[Nonviolenza] La domenica della nonviolenza. 336



 

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 336 del 13 settembre 2015

 

In questo numero:

1. Sul piatto della bilancia

2. La Giornata della nonviolenza a Orte lo scorso anno (2014)

3. Enrico Peyretti: La pace comincia dall'eguaglianza

4. Enrico Peyretti: I confini, le teste

5. Enrico Peyretti: Isis crudele. E noi?

6. Enrico Peyretti: Francesco leader e profeta

7. Enrico Peyretti presenta il "Manuale pratico della nonviolenza" di Michael N. Nagler

8. Enrico Peyretti presenta "Torneranno i prati" di Ermanno Olmi

9. Enrico Peyretti: Todos somos americanos

10. Enrico Peyretti: Salvare le vite

11. Verso la "Giornata internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre

12. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"

13. Verso la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" del 25 novembre

 

1. LE ULTIME COSE. SUL PIATTO DELLA BILANCIA

 

Occorre che irrompa nello spazio pubblico la solidarieta' non solo come generoso personale sentimento di umanita' riconoscente ma come coscienza ed azione collettiva, come forza morale, sociale, politica e giuriscostituente che sappia, che possa, che riesca a contrastare e sconfiggere la guerra, il razzismo, il maschilismo.

Occorre che irrompa nello spazio pubblico la nonviolenza non solo come feconda testimonianza di piccoli gruppi persuasi ma come coscienza ed azione collettiva, come forza morale, sociale, politica e giuriscostituente che sappia, che possa, che riesca a contrastare e sconfiggere la guerra, il razzismo, il maschilismo.

Occorre che irrompa nello spazio pubblico la civilta' non solo come percezione chiara e nutriente del lascito e della tensione del passato e del futuro dell'umana vicenda, ma come coscienza ed azione collettiva, come forza morale, sociale, politica e giuriscostituente che sappia, che possa, che riesca a contrastare e sconfiggere la guerra, il razzismo, il maschilismo.

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Occorre che i segni di risveglio in Europa della dignita' umana e dell'impegno antifascista di questi giorni si sviluppino e si generalizzino e si oppongano in modo adeguato alla violenza bellicista, razzista, neofascista troppo a lungo incontrastata.

Solo l'umanita' puo' sconfiggere la disumanita'.

Solo la nonviolenza puo' sconfiggere la violenza.

Solo il bene puo' sconfiggere il male.

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Ancora una volta riproponiamo i compiti dell'ora, minimo un programma: salvare le vite.

Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.

Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.

Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.

Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.

Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.

Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.

In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.

In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.

In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.

L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.

L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

2. MEMORIA. LA GIORNATA DELLA NONVIOLENZA A ORTE LO SCORSO ANNO (2014)

 

Per iniziativa dell'Auser e dell'UniTre di Orte nella prestigiosa cornice della Sala delle Bandiere del Palazzo Comunale si e' svolta la celebrazione della Giornata internazionale della nonviolenza, istituita dall'Onu nel giorno dell'anniversario della nascita di Gandhi.

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Lo svolgimento della celebrazione

Il sindaco Moreno Polo ha recato il saluto dell'amministrazione comunale e con la sua presenza dall'inizio alla fine dell'incontro ha significato l'impegno profondamente sentito dell'istituzione e della cittadinanza a promuovere la pace, i diritti umani, la nonviolenza.

Rita Squarcetti e Giovanna Cavarocchi dell'Auser hanno tenuto le preziose relazioni introduttive all'incontro, ricostruendo anche le iniziative passate e le attivita' in corso e in programma.

La presidente dell'UniTre di Orte, Luisa Gentili, e la direttrice dei corsi, Paola Paolessi, hanno presentato le attivita' didattiche in corso e in programma e svolto rilevanti riflessioni.

Il responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, Peppe Sini, ed Enzo Zangrilli, gia' presidente della Consulta nazionale del volontariato della protezione civile e coordinatore degli interventi di volontariato presso i campi nei nove mesi seguenti il terremoto de L'Aquila del 2009, hanno tenuto i due interventi conclusivi.

Presenti all'incontro autorevoli personalita' della societa' civile ortana, dell'associazionismo come delle istituzioni, e particolarmente del mondo della scuola.

Tutte le persone intervenute hanno espresso vivo apprezzamento per l'iniziativa che ha costituito altresi' l'occasione per presentare il corso su "Pace, diritti umani, nonviolenza e volontariato" che si svolgera' a Orte nell'anno accademico 2014-2015.

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Una minima sintesi dell'intervento di approfondimento sulla nonviolenza

Intervenendo specificamente per illustrare il significato ed i fini della celebrazione della Giornata internazionale della nonviolenza, e le molteplici ed ineludibili implicazioni che la scelta di accostarsi alla nonviolenza comporta, il responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani", Peppe Sini, ha articolato il suo intervento su alcuni temi fondamentali, accompagnando il ragionamento con puntuali esemplificazioni e precisi riferimenti a fonti ed esperienze teoretiche e pratiche.

