Coi piedi per terra. 770
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- Date: Sat, 11 May 2013 10:23:51 +0200 (CEST)
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 770 dell'11 maggio 2013
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di dicembre 2001 (parte terza e conclusiva)
2. Una legge per la legalita', per la sicurezza pubblica, per la difesa dei diritti di tutti
3. La scelta di Gobetti
4. Le chincaglierie del dottor Bucefalo
5. Il genocidio in corso
6. Alcune note per un incontro sull'immigrazione e il razzismo in Italia
7. Piccoli sillogismi senza importanza
8. Una sottovalutazione
9. Alcuni equivoci
10. La morte di un poeta
11. Alla fermata dell'autobus
12. Sulla dialettica
13. Giornalismo
14. Buone feste
15. Alcune facili e amare considerazioni
16. Un quarto di fiele e tenga pure il resto
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI DICEMBRE 2001 (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di dicembre 2001.
2. UNA LEGGE PER LA LEGALITA', PER LA SICUREZZA PUBBLICA, PER LA DIFESA DEI DIRITTI DI TUTTI
La proposta di legge per la formazione e l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza intende mettere le risorse della nonviolenza a disposizione degli operatori pubblici investiti dell'importante e delicatissima funzione di garantire la sicurezza pubblica, far rispettare la legalita', contrastare il crimine, difendere i diritti di tutti.
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha formulato questa proposta da anni, ma solo da alcuni mesi ha trovato un ascolto crescente sia da parte della societa' civile sia da parte delle istituzioni.
Da alcune settimane la proposta di legge, dopo una riflessione preliminare che ha coinvolto centinaia di istituzioni, associazioni e personalita' (tra cui vari rappresentanti delle associazioni del personale delle forze dell'ordine), e' stata presentata in Senato. E presto verra' presentata anche alla Camera dei Deputati. Tra i parlamentari che hanno espresso sostegno alla proposta vi sono molte decine di senatori e deputati di diversi schieramenti politici, di maggioranza come di opposizione.
La proposta, che aspira a tradursi in legge con un consenso assai ampio del parlamento, ha delle finalita' precise ed inequivocabili, che potremmo riassumere cosi':
- e' una proposta per la legalita', per la sicurezza pubblica, per la difesa dei diritti di tutti;
- e' una proposta naturalmente non sostitutiva di altre parti del percorso formativo delle forze dell'ordine, ma integrativa ed assai arricchente per tutto il personale preposto all'ordine pubblico;
- e' una proposta che rafforza le istituzioni e la democrazia, che invera quanto disposto dalla Costituzione della Repubblica Italiana e dalle fondamentali norme vigenti in materia di ordine pubblico;
- e' una proposta che aiuta gli operatori di polizia nel loro compito istituzionale; una adeguata formazione e addestramento alla nonviolenza e' in grado di offrire un rilevante sostegno a vari livelli: da quello psicologico a quello tecnico, a quello operativo;
- e' una proposta che mette a disposizione delle istituzioni le grandi risorse della nonviolenza;
- e' una proposta coerente col dettato costituzionale, con la civilta' giuridica, con la piu' avanzata riflessione in materia educativa, formativa e addestrativa;
- e' una proposta aperta al confronto e al contributo di tutti;
- e' una proposta concreta, praticabile, ragionevole ed utile.
Vorremmo che questa proposta di legge venisse esaminata per quello che e', senza pregiudizi, senza travisamenti; e vorremmo che fosse l'occasione attraverso cui molti possano accostarsi alla nonviolenza, scoprirne gli immensi tesori e l'urgente necessita' di farla propria per poter adeguatamente contrastare la violenza che dilania e minaccia questo nostro unico mondo.
3. LA SCELTA DI GOBETTI
[Lo so che non si dovrebbe scrivere cosi']
La situazione, a me sembra, e' la seguente: la guerra in Afghanistan continua tuttora. Le forze armate italiane inviate cola' sono state poste sotto il comando americano. Il governo degli Usa ha detto che portera' guerra ovunque riterra' opportuno. E' prevedibile, ed il Ministro della Difesa italiano lo ha gia' dichiarato, che le forze armate italiane, alla stregua di mercenari, potranno presto essere impiegate in una nuova guerra di aggressione in Somalia, o altrove. La guerra, la fine del diritto, il terrorismo di stato che tutti gli altri terrorismi alimenta, il totalitarismo planetario. Oggi. Tutti gli imbonitori di questo mondo non potranno convincermi del contrario.
*
Vorrei proporre la seguente semplice tesi: che e' insufficiente che il movimento pacifista italiano si impegni nella solidarieta' ed assistenza alle vittime, pur necessaria; che e' insufficiente che il movimento pacifista italiano si impegni nella condivisione dei beni e del dolore, pur fondamentale; che e' insufficiente che il movimento pacifista italiano si eserciti nella riflessione e nella protesta, pur doverose.
Occorre, a me sembra, agire; un agire nonviolento, corale, democratico, per la pace e la legalita'; per la vita e per la dignita' umana, nostra e di tutti.
Ed in primo luogo qui e adesso mi pare che occorra revocare ogni delega politica e rappresentanza istituzionale a quanti hanno deciso o accettato la guerra, hanno messo a disposizione di essa le risorse pubbliche del nostro paese, hanno trascinato anche l'Italia nella fornace anziche' rispettare la legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico ed impegnarsi in difesa e a promozione della pace, del diritto internazionale, del fondamentale diritto umano che a tutti gli esseri umani va riconosciuto, che e' il diritto di vivere.
Occorre porre ancora e ancora la richiesta del ripristino della legalita' costituzionale; la richiesta della cessazione della guerra, e subito almeno della cessazione della partecipazione italiana e dell'avallo italiano alla guerra illegale e criminale.
Occorre porre la richiesta delle dimissioni del governo, dello scioglimento del parlamento, di nuove elezioni politiche.
Non saremo ascoltati? E' piu' grave non aver parlato che non essere ascoltati. E' della responsabilita' nostra che qui stiamo dicendo.
*
Occorre, a me sembra, continuare pure nella raccolta e nell'invio di aiuti alle vittime; continuare pure nelle iniziative simboliche ed autocentrate che evidenzino il nostro dolore e la nostra opposizione all'uccidere; continuare pure nelle pratiche educative, nella ricerca teorica, nella riflessione morale, nel fecondo e necessario dibattito sulle alternative possibili; nell'interlocuzione che convochi tutti a dialogo; nelle tante piccole iniziative che giorno per giorno indicano un mondo diverso come possibile ed iniziano a costruirlo.
Si', ma occorre anche ed innanzitutto uscire dalla subalternita', dalla delega, dall'accettazione dell'orrore presente fosse pure solo per passivita' o per omesso controllo.
Se non si ferma la guerra, se non si contrasta concretamente ed efficacemente e subito la guerra, tutto il resto rischia di essere inane, vano, futile, alibi, menzogna; di convertirsi, secondo il duro verso gongorino, "en tierra, en humo, en polvo, en sombra, en nada".
