[Nonviolenza] Ogni vittima ha il volto di Abele. 85



 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Numero 85 dell'8 ottobre 2014

 

In questo numero:

1. Oggi la riunione del "Tavolo per la pace" di Viterbo

2. Il 19 ottobre 2014 la marcia della pace Perugia-Assisi

3. Alcune prime impressioni (dopo la marcia Perugia-Assisi del 24 settembre 2000)

4. La marcia Perugia-Assisi e' Aldo Capitini vivente (per la marcia Perugia-Assisi del 14 ottobre 2001)

5. Ora tutti alla Perugia-Assisi (del 14 ottobre 2001)

6. Sette tesi dopo la marcia Perugia-Assisi (del 14 ottobre 2001)

7. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"

 

1. INCONTRI. L'8 OTTOBRE RIUNIONE DEL "TAVOLO PER LA PACE" DI VITERBO

 

Si svolge oggi, mercoledi' 8 ottobre, con inizio alle ore 17,15, presso il Palazzetto della Creativita' in via Carlo Cattaneo 9 (sito nell'area del complesso scolastico degli istituti comprensivi Canevari e Vanni), la riunione del "Tavolo per la pace" di Viterbo.

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Per ogni comunicazione il punto di riferimento e' Pigi Moncelsi: tel. 0761348590, cell. 3384613540, e-mail: pmoncelsi at comune.viterbo.it

 

2. INIZIATIVE. IL 19 OTTOBRE 2014 LA MARCIA DELLA PACE PERUGIA-ASSISI

 

Si svolge domenica 19 ottobre la marcia della pace Perugia-Assisi.

E' la piu' importante mobilitazione pacifista in Italia.

Occorre promuovere la piu' ampia partecipazione.

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Contro tutte le guerre e le uccisioni.

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

3. REPETITA IUVANT. ALCUNE PRIME IMPRESSIONI (DOPO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI DEL 24 SETTEMBRE 2000)

 

Offriamo queste prime impressioni cosi' come sgorgano, quindi con quanto vi e' di detrito e di non decantato, di ribollente e di non ancora composto, con quanto vi e' di impreciso e di inadeguato, di contraddittorio e di incerto; e di forzatura, fors'anche jacoponica. Nei prossimi giorni sistematizzeremo meglio temi e questioni, e cercheremo di tradurre emozioni ed enigmi in discorso e progetto; per oggi, solo per oggi, ci si consenta ancora di scrivere cosi': d'impeto e per immagini. Ma anche questo va problematizzato.

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Il cammino come interrogazione

Una esperienza cosi' intensa e aggettante, e di tanto dirompente novita' come la marcia per la nonviolenza del 24 settembre suscita una miriade di domande che ci sembra necessario ed urgente proporre alla discussione. Con questo foglio cercheremo di articolarle e porle all'attenzione delle persone che dalla proposta teorica e pratica della nonviolenza si sentono interpellate.

Sappiamo bene - troppi amano ripetercelo, cui forse sarebbe di sollievo rileggere Seneca - che ognuno di noi ha poco tempo (o ama dire cosi': se poi si andasse a vedere come sovente ce lo lasciamo usurare, il nostro povero tempo, quale tristezza), ma il tempo e' il tempo vissuto (Minkowski, certo), e la riflessione non e' mai tempo perso, ma tempo guadagnato, riscattato dagli abissi dell'inautenticita', della noia e della solitudine.

E la marcia per la nonviolenza cominciata il 24 settembre pone domande cosi' ime e cruciali che eluderle o sottovalutarle non e' cosa da persone, se non di alto sentire, almeno di tenace concetto.

Vorremmo oggi qui cominciare a tematizzare un primo blocco di questioni, di sensazioni, di suggestioni che dalla marcia si irradiano, che proseguono la marcia. Ma anche questo va problematizzato.

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Percezioni

In primo luogo va detto che si e' trattato di un'esperienza peculiare e irriducibile: altra e nuova rispetto alle marce per la pace degli scorsi anni (che pure sono care al nostro cuore, esperienze dense e di vaglia). Nella nostra personale percezione essa ha avuto la freschezza ed il pathos di quella del 1981, quando un movimento nuovo e per cosi' dire sorgivo nasceva ad opporsi alla "condizione atomica" (Anders), a tutti i missili ed all'equilibrio/squilibrio del terrore allora instante. La marcia che fu espressione di quel movimento cui diedero voce Ernesto Balducci (l'apertura del memorabile convegno di "Testimonianze"), Heinrich Boell (il magnifico discorso del 10 ottobre '81 a Bonn), maestri e compagni che molto ci mancano.