Di seguito una rastremata sinossi.

I. La virtu' dell'attenzione, il rispetto della dignita' altrui e propria

Per accostarsi degnamente alla nonviolenza occorre prendere sul serio i propri pensieri: pensarli profondamente e valutarne le conseguenze anche implicite; occorre porsi all'ascolto delle altre persone e non mentire mai ad esse: rispettarle nella loro integrale dignita' di persone, e quindi di esseri pensanti, capaci di comprendere e di comunicare, esposti alla sofferenza e bisognosi di verita' e di solidarieta'; occorre usare correttamente il linguaggio: essere consapevoli di cio' che si dice; occorre decidere di impegnarsi per salvare le vite, per recare soccorso a chi soffre, per rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

II. Cosa e' questa cosa che chiamiamo nonviolenza. Un accostamento

1. La nonviolenza e' l'opposizione alla violenza

Il relatore ha svolto una rigorosa disamina filologica sia del termine italiano "nonviolenza" sia dei termini sanscriti usati da Mohandas K. Gandhi per denominare la sua proposta di lotta contro la violenza, ovvero "ahimsa" e "satyagraha" (che il termine italiano "nonviolenza" coniato da Aldo Capitini traduce e unifica): nonviolenza significa opposizione alla violenza, forza della verita', amore attivo, rispetto per la vita, armonia, ricomposizione, scelta di contrastare il male facendo il bene.

Ha fatto seguito una riflessione sul concetto di nonviolenza e sulle esperienze storiche in cui la nonviolenza si e' concretizzata e messa alla prova.

2. La nonviolenza e' complessa, un insieme di insiemi

In particolare e' stata proposta una nozione complessa  e pluridimensionale della nonviolenza come "insieme di insiemi":

a) un insieme di criteri assiologici (esemplificando con l'esempio per cui "tra i mezzi e i fini vi e' lo stesso rapporto che tra il seme e la pianta": fini buoni non possono essere ottenuti usando mezzi malvagi);

b) un insieme di strumenti ermeneutici (esemplificando con l'analisi sociologica del potere che si regge sempre su due pilastri: la forza e il consenso; cosicche' si puo' contrastare ogni potere ingiusto iniziando col negargli il consenso);

c) un insieme di tecniche deliberative (esemplificando con il "metodo del consenso", che prevede il diritto di veto da parte di ogni singola persona partecipante al processo decisionale, cosicche' si prendono solo le decisioni su cui vi e' l'accordo persuaso di tutte le persone; tutte garantendo del rispetto della loro dignita', e tutte impegnando a costruire insieme la volonta' comune);

d) un insieme di tecniche operative (esemplificando con lo sciopero, il digiuno ed altre forme ancora);

e) una metodologia di trasformazione positiva delle relazioni - interpersonali, sociali, politiche -;

f) una progetto-processo di cambiamento sociale e culturale orientato all'affermazione dell'eguaglianza di diritti e di doveri di tutti gli esseri umani, al reciproco aiuto, alla condivisione dei beni, alla responsabilita' comune per gli altri esseri umani e per l'intero mondo vivente.

III. Hic et nunc, quid agendum

Siamo di fronte a una situazione che giustamente e' stata definita "terza guerra mondiale" condotta "a pezzi" per occultarne la natura globale e totalitaria di aggressione all'intera umanita'.

Siamo di fronte allo scandalo dei 70 milioni al giorno di denaro pubblico sperperato dallo stato italiano per spese militari e riarmo, mentre la popolazione si trova in crescenti difficolta' e servizi pubblici primari subiscono tagli insensati e sciagurati la cui conseguenza e' la negazione del diritto alla salute, all'assistenza, alla casa, allo studio, al lavoro, a un ambiente vivibile.

- Scegliere la nonviolenza significa opporsi alla guerra e a tutte le uccisioni: la guerra uccide gli esseri umani; salvare le vite e' il primo dovere di ogni persona. L'Italia deve cessare di partecipare alle guerre, di finanziare le guerre, di fabbricare e vendere armi assassine.

- Scegliere la nonviolenza significa opporsi al razzismo ed a tutte le persecuzioni: tutti gli esseri umani sono eguali in diritti, tutti hanno diritto all'aiuto altrui. Occorre abolire immediatamente le scellerate misure razziste europee e italiane responsabili delle innumerevoli morti nel mar Mediterraneo e di violenza abominevoli nei confronti dei migranti (i campi di concentramento, le deportazioni, la riduzione in schiavitu', l'imposizione infame e scellerata di un regime di apartheid).