*
Occorre un'iniziativa ad un tempo giudiziaria e politica e morale.
Giudiziaria: perche' se si accetta la guerra, se si accetta la violazione della legalita' costituzionale, se si accetta il terrorismo (e sia pure di stato), poi si accettera' tutto e finisce la civilta' giuridica, finisce l'ordinamento democratico, finisce il civile convivere e condursi, e il crimine trionfa e l'annichilimento dell'umanita'; e dunque ancora una volta alla posizione irresponsabile della societa' degli apoti occorre contrapporre la scelta di Gobetti.
Politica: perche' sta a noi cittadini, con la forza e la limpidezza della nonviolenza, con le risorse del diritto e della democrazia, negare consenso e impunita' a chi ha rovesciato la Costituzione e trascinato l'Italia nel crimine piu' grande; e dunque ancora una volta alla posizione irresponsabile della societa' degli apoti occorre contrapporre la scelta di Gobetti.
Morale: perche' come potremo altrimenti guardarci negli occhi domani? e dunque ancora una volta alla posizione irresponsabile della societa' degli apoti occorre contrapporre la scelta di Gobetti.
Che siamo stanchi, che siamo sfiniti, che siamo frastornati e malconci: ma il nostro consenso dobbiamo negarlo. In situazioni di gran lunga piu' drammatiche delle nostre qui e adesso, seppe dirlo un prigioniero di Auschwitz, e Primo Levi quel pensiero e quelle parole che li ha trasmessi e testimoniati, ce li ha consegnati come eredita' e mandato. Non posso dimenticare. Negare il consenso al male. Negarlo sempre. Questo mi pare il primo dovere: la lotta nonviolenta comincia di qui, la dignita' umana si salva da qui. Qui e' Rodi e qui devi saltare.
*
Credo che occorra chiedere conto a tutte le forze politiche del loro collocarsi dinanzi alla guerra, ed a quelle che la guerra hanno avallato chiedere di recedere dal crimine.
Credo che occorra chiedere conto alla competente magistratura del motivo per cui non interviene dinanzi alla flagrante violazione della legalita' costituzionale commessa dal governo, dal parlamento, dal capo dello Stato.
Credo che occorra chiedere conto alle grandi organizzazioni sindacali dei lavoratori del perche' non hanno ancora chiamato allo sciopero generale contro la guerra e il terrorismo, in difesa della legalita' costituzionale e dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Credo che occorra chiedere conto a noi stessi se la nostra apparente impotenza non sia in effetti un inganno che giochiamo a noi medesimi, sintomo insieme di un privilegio e di una paura che dovremo saper guardare in faccia.
*
E vorrei proporre pertanto ancora una volta:
1. di fare uno sforzo ulteriore per ideare e promuovere azioni dirette nonviolente che realmente contrastino la partecipazione italiana alla guerra. So bene che non e' facile, io stesso mi ci arrovello da mesi senza esito, ma occorre cercare ancora.
2. di pensare ad una campagna nonviolenta di disobbedienza civile di massa, qui e adesso, che tolga consenso e delega a vertici istituzionali che hanno tradito il paese, violato la legge, scelto di essere complici del piu' grave dei crimini. So che non e' facile, si tratta di chiedere grandi sacrifici alle persone migliori, si tratta di assumere responsabilita' onerose ed esporsi a pericoli grandi, ma occorre cercare e trovare una forma, un modo, un'idea per agire, e discuterla a fondo e proporla a tutte le persone di volonta' buona: la nonviolenza richiede attenzione e pazienza, coraggio grande e sensibilita' profonda; la nonviolenza, diceva Capitini, e' il potere di tutti.
3. di rilanciare la proposta dello sciopero generale contro la guerra, sapendo quanto sia difficile, ma non rinunciando giammai a proporre l'uso di questo fondamentale strumento democratico di coscientizzazione e di azione che potrebbe essere decisivo.
4. di riprendere con piu' intensita' e chiarezza l'azione pubblica di sensibilizzazione e mobilitazione contro la guerra e l'uccidere. Di affermare con ancor piu' nettezza la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Altrimenti il nostro marciare per la pace, vegliare per la pace, digiunare per la pace, diventa null'altro che una turpe parodia e una blasfema irrisione del tragico fuggire dei profughi e dei migranti, del terrore che non concede riposo ai perseguitati, del languire e infine spegnersi degli affamati.
4. LE CHINCAGLIERIE DEL DOTTOR BUCEFALO
[Il dottor Bucefalo, si sa, gestisce una bottega, anzi un retrobottega, di rigattiere delle notizie usate e delle idee invendute, e a poco prezzo ne spaccia di consunte, di difettose, di lunatiche e balzane. A poco prezzo. Venghino tutti]
Questione giustizia: Chi controlla i controllori? Noi, gridarono come un sol uomo tutti i gentiluomini che gozzovigliavano nella taverna di Auerbach.
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Stati canaglia: "Se si vuole considerare la questione con serieta', si deve riconoscere che in gran parte del mondo gli Stati Uniti sono considerati uno dei principali stati terroristi, e con buone ragioni. Dovremmo ricordarci, per esempio, che nel 1986 gli Usa sono stati condannati dalla Corte internazionale per "uso illegale della forza" (terrorismo internazionale) e hanno poi posto il veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza che chiedeva a tutti gli stati (sottintendendo gli Stati Uniti) di rispettare il diritto internazionale. E questo e' solo uno degli innumerevoli esempi" (Noam Chomsky, 11 settembre, Tropea, Milano 2001, p. 22).
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Piccoli sintomi 1: un capo di governo plurinquisito, gia' membro di un'organizzazione occulta con finalita' eversive, gia' in rapporti con mafiosi.
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Piccoli sintomi 2: un vicecapo di governo cresciuto nell'apparato e quindi alla testa di un partito neofascista, che or non e' guari affermava il massimo statista del secolo XX essere il cavalier Benito Mussolini; ora fa lo statista lui.
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Piccoli sintomi 3: fa il ministro alle riforme istituzionali, ed insieme il capo carismatico di un partito che ha tanto di organizzazione paramilitare (camicie verdi, che non e' proprio lo stesso di nere o brune ma certo qualche ricordo lo evocano ed a qualche modello si ispirano), un personaggio che ha costruito le sue fortune sul razzismo, che qualche anno fa infiammava i sodali suoi minacciando i magistrati con espressioni ed atteggiamenti che e' un eufemismo definire da bullo di periferia, che lungamente ha sostenuto di voler fare a pezzi il paese che oggi governa (ed alla cui Costituzione dovrebbe aver giurato fedelta'), e che da compiuto dialettico pare tenere in non cale il principio di non contraddizione.
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Piccoli sintomi 4: dimentico qualcosa? Ah, si': l'opposizione. Ma non sono il solo ad averla dimenticata, oserei dire.
