[Nonviolenza] Senza odio, senza violenza, senza paura. 13



 

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SENZA ODIO, SENZA VIOLENZA, SENZA PAURA

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Al referendum votiamo No alla riforma costituzionale golpista

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Numero 13 del 14 settembre 2016

 

In questo numero:

1. Se lo dice l'ambasciatore

2. Un parlamento eletto dal popolo, uno stato di diritto, una democrazia costituzionale. Al referendum votiamo No al golpe

3. Raniero La Valle: Cattolici e Costituzione

4. Il documento costitutivo del "Comitato per il No nel referendum sulle modifiche alla Costituzione" (ottobre 2015)

 

1. EDITORIALE. SE LO DICE L'AMBASCIATORE

 

Se lo dice l'ambasciatore americano, lui lo sa cosa e' meglio per noi.

E sara' meglio obbedire, dovessero decidere di bombardare il Quirinale, o il Colosseo, o casa mia (e chi glielo dice poi ai coinquilini?).

*

Dopo l'ambasciatore, per chi ancora non avesse capito, ci pensa la prestigiosa agenzia di rating Fitch a ribadire il concetto.

Cos'e' un'agenzia di rating? Avete presente quando Marlon Brando nel "Padrino" vi fa un'offerta che non si puo' rifiutare? La stessa cosa, senza Marlon Brando.

*

E adesso? Chi altri si schierera' a favore del si' al colpo di stato? Rintintin? Fortunello? la Nato? Erdogan? i tre moschettieri? Banca Etruria? Fannie Mae e Freddie Mac? le Winx? Scarpia? Kissinger? Il dottor Stranamore? il Manchester United? Perry Como?

*

E ancora: e se nonostante tanti amichevoli consigli, onesti avvertimenti, gentili raccomandazioni, la maggioranza del popolo italiano reproba come chi scrive queste righe decidesse di perseverare nell'errore e votare no al colpo di stato, no al fascismo, no alla barbarie? Poi che succede?

L'eruzione del Vesuvio? La marcia su Roma? Ci deportano tutti a Capo Marrargiu? Sbarcano i marines e ci liberano da noi stessi? Ce la fanno pagare una volta per tutte per quante ne abbiamo combinate noi vecchi bolscevichi magnaregazzini come Dossetti e La Pira, come Capitini e Calamandrei?

Piacerebbe saperlo.

*

Al referendum noi votiamo No: per respingere la folle ed ignobile riforma costituzionale degli apprendisti stregoni.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

 

2. REPETITA IUVANT. UN PARLAMENTO ELETTO DAL POPOLO, UNO STATO DI DIRITTO, UNA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE. AL REFERENDUM VOTIAMO NO AL GOLPE

 

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

*

Il Parlamento, l'istituzione democratica che fa le leggi, deve essere eletto dal popolo, e deve rappresentare tutti i cittadini con criterio proporzionale.

Ma con la sua riforma costituzionale il governo vorrebbe ridurre il senato a una comitiva in gita aziendale, e con la sua legge elettorale (il cosiddetto Italicum) vorrebbe consentire a un solo partito di prendersi la maggioranza assoluta dei membri della camera dei deputati anche se ha il consenso di una risibile minoranza degli elettori, e con il "combinato disposto" della riforma costituzionale e della legge elettorale il governo, che e' gia' detentore del potere esecutivo, vorrebbe appropriarsi di fatto anche del potere legislativo, rompendo cosi' quella separazione e quell'equilibrio dei poteri che e' la base dello stato di diritto.

Se prevalessero le riforme volute dal governo sarebbe massacrata la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, sarebbe rovesciata la democrazia, sarebbe negata la separazione dei poteri e quindi lo stato di diritto.

*

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

 

3. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: CATTOLICI E COSTITUZIONE

[Riceviamo e diffondiamo il testo del discorso tenuto da Raniero La Valle a Rovigo il 10 settembre 2016.

Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di "Vasti - scuola di ricerca e critica delle antropologie", presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; Dossier Vietnam-Cambogia, 1981; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003; Chi e' dunque l'uomo?, Servitium, 2004; Agonia e vocazione dell'Occidente, Terre di mezzo, 2005; Se questo e' un Dio, Ponte alle grazie, Milano 2008; Paradiso e liberta', Ponte alle grazie, Milano 2010; Quel nostro Novecento, Ponte alle Grazie, Milano 2011; Un Concilio per credere, Emi, Bologna 2013; Chi sono io, Francesco?, Ponte alle Grazie, Milano 2015]

 

Non c'e' bisogno di essere cattolici per avere buone ragioni per opporsi alla riforma costituzionale voluta dal governo Renzi. Basterebbero le ragioni futili e pretestuose che sono avanzate dai propagandisti del Si' per comprendere le ragioni del rifiuto.

Tra questi argomenti c'e' quello del risparmio dei costi della democrazia, con il pietoso corollario che i soldi cosi' risparmiati verranno finalmente distribuiti ai poveri.

Ma la tesi del risparmio e' stata gia' demolita dalla Corte dei Conti, che ha mostrato come il risparmio degli stipendi dei senatori sarebbe di solo 58 milioni l'anno, mentre tutta la macchina del Senato, che continuerebbe ad esistere, ne fa spendere 550 milioni. Altre stime scendono sotto i 50 milioni di minori spese, neanche un euro per ogni italiano avente diritto al voto. Per cui si potrebbe coniare uno slogan: vuoi risparmiare 90 centesimi l'anno? Prendili dai senatori e manda a casa il Senato: che per sostenere il passaggio al monocameralismo non e' un grande argomento.

Ma al di la' delle cifre, la domanda e' perche' ci vogliono far comprare meno democrazia. Infatti di questo si tratta: mettere in Costituzione meno democrazia, come se in l'Italia ce ne fosse troppa, quando invece si sta esaurendo.

L'altra tesi volgare a favore della riforma e' che spogliando il Senato di una parte dei suoi poteri legislativi, si risparmierebbe il tempo della doppia lettura di molte leggi che oggi fanno la navetta tra Camera e Senato. Ma la tesi dell'accelerazione legislativa e' smentita dalla stessa riforma che ha lasciato al Senato una quantita' di competenze legislative, che addirittura, su semplice richiesta del nuovo Senato, si puo' estendere a tutte le leggi, in un ginepraio di procedure che creeranno insolubili e interminabili conflitti di competenza tra le due Camere. L'unica cosa certa e' che al Senato verra' tolto il potere di dare e togliere la fiducia al governo, sicche' il governo dipendera' solo da mezzo Parlamento, e non dal Parlamento intero, e la democrazia sara' in tal modo dimezzata e deforme.

Ma al di la' dei tempi che si allungano, la vera domanda e' perche' vogliono togliere al governo l'incomodo di avere la fiducia anche dal Senato invece che averla dalle due Camere come vuole l'attuale Costituzione.

La ragione e' che il potere vuole un Parlamento unanime e consenziente e percio' lo divide in due come il Visconte dimezzato di Italo Calvino.

Ma noi abbiamo visto quali sono i disastri che possono venire da un Parlamento artificialmente unanime e consenziente, privo di ogni dialettica politica. Fu pressoche' unanime e consenziente il Parlamento che appoggio' la linea della fermezza del governo Andreotti durante il sequestro di Aldo Moro, decidendo per la morte di Moro, con le conseguenze tragiche per l'Italia che ancora paghiamo.

Fu pressoche' unanime e consenziente il Parlamento che decise nel 1991 la partecipazione dell'Italia alla prima guerra del Golfo, cosi' ripristinando l'uso della guerra, che era stata ripudiata, con la conseguenza di avere aperto la strada a tutte le guerre successive, fino alla "terza guerra mondiale", come la chiama il papa, che oggi stiamo combattendo.