- Scegliere la nonviolenza significa opporsi al maschilismo ed a tutte le oppressioni: la dominazione maschilista, di cui il femminicidio e' la manifestazione estrema, e' la prima radice di tutte le violenze; se non si sconfigge il maschilismo ogni impegno di pace, di giustizia e di solidarieta' restera' vano.

- Scegliere la nonviolenza significa impegnarsi per i diritti di tutti gli esseri umani e per la difesa della biosfera, casa comune dell'umanita'.

IV. Per non concludere

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

La nonviolenza e' pace, disarmo, smilitarizzazione.

La nonviolenza e' accoglienza, assistenza, aiuto a tutti coloro che ne hanno bisogno.

La nonviolenza ti chiede di esser tu il cambiamento che vorresti vedere nel mondo.

La nonviolenza sei tu quando fai la cosa giusta.

 

3. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA PACE COMINCIA DALL'EGUAGLIANZA

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 6 agosto 2014.

Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

 

Speriamo e invochiamo, nel giorno di Hiroshima, e della Trasfigurazione sul Tabor, ricordata oggi dai cristiani, che la tregua Israele-Palestina sappia durare e trasformarsi. La tregua fa parte della guerra, come ricaricare l'arma fa parte dello sparare. Per essere preludio della pace, la tregua deve essere posare l'arma e sostituirla con lo scambio di parole ragionevoli, tese a costruire l'incontro mediano dei diritti delle due parti e dei reciproci doveri. Il primo diritto e dovere e' la vita fisica di entrambi, e le condizioni per vivere, e il secondo pari al primo e' la dignita', la liberta' di ciascuno.

Fondamento della pace e' la giustizia. E' l'equilibrio delle possibilita' e dei diritti. Quando il rapporto e' fortemente squilibrato, puo' esserci tregua, ma non pace. La "pace di potenza" (come la "pax romana") non e' pace ma dominio e sottomissione, cioe' violenza statica, strutturale: lo insegnano bene Norberto Bobbio, Raymond Aron, Johan Galtung. Peggiore di questa e' solo la pace di sterminio.

La "pace armata", quella che cento anni fa partori' la prima guerra mondiale, vergogna imperdonabile della nostra superba "civilta'", e seme delle peggiori violenze del Novecento, fino alla criminale minaccia atomica sospesa sul mondo, quella non era pace.

Non c'e' pace in un rapporto fortemente asimmetrico. Nessuno puo' negare che tale sia ora, dal 1948, e specialmente dal 1967, il rapporto storico-politico-militare-economico-territoriale-giuridico fra Israele e Palestina. C'era gia' un popolo, gia' umiliato dal colonialismo europeo, in quella "terra senza popolo". Chi vuole giustamente essere equi-vicino a Israele e Palestina, non puo' ignorare tale forte asimmetria - parti uguali fra diseguali non e' giustizia - ma deve favorire il reciproco riconoscimento e rispetto.

Ogni violenza - insegna Helder Camara - comincia dalla diseguaglianza umiliante: l'oppressione, materiale, civile, morale, il dominio, l'offesa alla comune dignita', e' la prima violenza. L'oppresso giustamente si ribella, ma quando ingiustamente (anche a proprio danno) si affida alla violenza, non si libera, non ottiene giustizia, ma prosegue la violenza, ne diventa responsabile. A questo punto il primo violento, il dominatore, reprime la ribellione con la propria maggiore potenza e fa culminare la violenza, se ne fa il maggiore responsabile. Cosi', entrambe le parti sono vittime della propria e della reciproca violenza, incatenate dalla propria cecita'. Ma la parte piu' debole e' quella che paga con la piu' grande sofferenza. Chi crede di aver vinto ha seminato odio nel futuro contro se stesso. Dov'e' il diritto e la ragione? Sono uccisi insieme alle vittime, insopportabilmente troppe.

Non si puo' negare che la maggiore responsabilita' della tragedia, e il maggiore dovere di fare pace, e' del piu' forte. E' giusto dire questa verita', e' giusto dare riconoscimento e aiuto al piu' debole, ma e' sbagliato fare il tifo per l'uno o per l'altro nella gara violenta.

Entrambe le parti, anche se violente, vogliono figurare di essere la parte oppressa e minacciata, segno (omaggio del vizio alla virtu') che riconoscono nell'oppresso la parte piu' giusta, che soffre ingiustizia, che merita solidarieta'. Ma non possono darsi ragione da sole. Occorre una istanza terza, morale, giuridica, politica, che frena la violenza in tutti e fa prevalere il diritto, almeno lo dichiara (73 risoluzioni dell'Onu disobbedite da Israele), quando non puo' applicarlo.