Gli amici ancor piu' anziani ci hanno detto che nella loro percezione hanno riassaporato un sorso di luce antica, quella della marcia del 1961, la marcia di Aldo Capitini.

E cosi' e' stato: si e' trattato di una novita' grande, che come tutte le rotture, le irruzioni del nuovo, reca anche un ritorno alle radici, ed alla radicalita', un ritrovarsi tratti dal vento della storia guardando al passato (certo, l'angelus novus di Benjamin). E anche: un andare altrove tornando sui propri passi. Ma anche questo va problematizzato.

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Non scherziamo

Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco tanto grossolano quanto dispiacevole: non ha avuto, la marcia del 24 settembre, alcun intento di polemica nei confronti di persone o strutture altrimenti impegnate per la pace (nei cui confronti c'e' piuttosto un atteggiamento di sollecitudine e ascolto ed affetto da parte degli amici della nonviolenza; che proprio mentre rivendicano il dovere di essere chiari nell'affermare la necessita' di una posizione limpida e persuasa, rigorosa sotto il profilo intellettuale e morale, si sentono tenuti alla discussione franca e fraterna con chi impegnandosi per la pace ha tuttavia visioni e propugna tesi che ad essi paiono piu' opache ed infine incondivisibili); non ha avuto la marcia velleita' comparative ed esibizionistiche (c'e' talmente tanto da fare per gli amici della nonviolenza, che per l'idiozia di pavoneggiarsi mancherebbe anche il tempo); ma non e' stata neppure un atto di orgoglio autoreferenziale (che sarebbe ridicolo: la nonviolenza non si da' in solitudine, essa puo' esistere solo nel vivo del conflitto, e la marcia serviva da verifica ed accumulo di forze, un riconoscimento reciproco che a tutti desse slancio alle lotte che tutti ci attendono). Essa e' stata piuttosto un momento di disvelamento e apertura; e davvero, con le parole di Aldo Capitini che Norberto Bobbio scrivendo da Torino e Pietro Pinna scrivendo da Firenze nei loro messaggi hanno ripetuto all'unisono, l'epifania della nonviolenza quale "varco attuale della storia". Ma anche questo va problematizzato.

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Un fatto politico

Un fatto politico nuovo e sorprendente: e ne e' stato segno incisivo il fatto che forse per la prima volta ad una marcia da Perugia ad Assisi sono venuti non gli affiliati a questa e quella organizzazione pur nobilissima; non i militanti di altro (partito o associazione o istituzione o movimento che sia) per fedelta' a quell'altro pur degno ai lor occhi di affiliazione o fin dedizione; no, non cosi' son convenuti i marciatori del 24 settembre: ma come persone, semplici persone intrinsecamente persuase, non organizzate, non inquadrate, non incasellate; persone che avevano scelto, ognuno per suo conto, ed ognuno per quel preciso motivo, di marciare per la nonviolenza. Tanti singoli (la categoria kierkegaardiana), unici, originali ed irripetibili "centri di nonviolenza", poiche' ogni essere umano e' un centro di nonviolenza, cosi' come ogni luogo e' il centro del mondo (la visione di Alce Nero, certo), ed ognuno deve sentirsi responsabile di tutto (don Milani nella lettera ai giudici, si').

Un fatto politico cruciale e aggettante: e' stata, finalmente, la prima vera risposta della societa' civile italiana alla guerra dello scorso anno: abbiamo finalmente affrontato la visione della Medusa, e non ne siamo stati pietrificati; abbiamo saputo affrontare il trauma profondo e la sfida terribile che quella vicenda ci ha folgorato dentro: e non ne siamo stati spezzati; abbiamo saputo trovare la parola e le gambe e il progetto da contrapporre a quella catastrofe; la parola, le gambe, il progetto che si chiamano: alternativa nonviolenta, azione nonviolenta, rivoluzione nonviolenta.

Vorremmo sottolinearlo: la parola, le gambe, il progetto che si chiamano: alternativa nonviolenta, azione nonviolenta, rivoluzione nonviolenta. Ma anche questo va problematizzato.

