 fu nominato senatore a vita per meriti culturali dal presidente della Repubblica Sandro Pertini. Si iscrisse come indipendente al gruppo parlamentare socialista. Mori' a Torino il 9 gennaio 2004.
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Una produzione ricca e variegata
Qualsiasi scansione degli scritti di Bobbio non soltanto appare arbitraria e discrezionale, ma rischia di dare sistematicita' a un'opera intellettuale molto intensa e feconda che Bobbio stesso riteneva e, probabilmente, voleva tanto ricca e articolata quanto eclettica e variegata, da non ricondursi a un unico filone di interessi. Per quanto inizialmente molto significativi e mai del tutto abbandonati nel corso del tempo, gli studi piu' propriamente giuridici di Bobbio sono passati, e rimasti, in secondo piano. Il modo migliore di presentare e organizzare la sua enorme produzione scientifica e anche pubblicistica di alto livello (se ne veda la bibliografia, inevitabilmente non aggiornata, curata in modo certosino da Carlo Violi) consiste, a mio parere, nell'individuare tre grandi ambiti: il ruolo degli intellettuali; la ricerca di una teoria generale della politica; le riflessioni sulla democrazia. All'interno di ciascuno di questi ambiti, Bobbio ha spaziato con approfondimenti, spesso mirati, qualche volta occasionali, che hanno sempre spinto l'analisi verso nuove frontiere.
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Il ruolo degli intellettuali
"Il compito degli uomini di cultura e' piu' che mai oggi quello di seminare dubbi, non di raccogliere certezze". Questa frase e' l'incipit di Politica e cultura (1955, p. 15), la raccolta di saggi che comprende soprattutto i suoi scambi con alcuni intellettuali comunisti di spicco e con lo stesso segretario del Partito comunista italiano, Palmiro Togliatti. Sostanzialmente, Bobbio rimase sempre coerente con la prospettiva che delineava in quel libro, quasi compiacendosi della sua propensione, ma anche della sua capacita', di suscitare dubbi, e della riluttanza, anzi, volonta' di non fornire certezze. L'intellettuale non puo' decidersi che per i diritti del dubbio contro le pretese del dogmatismo, per i doveri della critica contro le seduzioni della infatuazione, per lo sviluppo della ragione contro l'impero della cieca fede, per la veridicita' della scienza contro gli inganni della propaganda (p. 16).
Questo abito mentale, spesso oscillante fra un rigoroso realismo e un severo pessimismo (anche della volonta', come scrisse nel 1986 a p. 252 del volume curato da Luigi Bonanate e Michelangelo Bovero, Per una teoria generale della politica), informa quasi tutta la produzione scientifica di Bobbio, in particolare le sue analisi dei comportamenti degli uomini e del corso della storia, nella quale il progresso morale fa molta fatica ad affermarsi.
La ricostruzione critica del pensiero e dell'azione di "maestri e compagni" della sua lunga vita costituisce un altro ambito di eccellenza della riflessione di Bobbio sugli intellettuali. I profili di - per citare soltanto alcuni nomi - Piero Calamandrei, Leone Ginzburg, Gaetano Salvemini (notero' criticamente che non compare in questa pure affollata galleria nessuna donna tranne Ada Gobetti, al cui marito Piero e' dedicato un intero volume: Italia fedele: il mondo di Gobetti, 1986) sono stati tracciati in una pluralita' di occasioni, ma in special modo come discorsi commemorativi. In maniera tanto errata quanto esagerata, alcuni critici hanno stigmatizzato il tentativo, riuscito, di Bobbio di mettere in risalto l'esistenza di un'Italia civile, fatta di impegno e di sacrifici, contro il fascismo e a sostegno di una certa idea di democrazia. Tutti questi profili si raccomandano perche' in maniera sempre sobria, anche se spesso commossa e partecipe, Bobbio non si limita affatto a dare importanti notizie sulla vita di coloro che vengono cosi' celebrati, ma con pochi tratti nitidi ricostruisce ambienti, luoghi, periodi storici. In effetti, questi suoi saggi, seppur nella loro brevita', costituiscono un contributo di altissimo livello alla storia culturale e politica dell'Italia del XX secolo. Che l'argomento del ruolo, dell'influenza, dei compiti degli intellettuali e della cultura rappresentasse e facesse parte di un interesse tutt'altro che episodico e occasionale e' provato sia da un eccellente volume sulla cultura a Torino, Trent'anni di storia della cultura a Torino (1920-1950), del 1977 (Bobbio era infatti molto fiero della sua citta' e dei valori che le vengono abitualmente associati: senso civico, partecipazione, sobrieta' e senso della misura compendiati nella celebre frase: "esageruma nen"), sia dal volume che molti considerano il suo prodotto qualitativamente migliore, certamente finora non eguagliato: il Profilo ideologico del Novecento italiano (1969, nuova ed. 1986).