Inutile risalire indietro fino a Caino a cercare la prima violenza. Ad ogni fase della storia si ripete il ciclo violento oppressione-ribellione-repressione. Ognuna delle tre violenze pretende giustificarsi come difesa, come liberazione. Ormai la violenza si puo' sradicare solamente a valle, nel presente: il maggior merito e' di chi comincia a fare pace, oltre la tregua. Il miglior difensore e liberatore di se' e di tutti e' chi interrompe la catena: chi al dominio violento e repressivo sostituisce patti leali di parita', e di rispetto del territorio vitale; chi alla ribellione violenta sostituisce la resistenza nonviolenta e non-armata all'altrui dominio. In Palestina questa realta' esiste (Giulia Valentini, La resistenza nonviolenta palestinese) percio' va riconosciuta e incoraggiata, dai media, dall'opinione informata, come dalla politica. In Israele crescono qualificate voci interne che si dissociano dalla politica di occupazione e discriminazione. La pace comincia dal rinnegare la propria violenza, senza cercare di giustificarla (e assolutamente mai glorificarla!). La pace comincia dall'eguaglianza.

Lo stesso maledetto meccanismo distruttore dell'umano e' analizzato da Pat Parfoort: in un rapporto M/m (Maggiore-minore), inevitabilmente il minore vorra' accrescere la sua potenza per pareggiare e superare il Maggiore: la escalation distruttiva si avvia cosi'. Nessun pre-potente e' al sicuro. La superiorita' di potenza e' illusione stolta, e' ignoranza della storia. La pace sta nell'eguaglianza: non una impensabile eguaglianza matematica, ma una reale equi-valenza: una parita' di valore, di dignita', di diritti e doveri, di condizioni vitali. In questa parita' - tendenza sincera sempre in corso di attuazione - ognuno davvero difende e afferma se stesso nell'atto di difendere e affermare l'altro.

L'antica sapienza vale anche nelle contese politiche: siamo fatti gli uni per gli altri. Non viviamo noi se non facciamo vivere l'altro. E' il senso positivo dell'universale legge del "non uccidere". Ogni arma omicida disumanizza e abbatte chi la usa, chi la predispone, chi confida in essa come idolo morto e mortifero, invece di confidare nella vocazione al bene di ogni cuore umano, e di incoraggiarla deponendo odio e disprezzo dal proprio cuore.

Questa non e' politica e realismo? E' l'unica politica realistica.

 

4. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: I CONFINI, LE TESTE

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 19 settembre 2014]

 

"I confini esistono, e bisogna difenderli anche con le armi", ha detto (nel 2014 e non nel 1800), Salvini, segretario della Lega.

Che ogni famiglia abbia una casa e ogni popolo un territorio, segnato dalla sua storia e leggi e costumi, e' giusto e naturale. Che gli esseri umani possano viaggiare, migrare, essere ospitati e integrati, altrettanto: del resto avviene da sempre nella storia umana, ed e' linfa di sviluppo umano. Merci e notizie non conoscono piu' confini.

Erigere muri e leggi dure escludenti e' come tagliare a pezzi il corpo dell'intera umanita'. Ci sono i tagliatori di teste e i tagliatori di umanita', ossessionati della loro piccola identita'. Chi e' piu' incivile?

 

5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: ISIS CRUDELE. E NOI?

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 25 settembre 2014]

 

Davanti allo spettacolo cruento delle teste tagliate dal nero boia dell'Isis, mi sono ricordato di un libro di Giovanni De Luna, Il corpo del nemico ucciso (Violenza e morte nella guerra contemporanea, Einaudi, 2006).

Presenta foto agghiaccianti, anche dei "sacrifici umani", delle teste mozzate, mostrate entro una scatola di biscotti, o seminate a terra, azioni compiute da italiani nelle guerre coloniali, trofei macabri esibiti tra risate gloriose anche di alti ufficiali. Nessuna guerra ne e' immune.

La violenza attuale dell'estremismo islamista viene anche dalla umiliazione storica inflitta alla civilta' islamica - vera e propria civilta', cultura, spiritualita', con un notevole contributo storico - dalla colonizzazione europea (spesso con consenso e benedizione cristiana, sia cattolica che protestante); viene dallo smembramento dell'impero ottomano, con confini arbitrari utili ai colonizzatori o "protettori". Dopo il 1945 i paesi arabi hanno tentato la via nazionale, fallita anche per opera Usa (per esempio Mossadeq abbattuto per mettere lo Scia' amico, e quanti altri dittatori utili...), dopo di che la volonta' di riscatto e il ricupero di identita' dell'Islam si sono affidate alla propria tradizione religiosa, spesso nella forma integralista.

Le attuali "guerre di religione" sunniti-sciiti somigliano alle nostre del Cinque-Seicento, da cui a caro prezzo abbiamo imparato (e non ancora bene!) la laicita' dello Stato. Aiutiamo i paesi musulmani, con la nostra esperienza condivisa nel dialogo civile, a trarre buon frutto da cattive azioni. Noi Occidente siamo piu' "vecchi" di storia, e la vecchiaia, anche nelle persone, puo' essere la saggezza intelligente di un buon nonno, oppure la pretesa isterica di una ragione esclusiva.