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Piccoli sintomi 5: un ministro della giustizia che da un palco arringa la folla contro i magistrati.
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Piccoli sintomi 6: la perdita di memoria considerata virtu' ed eleganza. La menzogna interpretata come arte del piacevole dire ed esercizio di sottigliezza. La malvagita' intesa come vitale esuberanza. La guerra, infine, sola igiene del mondo. (Poi verra' la filosofia col manganello, e cosi' via. Si ricomincia un ciclo che gia' si diede: nell'incoscienza generale, perche' la perdita di memoria e' considerata eccetera).
5. IL GENOCIDIO IN CORSO
Provo a dire, semplificando all'estremo, cosa penso dei piani del governo presieduto da Ariel Sharon e dell'organizzazione terrorista di Hamas. E cosa penso che occorra fare.
Mi pare che entrambi, il governo attuale di Israele e l'organizzazione terroristica islamista palestinese, perseguano un medesimo disegno: il genocidio.
Sharon la distruzione del popolo palestinese dei territori e delle sue rappresentanze istituzionali, e l'annessione definitiva allo Stato di Israele dei territori occupati nel '67.
Hamas la distruzione della popolazione israeliana di origine ebraica, e la cancellazione dello Stato di Israele.
Due progetti genocidi, anzi lo stesso progetto genocida semplicemente speculare.
E mi sembra che l'umanita' intera debba opporsi a tutto cio', ed impegnarsi affinche' sia riconosciuto il diritto all'esistenza e alla convivenza di due popoli; il diritto all'esistenza di due stati che siano entrambi democratici e non razzisti; il diritto di tutti gli esseri umani a vivere e ad essere riconosciuti nella propria dignita'.
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Se la cosiddetta comunita' internazionale, e per essere chiari e precisi: se l'Onu non e' capace di intervenire ed impedire il doppio tentativo di genocidio in corso, a cosa serve l'Onu, cosa resta degli impegni solennemente giurati alla fine della seconda guerra mondiale?
E se il governo degli Stati Uniti d'America pone il veto all'invio da parte dell'Onu di forze internazionali di osservazione e di garanzia per salvare la vita di tutte le vittime, non e' questa una effettuale complicita' con il doppio tentativo di genocidio in corso?
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Ma prima delle responsabilita' degli altri vengono le nostre: se la cosiddetta societa' civile mondiale, il popolo della pace e della solidarieta', della nonviolenza e dei diritti umani per tutti gli esseri umani, non e' capace, non siamo capaci, di mandare subito, adesso, in Israele e in Palestina centinaia di migliaia, anzi milioni di persone pacifiche, disarmate, amiche della nonviolenza, per opporsi a tutti gli assassini, per difendere tutte le vite, per interporre la propria concreta presenza di donne e uomini di pace e impedire materialmente le uccisioni, per strappare le armi di mano a tutti gli armati e tutte distruggerle, come si puo' pretendere di continuare a levare la voce, a puntare l'indice?
Se non siamo capaci di intervenire praticamente, operativamente, sul terreno, con la forza e la limpidezza della nonviolenza (che o e' in cammino, o non e'; o irrompe nel conflitto, o e' favola e nulla; o contrasta la violenza laddove essa si dispiega piu' deflagrante e divorante, o semplicemente non esiste; e allora meglio sarebbe smetterla di riempircene la bocca), ebbene, non si puo' pretendere di continuare a lanciar proclami ed appelli senza sembrare ad un tempo ridicoli e offensivi, senza che la nostra sedicente ed altisonante solidarieta' appaia, giusta quell'amarissima parola del dottor Ernesto Guevara de La Serna, analoga all'applauso che dalle gradinate del colosseo veniva - ignobile e crudele e beffardo - rivolto a quanti nel centro dell'arena erano mandati a uccidere e morire.
6. ALCUNE NOTE PER UN INCONTRO SULL'IMMIGRAZIONE E IL RAZZISMO IN ITALIA
[Quelle che seguono sono le note scritte come "scaletta" per un intervento a un incontro pubblico dello scorso novembre sull'immigrazione e contro il razzismo]
Un momento tragico e disvelatore (apocalissi e kairos):
- il terrorismo e la guerra;
- l'eversione dall'alto;
- le implicazioni razzistiche e le razzistiche scaturigini di tutto cio';
- i diritti umani calpestati nel mondo, dai poteri oppressivi, dalle violenze dispiegate e dalla violenza strutturale.
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Un diritto fondamentale e la sua protezione giuridica:
- il diritto di tutti gli esseri umani a spostarsi sul pianeta, massime per salvare la propria vita;
- l'art. 10 della Costituzione della Repubblica Italiana.
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Quando la legislazione e' iniqua e disumana:
- un esempio nel disegno di legge governativo del 12 ottobre: gli uomini considerati come animali domestici, la logica schiavista degli attuali legislatori razzisti;
- gia' la legge 40/98 aveva profonde iniquita';
- i campi di concentramento come rigurgito nazista incistatosi nell'ordinamento italiano attuale;
- il respingimento come pratica potenzialmente omicida;
- il carattere fondamentalmente criminogeno del provvedimento amministrativo di espulsione, effettuale sostegno ai poteri criminali.
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Alcune cose necessarie:
- riconoscimento ed inveramento del diritto di asilo;
- riconoscimento ed inveramento del diritto degli esseri umani di spostarsi sul pianeta (oggi gli uomini sono considerati al di sotto delle merci);
- respingere intransigentemente la logica del ddl governativo del 12 ottobre;
- modificare la legge 40/98 nei suoi lati ripugnanti alla coscienza civile, ed invece valorizzarne ed inverarne le parti positive che pure vi sono;
- realizzare una cooperazione internazionale ispirata a criteri di solidarieta' e giustizia.
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Alcuni problemi ineludibili:
- la "capacita' di carico" del nostro paese ed una politica della comunita' internazionale;
- cancellare il debito dei paesi rapinati e impoveriti, ed intervenire in solidarieta' con i popoli e non con i regmi corrotti.
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Alcune cose pratiche e urgenti da fare sul piano normativo ed amministrativo, politico e sociale:
- lotta contro la schiavitu' in Italia (cfr. la campagna promossa alcuni anni fa del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo);
- un diverso rapporto nord/sud (sono varie le iniziative in corso, ma non basta l'azione dei movimenti, occorrono impegni istituzionali, atti politici, codificati legislativamente);
- assistenza alle vittime e lotta contro i poteri criminali (e abolizione delle norme vigenti dimostratamente criminogene);
- trasferimento delle competenze in materia di immigrazione dalle Questure ai Comuni;
- diritto di voto amministrativo per tutti gli stranieri residenti.