E fu proprio un Parlamento remissivo e consenziente, che dopo la prima guerra all'Iraq approvo' il nuovo Modello di Difesa proposto dal governo e dalla Nato, dopo che era venuto meno  il nemico sovietico, contro cui era rivolto il vecchio strumento militare. Il nuovo Modello di Difesa individuava nell'Islam il nuovo nemico e prendeva come paradigma del confronto anche militare tra l'Occidente e i suoi nuovi avversari lo schema del conflitto tra Israele e Palestina.

Al contrario e' proprio quando nel Parlamento le posizioni si articolano e si contrastano, che si fanno le scelte e le leggi migliori, come si potrebbe dimostrare con numerosi esempi di leggi lesive e sbagliate che sono state rifatte e corrette dalla seconda lettura del Senato, come ad esempio avvenne per la legge sull'aborto, ancora oggi considerata la piu' accettabile tra tutte le leggi possibili sulla materia.

Ci sono poi altri argomenti futili e bizzarri che vengono spesi a favore della riforma, come il fatto che da vent'anni ci stanno provando e non ci sono ancora riusciti, come se alla fine anche la cosa peggiore dovesse essere fatta perche' nel frattempo sono passati tanti anni, o l'argomento che sulla riforma il Presidente del Consiglio ha giocato il tutto per tutto, anche se poi se n'e' pentito.

Ma abbandonando la conta delle ragioni inesistenti, veniamo al tema dei cattolici e della Costituzione, e del perche' i cattolici questa Costituzione la debbano attuare e difendere.

La Costituzione e' la cosa piu' importante che i cattolici italiani abbiano fatto nel Novecento, prima del Concilio Vaticano II. Le altre cose non furono buone. Non lo fu il non expedit, con cui i cattolici, sposarono la questione romana e abbandonarono la questione nazionale; non fu buona l'ideologia dell'"uccidere senza odio" alla quale furono formati i giovani cattolici della Giac dall'interventismo nella prima guerra mondiale fino alle guerre fasciste. C'e' su questo un libro molto bello di Francesco Piva, un ex dirigente della Giac, fatto in collaborazione con l'Istituto Paolo VI per la storia dell'A.C. e del movimento cattolico in Italia. La Giac era un'organizzazione di massa e il libro documenta il tipo di educazione che veniva impartita ai giovani cattolici, una formazione in cui la repressione sessuale veniva unita e per cosi' dire compensata con una esaltazione della virilita' volta all'esercizio delle virtu' militari, per preparare combattenti per le guerre della patria, capaci appunto di uccidere senza odio; si trattava di una catechesi sacrificale e di guerra, che insegnava ad uccidere con l'alibi della religione e della morale. Oggettivamente era una pedagogia al fascismo, che infatti la uso' dopo il 1922; quella non fu una cosa buona, e nemmeno fu buono il Concordato con Mussolini, come non lo fu la debole dissociazione dalle leggi razziali.

La cosa migliore, prima del fascismo, fu invece la geniale elaborazione di Luigi Sturzo e la straordinaria impresa democratica del partito popolare italiano, ma furono sconfitte. E la cosa migliore dei cattolici italiani prima della Costituente fu poi la partecipazione alla resistenza. Ed e' proprio da questo filone del cattolicesimo italiano, il filone della democrazia cristiana di Romolo Murri, del popolarismo di Luigi Sturzo, della Resistenza delle Fiamme Verdi, di Teresio Olivelli, di Franco Salvi, di Giuseppe Dossetti e fu dal pensiero dei professorini dell'Universita' Cattolica, che grazie anche all'incontro con comunisti, socialisti e laici, venne fuori il miracolo della Costituzione Italiana.

Ma esso non fu solo il prodotto di una minoranza cattolica, perche' la Chiesa stessa condivise e sostenne quella scelta; lo stesso papa Pio XII nel radiomessaggio natalizio del sesto Natale di guerra, nel 1944, aveva fatto la scelta della democrazia, dicendo che forse, se avessero avuto la democrazia i popoli avrebbero potuto impedire la guerra; e il suo prosegretario di Stato, il Sostituto Mons. Montini, tenne con Dossetti costanti rapporti lungo tutto l'iter del dibattito alla Costituente, in particolare accettando il nuovo rapporto tra Chiesa e Stato sancito dall'art. 7, nonché la liberta' religiosa e il riconoscimento delle altre religioni stabiliti dall'art. 8.