Almeno nei cristiani con un po' di cultura, ma sempre piu' anche nella base, la Bibbia non viene piu' letta come parola magica di Dio, dettata prodigiosamente, ma come parola umana, della ricerca e dell'ascolto di fede, entro la quale parola, anche nelle sua varieta' e differenze, traspare e puo' essere colta una ispirazione alta e altra, il suggerimento di un Vivente, chiamato Dio, che guida gli animi alla fiducia coraggiosa, e accompagna le faticose vicende umane verso il bene e la vita giusta. Nell'Islam, una simile lettura storico-critica del Corano, e' per ora ristretta a pochi ambienti piu' colti, non e' ancora popolare, ma il contatto serio e dialogico tra le culture e le religioni, puo' aiutare tutti a pensare che l'ispirazione di fede anima da dentro, e non da fuori con imposizione autoritaria, i percorsi storici umani verso la giustizia e la bonta' di vita.

Non dobbiamo guardare le vicende attuali dell'Islam, anche le peggiori, con un tono di superiorita', di giudizio dall'alto di una maggiore maturita' nostra. La violenza sottile dei poteri cinici disumani, dell'economia violenta e ideologica, sotto la pelle delle nostre democrazie, non e' meno disumana e assolutista della violenza senza pudore dell'Isis. Piu' dell'immagine alto-basso, avanti-indietro, mi sembra giusto uno schema orizzontale, sulle linee di "percorsi diversi" compiuti dall'Europa e dall'Islam. Crudelta' identiche e anche piu' stragiste abbiamo fatto - e facciamo! - noi occidentali: p. es. nel 1991 soldati iracheni in ritirata schiacciati "come scarafaggi" - cosi' definiti - dagli aerei Usa, ecc. ecc. dal Vietnam fino a Gaza 2014, con numeri di uccisi assolutamente maggiori.

La violenza (piu' o meno ben occultata) del forte dominatore e' piu' anti-umana della violenza oscena del ribelle. Il primo vuole l'ingiustizia, la "in-equita'" (neologismo di Francesco), il secondo vuole la giustizia con mezzi violenti, che la contraddicono: il ribelle violento e' ancora prigioniero ideologico del dominatore. Gandhi vide l'uscita da questa ulteriore sconfitta del debole, e apri' la via per le esperienze storiche di lotte di liberazione attivamente nonviolente e in gran parte efficaci. Gandhi ebbe importanti attivi seguaci anche nell'Islam, come Badshah Khan.

 

6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: FRANCESCO LEADER E PROFETA

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 29 ottobre 2014.

Il riferimento e' al discorso che il papa ha rivolto ai presenti nel corso dell'incontro nell'Aula Vecchia del Sinodo, a Roma, la mattina del 28 ottobre 2014, in occasione dell'Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari (27-29 ottobre 2014), organizzato e promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e con i dirigenti di vari movimenti; il testo integrale originale (in spagnolo) abbiamo pubblicato sui "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 1802 del 30 ottobre 2014. La traduzione italiana come riportata sull'"Osservatore romano" e' disponibile nel sito del quotidiano vaticano (www.osservatoreromano.va)]

 

Ho pianto di gioia e di commozione leggendo queste parole di ieri di papa Francesco. Sta diventando leader mondiale di umanita' e giustizia. Non per nulla viene dall'America Latina, una delle terre umane piu' feconde nel momento storico presente. Viene da da un cristianesimo di liberazione e fraternita'.

Non e' soltanto papa di una chiesa e di una religione. Parla in termini di verita', di vera umanita'. Ed e' profeta: il profeta non e' un indovino, ne' un mago: profeta e' chi dice le parole dimenticate o soppresse, le parole che mancano, le parole dei poveri e delle vittime, le parole che, per bocca degli umili, vengono dall'alto. Ascoltare, accogliere, proseguire e vivere queste parole e' opera rivoluzionaria di liberta', giustizia, umanita'; e' cultura e politica; e' umanesimo; e' vangelo.

Ha parlato il 28 ottobre, data infausta e fausta: infausta in Italia dove, nel 1922, si impose con la violenza il fascismo; fausta nella chiesa e nel mondo, nel 1958, quando fu eletto papa Giovanni. E' lo spirito semplice e vivissimo di papa Giovanni, che, in linguaggio adeguato ("aggiornato", direbbe lui), ritorna oggi a incoraggiare il mondo smarrito e confuso verso un cammino di vera umanita', di verita'. Il discorso di ieri di Francesco mi ha commosso di esultanza e gratitudine proprio come la Pacem in terris nel 1963.

Lui stesso dice che sembrera' comunista. E' infatti leader di un "beni-comunismo" giusto e nonviolento, atteso dai poveri - e da Dio che ispira tutte le spiritualita' -  nel crudele e spento mondo della dittatura del denaro sulla vita.