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Tre cose ulteriori sul piano legislativo, politico e amministrativo:
- un provvedimento di amnistia per tutti i detenuti stranieri che non abbiano commesso reati di violenza su persone;
- riprendere la riflessione sulla proposta di contrastare la clandestinizzazione coatta (e il conseguente enorme arricchimento e rafrorzamento dei poteri criminali e dell'economia illegale) attraverso un piano nazionale garantito e gestito dai pubblici poteri che permetta a tutti i richiedenti un ingresso nel nostro paese legale, gratuito e assistito;
- denuncia e rinegoziazione degli accordi di Schengen.
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Sul piano culturale:
- contrastare il razzismo con la conoscenza e l'incontro;
- partire dalla base dell'affermazione dei diritti umani per tutti gli esseri umani;
- far cessare la rapina neocoloniale e la devastazione della biosfera;
- una cultura che promuova legalita' e socialita';
- garanzia di servizi pubblici, finanziati attraverso la fiscalita' generale, per soddisfare i bisogni vitali di ogni persona che si trovi nel territorio italiano;
- affrontare i conflitti con la nonviolenza.
7. PICCOLI SILLOGISMI SENZA IMPORTANZA
Questo sa la nonviolenza: che anche il piu' immane oppressivo e totalitario dei regimi iniqui e dei poteri malvagi sempre si regge su due pilastri: sulla forza e sul consenso. E quindi dinanzi all'ingiustizia, alla violenza, al male, il nostro primo compito e' di negare il nostro consenso.
Questo sa la nonviolenza: che la guerra e' sempre omicidio di massa; e che una scelta e' fondamentale per saldamente affermare il proprio diritto ad esistere e la civile convivenza: il ripudio dell'uccidere. E quindi se non ti impegni contro la guerra, di cosa mai stiamo parlando?
Questo sa la nonviolenza: che occorre pensare profondamente i propri pensieri, poiche' il sonno della ragione, si sa, genera mostri; che occorre considerare attentamente le proprie parole, che possono essere lampade o aratri o spade o unguenti, e dipende da te; che occorre compiere solo quelle azioni che riducono la sofferenza, che contrastano la violenza, sia la violenza dispiegata in furia palese che quella cristallizzata in ingiustizia strutturale (che e' furia anch'essa, quantunque occultata).
Questo sa la nonviolenza: che le armi servono per uccidere, che gli eserciti servono per uccidere; e che dunque occorre dir chiaro che e' necessario cessare di produrre ed usare le armi, che e' necessario abolire gli eserciti.
La sa lunga, la signora nonviolenza; e proprio al tuo orecchio sussurra questa verita' piccina, e di gridarla poi dai tetti ti chiede: che ognuno e' responsabile di tutto.
8. UNA SOTTOVALUTAZIONE
Mi sembra inquietante la diffusa sottovalutazione odierna nell'area pacifista (tra i maschi dell'area pacifista, che vi esercitano un ruolo sovente autoritario ed indicibilmente oppressivo e distruttivo) della gravita' del pericolo costituito dal fondamentalismo islamico; il non rendersi conto che questo e' un fenomeno totalitario in formidabile espansione rispetto a cui ridurre la nostra analisi al considerarlo un mero portato reattivo della globalizzazione ad essa sussumibile quasi fosse privo di autonomia e peculiarita', ebbene, significa fare un'operazione ideologica razzista di riduzionismo economicistico semplicemente insensata e sciagurata.
Offro alla discussione i pensieri seguenti: sensazioni, impressioni, piu' che compiuti ed articolati ragionamenti; ma sensazioni vivide ed impressioni profonde. Vorrei ne discutessimo davvero.
Mi pare che ci si trovi oggi qui nella situazione che Tertulliano descriveva nel De spectaculis: una grandiosa civilta' (uso il termine sapendo quale immane groviglio di problemi esso evochi, ma non me la sono sentita di scrivere qui Kultur) che agonizza e trascina il mondo nella distruzione (e dico la nostra civilta': quella capitalistica, occidentale - inclusiva delle esperienze del movimento operaio, del marxismo e delle societa' e dei regimi del cosiddetto socialismo reale -, cristiana o piu' precisamente postcristiana e piu' che secolarizzata crescentemente nichilistica, della ragione strumentale e della societa' amministrata) e l'emergere su scala planetaria di un'alternativa forte (ideologicamente e demograficamente): che non e' tanto quella islamica, ma specificamente e preponderantemente quella fondamentalista di un islam disumanato perche' non storicizzato (in cui il grande lievito della prima e maggiore delle religioni del libro - la coscienza storica che e' una delle grandi conquiste dell'ebraismo rispetto alle visioni fissiste ed essenzialiste dominanti nella tradizione indoeuropea antica, e massime nella cultura greca - non ha ancora agito in profondita') ed in cui lottano per l'egemonia i settori piu' radicali e militanti e fascisti (fascisti perche' maschilisti e sessuofobici, fascisti perche' incapaci dell'incontro con l'altro e con la vita come infinita diversita', fascisti perche' fissati psicoticamente nell'assenza di una "ristorificazione della crisi" per usare la formula di Franco Basaglia - forse il piu' grande pensatore italiano della liberazione del XX secolo): quelli che chiamiamo fondamentalisti o islamisti in mancanza fin qui di una definizione piu' precisa e comprensiva ad un tempo.
Siamo di fronte ad un'alternativa il cui totalitarismo su entrambi i versanti (il corno neoliberista, il corno islamista) tutti vediamo, ma che non sappiamo ne' dire ne' contrastare adeguatamente sul piano teoretico ed assiologico (che vengono prima del piano meramente pragmatico) perche' non riusciamo - per nostra esitazione - ad essere all'altezza (a collocarci all'altitudine, visibile e veggente) di proporre a nostra volta un'alternativa forte alla crisi che ci divora tutti.
Ma quest'alternativa forte esiste: ed e' la nonviolenza; e' l'esperienza storica del movimento delle donne, del pensiero e delle lotte delle donne, che costituisce la piu' grande esperienza di rivoluzione nonviolenta del secolo appena concluso; e' la Resistenza come rottura della complicita' con l'oppressione, quella Resistenza che quantunque breve e tardiva fu decisiva nella sconfitta del nazifascismo innanzitutto a livello antropologico; quella Resistenza che e' stata, nella sua quasi totalita', rigorosamente nonarmata e nonviolenta.
O abbiamo la chiarezza e la forza di proporre ed agire la nonviolenza, oppure la nostra critica ed opposizione alla globalizzazione neoliberista resta subalterna ed ininfluente; cosi' come la nostra opposizione al terrorismo fondamentalista (islamico oggi, come in epoche passate fu cristiano, come nel secolo scorso fu razzista e messianico in Hitler, o storicistico e teleologico in Stalin, e tecnolatra pressoche' ovunque) resta insipiente e inascoltata; ed in definitiva la nostra resistenza alla barbarie che sta inabissando il mondo verra' travolta.
Ma so che ho evocato qui temi molto complessi che richiederebbero sviluppi analitici ed ermeneutici altrettanto complessi. Basti qui aver fatto cenno ad alcuni elementi soltanto.