E quella non fu affatto una cosa scontata.

A chi legga oggi gli articoli 7 e 8 della Costituzione, che proclamano l'indipendenza nel proprio ordine dello Stato e della Chiesa e la liberta' per tutte le religioni, potrebbe sembrare trattarsi di cose ovvie, e relative ad un ambito ristretto della vita giuridica e sociale, tanto piu' in un tempo in cui la religione non sembra piu' essere un problema per molte persone nella societa' secolarizzata. Eppure intorno a queste norme si accesero grandi passioni e forti contrasti, si formarono schieramenti inediti, e si raggiunse uno dei livelli piu' alti del dibattito costituzionale. In effetti si realizzo' una svolta, perche' si veniva da una storia, durata 1700 anni, dall'imperatore Costantino, in cui la religione non era stata affatto distinta dallo Stato, il pluralismo e l'eguale liberta' per tutte le fedi non erano stati affatto riconosciuti, e pur nella lotta tra poteri politici e religiosi, si era formata una unita' organica tra cultura, politica, istituzioni e Chiesa. Si tratta di quel sistema politico-religioso che e' stato chiamato regime di Cristianita'. Non si trattava peraltro di un fenomeno proprio del solo Occidente, perche' anche fuori di esso altre religioni ed altre societa' si erano intrecciate a formare regimi confessionali, come ad esempio si era visto nello shintoismo giapponese fino alla catastrofe della seconda guerra mondiale, e come oggi accade ancora nelle forme politico-confessionali dell'ebraismo e dell'Islam.

Nella storia dell'Occidente, ad aprire i conti col regime di cristianita', agli albori dell'eta' moderna, sono stati gli stessi cristiani. Furono proprio loro, all'inizio, che passarono la parola dai teologi ai giuristi; poi venne l'illuminismo che porto' a termine l'impresa con la costruzione della societa' laica. Le Chiese reagirono giocando la carta degli Stati confessionali, il Papato rispose confutando le liberta' moderne, rivendicando l'esclusiva del potere spirituale sulle coscienze e cercando accordi con i troni o con i fasci; ma poi la Chiesa cattolica stessa sarebbe arrivata, col Concilio Vaticano II, a riconoscere come provvidenziale la fine dell'eta' costantiniana, e da ultimo sarebbe giunto papa Francesco a proclamare l'uscita della Chiesa dal regime di Cristianita' e ad aprirne le strade: un cambiamento epocale destinato a restituire vitalita' al cristianesimo e a liberare le potenzialita' di tutte le religioni in ordine alla salvezza degli esseri umani.

Il colpo di genio della Costituzione del '48 e' stato di anticipare la fine della Cristianita', in cio' anticipando il Concilio, senza perdere il cristianesimo, in cio' anticipando papa Francesco, e dando liberta' ad ogni religione con i suoi statuti, postulando la pace tra le fedi.

E' avvenuto cosi' che la formula consacrata nell'art. 7 della Costituzione si ritrova pressoche' identica, diciotto anni dopo, nella formula della Costituzione pastorale "Gaudium et Spes" del Concilio (n. 76): "la comunita' politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo"; e la formula dell'art. 8 secondo cui "tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge" e "hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti", e i loro rapporti sono regolati sulla base di intese con lo Stato, sembra anticipare sul piano del diritto lo spirito con cui papa Francesco, nella Messa del giovedi' santo del 2016, dopo aver lavato i piedi a credenti di diverse fedi, ha detto loro: "Qui c'e' un gesto, tutti noi insieme, musulmani, indu', cattolici, copti, evangelici... ma fratelli, figli dello stesso Dio, che vogliono vivere in pace, integrati"; ed era un gesto del tutto opposto a quello sanguinario compiuto tre giorni prima dagli attentatori di Bruxelles.