Francesco fa appello e da' riconoscimento ai movimenti umani dal basso. Alcuni di noi impegnati come possiamo in tali movimenti hanno auspicato un "movimento dei movimenti" nel mondo. Questo appello di Francesco aiutera' tale costruzione di vita, umanita', liberazione e giustizia-pace.

Ringraziamo e impegniamoci.

 

7. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA IL "MANUALE PRATICO DELLA NONVIOLENZA" DI MICHAEL N. NAGLER

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 16 novembre 2014]

 

Michael N. Nagler, Manuale pratico della nonviolenza, Prefazione di Nanni Salio, Edizioni Gruppo Abele, 2014, pp. 125, euro 12.

Un manuale tutto all'opposto di questo, in vendita nelle stazioni, diceva "O si domina o si e' dominati". Il dominio e' la violenza statica, istituita. La nonviolenza e' piu' del pacifismo, perche' vuol togliere ogni violenza, non solo la guerra.

Nagler vede il dilemma "lotta o fuga" cioe' violenza o elusione del conflitto. Evita la lotta il nonviolento vile, mentre il nonviolento forte - la distinzione e' gia' di Gandhi - lotta e non fugge. La nonviolenza esiste gia', ed e' la stoffa continua della storia comune degli umani. Azioni e situazioni violente sono gli strappi in questo tessuto. Non e' corretto ridurre l'essere umano ad un animale aggressivo. Quella capacita' di nonviolenza "antica come le colline" (Gandhi) e' messa alla prova davanti ad un comportamento violento. Ma e' questa prova che ne manifesta la forza vitale e liberante, positiva. La conoscenza e l'addestramento di questa "forza dell'anima" conduce a saper vivere i conflitti senza replicare la violenza (che sia fisica, strutturale o culturale), ma con la forza di combattere l'ingiustizia e non chi si comporta ingiustamente. Le esperienze di azione nonviolenta crescono, anche se per lo piu' i politici la ritengono inutile allo scopo prima di sperimentarla. Essa, infatti, fa resistenza e ostacolo anche al potere non democraticamente condiviso e partecipato.

Nel conflitto dobbiamo sapere che siamo uniti ai nostri avversari, piu' di cio' che sembra. Si cerchi non la vitoria e l'umiliazione, ma la soluzione del problema. "Offrire dignita' all'avversario" fu il metodo nella rivoluzione filippina del 1986. "La vera non-cooperazione e' con il male, non con il malfattore", proponeva Gandhi agli indiani nell'ipotesi di una invasione giapponese, nel 1942. Cosi' fu la "resistenza a base civile" o difesa popolare nonviolenta dei cechi, che fraternizzarono coi soldati russi nell'opporsi all'invasione sovietica (Praga 1968). Cosi' fu la lotta efficace guidata da M. L. King: "Offendere qualcuno e' offendere tutti". La Resistenza italiana, col procedere degli studi, specialmente delle storiche, si rivela condotta con metodi popolari nonviolenti piu' spesso che armati.

Nagler, a partire da quei principi, esamina i livelli di escalation di un conflitto. Ci sono ampi spazi di azione giusta ed efficace, intervenendo anche con il cuore e il coraggio, prima del livello massimo dove si tratta anche di rischiare la vita per un obiettivo di giustizia: emblematica l'immagine del giovane cinese, a Tien an Men, fermo davanti al carro armato che avanza. Ma i casi di morti in azioni di lotta nonviolenta sono di gran lunga inferiori ai morti nella lotta armata o in guerra. Episodi culminanti non sono solo la morte del nonviolento, ma anche la sua conquista morale, con l'amore, dell'avversario violento: Nagler racconta il caso del suo amico David Hartsough (p. 64).

L'energia nonviolenta va impiegata in modo proporzionale, graduale, usando anche il compromesso sugli obiettivi non essenziali, rifiutando di "vincere", soprattutto elaborando un "programma costruttivo", il vero obiettivo. Come reagire in caso di insuccesso? E come gestire il successo? E quanto conta il numero dei nonviolenti, e quanto i simboli? Si puo' fare cattivo uso dei metodi nonviolenti? E questa lotta comporta sempre sofferenza? Esaminando molti casi storici reali, Nagler affronta questi problemi. Conta molto il fattore tempo, la costanza, la fecondita' lunga e paziente, piu' del pronto successo. Ma il successo delle lotte nonviolente c'e', e si documenta. C'e' anche il cattivo uso del successo, la regressione e lo scioglimento del movimento, perdendo dei risultati. Il numero dei nonviolenti in azione conta, ma di piu' la chiarezza e il fondamento: il potere e' interiore, non sta nella quantita'. I simboli contano, ma di piu' la concretezza dell'azione. La sofferenza accettata ed accolta, per amore e per maggiore giustizia, come l'offerta di se' compiuta da padre Kolbe ad Auschwitz per salvare un padre di famiglia, trasmette negli animi una potente forza reale. Anche il digiuno, purche' non sia coercitivo ma limpido, e' un mezzo forte di assunzione del dolore per affermare un fine giusto.