9. ALCUNI EQUIVOCI
Di molti appelli pacifisti che circolano in questi giorni vorrei dire qui alcune cose che non mi persuadono.
Primo: non mi persuade il riduzionismo secondo cui tutti i mali del mondo sarebbero provocati dall'imperialismo americano o dalla globalizzazione neoliberista, che pure ovviamente hanno responsabilita' mostruose e che vanno contrastati in nome della dignita' umana, dei diritti umani, della difesa della biosfera.
Sono un vecchio militante della sinistra critica non pentito, e so che certe semplificazioni ideologiche (la contraddizione principale, le leggi bronzee, il movimento storico, e cosi' via monisticamente dogmatizzando e sclerotizzando e scotomizzando) provocano catastrofi pratiche.
*
Secondo: non mi persuade la poca serieta' e l'evidente strumentalita' con cui sovente si parla della festa cristiana del Natale e si propongono iniziative ad essa sovrapposte; un atteggiamento che mi sembra inconsciamente subalterno all'ideologia dominante che la festa del Natale riduce alla sua sola dimensione consumistica (che pure ovviamente c'e').
Ho una visione del mondo materialista, da vecchio leopardiano, e proprio per questo non sottovaluto affatto la dimensione del sacro, il valore delle religioni, e l'importanza dei riti e delle feste, delle liturgie e dei simboli: sono cose grandi e terribili, radicate in strati profondi dell'animo umano e delle culture.
Cosicche' ogni volta che si propone (ed accade sovente) di appiccicare in modo posticcio iniziative altre a ricorrenze religiose provo un sentimento di confusione, di poca chiarezza. Che un cristiano mediti sul Natale ed in occasione del Natale s'impegni ancor piu' in un sentire e un agire coerente col messaggio di Gesu' di Nazareth cosi' come lo conosciamo mi pare buona anzi ottima cosa; che altre persone di altre culture in quella data convochino e realizzino iniziative che possono essere fraintese, davvero, non mi persuade. Vorrei che ci si riflettesse: mi pare si rischi un consumismo al quadrato e una duplice malafede; vorrei che ci si riflettesse: non per non fare, ma per fare con piu' consapevolezza e piu' ampia e nitida decifrabilita' ed interlocuzione.
*
Terzo: sull'Onu non condivido l'analisi ipersemplificata e il giudizio ipostatizzante che da piu' parti vengono proposti, analisi e giudizio che cooperano a ridicolizzarla ed annichilirla (che e' proprio quello che vogliono il governo americano e le transnazionali). Condivido tutte le critiche di fatto, ma credo che resti hic et nunc l'esigenza di una Organizzazione delle Nazioni Unite che adeguatamente riformata e potenziata possa essere un luogo di confronto e cooperazione internazionale, di manifestazione civile e composizione pacifica dei conflitti tra stati, di garanzia e di promozione del diritto e dei diritti delle persone e dei popoli. E mi limito qui a rinviare alle riflessioni e alle proposte del professor Papisca, al lavoro di escavo e di formulazione svolto dalle assemblee dell'Onu dei popoli promosse dalla Tavola della Pace a Perugia negli ultimi anni, e ad esperienze concrete che con tutti i loro limiti e difetti sono attualmente insostituibili (un esempio per tutti: il lavoro dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifiugiati). Tenendo aperta la discussione, ma senza buttare il bambino con l'acqua sporca.
*
Quarto: credo che sia sintomo di un autoinganno grave e di una subalternita' profonda il promuovere iniziative puntando a comparire sui media. I mass-media dominanti sono l'arsenale ideologico e lo strumento di manipolazione principe del potere dominante. Credo che dobbiamo piuttosto lavorare a modalita' di comunicazione altre, a costruirci nostri strumenti e luoghi di conoscenza e di riflessione (questo stesso notiziario diffuso attraverso la rete telematica e' un piccolo contributo ad una ricerca in tal direzione) ed a riprendere forme vecchie ma che sono sempre le migliori: ne cito alcune in un elenco senza pretesa ne' di ordine ne' di esaustivita': la partecipazione politica, la comunicazione dialogica, le pubbliche assemblee, la scrittura vigile, l'informazione rigorosa, la formazione alla responsabilita', l'ascolto nel silenzio, l'attenzione all'altro, la condivisione, il tempo richiesto dalla scrittura e dalla lettura di un libro vero; tutte cose che con la televisione commerciale (ed anche la Rai ne e' goffa e corrotta imitatrice, tradendo oscenamente la funzione di servizio pubblico - sottolineo servizio, e sottolineo pubblico), o con i quotidiani ed i settimanali spacciatori di gadget e di sadismo e di linguaggi sempre piu' volgari e menzogneri e narcotici, ebbene, sono semplicemente incompatibili.
*
Quinto: negli appelli che circolano in questi giorni nel movimento pacifista quasi mai si fa riferimento alla scelta della nonviolenza come elemento decisivo, ed e' una dimenticanza che pesa. Pesa perche' a parere della redazione di questo foglio e' su questo che si gioca l'essenziale dell'impegno per la pace, per la difesa della biosfera, per i diritti delle persone e dei popoli e delle generazioni future. E su questo non si puo' continuare ad essere ambigui.
Una cosa credo che ci abbia insegnato in modo definitivo l'esperienza storica del XX secolo: che non basta dire di essere contro la guerra, e' necessario l'impegno diretto a costruire la pace; e per questo occorre fare la scelta della nonviolenza. E tutto il resto viene dopo.
10. LA MORTE DI UN POETA
Tante cose e' stato Leopold Sedar Senghor, ma innanzitutto un poeta.
Un poeta che con la sua poesia ha recato doni grandi di liberta', d'amore, di dignita', all'umanita' intera.
11. ALLA FERMATA DELL'AUTOBUS
Questa mattina alla fermata dell'autobus: un individuo vestito di nero, cappello nero calcato, bavero alzato, eleganza ricercata e antiquata, con una voce in falsetto ed un gesticolare e saltellare quasi di danza, ma di una danza meccanica, mi si avvicina e mi chiede se sono Sini, quel Sini, di quella famiglia Sini, eccetera.
Dico di si', e questa persona dapprima imprende un discorso sconnesso. Ascolto per cortesia, mi capita spesso di ascoltare persone in crisi (un mio giovane amico psicotico qualche settimana fa cerco' per una buona mezz'ora di convincermi che lui era Dio). Ma nel progredire del suo monologo lo sconosciuto si agita sempre di piu', fa allusione al mio telefono (ma e' un numero che conosce un sacco di gente), poi evoca il triste ricordo di un mio parente assassinato qualche anno fa (ma e' una vicenda di cui hanno parlato televisioni e giornali poiche' apparteneva all'aristocrazia vaticana), poi sempre piu' incontenibile inizia e interrompe e riprende piu' volte tra stridule risa un discorso confuso di farneticazioni biologiche e razziste; e perso ormai il controllo mi grida "ebreo" (col tono di proferire un insulto, il poverino), farfuglia di un mio distorto uso dell'intelligenza, e profetizza che il buon domineddio regolera' presto i conti con me. Mi convinco che sia un folle.