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Si', un fatto politico

Un fatto politico in forma di salto e di intensificazione e' stata la marcia: la nonviolenza si propone come alternativa, senza subalternita', senza soggiacenze, senza compromessi, nella sua radicalita' rivoluzionaria, nella sua affermazione del sinolo che lega mezzi e fini, nel suo agire la dignita' e la liberazione nel corso stesso della lotta, nel suo affermare l'eguaglianza gia' nel momento della deliberazione e dell'azione per l'eguaglianza.

Nel suo porsi non solo come chenosi, ma come forza: la nonviolenza del forte di cui diceva Gandhi, la nonviolenza che si oppone alla violenza per sconfiggerla; la nonviolenza che e' azione efficiente, che e' lotta incessante; che non e'  fuga, che non e' astensione, che non e' vilta'; ma che e' conflitto, forza che si dispiega, trasformazione della realta'.

Ma questo porsi della nonviolenza come nuovo e decisivo asse dell'agire politico e' ad un tempo rottura di compromessi e mistificazioni, cesura rispetto a non innocenti astrattezze ed ambigui oltre che astratti furori, ed equilibrismi penosi e inceppanti.

Rottura, salto qualitativo e soluzione di continuita', ed insieme recupero e rivendicazione ed intensificazione di tutte le pregresse esperienze dei movimenti impegnati per la pace e la dignita' umana.

E' proposta non di rinuncia ma di metanoia, di tutto salvare trasformando tutto, di tutto rileggere e rivivificare alla luce della "adesione alla verita'" (il satyagraha di Gandhi, nell'etimo, una delle tante profonde accezioni e suggestioni del suo vasto campo semantico), di riaprire tutte le possibilita' creando appunto un varco, finalmente, ad una storia qualitativamente altra; il programma enunciato da Marx: "uscire dalla preistoria dell'umanita'". Ed uscirvi subito, costruendo qui e adesso forme di lotta e di convivenza che non rinviino ma affermino subito, prefigurino qui, nel nostro agire, nelle nostre relazioni, una umanita' liberata, una umanita' liberante, una umanita' che si libera. Vi è un testo di Franco Fortini in cui questo e' detto magnificamente, nel suo linguaggio lui chiama questo: comunismo; per chi scrive queste righe comunismo nel senso in cui ne dice Fortini, nonviolenza nel senso in cui ne dice Capitini, liberazione nel senso di Gutierrez e Dussel e Lidia Menapace, sono termini equivalenti. Ma anche questo va problematizzato.

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Un fatto politico: la proposta di obiettivi chiari

Un fatto politico e' stata la marcia, la proposta di obiettivi netti, pratici, verificabili: se si vuole contrastare la guerra, che e' sempre omicidio di massa, che e' sempre il crimine piu' vasto e pervasivo, occorre hic et nunc contrastarne, fino a cancellarli, gli strumenti, gli apparati, le ideologie, le scaturigini, le complicita'.

E dunque: l'opposizione integrale e intransigente alla guerra e ai suoi istituti ed utensili, alle concrezioni di ingiustizia, alle ideologia dell'alienazione; in sintesi: la lotta contro la morte, di cui pochi seppero dir netto come Elias Canetti.

E dunque: i punti proposti dall'appello sottoscritto dai Nobel per la Pace; e dunque: la lotta qui e adesso contro gli eserciti e contro le armi, contro ogni potere che opprime (e comunque esso si mascheri), contro la violenza sempre. Ma anche questo va problematizzato.

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Un momento di chiarificazione. Interiore

Di chiarificazione interiore, innanzitutto: la nonviolenza ti convoca ad essere trasparente a te stesso, a sostenere la visione del tuo intimo abisso, la pagliuzza e la trave, a coglierti nel groviglio delle ragioni e delle emozioni, e delle pulsioni e delle razionalizzazioni: riconoscendo quel che vi e' di alienato e di opaco entro te, prendendoti cura di te, invigilando te stesso, divenendoti amico; cogliere ed affrontare la violenza che e' dentro di noi e che occorre saper riconoscere, elaborare e vincere nella lotta interiore, nello sforzo di autocostruzione ed illimpidimento in cui consiste il fondamento ultimo della civilta', la capacita' di far prevalere il principio dell'amore sul cupio dissolvi; di contrastare nelle viscere proprie la morte, l'inerte, la denegazione della compresenza altrui, la divorazione del mondo. La marcia e' stata anche questo. Ma anche questo va problematizzato.