Neppure la riflessione su quanto avevano detto e fatto gli intellettuali italiani da lui celebrati lo indusse a moderare il suo pessimismo di fondo e a "riabilitare" la speranza.
Le virtu' del laico sono altre: il rigore critico, il dubbio metodico, la moderazione, il non prevaricare, la tolleranza, il rispetto delle idee altrui, virtu' mondane e civili (Per una teoria generale della politica, cit., p. 253).
Sono queste le virtu' che metteva in evidenza, apprezzava e lodava nei numerosi ritratti di "maestri e compagni" che rappresentavano quella che ai suoi occhi era un'altra Italia, l'Italia civile. Qui incontriamo il filosofo militante, quello che, come Bobbio defini' Carlo Cattaneo, impegna se stesso e le sue qualita' intellettuali al perseguimento di un obiettivo non particolaristico, ma di miglioramento e di benessere generale del sistema.
La filosofia militante che ho in mente e' una filosofia in lotta contro gli attacchi, da qualsiasi parte provengano - tanto da quella dei tradizionalisti come da quella degli innovatori - alla liberta' della ragione rischiaratrice (Politica e cultura, cit., p. 16).
La lotta di un intellettuale nient'affatto disinteressato degli avvenimenti del suo tempo, sempre incline a dire la verita' ai potenti, che non escluse mai il dialogo. Il liberalsocialista Bobbio continuo' un confronto serrato, senza concessioni e senza cedimenti, con i comunisti fino al crollo del muro di Berlino. Da un lato, Bobbio intervenne negli avvenimenti politici che riguardavano il PCI, ma anche il PSI. In particolare, dopo la defenestrazione di Nikita S. Chruscev nell'ottobre 1964, egli invito' i comunisti a sciogliere il loro partito e a costruire insieme al Partito socialista italiano un grande Partito dei lavoratori. Dall'altro, ando' a colpire le inadeguatezze e le insufficienze della teoria politica marxista con i testi presentati in Quale socialismo? (1976). Questo piccolo libro, ampiamente, ma poco convincentemente, dibattuto da dirigenti e intellettuali comunisti, mette in evidenza la mancanza di una teoria marxista dello Stato.
Bobbio non fu mai un compagno di viaggio o di strada del Partito comunista, ma venne accusato di essere troppo indulgente nei confronti del PCI, il cui fondamentale Paese di riferimento politico, l'Unione Sovietica, era un esempio tragico di totalitarismo. In verita', i critici di Bobbio volevano colpire con lui tutto il pensiero azionista e i suoi rappresentanti, in special modo quelli torinesi, Foa e Alessandro Galante Garrone, accusandoli di intransigenza a senso unico, di arroganza intellettuale e di presunzione moralista, di insopportabile e immotivata espressione di superiorita'. Quando, poi, Bobbio ammise di vergognarsi di avere scritto una lettera ossequiosa al capo del fascismo per non essere punito e discriminato nella sua gia' brillante carriera universitaria, i critici suoi e dell'azionismo ebbero carta bianca nel bollare per incoerenza colui che, nel dopoguerra, era assurto, proprio per la sua statura intellettuale e morale, a maestro riconosciuto dell'antifascismo. Proprio perche' la diatriba, intellettuale, culturale, politica, fascismo/antifascismo non puo' considerarsi conclusa nel contesto italiano, Bobbio ritenne che compito permanente degli intellettuali fosse la riflessione sulla democrazia.