La nonviolenza "non e' un'assenza, ma una forza positiva". Essa ha un "potere integrativo", non deterrente, non potere di scambio. Cioe', vuole riguadagnare l'avversario all'unita' umana che lui, con la violenza e l'ingiustizia, ha perso di vista. Controllare le proprie tendenze divisive, come la paura, la rabbia, l'odio, il disprezzo, non e' reprimerle, ma disciplinarle e guidarle, trasformando la separazione tra l'avversario e noi in ricerca concreta per fini umani concreti comuni: la vita degna anzitutto.

Di solito, la malainformazione sui conflitti esaspera i fattori di divisione in modo ultrasemplicistico, eliminatorio delle possibilita' di vita. I contendenti possono restare vittime di questa loro cattiva rappresentazione, e dare il peggio di se' nella violenza e nella comune sconfitta umana. Invece, l'emotivita' del conflitto e della posta in gioco, quanto piu' e' alta, e' una forza positiva, che va impiegata a superare l'alternativa assoluta, eliminatoria, cercando di procedere oltre, allargando lo sguardo a tutti i fattori e soggetti in gioco, e a fini universali, meno angusti e strozzati di una vittoria assai costosa. Nessuno dice che sia facile, ma e' possibile, come i molti casi storici citati incoraggiano a riconoscere.

Questo non e' un manuale che fornisca tecniche immediatamente pratiche, ma una guida concreta sui fondamenti qualitativi dell'azione, non meno pratici. Per conoscere ed elaborare ulteriormente le tecniche ci sono ottimi lavori, da Capitini a Sharp, a Muller, a Patfoort. Il taglio del libro, dice l'Autore, vuole condurre ad azioni costruttive, piu' che soltanto "ostruttive", come sono state le "rivoluzioni colorate" e le "primavere arabe". E' possibile che tecniche nonviolente siano usate o strumentalizzate per fini di dominio, violenti. Ma ogni tentativo davvero nonviolento, nei fini come nei mezzi, e' un seme che puo' tornare a germogliare.

Il volume e' introdotto da una lunga approfondita prefazione di Nanni Salio sui concetti, sulle metodologie di analisi dei conflitti per la loro trasformazione nonviolenta, sugli scenari oggi possibili in cui promuovere la nonviolenza, vero "varco attuale della storia" (Capitini).

 

8. CINEMA. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "TORNERANNO I PRATI" DI ERMANNO OLMI

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 18 novembre 2014]

 

L'appuntamento e' per domani, quando i prati e il larice rifioriranno, il coniglio e la volpe correranno senza paura sui loro monti, e gli uomini torneranno alla casa da cui sono stati strappati, come schiavi deportati. Ma oggi siamo chiusi in una trincea, simile a una tomba, sotto il gelo, e abbiamo solo pertugi per guardare la bella natura, la' fuori, minacciata come noi, e per spiare il pericolo mortale, nel nemico e nelle bombe. La' fuori, soltanto la solenne bellezza delle montagne, nella bellissima fotografia, a celebrare e ammonire sulla perpetuita' della vita.

Preceduto da molta attesa, nel crescente clima del centenario della prima guerra mondiale, il film di Ermanno Olmi, vecchio singolare maestro del cinema, Torneranno i prati, accolto da un applauso al primo spettacolo nel cinema Romano, ti lascia nell'immediato col giudizio sospeso. E' naturale: non vuole trascinare, ma indurre a sentire, a pensare. E' lento e solenne, come una alta liturgia funebre, in una piccola comunita' assediata, nella quale pero' pulsa l'intera tragedia e l'attesa dell'umanita'. Infinito e' il rispetto per questi uomini, comandati a stare sul ciglio dell'abisso. La morte miete tra loro. L'unica cosa viva, come l'erba futura, e' la loro solidarieta', l'umanita' restituita sotto i gradi strappati via dalla divisa. Arrivano ordini criminali, ma l'unica regola valida e' aiutarsi a sopravvivere, fino all'uscita dall'inferno. Un altro pertugio dalla tomba sono le lettere, quando arrivano, quando si puo' scrivere alla madre.

"Sara' difficile perdonare" tutto questo. Sara' necessario - e' suggerito tacitamente allo spettatore - non limitarsi a maledire la guerra ma costruire i rapporti umani, anche nelle divergenze e conflitti, con l'arte dell'amore intelligente per la vita, non con la folle scorciatoia senza uscita della morte.

Liturgia significa azione pubblica, come dev'essere la politica, atto di popolo. Il piccolo popolo della trincea sotto la neve agisce cosi' per tutti noi.