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Un momento di chiarificazione. Reciproca

Di chiarificazione reciproca: l'interlocuzione intensa e diffusa tra i partecipanti, il non marciare per cordoni serrati (residuo di cultura militare) ma in osmosi con la marcia tutta, il porre e porsi le domande che richiedono tempo e cammino e stanchezza e prossimita' per essere dette.

Con le difficolta' che questo implica, con le smagliature inevitabili: noi siamo ancora inadeguati a noi stessi, ma in questo processo asintotico occorre ingaggiarsi, volere l'incontro e' gia' l'incontro, sapersi guardare e ascoltare e' gia' lottare insieme. Ma anche questo va problematizzato.

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Un momento di chiarificazione. Scilicet: un appello all'esterno

Di appello all'esterno della marcia, che e' stata anche una voce che chiama, non una postura monumentale, ma un movimento di rivolgimento amoroso, un itinerario di ricerca.

Di superamento di incomprensioni e astrazioni e mistificazioni: un superamento verso il concreto: aufhebung (se ancora si potesse utilizzare senza imbarazzo questa parola hegeliana tante volte evocata ed equivocata: quell'oltrepassare che e' insieme un togliere e un salvare, un negare la necessaria negazione della necessaria posizione ed insieme l'inveramento dell'una e dell'altra); dall'alienazione all'autocoscienza, dalla subalternita' all'autonomia, dall'apatia alla resistenza, dalla rassegnazione alla lotta. Ma anche questo va problematizzato.

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Una proposta e un appello

La marcia per la nonviolenza del 24 settembre e' stata una proposta e un appello a tutto il movimento plurale ecologista, femminista, pacifista, solidale; antiautoritario, antiriduzionista, antidogmatico; alternativo, meticcio. Il policromo mosaico di chi si oppone al "disordine costituito" (Mounier) e lotta per la dignita' di ogni essere umano e dell'umanita' intera (comprese le generazioni passate, comprese le generazioni future: giacche' impedire la distruzione della biosfera significa impedire che si vanifichi l'impegno costruttivo di civilta', di umanizzazione, di tutti gli esseri umani gia' esistiti; e significa altresi' consentire alle generazioni future di poter esistere).

Una proposta e un appello al movimento plurale di liberazione e solidarieta'; ed oltre: a tutte le persone di volonta' buona; la proposta e l'appello di resistere alla violenza e all'ingiustizia nel modo piu' tenace e rigoroso, tutto della violenza ripudiando, tutto dell'ingiustizia contrastando, degnificando se' ed altrui nel vivo della lotta, rompendo la complicita', facendo seminagione di speranza: principio speranza ed utopia concreta e ortopedia del camminare eretti, rispondendo al muto volto sofferente ed enigmatico dell'altro da te che ti interroga, principio responsabilita' (certo: le etichette delle buone farmacie di Ernst Bloch, Emmanuel Levinas, Hans Jonas).

La marcia e' stata un'esperienza interiore condivisa, parola di pane e pellegrinaggio alle sorgenti, cammino da farsi col farlo dacche' prima che tu t'incamminassi esso non esisteva neppure ed e' col tuo andare che verifichi e dunque fai vero il mondo; e un convenire all'assemblea; e un esodo che comincia.

La proposta formulata da Pietro Pinna di una marcia non genericamente per la pace ma specifica per la nonviolenza ha avuto il pregio di essere limpida, e la risposta e' stata corale; la nonviolenza e' in cammino, e piacerebbe qui scrivere di essa cio' che ebbe a scrivere della verita' il vecchio Zola (nella sua generosa illusione umanitaria e positivistica): essa e' in marcia, e nulla potra' fermarla. Ma anche questo va problematizzato.

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Alcuni aspetti pratici. Le tappe che aggregano

Hanno favorito il sorprendente e financo fervoroso esito della marcia anche alcune scelte organizzative acute, ed alcune favorevoli circostanze.