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Democrazia, pace, diritti
Una delle qualita' di Bobbio e' consistita nel sapere cogliere con immediatezza il segno dei tempi. In verita', anche se molto tempestivi, nessuno dei suoi saggi di cultura politica, di analisi politica e di teoria politica fu mai occasionale. Al contrario, tutti avevano un retroterra di interesse, di letture e di approfondimenti, ma, al momento della loro pubblicazione, rappresentarono anche una risposta a interrogativi e a preoccupazioni molto diffuse. Nello stile di Bobbio, pero', piu' che di una risposta si deve parlare di un contributo a chiarire la complessita' del problema. Questo e' il caso di entrambi i suoi libri (Il futuro della democrazia, 1984, e Destra e sinistra, 1994) che ebbero maggiore successo e diffusione e che, seppure in modo diverso, hanno segnato e orientato la discussione per molti anni.
All'inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, la democrazia sembrava presentare una molteplicita' di inconvenienti. Molte erano le critiche che le venivano rivolte sia con riferimento alla sua ridotta funzionalita' sia, addirittura, con riferimento alla sua strutturazione. Insoddisfazione, malessere democratico, sovraccarico di domande: le democrazie occidentali sembravano entrate in crisi.
Bobbio si era variamente occupato di tematiche contigue, come, ad es., la teoria delle elites e della classe politica e le modalita' democratiche di votazione, non soltanto il principio della maggioranza. Aveva gia' anche scritto l'ampia voce Democrazia per la prima edizione del Dizionario di politica (1976). Fra gli autori da lui preferiti si collocava uno dei grandi teorici del diritto e della democrazia (parlamentare, fondata sui partiti, proporzionalistica), il giurista austriaco, nato a Praga, Hans Kelsen (1881-1973). Quando raccolse alcuni suoi saggi in Il futuro della democrazia (1984, poi, ripubblicato un paio di volte nel decennio successivo), il problema che lo preoccupava maggiormente era quello delle "promesse non mantenute" della democrazia. Ne individuo' sei: 1) la sovranita' degli individui espropriata dal pluralismo dei corpi e dei gruppi intermedi; 2) la rappresentanza politica schiacciata dalla rappresentanza degli interessi; 3) la non eliminazione delle oligarchie; 4) la mancata democratizzazione di molte strutture (burocrazia e forze armate, ma anche le scuole e le fabbriche); 5) la sconfitta della trasparenza a fronte del potere invisibile, degli arcana imperii; 6) l'incompiuta crescita culturale del cittadino democratico.
E' importante rimarcare come il filosofo della democrazia procedurale (chi e' autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure, Il futuro della democrazia, cit., p. 4) in alcune promesse sposti l'attenzione dalle regole e dalle procedure alla sostanza, a quanto cioe' la democrazia offre e produce. Bobbio stesso si chiede: "Ma erano promesse che si potevano mantenere?", rispondendo "direi di no" (p. 21). Appare anche lecito chiedersi se quelle contenute nella definizione di democrazia da lui formulata siano effettivamente promesse o non siano piuttosto problematiche alle quali le democrazie realmente esistenti danno di volta in volta soluzioni mutevoli e mai definitive. Gli avvenimenti successivi, in particolare la caduta del muro di Berlino nel novembre 1989, aprirono grandi spazi a processi di democratizzazione sia nell'Europa centro-orientale sia in molti Paesi asiatici. Il futuro della democrazia apparve piu' promettente rispetto a quello temuto da Bobbio, anche se la qualita' delle democrazie cola' recentemente affermatesi destava giustamente piu' di una preoccupazione.