Le dure opposizioni all'art. 7 vennero alla Costituente e continuarono anche dopo e anzi continuano anche oggi, da parte di quanti a quella norma imputano di "costituzionalizzare" i Patti lateranensi, dando agli accordi stipulati con Mussolini la stessa forza della Carta. Ma cosi' non e', non e' stato costituzionalizzato il contenuto dei Patti, ma la modalita' del rapporto pattizio, come e' stato affermato dalla Corte e dimostrato dal fatto che molte norme del Concordato sono cadute in forza di leggi ordinarie e la stessa controversa introduzione del divorzio non incontrò alcun ostacolo di natura costituzionale. Quello che dice la Carta e' che Stato e Chiesa sono realta' distinte, il loro e' un rapporto di alterita' e i loro rapporti, per decisione comune, non sono rapporti di forza, ma consensuali e liberi. E di fatto, nel 1984, a norma dell'art. 7, veniva pattuito un nuovo Concordato, nel quale il presupposto del regime di Cristianita' (la religione cattolica come religione di Stato) era anche formalmente abrogato.

I protagonisti della storica impresa dell'art. 7 furono soprattutto due. Il primo fu il cattolico Giuseppe Dossetti, che veniva dalla Resistenza e godeva dell'appoggio del Vaticano, e in particolare di mons. Montini, come Sostituto del Segretario di Stato. E l'altro protagonista fu il comunista Togliatti, che comprese come la prospettiva di una societa' democratica, che egli voleva orientata al socialismo, non si potesse perseguire che nel quadro di una pace religiosa, e forse non senza l'apporto del cristianesimo, di cui qualche anno dopo, nel discorso di Bergamo, doveva riconoscere il ruolo nella promozione del "destino dell'uomo". Per far passare questa linea Togliatti dovette affrontare una severa opposizione nel suo partito e contrapporsi nel voto alla Costituente ai socialisti e agli altri "laici" che gridavano alla clericalizzazione dello Stato; ma il seguito della storia ha dimostrato che Dossetti e Togliatti avevano visto giusto, e anche se il Concordato e' stato poi motivo di cattive tentazioni per quella parte di Chiesa rimasta attaccata ai vecchi sogni di potere, bisogna dire che la laicita' della Repubblica e dello Stato hanno trovato nella Costituzione un sicuro presidio e la massima salvaguardia.

Bisogna anche dire che la Costituzione nell'anticipare la fine della Cristianita', e' riuscita ad esprimere, nella laicita', i valori cristiani piu' alti. Essa infatti in molteplici modi, e grazie anche all'apporto di culture e di storie diverse, marxiste, cattoliche, liberali, ha ritrovato la forza sovversiva del cristianesimo. Il fatto che essa all'art. 1 dichiari la Repubblica fondata sul lavoro, realizza il rovesciamento cristiano dei servi in signori. Nella societa' signorile, dall'antichita' fino all'eta' moderna, il lavoro era esclusivamente addossato al servo, e di fatto era un lavoro schiavo. Nemmeno il cristianesimo paolino era riuscito a ribaltare questa antropologia. Ma nella Costituzione il lavoro diventa sovrano. Esso non solo fonda la Repubblica, ma esprime e realizza la dignita' dell'uomo, e percio' del popolo sovrano a cui egli appartiene. Questo vuol dire che sono implicite nel dettato costituzionale le politiche di piena occupazione, e percio' il lavoro come variabile accidentale del mercato, qual e' nelle attuali forme del liberismo selvaggio, e' contro la Costituzone. Cosi', il fatto di mettere all'art. 2 i diritti inviolabili della persona, singola e associata, vuol dire che nulla puo' essere anteposto all'uomo, immagine di Dio; cosi', dire all'art. 3 che la Repubblica rimuove gli ostacoli, anche economici e sociali, che impediscono alla vita di realizzarsi come umana, vuol dire vincolare il potere non solo alla giustizia ma alla misericordia; c'e' infatti un "pieno sviluppo della persona umana", quale e' voluto dalla Costituzione, che a una democrazia formale non interessa, ma che una democrazia sostanziale ha il compito di promuovere, con una politica che prenda a cuore la sorte di tutti, a cominciare dai poveri, in forza di quella solidarieta' che e' un altro nome della democrazia, ed e' un altro nome della misericordia.