L'efficacia della suddivisione del percorso in tappe: dalla partenza da Perugia all'arrivo a S. Maria degli Angeli, il percorso e' stato scandito da tre soste: a Ponte S. Giovanni, ove hanno preso la parola padre Angelo Cavagna ed una rappresentante del popolo kurdo - una testimonianza indimenticabile, che ripubblicheremo anche noi nei prossimi giorni riprendendola dal sito di "Carta" in cui e' gia' apparsa -; ad Ospedalicchio, con l'intervento della Lega Obiettori di Coscienza e delle Donne in Nero; a Bastia, con gli interventi di Alberto L'Abate, di Silvano Tartarini, della Campagna Kossovo e della Rete di Lilliput. Una scansione certo favorita dal raccoglimento interiore e da quella sua proiezione esteriore che e' stata la possibilita' di riunificare a piu' riprese tutta la marcia in un sol luogo lungo il percorso: essere stati poche migliaia di persone ha permesso che tutti potessero riunirsi ripetutamente in una medesima piazza ed ascoltare li' le parole che per tutti venivano dette volta a volta dai comuni portavoce per offrir nuovo alimento alla comune meditazione ed interlocuzione, ed ha permesso che la marcia non si sfilacciasse, che tutti si restasse una sola marcia e non tanti spezzoni distinti, distanti ed incomunicanti come sovente accade quando il numero e' maggiore e l'organizzazione frammentata.

Farsi carico di tutti, attendere gli stanchi: anche questo e' un segno. Avere molte voci, fermarsi alla fontana, dirsi la pena dei giorni e raccontarsi i sogni e dar loro vita nel cerchio fraterno dell'ascolto reciproco: anche questo e' un segno. Ed anche questo va problematizzato.

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Alcuni aspetti pratici. Saper concludere bene un incontro

L'efficacia della conclusione alla Porziuncola (laddove la scalata ad Assisi ed alla Rocca, di suggestione certo sublime, tradizionalmente disgrega la marcia in filamenti e depriva i piu' stanchi della convergenza o comunione finale), e di una conclusione non routinaria, ma vivace e partecipata.

Gli interventi conclusivi di Mao Valpiana e Luciano Benini, di Beppe Marasso e Sandro Canestrini, e la travolgente omiletica di padre Alex Zanotelli; e tra essi la lettura delle lettere di Norberto Bobbio e Pietro Pinna, e Imagine di John Lennon e la preghiera semplice francescana, e quella bandiera che la buona, la mite, la nobile Luisa Schippa ha recato alla marcia, che era la bandiera che Aldo Capitini trasse quel 24 settembre di quarant'anni fa, hanno saputo restituire fragrante il senso del percorso fatto (e del tempo frugifero trascorso: l'albero dei giorni, per dirla con Enrico Peyretti) ed aprire la via al percorso da fare, che e' quello piu' impervio e decisivo che tutti ci attende.

La scelta di non concludere con la solita narcosi festaiola (il bieco succedaneo delle discoteche che da anni le manifestazioni anche le piu' militanti ci ammanniscono) ma di proporre un'ora di incontro senza clamore tra i partecipanti, senza megafoni o colonne sonore ma interloquendo a tu per tu, e' stato l'ultimo segno forte di una giornata ricca di emblemi preziosi.

Non e' questo il luogo per commentare i discorsi tenuti e le lettere lette, di alcuni di essi, quelli che riusciremo a procurarci, daremo direttamente il testo integrale in questo foglio; ma non puo' sottacersi il vigore profetico del dire di Alessandro Zanotelli, con quel suo parlare antiretorico, quel suo dir chiaro e forte cio' contro cui e' da lottare, quel suo interrogare e suscitare ad un tempo. La nonviolenza come concentrazione e come apertura vi ha trovato espressione piena. Ma anche questo va problematizzato.

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Envoi

La marcia e' appena cominciata. La nonviolenza e' in cammino.

Ma anche questo va problematizzato, tu dici? Si', anche questo, perche' anche questo problematizzare e' fare cammino, anche questo e' parte della marcia per la nonviolenza, anche questo e' la nonviolenza in marcia.

 

4. REPETITA IUVANT. LA MARCIA PERUGIA-ASSISI E' ALDO CAPITINI VIVENTE (PER LA MARCIA PERUGIA-ASSISI DEL 14 OTTOBRE 2001)

 

Noi saremo alla Perugia-Assisi.

Anche se la piattaforma proposta dalla Tavola della Pace puo' presentare debolezze, reticenze ed ambiguita' per noi inammissibili. Noi saremo alla marcia.

In silenzio, senza bandiere, in angoscia per le sorti dell'umanita', ed insieme sereni e persuasi nel continuare in cio' che e' giusto: affermare la dignita' di tutti gli esseri umani, affermare che solo con la pace si costruisce la giustizia, e solo con la giustizia si costruisce la pace.