E' Bobbio stesso che effettua un collegamento molto stretto fra la democrazia, la pace e i diritti: il riconoscimento e l'effettiva protezione dei diritti dell'uomo stanno alla base delle costituzioni democratiche moderne. La pace e', a sua volta, il presupposto necessario per il riconoscimento e l'effettiva protezione dei diritti fondamentali all'interno dei singoli Stati e nel sistema internazionale. Nello stesso tempo il processo di democratizzazione del sistema internazionale, che e' la via obbligata per il perseguimento dell'ideale della 'pace perpetua', nel senso kantiano della parola, non puo' andare avanti senza una graduale estensione del riconoscimento della protezione dei diritti dell'uomo al di sopra dei singoli stati (De senectute e altri scritti autobiografici, 1996, p. 165).
Non soltanto le tre tematiche si tengono insieme, ma, dato il modo di lavorare di Bobbio, gli articoli, i saggi, le conferenze, gli interventi in materia di diritti, di democrazia, di pace (e guerra) si sono rincorsi, incrociati, sovrapposti fino a essere raccolti in tempi diversi in libri diversi.
Gli articoli sulla pace e sulla guerra (Il problema della guerra e le vie della pace, 1979) hanno avuto una precedenza temporale rispetto agli scritti sui diritti. Sono di impianto kantiano. Rifiutano il pacifismo assoluto e argomentano la necessita' e la possibilita' che una pace perpetua venga costruita attraverso l'attivita' di Repubbliche democratiche che collaborano fino a federarsi. Contengono insegnamenti essenziali quali che non vi e' pace senza giustizia sociale e che l'ordine nella repressione e nell'oppressione non e' mai definibile ed equiparabile alla pace; che non esistono guerre giuste, ma guerre giustificate e giustificabili. Riconoscono l'inevitabilita' del ricorso alla violenza in alcune situazioni e il diritto alla resistenza: "Certamente, l'uomo non puo' rinunciare a combattere contro l'oppressione, a lottare per la liberta', per la giustizia, per l'indipendenza" (Il problema della guerra, cit., p. 14). Affermano anche il diritto all'obiezione di coscienza contro l'eventualita' di una guerra atomica. Al proposito, va aggiunto che Bobbio valuta positivamente tutte le forme e le modalita' non violente di disobbedienza civile a una condizione dirimente, vale a dire che i disobbedienti siano disposti a pagare il prezzo della violazione delle leggi vigenti.
Il discorso sui diritti e' condotto seguendo la loro progressiva espansione ed estensione: dai diritti civili a quelli politici, a quelli sociali, a quelli di nuova generazione, delle generazioni future, ad es., relativi allo sviluppo sostenibile e all'ambiente, fino ai diritti, nel senso piu' lato del termine, umani. Anche in questo caso, la chiave di lettura e d'interpretazione e' kantiana e, nonostante lo scetticismo di Kant e il non-ottimismo di Bobbio, culmina nella presa d'atto che sul tema dei diritti dell'uomo, e' possibile cogliere "un segno del progresso morale dell'umanita'" (L'eta' dei diritti, 1990, p. 65).
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Destra, sinistra e liberalsocialismo
A partire dal 1976, Bobbio inizio' l'intensa attivita' di editorialista per "La Stampa". Le raccolte di tutti i suoi articoli sono disponibili in diversi volumi. Rivelano come la ricchezza del suo pensiero e della sua cultura politica si ripresenti e trasferisca con grande successo nella chiarezza e nella linearita' dei commenti riguardanti fatti politici nazionali e internazionali. A piu' stretto contatto con l'attualita', Bobbio accentuo' la sua riflessione sulla storia e sulla politica italiana, sulla Costituzione, da difendere e da attuare, non da riformare in maniera episodica e improvvisata, sui valori della Repubblica.
Appartiene a questa fase la pubblicazione di un vero e proprio libro non preceduto da elaborazioni preliminari, dedicato alla possibilita' o meno di definire destra e sinistra e di distinguerle con criteri univoci e convincenti, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica (1994), il quale ebbe un successo immediato in termini di vendite e di critiche che, con grande sorpresa dell'autore, si sarebbe rivelato duraturo (riedizioni nel 1995, 1999, 2004). Gli echi del dibattito internazionale, segnato dalle preoccupazioni di molti intellettuali sull'incerto futuro della sinistra, ripetutamente sconfitta in molte elezioni nelle piu' importanti democrazie occidentali, giungevano fievoli nel contesto italiano. Il quesito "What is Left?", al tempo stesso, "che cosa e' sinistra" e "che cosa e' rimasto", era, comunque, politicamente e analiticamente importante.