 

9. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: TODOS SOMOS AMERICANOS

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 22 dicembre 2014]

 

Un presidente degli Stati Uniti d'America (del nord) che dice "Todos somos americanos", fa accadere qualcosa, apre un decisivo confine. Il nome "americano" diventa grande come l'America. I nomi sono destini, le parole sono annunciazioni di realta'. Finora, America era nome sequestrato dal solo nord, di cui il sud era il "cortile di casa", come pretesero altri presidenti settentrionali, dal 1823 alla "Alleanza per il progresso", e oltre. Ma il continente che, unico nel mondo, congiunge le zone polari sia del nord che del sud, come una vocazione alta di unita', si chiama tutto America, da quando, cinque secoli fa, il cartografo M. Waldseemueller lo chiamo' cosi' in onore di Amerigo Vespucci, che ne percorse le coste meridionali.

I confini sono, come noi persone con un corpo definito nello spazio, in bilico tra aprirsi e chiudersi. Vuol dire che li' due realta' territoriali, abitate e animate, finiscono insieme: con-finiscono. Una diventa l'altra. Possono chiudersi in se' oppure porsi contro. Possono toccarsi comunicando. Le identita' impaurite e imperiose chiudono. Le identita' consapevoli dell'universale aprono. Le regioni della terra piu' ricche di vita e di futuro sono i confini.

Siamo tutti americani, vuol dire che i confini sono chiamati ad essere contatti: l'America anglofona (ma sempre piu' polifona) e l'America che parla ispano-portoghese cominciano ad ascoltarsi, tramite l'istmo e le isole che fanno da ponte. Sono chiuse nel passato le invasioni militari e le batterie di missili pronte a uccidere il mondo. Gli uomini che sognarono quel continente intero di pace e convivenza, con i nativi, con i figli degli schiavi riconosciuti cittadini, ricominciano a sognare, nonostante che il passato pesi ancora sul presente, nei duri confini interni razziali.

La storia umana sulla terra e' sempre sospesa, tra il coraggio del vivere insieme sull'unica terra, citta' umana di case umane, e il blocco sterile su di se', fuori dal cammino comune.

I nostri confini italiani sono quelli entro l'unica Europa, aperti ma ancora ingombri di rottami del passato insanguinato e angusto, ma sono anche il Mediterraneo, percorso in andata dalle armi del colonialismo, e ora, di ritorno, dai migranti coraggiosi superstiti, che prefigurano la nuova cosmopoli.

 

10. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: SALVARE LE VITE

[Dal sito www.azionenonviolenta.it riprendiamo il seguente intervento di Enrico Peyretti del 28 dicembre 2014]

 

Tre navi militari salvano i migranti nel Mediterraneo disobbedendo al governo e all'Europa.

Questi impongono per legge Frontex di non andare oltre le 30 miglia. Al di la' di questa frontiera i migranti devono essere lasciati annegare. Si arrangino. E' vietato andare a salvarli, per soraggiarli dal tentativo di vivere meglio (cio' che noi facciamo sempre, accanitamente). Ma c'e' una legge sopra le loro leggi: la legge di Antigone contro quella di Creonte; la legge non scritta sulla carta, ma scritta nell'anima umana, la "legge del mare", antica come l'umanita', che obbliga a salvare dalle acque gli esseri umani, sia amici che nemici.

Evviva quelle tre navi militari disobbedienti! Invece di sparare e affondare, cioe' uccidere, scopo per il quale sono costruite, pagate dal nostro stato, cioe' da noi, questa volta le navi armate, disobbedendo alle leggi armate, salvano vite umane, vite che valgono come la tua e la mia, persino come quella di chi tradisce le leggi umane con le leggi disumane.

Evviva i militari umani delle navi militari disumane, che pero' agiscono per la pace e la giustizia, non per la guerra! Ecco una vera "rivoluzione copernicana"!

Viva questa Italia disobbediente, cioe' obbediente!

 

11. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA" DEL 2 OTTOBRE

 

Occorre fare del 2 ottobre una manifestazione mondiale contro tutte le guerre e contro tutte le uccisioni.

La Giornata internazionale della nonviolenza, indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di Gandhi, e' infatti la migliore delle occasioni per far emergere nitida e forte la volonta' dell'umanita' cosciente che chiede pace, disarmo, smilitarizzazione, democrazia, giustizia, solidarieta', rispetto della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, tutela dell'unico mondo vivente casa comune dell'umanita'.

La nonviolenza ci convoca ad assumerci le nostre responsabilita'.

In ogni citta', in ogni paese, in ogni consesso civile, in ogni scuola, il 2 ottobre si celebri la Giornata internazionale della nonviolenza.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

12. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"

[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

13. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" DEL 25 NOVEMBRE

 

Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".

Ovunque si realizzino iniziative.

Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.

Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.

Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le altre violenze.

 

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 336 del 13 settembre 2015

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