E' gia' accaduto in passato, e piu' volte, che la marcia superasse e sciogliesse e vincesse ogni ambiguita', ogni limite, ogni errore, ogni provocazione.

E' gia' accaduto in passato, e piu' volte, che la marcia cambiasse i partecipanti, che entratici ciascuno con le sue bandierine, le sue fisime, le sue furberie, i suoi distinguo, i suoi dubbi, si sono trovati poi tutti trasformati dall'armonia della campagna umbra, dalla visione luminosa della citta' di Francesco, dal comporsi in un medesimo tessuto della policromia e polifonia del popolo della pace in cammino, dal sentirsi in colloquio corale: dall'eredita' feconda di Aldo Capitini, dalla compresenza di Aldo Capitini.

Perche' la marcia e' Aldo Capitini vivente, la marcia e' la nonviolenza in cammino.

Che sia scritto o meno sui programmi, sui manifesti, sugli schermi televisivi, sulle delibere delle istituzioni, sui volantini e sugli striscioni, la marcia di Aldo Capitini e' la marcia contro tutte le guerre, contro tutti i terrori, contro tutte le violenze: e' la nonviolenza in cammino. Anche se i camminanti non lo sanno finche' non ci si trovano.

 

5. REPETITA IUVANT. ORA TUTTI ALLA PERUGIA-ASSISI (DEL 14 OTTOBRE 2001)

 

La marcia Perugia-Assisi di domenica 14 ottobre sara' prevedibilmente la piu' grande manifestazione per la pace che si terra' nel nostro paese in questo torno di tempo.

Ed occorre che essa sia veramente l'epifania, il manifestarsi di un popolo della pace in cammino lungo i sentieri della nonviolenza, lungo la pista aperta da Aldo Capitini quarant'anni fa: la nonviolenza, il varco attuale della storia.

Molti dei partecipanti avranno le idee confuse. Molte delle adesioni non saranno limpide. Le inadeguatezze del coordinamento che ha redatto l'appello di convocazione e promosso l'iniziativa sono note ed hanno gia' suscitato un dibattito vivacissimo (chi scrive queste righe e' stato tra i primi a segnalare ambiguita' e punti deboli gia' mesi fa, ben prima dell'orrore dell'11 settembre). Ma la marcia sara' la piu' grande manifestazione di opposizione alla guerra che fino ad oggi si e' riusciti a promuovere.

Ed essa sapra' essere un segnale che alla guerra e' necessario opporsi, e se e' necessario allora deve essere altresi' possibile. E se e' possibile, allora ne abbiamo il dovere oltre che il diritto.

La marcia col suo stesso svolgersi dira' il piu' grande, energico, netto no alla guerra: no alla guerra in corso, no a tutte le guerre ed a tutti i terrorismi (anche quelli che menano strage senza uso di eserciti con la mera violenza strutturale di un'economia che condanna alla morte decine di miglaiia di bambini ogni giorno).

E dalla marcia si ridiffondera' in tutto il nostro paese, almeno in tutto il nostro paese, un comune sentire: che se anche il governo, il parlamento ed il capo dello Stato hanno tradito la Costituzione, si sono collocati fuorilegge, si sono dichiarati ed hanno reso il nsotro paese complice dei terroristi e degli stragisti con l'aderire alla guerra voluta e scatenata dai terroristi, una guerra che il terrorismo assassino reduplica ed ingigantisce, ebbene, se anche chi siede ai vertici del nostro sistema istituzionale ha tradito la causa dell'umanita', quella causa e' ancora la buona causa, ed ha almeno in noi delle persone disposte a battersi per essa: la causa dell'umanita', la causa della pace, la causa del bene comune.

Cosicche' occorre che la partecipazione alla Perugia-Assisi sia grande; occorre che essa si svolga nella massima consapevolezza; occorre che nessun irresponsabile in cerca di pubblicita' (sia esso un giovinetto invasato o un cinico ex-governante) provochi incidenti o scelleraggini; occorre che la marcia con il suo stesso svolgersi lanci un appello: la pace e' possibile, la guerra puo' essere fermata: ognuno e' responsabile di tutto.