Sollecitato dalle numerose dichiarazioni di irrilevanza e indeterminatezza della distinzione, Bobbio procedette con il suo abituale metodo diadico o dicotomico alla ricerca dei criteri che consentissero un'effettiva differenziazione fra destra e sinistra. La sua proposta dell'eguaglianza come criterio distintivo suscito' un dibattito intenso e aspro, sia nella destra sia nella sinistra a riprova, sottolineo' ironicamente Bobbio, dell'esistenza di entrambe.
Il criterio piu' frequentemente adottato per distinguere la destra dalla sinistra e' il diverso atteggiamento che gli uomini viventi in societa' assumono di fronte all'ideale dell'eguaglianza (p. 119).
La sinistra, sostiene Bobbio, mira a ridurre le diseguaglianze e a perseguire e conseguire l'eguaglianza, mentre la destra prende atto dell'esistenza di diseguaglianze e puo' giungere a valutarle positivamente come premessa e come esito della competizione sociale ed economica. Bobbio aggiunge che il concetto di eguaglianza chiama in causa tre variabili: "a) i soggetti tra i quali si tratta di ripartire i beni o gli oneri; b) i beni o gli oneri da ripartire; c) il criterio in base al quale ripartirli" (p. 120). Bobbio non procedera' nella direzione dell'approfondimento delle modalita' con le quali i beni e gli oneri sono ripartiti, compito precipuo degli economisti e dei politologi. Non si chiedera' neppure quali criteri (tentativamente: merito, bisogno, lavoro, rango, talento) utilizzare per soddisfare le esigenze dell'eguaglianza: "eguaglianza fra chi, eguaglianza in che cosa, eguaglianza con quale criterio?" (introduzione all'edizione del 1999, p. 43). Con forza sottolineera', collocando Jean-Jacques Rousseau al polo dell'eguaglianza e Friedrich Nietzsche a quello della diseguaglianza, che l'egualitarismo e' la stella polare della sinistra. Con una leggera forzatura, dichiaro' di aderire anche lui, liberalsocialista, a questa concezione-aspirazione.
Pur senza rinunciare ai suoi frequenti e puntuali interventi giornalistici sullo stato della politica in Italia, Bobbio, l'intellettuale pubblico, conclude, con Destra e sinistra, la sua riflessione sui grandi temi della politica. L'ultima parte della sua vita la dedico' alla stesura dell'Autobiografia e alla considerazione filosofica, lucida e amara, sulla vecchiaia, quella fase della vita nella quale non si possono piu' fare progetti. Nella quale persino i migliori bilanci, e certamente quello di Bobbio non poteva non essere tale, vengono turbati dalla consapevolezza che si poteva fare di piu', si poteva fare meglio.
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Bilancio
Qualsiasi valutazione complessiva di un'attivita' scientifica e di una produzione letteraria tanto vasta e variegata come quelle di Bobbio presenta enormi difficolta'. Bobbio stesso sottolineava con compiacimento, ma anche con una punta di autorimprovero, il suo eclettismo, la sua frequentazione con una forse eccessiva pluralita' di tematiche, la sua dispersione. Non sarebbe, pertanto, corretto andare alla ricerca di un filo, piu' o meno rosso, che tenga insieme artificialmente tutto quanto da lui scritto. Piu' precisamente, la formulazione di una teoria generale non ha mai costituito l'obiettivo principale di Bobbio. Raccogliendo in volume quattro voci scritte per l'Enciclopedia Einaudi, Bobbio scelse come titolo Stato, governo, societa' (1985) e vi appose come sottotitolo Per una teoria generale della politica a segnalare che si trattava soltanto di un passo, ancorche' molto significativo, in quella direzione.