Ma quello continua: nomina un dirigente delle forze dell'ordine mio amico, parla di voluminosi dossier al Viminale che concernerebbero la mia persona fin dai tempi in cui ero segretario provinciale di un partito della nuova sinistra negli anni settanta, me ne descrive a gesti le dimensioni. Mi chiedo se sia un mitomane o un provocatore.
Poi con voce sempre piu' stridula mi dice che devo farla finita, che per troppo tempo eccetera. E nuovamente nomina quel mio parente citando il suo tragico decesso come esempio per avvisarmi che quando poi intervengono "i servizi" si fa una brutta fine, alludendo direi fin troppo esplicitamente al fatto che "i servizi" potrebbero intervenire nei miei confronti.
Poi si allontana con un passo che mi pare saltellante; superato lo stupore, lo cerco con lo sguardo ma e' sparito. Strana gente davvero alle fermate degli autobus. Ho voluto parlarne oggi pomeriggio agli amici che partecipano al corso di educazione alla pace che coordino presso il liceo di Orte, e adesso scriverne qui. Mi dovesse capitare qualche incidente non posso dire di non essere stato avvisato.
Era smilzo, il volto scuro stretto tra il bavero e le falde del cappello, i denti ingialliti, lo sguardo da furetto, la motricita' incontrollata, le frasi smozzicate, l'eta' indefinibile, direi tra i trenta e i cinquanta (ahime', non sono un buon fisionomista). Mi ha fatto una gran pena: se non e' gia' un funzionario dello stato, lo propongo per una pensione.
12. SULLA DIALETTICA
In un bell'articolo sulla dialettica, apparso su un recente numero dello "Spectator" (il 639 del 4 dicembre 1712, ma io lo leggo in Addison, Il tappezziere politico, Colombo Editore, 1945, alle pp. 159-162), il nostro buon maestro Giuseppe Addison ci guida a perlustrare "i diversi metodi che la gente suol adoperare nelle discussioni".
E dopo averci presentato quello di Socrate, i ritrovati di Aristotele, le tecniche in plurisecolare uso nelle universita' - e sovrana quella detta "argumentum baculinum", che un filosofo italiano tradusse come filosofia del manganello, ed aver ricordato che "questo modo di discutere somiglia molto a quello degli Stati, i quali incaricano alcune migliaia di disputanti di convincersi reciprocamente a colpi di spada", conclude accennando a due argomenti di grande efficacia persuasiva.
L'uno particolarmente sviluppato nel corso della storia dai papisti, mediante cui "i disputanti convincevano i loro avversari d'eresia portando come argomenti una serie di fascine". E si e' visto, aggiunge l'illustre autore, "che il dolore illumina le menti piu' del ragionamento, e per rimuovere i troppi scrupoli si e' fatto ricorso a macchine speciali, adeguate all'uopo".
L'altro, "che raramente fallisce allo scopo... consiste nel ricorrere ai pronti contanti", concludendone che "chi e' rifornito di argomenti dalla Zecca, potra' convincere il proprio contraddittore molto piu' facilmente di chi debba trarli dalla scienza o dalla filosofia. L'oro e' un meraviglioso chiarificatore di punti oscuri; dissipa in un istante qualsiasi dubbio o scrupolo... Filippo di Macedonia faceva uso volentieri di questo metodo; con esso confuto' tutti i sapienti d'Atene, fece ammutolire i suoi oratori, e alla fine pote' privarla tranquillamente di tutte le sue liberta'".
*
La sapeva lunga, il nostro buon maestro Addison.
Quel suo articolo mi e' tornato in mente, ed ho voluto riassumerlo qui, dopo aver letto una lettera di un amico che si chiedeva perche' coloro che mane e sera dai mass-media ci imboniscono e ad un tempo ci incattiviscono (nel senso di ridurci in cattivita' e nel senso di renderci piu' stupidi e piu' cattivi come spiego' una volta Adorno) siano cosi' compatti ed entusiasti nel sostenere che sia dolce e decoroso far guerra a poveri innocenti (innocenti, e poveri), e ridurli a brani, e poi pretendere dai superstiti l'ossequio piu' osceno, alla stregua di tante Rosmunde.
Sono davvero tutti svaniti i signori giornalisti ed opinionisti ed intellettuali e parlamentari che truculenti e garruli pontificano in pro delle stragi (beninteso: delle stragi fatte da noi) da radio, tv e prime pagine? Sono davvero cosi' sciocchi come vogliono farci credere, o non c'e' qualcosa di peggio?
Io penso qualcosa di peggio.
13. GIORNALISMO
C'e' un solo giornale che leggo volentieri da cima a fondo, si chiama "Tanto per abbaiare", circola attraverso la rete telematica, e puo' essere richiesto gratuitamente inviando una e-mail all'indirizzo di posta elettronica ricc at libero.it. Lo scrive il miglior giornalista italiano vivente, che si chiama Riccardo Orioles. Sa scrivere cose vere e terribili cosi' come in anni lontani sulla prima pagina di un giornale sapevano scrivere il Pasolini corsaro e luterano, il Cassola disarmista e il Fortini fortiniano, ed oggi riesce quasi soltanto a Pintor.
Riccardo Orioles e' stato compagno di lotta e di avventure di Pippo Fava, e ne prosegue l'avventura intellettuale e morale, e la lotta contro la mafia e il fascismo. Scrive, quando ci vuole, come Karl Kraus. Traduce meravigliosamente i lirici greci. Sa ascoltare e sa levare la voce. Non si e' mai arreso.
Ogni volta che mi capita di rileggere quelle note gramsciane sul giornalismo integrale penso a Riccardo Orioles. E credo sia uno dei sintomi della catastrofe morale e intellettuale della vita civile italiana il fatto che non ci sia un grande quotidiano nazionale sulla cui prima pagina compaia il nome di questo intellettuale della Magna Grecia che sa tutto sulle nuove tecnologie dell'informazione e che da trent'anni combatte il potere mafioso non solo con la denuncia, l'inchiesta, la resistenza piu' nitida ed intransigente, ma costruendo zone liberate ("I siciliani", "Avvenimenti", le tante esperienze di informazione democratica che ha contribuito a far esistere) e dando un esempio di vita che ricorda Socrate e Simone Weil.
14. BUONE FESTE
Ai molti amici che ci hanno inviato i loro auguri, ed a tutti i nostri interlocutori, auguriamo buone feste.
E rinunciamo per una volta al nostro consueto concionare, memori di un'immagine che trovammo sia in Erasmo che in Tommaso Moro, i quali ricordavano quanto sgradevole sia che nel mezzo di una grata occasione, come puo' essere una festa ovvero una rappresentazione piacevole, irrompa sulla scena accigliato e stentoreo l'attor tragico a dir di sventure.