E dunque dalla marcia venga fortificato il movimento delle persone di volonta' buona determinate a contrastare la guerra con la nonviolenza, e dal giorno successivo in tutta Italia si lavori a preparare e realizzare azioni concrete di contrasto al terrore e alle stragi, azioni concrete per la legalita' e la dignita' umana, azioni concrete di nonviolenza, di verita', di giustizia, di solidarieta':

- azioni dirette nonviolente contro la guerra, per la legalita' e la dignita' umana;

- disobbedienza civile di massa contro la guerra, per la legalita' e la dignita' umana;

- sciopero generale contro la guerra, per la legalita' e la dignita' umana.

 

6. REPETITA IUVANT. SETTE TESI DOPO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI (DEL 14 OTTOBRE 2001)

 

La marcia Perugia-Assisi del 14 ottobre 2001 e' stata la piu' grande epifania della pace, la piu' grande manifestazione contro la guerra, il terrore e l'uccidere che si sia data nel mondo in questi tragici mesi dopo l'orrore dell'11 settembre e gli orrori a quell'orrore seguiti ed in corso.

1. Si illudevano taluni che della marcia di Aldo Capitini si potesse fare un uso improprio, si potesse farne bottino e mercimonio.

Invece essa e' stata, ancora una volta, il luogo visibile e veggente dell'impegno per la pace il piu' nitido ed intransigente, la nonviolenza in cammino.

2. Lo sanno quelli che quei ventiquattro chilometri sono ormai anni o decenni che se li camminano davvero: si puo' entrare nella marcia con mille riserve mentali, imbevuti di radicati pregiudizi e diffidenze reciproche.

Ma la marcia ti chiama e ti scioglie il cuore indurito. Ed anche chi vi entra con duplice intento ne esce con animo perturbato e commosso.

Anche e forse soprattutto questo e' la marcia della pace: un cammino interiore di meditazione e di riconoscimento di umanita'.

3. Continueranno, coloro che hanno voluto la guerra e dieci e due anni fa ed oggi ancora, a mentire a se stessi e ai mass-media, continueranno.

E come loro, insieme a loro, continueranno, coloro che riproducono nel loro agire autoritarismo, militarismo e maschilismo fascista (sono esempi di modi di pensare e di agire fascisti le gesta e le parole di molti leaderini - anche in tuta e in tonaca - del  movimento cosiddetto "antiglobalizzazione"), continueranno, si', ad adorare in pubblico o in privato la violenza (i piu' ipocriti: la violenza "levatrice"), e la menzogna, come sola forma di comunicazione che conoscono, riconoscono e ammirano e venerano; continueranno.

Ma la loro menzogna, la loro violenza, cadono smascherate a fronte della nonviolenza e della nonmenzogna: e la marcia, ancora una volta, e' stata la marcia di migliaia, forse di centinaia di migliaia di donne e di uomini di volonta' buona che non si riconoscono nei maneggi e nelle doppiezze dei sepolcri imbiancati.

4. La marcia per la pace e' stata la prima grande risposta dell'umanita' alle stragi terroriste. Alle stragi terroriste commesse da gruppi della criminalita' organizzata, ed a quelle commesse da eserciti statali.

Essa ripudia tutte le stragi, tutte le guerre, tutte le uccisioni.

Essa rivendica la comune umanita' di tutti gli esseri umani.

5. La marcia della pace e' la nonviolenza in cammino.

E dunque: la marcia e' solo cominciata; l'opposizione alla guerra e al terrore, all'ingiustizia globale, questa opposizione e' oggi piu' limpida e piu' forte.

6. E dunque al lavoro.

Agiamo per fermare la guerra, per difendere il diritto internazionale e la legalita' costituzionale, per salvare le vite umane delle persone bersaglio dei bombardamenti in corso.

Ed agiamo con la nonviolenza, con la scelta della nonviolenza, la limpidezza della nonviolenza, la forza della nonviolenza.

Subito, adesso, occorre imporre a chi governa e rappresenta il nostro paese di recedere dal crimine commesso con la deliberazione parlamentare che aderendo alla guerra ha violato la Costituzione ed ha collocato fuori della legge governo, parlamento e capo dello Stato.

L'Italia torni alla legalita', e si adoperi per la pace, subito.

7. Per ottenere questo, con la scelta della nonviolenza, per la pace e la legalita', proponiamo di preparare ed organizzare: l'azione diretta nonviolenta; la disobbedienza civile; lo sciopero generale.

 

7. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"

[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Numero 85 dell'8 ottobre 2014