Ci dicono, i riformatori della carta, che non c'e' ragione di preoccuparsi perche' questi principi e valori che vengono affermati nella prima parte della Costituzione, non vengono toccati, in quanto essi sarebbero scritti solo in questi primi articoli che vengono lasciati immutati, e non anche nei ben 47 articoli, su un totale di 139, che vengono modificati nella seconda parte.

Ma cio' non e' vero. Certo quei principi, quei valori, quelle liberta', quei diritti fondamentali - civili, etico-sociali, economici e politici - sono affermati in quella carta d'identita' della Repubblica che sono i primi dodici articoli e che e' tutta la Parte prima della Costituzione. Essi pero' trovano poi la loro strumentazione, la loro possibilita' di esercizio, la loro garanzia nell'ordinamento qual e' strutturato nella seconda parte della Costituzione. Senza queste norme che la realizzano, la Costituzione sarebbe come una carta d'identita' a cui non corrisponde la persona, sarebbe come un'aquila a cui venissero strappati gli artigli.

Sarebbe inutile parlare del lavoro, del popolo sovrano, della liberta' religiosa, del ripudio della guerra, della costruzione di un ordine di pace e di giustizia tra le nazioni, se si demolisse l'architettura comprendente il governo parlamentare, il pluralismo dei partiti, delle elezioni che salvaguardino la proporzionalita' tra elettori e rappresentanza, il circuito della fiducia, l'articolazione regionale, le garanzie giurisdizionali e tutto il resto; che e' appunto cio' che oggi e' investito dal terremoto della riforma.

I promotori della riforma dicono che il nuovo sistema sara' migliore, piu' efficiente, piu' rapido, piu' economico di quello oggi esistente. Lo si vedra' in sede di  collaudo. Senonche', come dice la principale partigiana della riforma, la ministra Boschi, possono esserci delle cose sbagliate nella nuova Costituzione ma si potranno correggere in seguito. Ma il terremoto potrebbe arrivare prima di fare le correzioni e le necessarie modifiche, come di solito accade in Italia con i terremoti, e d'altra parte una Costituzione che rimanga sempre puntellata e in restauro, non e' piu' una Costituzione affidabile, non e' piu' una Costituzione rigida, diventa come una legge ordinaria in balia dell'ultima maggioranza parlamentare e di qualsiasi governo.

Percio' noi pensiamo che la Costituzione vada salvata perche' rimanga almeno un punto fermo in una societa' e in un mondo che sembrano marciare rapidamente verso nuove catastrofi.

E' paradossale che, mentre l'Italia e' divisa, si rompa l'unica cosa che ancora la tiene unita, la Costituzione; e' paradossale che mentre i Trattati europei stanno portando al collasso l'Europa, che invece di abbattere i muri li costruisce perfino sul mare, si invochi l'Europa per sovvertire in Italia il solo patto che ancora funziona e che fonda la pace sociale tra i cittadini e la Repubblica; e' paradossale e insensato che mentre le cose vanno male, l'Italia e' a crescita zero, la disoccupazione giovanile e' al 39% e i cittadini non hanno piu' alcuna fiducia nella politica disertando anche le urne, la classe politica manometta l'unica cosa che va bene e che non era contestata da nessuno, la Costituzione del '47, per sostituirla con un prodotto scadente, fabbricato da un Parlamento in crisi di legittimita', perche' eletto con una legge che la Corte Costituzionale aveva dichiarato infedele e di fatto scaduta. Sicche' se il referendum non blocchera' questa operazione, avremo una Costituzione - caso unico in Occidente - fatta da un Parlamento che andava combattendo ed era morto.