Ancora nel 1986 a epilogo del volume dedicatogli da colleghi e allievi (il citato Per una teoria generale della politica), Bobbio scrisse "sono rimasto fermo al frammento rispetto alle parti, all'abbozzo rispetto all'intero" (p. 249). Inoltre, molti dei piu' importanti contributi di Bobbio allo studio della politica e dei suoi cultori non sono affatto 'teorici'. Da un lato, con la sua prosa semplice e limpida, Bobbio eccelle nella chiarificazione del pensiero di alcuni dei piu' grandi studiosi della politica, quella che chiamava la lezione dei classici: da Hobbes (per il quale dichiara una preferenza molto marcata) a Rousseau, da Hegel a Marx, da Kelsen a Weber, da Cattaneo a Gramsci. Dall'altro, a nessuno di loro ha dedicato un libro pensato e costruito come una summa del loro pensiero. Spiccano, peraltro, le raccolte di saggi dedicati a Thomas Hobbes (1989), a Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Studi hegeliani. Diritto, societa' civile, Stato, 1981), a Gramsci e la concezione della societa' civile (1976), a Carlo Cattaneo (Una filosofia militante, 1971).
La mia chiave di lettura e di apprezzamento ruota intorno al compito che egli si era consapevolmente assegnato e al ruolo che gli avvenimenti gli hanno affidato. Bobbio ha sicuramente scelto di essere un filosofo militante e ha interpretato questo compito con riferimento alla scelta, molto meno occasionale di quanto alcuni hanno sostenuto, dei temi che ha trattato, al metodo e allo stile. I filosofi militanti non scelgono una parte o un partito politico e li blandiscono. Al contrario, non fanno mistero della parte nella quale militano, ma, non solo a quella parte, rivolgono le loro critiche. Cercano di parlare parole di verita', senza concessione alcuna. Nella confusione di Babele dei linguaggi manipolati dai politici e dagli intellettuali partigiani, piu' o meno organici, il metodo dei filosofi militanti consiste, soprattutto, nella chiarezza del linguaggio e nell'analisi concettuale. Entrambe queste operazioni riscuoteranno successo se chi le pratica avra' imparato correttamente la lezione dei classici.
Le parole e i concetti della filosofia e della politica hanno una storia che non puo' essere cancellata e che merita di essere imparata. La rilettura dei classici a opera di Bobbio serve, non soltanto in se', per imparare, ma anche per trarre modelli interpretativi da sottoporre al controllo delle "dure repliche della storia". Il filosofo militante affronta di petto i problemi del suo tempo e ne identifica tutte le criticita'. Il filosofo militante e', al tempo stesso, realista e pessimista. Esprime dubbi quasi 'sistematici' per rendere piu' profonda la riflessione. Bobbio filosofo militante e' stato un interprete di assoluto rilievo della storia del XX sec., cogliendo l'essenziale dei regimi politici, dal fascismo al comunismo alla democrazia. Ha esplorato le condizioni e le promesse della democrazia. Ha seguito l'evoluzione dei diritti che sono tanta parte delle democrazie realizzate. Si e' confrontato con i problemi della guerra e della pace. Lo ha fatto con riferimento a una certa idea di democrazia compiuta ed evidenziandone tutte le difficolta' e le inadempienze. Profondamente inserito nel contesto italiano, e' stato anche un grande, forse il maggiore, interprete della storia culturale prima che politica, peraltro, tutt'altro che assente dalle sue riflessioni, dell'Italia contemporanea. I ritratti dei "maestri e compagni", incontrati in una vita lunga e densa, illuminano una certa idea d'Italia, di un'altra Italia, possibile, ma minoritaria. Le riflessioni e le considerazioni di Bobbio, oltre al suo stile nel confronto, nel dialogo, nella vita, elemento tutt'altro che marginale, ne hanno fatto la coscienza critica dell'Italia, almeno di una sua larga, ancorche' sicuramente non maggioritaria, parte.