E dunque buone feste, senza prediche ulteriori. E' gia' tanto amara la vita. Ma e' anche cosi' meravigliosa.
Gia': e' cosi' meravigliosa, ed e' cosi' amaro che vi sia chi giorno e notte alacre febbrile s'ingegni ad altri insozzarla e rapirla, ed a se medesimo.
Cosi' meravigliosa e cosi' amara a un tempo; e dipende anche da te che la meraviglia prevalga sull'orco, e la benedizione di una sobria felicita' raggiunga tutti, e all'orrore si possa resistere. All'orrore si puo' resistere e dunque si deve resistere. Al male ci si puo' opporre, e dunque ci si deve opporre. E dipende proprio da te, da me, da tutti.
E adesso giu' dal pulpito e suvvia scambiamoci lieve un sorriso.
L'inumano ci opprime senza tregua, ma la lotta contro l'inumano continua e nel suo farsi reca lenimento e parco un sollievo, condivisa una gioia; e la nonviolenza e' in cammino, e tu ed io e tutti siamo questo cammino che apre cammino; e anche un sorriso e una carezza sono risorse preziose, e luminose conchiglie e pani, a difesa e inveramento della comune umanita', dell'umanita' di tutti, dell'umanita' tutta. Buone feste.
15. ALCUNE FACILI E AMARE CONSIDERAZIONI
Proviamo ancora una volta a semplificare la descrizione di cio' che abbiamo di fronte, di cio' in cui siamo immersi; per cercare di cogliere e dire se non l'essenziale, almeno l'inconfutabile.
Primo: lo scatenamento della guerra cosiddetta "contro il terrorismo" ovviamente non ha debellato e non debellera' il terrorismo, essendo essa stessa terrorismo, apologia e pedagogia del terrorismo, magnificazione del terrorismo.
Secondo: ha invece fatto a pezzi elementi fondamentali (nel senso delle fondamenta, le strutture portanti) del diritto internazionale e della civilta' giuridica tout court: dalle Costituzioni moderne alla Carta dell'Onu alla Dichiarazione universale dei diritti umani, la guerra tutto ha travolto e inabissato, ed ha restaurato una sola legge: quella della giungla, secondo la quale chiunque ne abbia la forza e' abilitato a sbranare e divorare chi di lui e' piu' debole.
Terzo: tutte le stragi sono seminagione di nuove stragi, l'uso dell'uccidere trova sempre coorti di allievi, il delirio del potente che tutti vuole uccidere per restare unico sopravvissuto (uno dei temi terribili e abissali indagati da Elias Canetti nel suo capolavoro) genera cumuli vieppiu' crescenti di nuove vittime e nuovi assassini, piu' vaste stragi e piu' accaniti sterminatori, in un orrore senza limiti.
*
Le stragi terroristiche compiute dagli stati in nome della lotta al terrorismo si sono aggiunte alle stragi terroristiche compiute da singoli disperati e da gruppi criminali organizzati; altre se ne aggiungeranno, in una ferale ferina catena in cui una sola cosa e' certa: che sono esseri umani quelli che muoiono, e che sono esseri umani quelli che uccidono.
L'azione che toglie la vita ad un essere umano si chiama omicidio. Ed in tutti i codici morali e giuridici, filosofici e religiosi, culturali e linguistici, l'omicidio e' il crimine massimo.
Chiamiamo le cose con il loro nome: le guerre sono omicidi di massa; i mandanti, i complici e gli esecutori di omicidi sono assassini. E' compito di ogni persona ragionevole e di ogni ordinamento giuridico fare quanto possibile per impedire le uccisioni, per mettere gli assassini in condizione di non piu' nuocere all'umanita'.
*
Noi sappiamo tre cose.
La prima: che in base all'attuale disponibilita' di armamenti nel mondo vi e' la concreta possibilita' che la civilta' umana possa essere distrutta.
La seconda: che e' compito di tutti gli esseri umani unirsi in un comune impegno per impedire che questo accada.
La terza: che per salvare la civilta' umana occorre far cessare le guerre e per questo occorre abolire gli eserciti e impedire l'uso, e quindi la disponibilita', e quindi la produzione delle armi.
*
Anche questo noi sappiamo: che proprio perche' siamo su quello che l'indimenticabile padre Balducci chiamava "crinale apocalittico" occorre che l'umanita' faccia una scelta: se proseguire in questa folle corsa all'autodistruzione, o se costruire un'alternativa fondata sul diritto e la dignita' umana.
Questa alternativa, che dopo Auschwitz ed Hiroshima ci sembra necessaria ed urgente, noi la chiamiamo nonviolenza.
Ed a costruirla pensiamo tutti gli esseri umani esser chiamati: convocati come in un unico immenso parlamento del mondo. E di questo mette conto discutere e per questo occorre agire: per impedire la distruzione dell'umanita', per costruire una civile convivenza che tutti gli esseri umani includa.
E il resto sono ciance, e mala arte di sicari.
16. UN QUARTO DI FIELE E TENGA PURE IL RESTO
[Queste ingrate riflessioni le vogliamo pubblicare, e' chi legge che a tentoni tra le cose ingiuste e amare deve far le partizioni, salvi il netto e via le tare]
Sor direttore mio,
diciamoci le cose che non vorremmo dirci.
*
La prima.
E' tuttora in corso una guerra illegale e criminale: e l'Italia vi sta prendendo parte con le sue forze armate poste sotto il comando di un paese straniero (ed e' ben sintomatico il fatto che sui mass-media si sia smesso di parlare della portaerei Garibaldi e delle truppe al seguito, per dirottare l'attenzione sulla piccola comitiva di graduati accompagnati da un esteta sottosegretario - che sui teleschermi e' facile far apparire come di un sottosegretario esteta accompagnatori - in una capitale distrutta, distrutta dalle guerre e dai regimi dalle guerre figliati).
E' tuttora in corso una guerra illegale e criminale: e il governo, il parlamento e il capo dello stato italiano hanno trascinato l'Italia in essa violando la legge fondamentale del nostro paese.
Ci indignamo per i crimini di Bin Laden, ed abbiamo ragione. Ci indignamo per i crimini di Bush, ed abbiamo ragione. Ci indignamo per i crimini di Hamas, ed abbiamo ragione. Ci indignamo per i crimini di Sharon, ed abbiamo ragione.
Ma dei nostri crimini proprio non ci accorgiamo?
Un governo, un parlamento ed un capo dello stato golpisti, la partecipazione italiana a una guerra tutt'altro che conclusa e che puo' mettere fine alla civilta' umana, ci sembrano una quisquilia buona al piu' per le solite barzellette?
E lo scardinamento della Costituzione, l'aver gettato nel letamaio la legge a fondamento del nostro ordinamento giuridico, ci pare piccola cosa?