 

4. REPETITA IUVANT. IL DOCUMENTO COSTITUTIVO DEL "COMITATO PER IL NO NEL REFERENDUM SULLE MODIFICHE ALLA COSTITUZIONE" (OTTOBRE 2015)

[Dal sito www.referendumcostituzionale.online]

 

Il Senato ha votato il testo della legge costituzionale di cui al d.d.l. Renzi-Boschi 1429 S. e 2613/b C. e il governo Renzi e' intenzionato a farla approvare al piu' presto.

Contando sulla possibilita' che si svolga il referendum previsto dall'articolo 138 della Costituzione e' stato costituito il "Comitato per il No nel referendum sulle modifiche della Costituzione" il 30 ottobre 2015 a Roma, nella forma di Associazione presso il notaio Atlante.

Il Comitato per il No nel referendum previsto dall'articolo 138 si e' costituito sulla base della seguente piattaforma politica.

Il disegno di legge costituzionale Renzi-Boschi di riforma della Parte II della Costituzione dissolve l'identita' della Repubblica nata dalla Resistenza. E' inaccettabile per il metodo e per i contenuti e lo e' ancor di piu' in rapporto alla legge elettorale (52/2015) gia' approvata.

Nel metodo: e' stato costruito per la sopravvivenza di un governo e di una maggioranza privi di qualsiasi legittimazione sostanziale dopo la sentenza con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' del "Porcellum". Molteplici forzature di prassi e regolamenti hanno determinato in parlamento spaccature insanabili tra le forze politiche, portando all'approvazione da parte di maggioranze raccogliticce e occasionali, rese possibili unicamente dal premio di maggioranza dichiarato illegittimo.

Nei contenuti: la cancellazione della elezione diretta dei senatori, la drastica riduzione dei componenti - lasciando immutato il numero del deputati -, la composizione fondata su persone selezionate per la titolarita' di un diverso mandato (e tratta da un ceto politico di cui l'esperienza dimostra la prevalente bassa qualita') colpiscono irrimediabilmente il principio della rappresentanza politica e gli equilibri del sistema istituzionale.

Non basta l'argomento del taglio dei costi, che piu' e meglio poteva perseguirsi con scelte diverse.

Ne' basta l'intento dichiarato di costruire una piu' efficiente Repubblica delle autonomie, smentito dal complesso e farraginoso procedimento legislativo, e da un rapporto Stato-Regioni che solo in piccola parte realizza obiettivi di razionalizzazione e semplificazione, determinando per contro rischi di neo-centralismo.

Il vero obiettivo della riforma e' lo spostamento dell'asse istituzionale a favore dell'esecutivo.

Una prova si trae dalla introduzione in Costituzione di un governo dominus dell'agenda dei lavori parlamentari.

Ma ne e' soprattutto prova la sinergia con la legge elettorale "Italicum", che aggiunge all'azzeramento della rappresentativita' del senato l'indebolimento radicale della rappresentativita' della camera dei deputati. Ballottaggio, premio di maggioranza alla singola lista, soglie di accesso, voto bloccato sui capilista consegnano la camera nelle mani del leader del partito vincente - anche con pochi voti - nella competizione elettorale, secondo il modello dell'uomo solo al comando.

Ne vengono effetti collaterali negativi anche per il sistema di checks and balances.

Ne risente infatti l'elezione del capo dello Stato, dei componenti della corte costituzionale, del Csm.

E ne esce indebolita la stessa rigidita' della Costituzione.

La funzione di revisione rimane bicamerale, ma i numeri necessari sono alla Camera artificialmente garantiti alla maggioranza di governo, mentre in Senato troviamo membri privi di qualsiasi legittimazione sostanziale a partecipare alla delicatissima funzione di modificare la Carta fondamentale.

L'incontro delle forze politiche antifasciste in Assemblea Costituente trovo' fondamento nella condivisione di essenziali obiettivi di eguaglianza e giustizia sociale, di tutela di liberta' e diritti. Sul progetto politico fu costruita un'architettura istituzionale fondata sulla partecipazione democratica, sulla rappresentanza politica, sull'equilibrio tra i poteri.