I critici hanno sostenuto che l'opera di Bobbio e' fondamentalmente quella di un organizzatore e di un sistematore di conoscenze gia' acquisite, di un chiarificatore piuttosto che quella di un pensatore originale e innovatore. La sua fortuna editoriale e culturale, in special modo in America Latina e in Spagna, oltre che, ovviamente, in Italia, ma anche, seppur piu' limitatamente, nel mondo filosofico anglosassone, suggerisce che le conoscenze da lui 'sistemate' in maniera efficace, le analisi da lui formulate, gli interrogativi da lui sollevati mantengono la loro validita' nel presente e per il futuro. Grazie all'opera di Bobbio, filosofo militante e interprete informato e acuto, il XX sec., con le sue tragedie e con le sue problematicita', ma anche con le sue acquisizioni civili e sociali, risulta illuminato e continua a offrire insegnamenti da non dimenticare.
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Opere
Politica e cultura, Torino 1955.
Profilo ideologico del Novecento italiano, Milano 1969, nuova ed. Torino 1986, poi Profilo ideologico del Novecento, Milano 1990.
Saggi sulla scienza politica in Italia, Roma-Bari 1969.
Una filosofia militante. Studi su Carlo Cattaneo, Torino 1971.
Dizionario di politica (condirettori N. Matteucci, G. Pasquino), Torino 1976, 2004.
Quale socialismo? Discussione di un'alternativa, Torino 1976.
Il problema della guerra e le vie della pace, Bologna 1979, 1997.
Il futuro della democrazia, Torino 1984, 1995.
Maestri e compagni, Firenze 1984.
Stato, governo, societa', Torino 1985.
Thomas Hobbes, Torino 1989.
L'eta' dei diritti, Torino 1990.
Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Roma 1994, 2004.
De senectute e altri scritti autobiografici, Torino 1996.
Autobiografia, a cura di A. Papuzzi, Roma-Bari 1997.
Ne' con Marx ne' contro Marx, a cura di C. Violi, Roma 1997.
Teoria generale della politica, a cura di M. Bovero, Torino 1999.
Etica e politica, a cura di M. Revelli, Milano 2009.
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Bibliografia
Norberto Bobbio: 50 anni di studi. Bibliografia degli scritti, 1934-1983, a cura di C. Violi, Milano 1984; ed. aggiornata con il titolo Bibliografia degli scritti di Norberto Bobbio, 1934-1993, a cura di C. Violi, Roma-Bari 1995.
Per una teoria generale della politica: scritti dedicati a Norberto Bobbio, a cura di L. Bonanate, M. Bovero, Firenze 1986.
P. Anderson, The affinities of Norberto Bobbio, "New left review", 1988, 4, pp. 3-36 (trad. it. in Id., Al fuoco dell'impegno, Milano 1995).
A. Greppi, Teoria e ideologia en el pensamento politico de Norberto Bobbio, Madrid-Barcelona 1989.
W. Lanfranchi, Un filosofo militante. Politica e cultura nel pensiero di Norberto Bobbio, Torino 1989.
P. Meaglia, Bobbio e la democrazia. Le regole del gioco, San Domenico di Fiesole 1994.
T. Greco, Norberto Bobbio. Un itinerario intellettuale tra filosofia e politica, Roma 2000.
Bobbio ad uso di amici e nemici, a cura della redazione di "Reset" e di C. Ocone, Venezia 2003.
R. Giannetti, Tra liberaldemocrazia e socialismo. Saggi sul pensiero politico di Norberto Bobbio, Pisa 2006.
P.P. Portinaro, Introduzione a Bobbio, Roma-Bari 2008.

2. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

3. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

4. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- AA. VV., Almanacco di giornalismo, volume monografico di "MicroMega", n. 3/2018, Gedi, Roma 2018, pp. 280, euro 15.
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Riletture
- Luigi Russo, Letture critiche del Decameron, Laterza, Bari 1967, pp. 352.
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Riedizioni
- Goliarda Sapienza, L'arte della gioia, Einaudi, Torino 2008, 2017, Gedi, Roma 2018, pp. 624, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica" e al settimanale "L'Espresso").

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3024 del 3 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

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