Il nostro paese sta subendo l'urto di un'eversione dall'alto che non solo reduplica il crimine compiuto due anni fa dal governo D'Alema, che non solo prosegue sulla strada della follia e del crimine aperta dai peggiori atti della precedente legislatura (la riapertura dei campi di concentramento in Italia, ad esempio), ma sta distruggendo sistematicamente le basi stesse dello stato di diritto e della democrazia: con provvedimenti il cui esito e' di dare man forte ai poteri criminali, con un'aggressione oscena e furibonda all'indipendenza della magistratura ed alla separazione dei poteri, con disegni di legge razzisti che violano diritti umani costituzionalmente protetti, con il tentativo di fare a pezzi la scuola pubblica e il diritto allo studio, con l'aggressione ai diritti e alla dignita' dei lavoratori dipendenti, con l'esaltazione delle istituzioni totali, in una frenesia ad un tempo nichilistica e totalitaria.
Possibile che di questo, di tutto questo, si accorga solo una piccola parte della popolazione?
Possibile che l'opposizione parlamentare sia nella sua quasi totalita' a tal punto connivente?
Possibile che un paese dalle profonde tradizioni civili stia capitolando cosi' dinanzi alla barbarie dispiegata?
*
La seconda.
E mentre questo accade il movimento cosiddetto per la pace e' pressoche' afasico, e non riesce a porsi all'altezza dei problemi che ha di fronte.
Se l'unica cosa che sappiamo fare di buono e' dire che occorre aiutare i medici che curano i feriti vittime di guerra (e naturalmente questa attivita' e' del tutto meritoria ed e' giusto sostenerla), e quando va bene raggranellare qualche elemosina a tal fine (elemosina che consiste nelle briciole del frutto del privilegio che sgorga proprio dalla rapina dei popoli oppressi, rapina dei cui dividendi quasi tutti costi' usufruiamo), ebbene, non siamo un movimento per la pace, ma poco piu' che una congrega di sepolcri imbiancati.
Un movimento per la pace deve avere la capacita' di porsi all'altezza dei problemi e dei processi politici e giuridici.
Deve essere capace di indicare ed agire azioni politiche alternative e proposte legislative praticabili e coerenti.
Ad esempio: se sappiamo, come sappiamo, che elemento decisivo perche' guerre si diano e' la disponibilita' di armi, vogliamo o no intraprendere un'azione politica e legislativa efficace per la messa al bando delle armi, dell'uso, del commercio e della produzione delle armi? Alcune campagne sono gia' in corso, ma sono ancora piccola cosa; vogliamo provare a dare ad esse la dimensione necessaria? A farne elementi di una proposta politica e legislativa ineludibile?
Ad esempio: se sappiamo, come sappiamo, che i poteri criminali si giovano di estese complicita' politiche, vogliamo o no intraprendere un'azione per la cacciata dal governo della cosa pubblica delle camarille colluse? In tempi passati si riusci' a costruire un movimento sia nelle istituzioni che nella societa' per la lotta contro i poteri criminali e i loro complici politici, a noi sembra evidente la necessita' di riconnettersi a quelle esperienze e riflessioni e riprendere quell'impegno come una delle grandi priorita' nazionali.
Ad esempio: se sappiamo, come sappiamo, che in Italia esistono campi di concentramento, vogliamo o no imporne l'abolizione per ripristinare la legalita' democratica? Se non siamo capaci di essere intransigenti sui diritti umani fondamentali, su cosa saremo capaci di essere intransigenti? E se non siamo capaci di essere intransigenti sul diritto di ogni essere umano alla vita e alla dignita', non siamo forse gia' per questo complici dei signori della guerra e del terrore?
E si potrebbe certo continuare.
*
La terza.
Troppo si ciancia di nonviolenza e piu' se ne ciancia e meno vi si riflette.
Vgliamo cominciare a praticare un'ecologia della parola?
Ad esempio: vogliamo chiedere a tutti un atto di consapevolezza piantandola di definirsi nonviolenti e scegliendo piuttosto la piu' precisa definizione di "amici della nonviolenza" come suggeriva Aldo Capitini?
Ad esempio: vogliamo dirlo che il concetto di nonviolenza e' complesso e pluridimensionale, contestuale e aperto, e che designa l'intreccio di molti elementi eterogenei cosicche' prima di dire che qualcosa e' "nonviolento" sarebbe bene interrogarsi su cosa si intende dire?
La nonviolenza e' tante cose insieme: un insieme di valori intellettuali e morali (ad esempio: la coerenza tra mezzi e fini), un insieme di tecniche di intervento sociale (ad esempio: lo sciopero), un insieme di percezioni ed atteggiamenti psicologici e relazionali (ad esempio: l'apertura all'altro), un insieme di strategie (ad esempio: la negazione del consenso all'ingiustizia), un insieme di proposte politiche e sociali (ad esempio: la condivisione delle risorse), un insieme di esperienze storiche (ad esempio: le lotte del movimento delle donne); insomma, un approccio pratico, dialettico e contestuale ai conflitti e un campo di ricerche teoriche e sperimentali di tale vastita' che sarebbe bene farla finita con le semplficazioni, ed intraprendere piuttosto, o meglio proseguire, una riflessione, un accostamento ed una sperimentazione a partire dai punti piu' alti del conflitto e della conoscenza, senza banalizzazioni, senza chiusure, senza dogmatismi, senza furbizie. In Italia, per fortuna, si sono date esperienze grandi (un esempio per tutti: le lotte di Danilo Dolci), grandi opere (un esempio per tutti: gli scritti di Aldo Capitini), e vi sono tuttora grandi figure di riferimento: un nome per tutti, Giuliano Pontara.
Vogliamo partire da qui? Vogliamo chiedere a tutti un impegno di studio e di azione, senza deleghe, senza autoritarismi, senza presunzioni?
Vogliamo muovere dalla consapevolezza che e' qui e adesso che la violenza va contrastata, e che contrastarla effettualmente nel modo piu' forte e profondo - in noi stessi e nella societa' e nella storia - questo e', in buona sostanza, la nonviolenza, la nonviolenza in cammino (e un'altra non se ne da')?
*
La quarta.
Come si puo' contrastare la guerra?
Affermando la propria responsabilita'.
Come si puo' contrastare l'eversione dall'alto che sta distruggendo la legalita' costituzionale e lo stato di diritto in Italia?
Affermando la propria responsabilita'.
Come si puo' contrastare la ciarlataneria e la subalternita' che hanno maciullato il movimento per la pace in Italia rendendolo peggio che impotente nei momenti decisivi e dinanzi alle decisive questioni?
Affermando la propria responsabilita'.
Come si puo' proporre la nonviolenza come forza storica capace di attivo intervento sulla realta'?
Affermando la propria responsabilita'.
Come si puo' evitare che tutte queste chiacchiere siano l'ennesima predica astratta e quindi connivente?
Affermando la propria responsabilita'.
*
E quivi giunto e quanto sopra detto, or diligente e affezionato la saluto, sor direttore mio. Ci pensi sopra.
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Numero 770 dell'11 maggio 2013
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