Il disegno di legge Renzi-Boschi stravolge radicalmente l'impianto della Costituzione del 1948, ed e' volto ad affrontare un momento storico difficile e una pesante crisi economica concentrando il potere sull'esecutivo, riducendo la partecipazione democratica, mettendo il bavaglio al dissenso.

Non basta certo in senso contrario l'argomento che la proposta riguarda solo i profili organizzativi.

L'impatto sulla sovranita' popolare, sulla rappresentanza, sulla partecipazione democratica, sul diritto di voto e' indiscutibile.

Piu' in generale, l'assetto istituzionale e' decisivo per l'attuazione dei diritti e delle liberta' di cui alla prima parte, come e' stato reso evidente dalla sciagurata riforma dell'articolo 81 della Costituzione.

Bisogna dunque battersi contro questa modifica della Costituzione.

Ora facendo mancare il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti in seconda deliberazione.

E poi con una battaglia referendaria come quella che fece cadere nel 2006, con il voto del popolo italiano, la riforma - parimenti stravolgente - approvata dal centrodestra.

Per queste ragioni il Comitato per il No nel referendum sulle modifiche della Costituzione ritiene che occorra impedire che questa "riforma" cambi il volto costituzionale delle nostra Repubblica.

Su queste basi si e' proceduto a costituire Il Comitato per il No nel referendum costituzionale che si propone di difendere i principi della vigente Costituzione Repubblicana; e si propone inoltre di promuovere nelle forme previste il referendum previsto dall'art. 138 Cost. contro la legge costituzionale di cui al d.d.l. Renzi-Boschi 1429 5 e 2613/b C. qualora questa venisse definitivamente approvata, sempre che nel frattempo le Camere non abbiano eliminato o modificato gli articoli palesemente contrari ai principi supremi della Costituzione che al momento la caratterizzano.

A questo scopo si e' costituita una Associazione senza scopo di lucro denominata: "Comitato per il No nel referendum sulle modifiche alla Costituzione".

L'associazione e' stata promossa dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale.

Sede legale: Roma, Corso d'Italia 97, presso lo studio dell'avvocato Pietro Adami.

L'associazione e' regolata dallo statuto ed ha come scopo immediato quello di promuovere la vittoria dei No nel futuro referendum costituzionale.

Il consiglio direttivo dell'Associazione "Comitato per il No nel referendum costituzionale" e' composto da: Gustavo Zagrebelsky (presidente onorario), Alessandro Pace (presidente), Pietro Adami, Alberto Asor Rosa, Gaetano Azzariti, Francesco Baicchi, Vittorio Bardi, Mauro Beschi (comitato esecutivo), Felice Besostri, Francesco Bilancia, Sandra Bonsanti, Lorenza Carlassare, Sergio Caserta, Antonio Caputo, Francesca Chiavacci, Claudio De Fiores, Riccardo De Vito, Carlo Di Marco, Antonio Di Pietro, Giulio Ercolessi, Anna Falcone (vice presidente), Antonello Falomi (tesoriere), Gianni Ferrara, Tommaso Fulfaro (cassiere), Domenico Gallo (comitato esecutivo), Alfonso Gianni, Alfiero Grandi (vice presidente vicario), Maurizio Landini, Raniero La Valle, Paolo Maddalena, Giovanni Palombarini, Vincenzo Palumbo, Francesco Pardi, Livio Pepino, Antonio Pileggi, Marta Pirozzi, Ugo Giuseppe Rescigno, Stefano Rodota', Franco Russo, Giovanni Russo Spena, Cesare Salvi, Mauro Sentimenti, Carlo Smuraglia (comitato esecutivo), Enrico Solito, Armando Spataro, Massimo Villone, Vincenzo Vita, Mauro Volpi.

 

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SENZA ODIO, SENZA VIOLENZA, SENZA PAURA

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Al referendum votiamo No alla riforma costituzionale golpista

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Numero 13 del 14 settembre 2016